Apologetica/Cattolicesimo/La fede cristiana riformata e il papato

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La fede cristiana riformata e il papato


Dalla Confessione di fede riformata di Westminster:

25. 6. Non v'è altro capo della chiesa se non il Signore Gesù Cristo (1). Il Papa di Roma non può essere in alcun senso il capo della chiesa, ma è l'anticristo, quell'uomo di peccato e figliolo di perdizione, il quale si innalza nella chiesa contro Cristo, e contro tutto quello che è chiamato Dio (2).

(1) Cl. 1:18; Ef. 1:22.

(1) Mt. 23:8­10; 2 Te. 2:8,9; Ap. 13:6.


I. Il Papa non è successore di Pietro, e tanto meno vicario di Cristo.

Dice il Nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica:

880.¨Cristo istituì i Dodici «sotto la forma di un collegio o di un gruppo stabile, del quale mise a capo Pietro, scelto di mezzo a loro». «Come san Pietro e gli altri Apostoli costituirono, per istituzione del Signore, un unico collegio apostolico, similmente il romano Pontefice, successore di Pietro, e i vescovi, successori degli Apostoli, sono tra loro uniti». 

(1) La funzione dei Dodici.
Gli apostoli, dopo la Pentecoste, come testimoni oculari della Persona e dell'insegnamento di Cristo, sono i garanti della continuità della Sua missione. Il numero di dodici apostoli richiama il numero delle tribù di Israele, e deve rappresentare simbolicamente il nuovo popolo di Dio. La base della sua leadership, però, non è più tribale, ma personale e spirituale. Evidentemente il collegio degli Apostoli era considerato come fissato nel numero, perché Gesù parla dei "dodici troni" dell'età futura (Mt. 19:28; cf. Ap. 21:14). Giuda venne sostituito da Mattia (At. 1), ma dopo questo fatto non viene più fatto nulla per scegliere persone da succedere a quegli apostoli che muoiono (At. 12:2). Il criterio di appartenenza al numero degli Apostoli è quello appunto dell'avere accompagnato Gesù per tutto il tempo del Suo ministero. Gli apostoli avevano la funzione non trasmissibile di deporre dinnanzi al mondo in favore di Gesù, delle cui gesta sono stati testimoni oculari. La qualifica di Apostolo per quanto riguarda Paolo, ha caratteristiche del tutto speciali. Egli è stato direttamente consacrato tale dal Cristo risorto (Ga. 1:1), e destinato a lavorare fra i pagani (Ro. 1:5; Ga. 1:16; 2:8). Il suo apostolato è stato riconosciuto dalla chiesa a Gerusalemme, ma lui stesso non ha mai preteso di essere annoverato fra i Dodici (1 Co. 15:11). Egli è stato testimone oculare del Cristo risorto (1 Co. 9:1; At. 26:16-18) per speciale grazia di Dio (1 Co. 15:10).

(2) Pietro era "capo" dei Dodici? Simone, figlio di Giona è stato uno dei primi apostoli ad essere chiamato (Mc. 1:16-18; Mt. 4:18-20), appare primo in tutte le liste bibliche degli apostoli, con Giacomo e Giovanni fa parte di un gruppo più ristretto particolarmente vicino a Gesù, ed era stato probabilmente il primo a vedere Gesù risorto (1 Co. 15:5; Lu. 24:34). Serve ripetutamente come impetuoso portavoce degli Apostoli, e rappresenta la loro comune defezione. Pietro è il primo a confessare che Gesù è il Messia (Mr. 8:29; Mt. 16:16; Lu. 9:20), e questa sua confessione di fede è la roccia su cui si fonda la chiesa cristiana. Egli riceve il soprannome di "Pietro", (Cefa, o pietra) per incoraggiarne la stabilità di carattere, lui che era proprio il contrario.... Il Signore affida a Pietro un compito pastorale (Gv. 21:15-17), forte della sua esperienza di rinnegamento e di riabilitazione. Negli Atti degli Apostoli Pietro emerge come leader (v. At. 15:7-11), ma Paolo non ha timore di riprenderlo quando sbaglia (Ga. 1:18). Paolo afferma soltanto in Ga. 2:9 che Giacomo, Cefa, e Giovanni «sono reputati colonne» nella chiesa di Gerusalemme. Pietro era certo investito di un ministero speciale come testimone primario del Signore e della Sua risurrezione, ma questo era unico per la sua persona e cessava con la sua morte.

(3) Perché Pietro non può avere avuto successori? Anche se accettassimo per buona l'affermazione che Gesù abbia voluto nominarsi un vicario, non è affatto detto nei Vangeli che Pietro, a sua volta, dovesse avere dei successori.

a) Gli apostoli erano tali in quanto testimoni oculari della risurrezione di Cristo (vedi punto 1).

b) Inoltre l'idea di successori degli apostoli non sarebbe mai venuta in mente alla chiesa primitiva, per il semplice fatto che i cristiani del primo secolo ritenevano imminente la fine del mondo (v. 1 Ts. 4:15).

c) E poi gli apostoli avevano ricevuto la loro vocazione dallo Spirito Santo (1 Co. 12:28,29) per evangelizzare il mondo. I vescovi (detti anche "anziani" o "presbiteri") erano eletti dalla comunità locale (At. 14:23). Gli apostoli non potevano avere quindi successori nei vescovi. Gli apostoli erano itineranti, i vescovi stanziali.

(4) La successione apostolica. Questa teoria di ministero nella chiesa non sorse che nel 170-200. Erano stati per primi gli Gnostici ad affermare di possedere una tradizione segreta trasmessa loro dagli Apostoli. Per contrastare questa asserzione la chiesa cattolica aveva indicato ciascun vescovo come l'autentico successore dell'apostolo che aveva fondato la sua particolare sede, e quindi alla verità che gli apostoli avevano insegnato. Era il vescovo, come legittimo ripetitore dell'insegnamento apostolico, ad aver preservato la tradizione apostolica. Egli era pure custode delle Scritture apostoliche e del Credo. In una generazione in cui il collegamento diretto con gli Apostoli stava presto esaurendosi, era naturale che si fosse posta un'enfasi particolare sulla dottrina e sulla pratica apostolica. E' solo nel terzo secolo che l'accento viene spostato dall'aperta successione di insegnanti, ai vescovi come successori personali degli apostoli. Questo sviluppo doveva molto agli scritti di Cipriano, vescovo di Cartagine (248-58). Harnack considera questo più una perversione che uno sviluppo. La parola "successione" (diadoch_) non si trova nel Nuovo Testamento e nella LXX. La stessa idea trova pure scarso riscontro nel N.T. Tutte le liste di successione dei primi secoli sono state compilate solo alla fine del secondo. In realtà, il vero successore dell'Apostolato è il Nuovo Testamento stesso, dato che esso continua il suo ministero nella chiesa di Dio.

(5) Una pretesa posteriore. La pretesa storica che Pietro sia morto martire a Roma come suo primo vescovo ed abbia poi trasmesso ai vescovi successivi il suo ministero e primato è un artificio posteriore dovuto a contingenze di carattere storico.

a) Fino alla metà del 2° secolo, la chiesa di Roma non fu guidata da un solo vescovo, ma da un collegio di anziani o presbiteri, eletti dai fedeli, secondo l'uso generale della chiesa cristiana primitiva. Così infatti leggiamo ne Il Pastore di Erma (ca. 140): «Tu leggerai il libro a questa città (Roma) in presenza dei presbiteri che dirigono la chiesa».

b) La chiesa romana sostiene che i papi succeduti a Pietro nel 1° secolo sono stati: Lino, Cleto, Clemente, Evaristo. Orbene noi sappiamo che l'Apostolo Giovanni, l'autore dell'omonimo Vangelo, ha vissuto sin quasi la fine del 1° secolo. Così la chiesa avrebbe nominato al vertice della sua gerarchia, al di sopra dell'Apostolo Giovanni, testimone oculare di Gesù Cristo, dei papi infallibili, con maggiore autorità dell'apostolo "che Gesù amava"?

c) La chiesa di Roma, essendo situata nella capitale dell'Impero, gode già molto presto di una certa preminenza, ma verso la fine del 2° secolo pare già consolidata la tradizione che questa chiesa sia stata fondata da Pietro e Paolo. Certo, una tradizione sufficientemente fondata ci parla del martirio di Pietro a Roma, ma non esiste la minima prova circa un suo soggiorno prolungato in questa città.

d) Una singolare enfasi su Pietro come fondatore e primo vescovo di Roma appare prominente nel tardo 4° secolo, articolata dai vescovi che regnano fra Damaso (366-84) e Leone (440-61). Quando le pretese di questi vescovi si allargano per esigere primato sull'intera chiesa universale, essi incontrano ferma opposizione di imperatori e patriarchi di Costantinopoli. E' allora che i primi insistono nell'essere incarnazione di Pietro e quindi di godere il suo primato sull'intera chiesa. Le formulazioni di Leone rimangono fondamentali per tutto il Medioevo e oltre.

e) Durante il Medioevo il più alto titolo del vescovo di Roma è quello di vicario di Pietro, ma nel 12° secolo esso diventa vicario di Cristo. Papa Gregorio VII, primo dei potenti papi medioevali, si era identificato quasi misticamente con Pietro, e la sua scomunica dell'imperatore prende la forma di una preghiera a san Pietro.

e) Il papato, quindi è una pura acquisizione storica. Quando la capitale dell'impero romano venne trasferita da Roma a Costantinopoli, il vescovo di Roma, scomparso l'imperatore, balzò in primo piano anche come autorità politica e si impose a tutte le chiese. Comunità d'origine apostolica, come Roma, erano anche Alessandria d'Egitto, Antiochia e Gerusalemme. Roma aveva forse un primato di prestigio, ma presto passò al primato giuridico, avvalendosi anche della scomparsa delle altre sedi apostoliche conquistate dall'Islam. In ogni caso Costantinopoli (Bisanzio) aveva resistito a questa prevaricazione fino allo scisma.

Nonostante tutto questo la chiesa cattolica ha l'impudenza di affermare, nello stesso Catechismo: «Le chiese particolari sono pienamente cattoliche per la comunione con una di loro: la Chiesa di Roma "che presiede alla carità". E' sempre stato necessario che ogni Chiesa, cioè i fedeli di ogni luogo, si volgesse alla Chiesa Romana in forza del suo sacro primato. Infatti, dalla discesa del Verbo Incarnato verso di noi, tutte le Chiese Cristiane sparse in ogni luogo hanno ritenuto e ritengono la grande Chiesa che è qui (a Roma) come unica base e fondamento perché, secondo le promesse del Salvatore, le porte degli inferi non hanno mai prevalso su di essa» (834).


II. Un falso "potere delle chiavi"

Dice il Catechismo della Chiesa Cattolica:

881. Del Solo Simone, al quale diede nome di Pietro, il Signore ha fatto la pietra della sua Chiesa. A lui ne ha affidato le chiavi; l'ha costituito pastore di tutto il gregge. «ma l'incarico di legare e di sciogliere, che è stato dato a Pietro, risulta essere stato concesso pure al collegio degli Apostoli, unito col suo capo». Questo ufficio pastorale di Pietro e degli altri apostoli costituisce uno dei fondamenti della Chiesa; è continuato dai vescovi sotto il primato del Papa.

(1) Che cos'è la vera "pietra"? La "pietra" non è l'apostolo Pietro, ma la ferma confessione di fede che egli ha fatto. Le parole di Cristo: «tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa» vogliono dire chiaramente che l'apostolo Pietro, avendo riconosciuto Gesù quale Figlio di Dio, è stato storicamente il primo vero cristiano. Pietro stesso ha definito tutti i cristiani come tante "pietre viventi che, entrando nella struttura dell'edificio, formano una casa spirituale" (1 Pi. 2:5). Di queste "pietre viventi" l'apostolo è stato storicamente la prima, perché per primo aveva riconosciuto Gesù quale figliolo di Dio. Inoltre questa affermazione di fede non costituisce alcun merito, perché essa stessa gli è stata resa possibile dallo Spirito Santo. Se Pietro ha un primato è solo quello di essere stato il primo ad avere confessato Cristo, per cui egli diviene il primo apostolo e l'inizio di tutta la chiesa.

Tertulliano, padre della chiesa (morto nel 222) scrive al vescovo di Roma (forse Callisto) che ti era appellato al "Tu sei Pietro" per sostenere la propria autorità: «Chi sei tu che sovverti e deformi l'intenzione manifesta del Signore, che conferiva tale potere personalmente a Pietro?

(2) Che cos'è il "potere delle chiavi"? Gesù disse a Pietro: «e io ti darò le chiavi del regno dei cieli; tutto ciò che avrai legato sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che avrai sciolto sulla terra sarà sciolto nei cieli» (Mt. 16:19). Qui ci troviamo davanti a due immagini o simboli:

(a) Il simbolo delle "chiavi", molto comune ai tempi di Gesù, è stato adoperato da Lui più di una volta: «Ma guai a voi, scribi e farisei ipocriti! Perché chiudete il regno dei cieli davanti agli uomini; poiché né entrate voi, né lasciate entrare quelli che stanno per entrarvi.» (Mt. 23:13). «Guai a voi dottori della legge! Perché avete sottratto la chiave della scienza; voi stessi non siete entrati e ne avete impedito l'accesso a coloro che entravano.» (Lu. 11:52). La chiave con la quale gli scribi e i Farisei impedivano al popolo l'accesso al regno era evidentemente la predicazione, l'insegnamento. Perciò, quando Gesù dice a Pietro questa frase, intende dire: «Io ti darò l'incarico di predicare l'Evangelo, che aprirà le porte del regno dei cieli a tutti coloro che l'accoglieranno».

(b) Legare e sciogliere. I rabbini, che usavano comunemente questa immagine, vi attribuivano due significati distinti: - proibire o permettere; imporre o togliere un precetto religioso; - escludere da una comunità o riammettere in essa lo scomunicato. Gesù non ha certo usato quest'immagine nel primo senso, essendosi sempre tenuto lontano dalla casistica e dal legalismo rabbinico. Solo il secondo senso è possibile, anche perché permette di collegare teologicamente Matteo 18:18 con il versetto precedente, in cui si parla appunto di scomunica. Questo passo deve essere quindi così interpretato: «Se rifiuta di ascoltarti, dillo alla Chiesa, e se rifiuta di ascoltare anche la Chiesa, siati come il pagano e il pubblicano. Io vi dico in verità che colui che avrete escluso dalla comunità, sarà escluso anche in cielo e colui che avrete ammesso nella comunità, sarà ammesso anche in cielo».

E' quindi completamente estranea al pensiero di Gesù l'idea di una speciale potestà giuridica attribuita al solo Pietro.


III. Un falso fondamento di unità

Solo la Bibbia, come deposito autentico della fede cristiana è perpetuo e visibile principio e fondamento dell'unità. Dice però il Catechismo della Chiesa Cattolica:

882. Il Papa, vescovo di Roma e successore di san Pietro, «è il perpetuo e visibile principio e fondamento dell'unità sia dei vescovi sia della moltitudine dei fedeli». Infatti il romano Pontefice, in virtù del suo ufficio di vicario di Cristo e di pastore di tutta la Chiesa, ha sulla Chiesa la potestà piena, suprema e universale, che può sempre esercitare liberamente.

(1) I titoli del Papa. Quest'uomo si fa chiamare papa, sommo pontefice, sua santità. Da dove vengono questi titoli a lui attribuiti? Sono legittimi?

Il nome papa significa "padre". Gesù ha detto: «E non chiamate alcuno sulla terra vostro padre, perché uno solo è vostro Padre, colui che è nei cieli.» (Mt. 23:9).

Il nome sommo pontefice era quello dei capi del clero pagano di Roma, in quanto presiedevano il collegio dei "pontefici minori", cioè il clero subordinato. In seguito questo titolo venne assunto dagli imperatori pagani, che ascrivevano a sé una sorta divinità. Il primo vescovo di Roma che si fece chiamare "pontefice" fu Pelagio I (555-561).

Il nome di sua santità è dato dalla Bibbia esclusivamente a Dio, come si legge in Isaia 6:2, dove gli angeli cantano: «Santo, santo, santo è l'Eterno degli eserciti». Pretendere che una creatura umana e peccatrice rappresenti nella sua carica la santità di Dio, al punto di farsi chiamare "santità", è un'aberrazione in netto contrasto con il messaggio biblico.

(2) Pietro non è mai stato nominato "vicario di Cristo". (a) Innanzitutto è inammissibile isolare il passo: "Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa...", facendo astrazione da tutto il resto della Scrittura. Infatti, se fosse vero che con queste parole Gesù avrebbe istituito il papato, se ne troverebbe almeno qualche altra allusione nel libro degli Atti degli Apostoli, o nelle lettere apostoliche, ma questo non avviene mai. Non risulta neppure una volta che Pietro abbia esercitato nella Chiesa primitiva una funzione di comando, neppure una sola volta si parla di una sua iniziativa autoritaria.

(b) Non solo, ma la Sacra Scrittura è esplicita nell'affermare che Cristo non può avere alcun vicario. «ma costui, perché dimora in eterno, ha un sacerdozio che non passa ad alcun altro» (Eb. 7:24). I sacerdoti dell'ordine levitico furono molti, perché essendo uomini mortali, di necessità doveva aver luogo la successione. Cristo, che mai non muore, ha un sacerdozio che non passa da Lui a un altro-

(c) Si noti poi che soltanto il vangelo di Matteo (16:18) riferisce le parole invocate per l'istituzione del papato, quantunque anche Marco e Luca narrino la medesima scena (Mr. 8:27-30; Lu. 9:18), e Giovanni ne faccia un accenno (6:68-70). Questo è molto strano. Tre su quattro testimoni non riferiscono le parole che sarebbero la chiave di volta di tutto l'edificio del Papato. E' evidente che Marco, Luca e Giovanni non le avevano interpretate nel senso loro attribuito dalla chiesa romana.

(d) Si osservi ancora che le parole rivolte da Gesù a Pietro sono ripetute in modo testuale a tutti i suoi ascoltatori (Mt. 16:19 - Mt. 18:18). Questi testi è chiaro che non si riferiscono soltanto ai ministri, ma a tutta la chiesa.

(e) Poco dopo la scena descritta da Gesù in Matteo 16:18, gli apostoli discutono ancora fra di loro per sapere chi fosse il maggiore, il che sarebbe incomprensibile, se Gesù avesse già stabilito che Pietro sarebbe stato il Suo vicario. Tanto più che Gesù, invece di risolvere il problema indicando Pietro, afferma che il maggiore è quel credente che sa essere umile come un piccolo fanciullo.

(f) Dopo l'Ascensione gli apostoli vogliono nominare un altro apostolo in sostituzione di Giuda, e invece di rimettersi al giudizio di Pietro, come avrebbero dovuto fare se fosse stato il vicario di Cristo, tirano a sorte. E, come se non bastasse, non è neppure Pietro che suggerisce i due nomi proposti (At. 1:23-26).

(g) Quando gli apostoli e gli altri cristiani ebbero sentore che Pietro aveva alloggiato in casa di pagani, contrariamente agli usi degli ebrei, Pietro non si comporta da papa, non esige ubbidienza alle sue decisioni, ma si giustifica davanti alla Chiesa (At. 11:1-18).

(h) Quando si riunisce il primo Concilio della Chiesa a Gerusalemme, non appare che sia presieduto da Pietro, bensì da Giacomo, e le decisioni del Concilio vengono annunziate alle chiese non in nome di Pietro, ma di tutti gli apostoli e i fratelli anziani (At. 15).

(i) In seguito all'espansione del cristianesimo, è detto che «gli apostoli che erano rimasti in Gerusalemme, avendo inteso che la Samaria aveva ricevuto la parola di Dio, vi mandarono Pietro e Giovanni» (At. 8:14). Dunque: i subordinati (gli apostoli) fanno atto di autorità presso il presunto papa e lo mandano in Samaria. Ma un papa non è mandato da nessuno!

(l) Nella lettera ai Corinzi l'apostolo afferma che «l'uomo spirituale giudica di ogni cosa, ed egli stesso non è giudicato da alcuno» (1 Co. 2:15)., e non si vede bene come questa affermazione si concili con la pretesa di qualcuno di signoreggiare sulla nostra fede.

(m) Nella lettera agli Efesini (4:11) l'apostolo Paolo scrive: «E Cristo, che ha dato gli uni come apostoli; gli altri, come profeti; gli altri, come evangelisti; gli altri come pastori e dottori». In questo passo, dove sono menzionati i vari ministeri della Chiesa, compreso quello dell'apostolo, non si fa menzione del papato, il che sarebbe stato indispensabile, se a quei tempi fosse esistito.

(n) Lo stesso apostolo esclude di voler esercitare un magistero imperativo sulle coscienze, quando scrive: «Non già che signoreggiamo sulla vostra fede; ma siamo aiutatori della vostra allegrezza» (2 Co. 1:24).

(o) Tutto quello che nel Nuovo Testamento ci viene riferito dei rapporti fra Pietro e Paolo esclude senz'altro che si possa parlare di una supremazia di Pietro. Infatti:

(i) Neppure lontanamente nelle sue lettere Paolo accenna al papa Pietro.

(ii) Quando Paolo decide di recarsi a Gerusalemme per esporre il suo programma egli menziona Pietro come una delle colonne della chiesa, insieme a Giacomo e Giovanni, e non è neppure nominato per primo (Ga. 2:9).

(iii) Ben lungi dall'avere autorità su Paolo, ci è detto che per decisione collegiale di "quelli che godono di particolare considerazione" (Ga. 2:6), si venne ad una divisione dei compiti. Pietro dovrà evangelizzare i Giudei, e Paolo i pagani.

(iv) Paolo ignorava a tal punto l'esistenza di un "sommo pontefice" e della sua autorità "piena, suprema e universale, che può sempre esercitare liberamente», che scrive: «Quando Cefa (Pietro) fu venuto ad Antiochia, io gli resistei in faccia, perché era da condannare" (At. 2:11).

(p) Si aggiunga ancora che nel Nuovo Testamento vi sono due lettere attribuite a Pietro, ed egli non vi fa mai il minimo accenno al suo primato sulla Chiesa. Al contrario, ci fa sapere che Gesù Cristo è la pietra fondamentale della Chiesa (At. 4:11,12).

(q) Infine se cristo avesse bisogno di un vicario, significherebbe che Egli è assente o nell'impossibilità di agire direttamente nella sua chiesa, ma Gesù è costantemente presente, come afferma Lui stesso in Giovanni 14:18,19. 

Affermazioni in sé stesse totalmente contraddittorie, affermano però ancora nel catechismo: « Cristo, "pietra viva" assicura alla Sua chiesa fondata su Pietro la vittoria sulle potenze della morte. Pietro, a causa della fede da lui confessata, resterà la roccia incrollabile della Chiesa. Avrà la missione di custodire la fede nella sua integrità e di confermare i suoi fratelli» (552). Pietro però è incrollabile.... come la statua dai piedi d'argilla di cui parla il libro di Daniele (Da. 2:33).

(Paolo Castellina. Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente indicato, sono tratte dalla Versione Nuova Riveduta, ed. 1991, La Buona Novella, Brindisi)