Catechismi/Catgin/5

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4. LA PREGHIERA

La preghiera

L'uomo rettamente istruito nella vera fede sente prima di tutto evidente quanto egli sia indegno e privo di tutti i beni e quanto abbia bisogno d'ogni aiuto per la salvezza. Pertanto, se cerca qualche soccorso per sovvenire alla sua povertà, bisogna ch'esca di se stesso per cercarlo altrove. D'altro lato egli contempla il Signore, che liberalmente e volontariamente si offre in Gesù Cristo e gli apre tutti i tesori celesti, affinché tutta la fede dell'uomo si fermi a guardare questo Figliuolo diletto, tutta la sua aspettazione sia volta verso di lui ed in lui riposi e sia fissa ogni sua speranza. Non rimane dunque se non che l'uomo cerchi in Dio e che, pregando, gli domandi ciò che ha conosciuto essere in lui. Altrimenti il conoscere che Dio è il Signore e il donatore di tutti i beni, che c'invita a domandargli quello che ci abbisogna, non ci giova a nulla se non lo si prega né lo s'invoca. Ciò sarebbe come se alcuno sapendo d'un tesoro sepolto nella terra l'abbandonasse per negligenza, non volendosi dare la pena di disotterrarlo.

Considerazioni sulla preghiera

Siccome la preghiera ha qualche somiglianza con una comunicazione tra Dio e noi, per la quale noi gli esponiamo i nostri desideri, le nostre gioie, i nostri sospiri, in una parola tutti i pensieri del nostro cuore, dobbiamo ben badare, tutte quante le volte che invochiamo il Signore, di scendere nel profondo del nostro cuore e che di là lo ricerchiamo e non con la gola o con la lingua soltanto. Poiché, sebbene sia utile talvolta che la lingua esprima la preghiera e per rendere lo spirito più attento nella meditazione di Dio, e affinché questa parte del corpo specialmente destinata a esaltare la gloria di Dio sia occupata parimenti col cuore a riflettere sulla bontà di Dio, tuttavia il Signore dichiara per bocca del profeta (Isaia 29:13; Matteo 15:8,9) quale profitto essa porta senza volontà, pronunciando una molto grave punizione per tutti quelli che l'onorano con le labbra essendo lungi da lui col cuore. Inoltre, se la vera preghiera non dev'essere altro che un affetto puro del nostro cuore quando per mezzo d'essa dobbiamo avvicinarci a Dio, ci conviene smettere ogni pensiero di gloria propria, ogni fantasia di nostra dignità e ogni fiducia in noi stessi.

Così infatti il profeta (Daniele 9:4-19 e Baruch 2:11 ci ammonisce di pregare non fondati sulle nostre opere giuste, ma sulle grandi compassioni del Signore, affinch'egli ci esaudisca per l'amore di se stesso, essendo il suo nome invocato su noi. E questa conoscenza della nostra miseria non ci deve vietare l'accesso a Dio, visto che la preghiera non è stata istituita per elevarci arrogantemente davanti a Dio, né per esaltare la nostra dignità, ma per confessare con gemito le nostre sciagure, appunto come i figli con familiarità esprimono dinanzi al padre i loro lamenti. Anzi un tal sentimento ci deve essere piuttosto come uno sprone per incitarci e stimolarci sempre più a pregare. Ora ci sono due ragioni che ci devono spingere alla preghiera in modo meraviglioso. In primo luogo l'ordine di Dio per cui ci comanda di pregare. Poi la promessa, con cui ci assicura che otterremo tutto ciò che gli domanderemo'. Poiché quelli che l'invocano e lo cercano ricevono una singolare consolazione in questo che sanno che fanno cosa a lui gradita. Per di più, assicurati della sua verità, confidano di venire certamente esauditi. Domandate (dice egli, Matteo 7:7) e vi sarà dato, battete e vi sarà aperto, cercate e troverete. E nel salmo 50:15: «Invòcami nel giorno della distretta e ti libererò e tu mi glorificherai». Ove sono comprese le due specie di preghiera, cioè l'invocazione o richiesta e l'azione di grazie. Mediante la prima scopriamo dinanzi a Dio i desideri del nostro cuore, con l'altra riconosciamo i suoi benefici verso di noi. E noi dobbiamo praticare l'una e l'altra con assiduità, perché siamo oppressi da tale povertà e miseria che vi dev'essere motivo sufficiente anche ai più perfetti di sospirare e gemere di continuo e d'invocare il Signore con ogni umiltà. D'altro lato i benefici che il Signore per sua bontà spande su di noi sono così abbondanti e ovunque noi volgiamo lo sguardo i miracoli delle sue opere appaiono così grandi, che mai ci può mancare motivo di lode e di rendimento di grazie.

La preghiera del Signore

Oltre a ciò questo Padre clemente, dopo averci ammoniti ed esortati a cercarlo in ogni necessità, vedendo che purtuttavia noi non sappiamo bene che dobbiamo domandare ciò che ci è necessario, ha voluto venirci incontro in questa nostra ignoranza e ha supplito col suo a ciò che mancava alla nostra debole capacità. Da questa benignità deriva per noi un raro motivo di consolazione, in quanto che sappiamo di non domandar nulla d'irragionevole, strano o fuori proposito e neppure che non gli sia gradito, poiché qui preghiamo per così dire colla sua bocca. Questaa forma e regola di preghiera è compresa in sei domande, delle quali le tre prime sono destinate specialmente alla gloria di Dio. Infatti solo questa dobbiamo considerare in esse, senza pensare al nostro profitto. Le altre tre sono dedicate alla sollecitudine per noi stessi e per richiedere le cose che si riferiscono al nostro bene. Tuttavia la gloria di Dio che domandiamo nelle tre prime richieste porta con sé il nostro bene dalla considerazione del quale distogliamo in esse il nostro spirito. D'altro lato nelle altre tre domande non c'è lecito chiedere le cose che ci sono utili, se non per la gloria di Dio.

Padre nostro che sei nei cieli.

In primo luogo ci è data questa regola che ogni preghiera dev'essere presentata a Dio nel nome di Cristo, poiché non gli può essere gradita preghiera alcuna che sia fatta in nome di un altro. Infatti, poiché noi chiamiamo Dio nostro Padre, è certo che noi sottintendiamo il nome di Cristo. Siccome certo non v'è uomo al mondo degno di presentarsi a Dio e di comparire al suo cospetto, questo buon Padre celeste, per liberarci da tale confusione, che giustamente dovrebbe turbarci, ci ha dato il suo Figliuolo Gesù per essere mediatore e avvocato presso di lui. Così, per l'opera sua, noi possiamo avvicinarci a Dio con coraggio, avendo buona fiducia che per questo intercessore nulla ci sarà negato di ciò che chiederemo nel suo nome, come nulla può essere rifiutato a lui dal Padre. E poiché il trono di Dio non è solo trono di maestà ma anche di grazia, noi abbiamo l'ardire di comparire nel suo nome con franchezza dinanzi ad esso, per ottenere misericordia e trovar grazia quando ne abbiamo bisogno. E difatti come abbiamo l'ardire di invocare Dio e la promessa che tutti quelli che l'invocheranno saranno esauditi, così v'è pure un comandamento speciale che dice d'invocarlo nel nome di Cristo e la promessa di ottenere ciò che domanderemo nel suo nome (Giovanni 14:13 e 16:23).

Qui viene ancora aggiunto che Dio nostro Padre è nei cieli. Così viene indicata la sua maestà meravigliosa (che il nostro spirito a causa della sua ottusità per le cose di Dio non potrebbe comprendere diversamente), in quanto che dinanzi agli occhi nostri non v'è cosa più eccellente e più piena d'ogni maestà del cielo. Pertanto quest'ultima espressione equivale ad alto, potente, incomprensibile. Ora dobbiamo elevare i nostri pensieri tutte quante le volte facciamo menzione di Dio, al fine di non immaginare in lui nulla di carnale e terreno, né di misurarlo secondo il nostro timore, né di sottoporre la sua volontà ai nostri affetti.

Domanda prima

Sia santificato il tuo nome

Il nome di Dio è la fama per cui è celebrato tra gli uomini per le sue virtù, come la sua sapienza, la sua bontà, la sua potenza, la sua giustizia, la sua verità e la sua misericordia. Noi dunque chiediamo che questa maestà sia santificata in tali sue virtù e non già che possa crescere o diminuire in se stessa, ma che da tutti sia stimata santa, cioè che sia riconosciuta e magnificata per quello che è veramente e che (qualunque cosa Dio faccia) tutte le sue opere appaiano gloriose come lo sono: cosicché s'egli punisce sia ritenuto giusto, se perdona misericordioso, se compie le promesse verace. Insomma che non vi sia cosa alcuna in cui la sua gloria non sia come impressa e risplenda, sì che le sue lodi risuonino in ogni spirito e su tutte le lingue.

Domanda seconda

Il tuo regno venga.

Il regno di Dio consiste nel condurre e governare i suoi per mezzo dello Spirito Santo, al fine di manifestare in tulle le loro opere le ricchezze della sua bontà e misericordia e di guastare al contrario e di confondere i riprovali che non vogliono essere soggetti al suo dominio né umiliare la loro arroganza maledetta. E ciò affinché appaia chiaramente che non v'è potenza alcuna che possa resistere alla sua. Noi pieghiamo dunque che il regno di Dio venga, cioè che il Signore moltiplichi di giorno in giorno il numero dei suoi fedeli, che celebrano la sua gloria in tutte le opere, e che spanda su di loro di continuo e in modo sempre più copioso le sue grazie per le quali egli viva e regni in loro sempre piìi finché, avendoli perfettamente uniti a sé, del lutto li ricolmi.

Parimenti, che ogni giorno per nuovi successi diffonda la sua luce e la sua verità onde Satana e le sue menzogne e le tenebre del suo regno siano dissipati e tolti via. Quando noi preghiamo così: che il tuo regno venga, desideriamo pure ch'esso sia infine perfetto e compiuto, come sarà nella rivelazione del suo giudizio, nel qual giorno egli solo sarà esaltato e sarà ogni cosa in tutti, dopo avere raccolto e ricevuto i suoi nella gloria e avere demolito e abbattuto del tutto il regno di Satana.

Domanda terza

La tua volontà sia fatta in terra come in cielo.

Qui domandiamo che come in cielo così anche in terra egli governi e conduca ogni cosa secondo la sua volontà buona, facendo volgere tutto a quel fine che gli sembrerà buono, usando secondo il suo beneplacito di tutte le sue creature e assoggettandosi ogni volontà. E chiedendo ciò rinunciamo a tutti i nostri desideri, cedendo e promettendo al Signore tutto ciò che abbiamo di caro in noi pregandolo di governare ogni cosa non secondo il nostro desiderio, ma come lui sa esser bene. E non chiediamo solo che non compia i nostri desideri vani e di nessun valore che contrastano alla sua volontà, ma addirittura che crei in noi uno spirito nuovo e un cuore nuovo spegnendo e annientando il nostro, di modo che nessun impulso di cupidigia sorga in noi, ma solo un puro consenso alla sua volontà. Insomma, che non vogliamo nulla da noi stessi, ma che lo Spirito voglia in noi, e che per la sua ispirazione impariamo ad amare tutte le cose che gli sono gradite e a odiare e detestare tutto ciò che gli dispiace.

Domanda quarta

Dacci oggi il nostro pane quotidiano.

Con questa domanda chiediamo generalmente tutte le cose che sono necessarie al bisogno del nostro corpo in questo mondo, non solo quello che concerne il nutrimento e il vestito, ma tutto ciò che Dio sa esserci utile, affinché possiamo mangiare il nostro pane in pace. Con questa domanda (per esprimerci brevemente) ci raccomandiamo alla provvidenza del Signore e ci affidiamo alla sua sollecitudine, affinché ci nutra, ci mantenga e ci conservi. Infatti questo buon Padre non sdegna di ricevere neppure il nostro corpo in sua custodia e in sua cura, onde esercitare la nostra fiducia in lui mediante queste cose di poco momento, in questo che attendiamo da lui tutto ciò che ci è necessario fino all'ultima briciola di pane e una goccia d'acqua. Ora che domandiamo il nostro pane quotidiano e per il giorno d'oggi, vuol dire che non abbiamo da desiderare se non ciò ch'è necessario per il nostro bisogno, cioè per vivere alla giornata. E dobbiamo avere questa fiducia che se oggi il nostro Padre ci avrà nutriti, non ci lascerà senza cibo domani. E anche se al presente ci troviamo nell'abbondanza, dobbiamo sempre chiedere il nostro pane quotidiano, riconoscendo che ogni sostanza è nulla, se il Signore con l'infusione della sua benedizione non la fa prosperare e produrre. E così pure ciò che è nelle nostre mani non è nostro, se non in quanto egli ce ne concede in ogni ora l'uso e non ci dà una parte del suo frutto. Quanto all'appellativo «nostro», mostra ancora più grande la bontà di Dio, che fa essere nostro ciò che non ci appartiene per nessun diritto. Infine, il fatto che noi chiediamo che ci sia dato, ci dice ch'esso è un dono di Dio semplice e gratuito, da qualunque parte ci venga e anche se sembri essere stato acquistato dalla nostra
attività.

Domanda quinta

Rimettici i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori.

Con queste parole chiediamo che ci sia fatta grazia e remissione dei nostri peccati, che è necessaria a tutti gli uomini senza eccezione. E chiamiamo le nostre offese debiti, in quanto ne dobbiamo a Dio la pena come il pagamento di un debito, e non potremmo soddisfarlo in nessun modo se non venissimo assolti per questa remissione, che è un perdono gratuito della sua misericordia. Chiediamo che ciò ci sia fatto come lo facciamo ai nostri debitori, cioè come noi perdoniamo a quelli che ci hanno offesi in qualsiasi modo, o iniquamente oltraggiati con atti od offesi con parole. Però questa condizione non è aggiunta come se perdonando agli altri meritassimo il perdono di Dio, ma è un segno datoci da Dio per assicurarci che il Signore ci fa grazia in un modo così certo come siamo certi nella nostra coscienza di aver fatto grazia agli altri, se il nostro cuore è ben purificato d'ogni odio, invidia e vendetta. E viceversa, per cancellare dal numero dei suoi figliuoli tutti quelli che sono inclini alla vendetta e restii al perdono e conservano le inimicizie radicate nel cuore; così ch'essi non si mettano a invocarlo come Padre e a domandare che l'indignazione che nutrono verso gli uomini non ricada su loro.

Domanda sesta

Non c'indurre in tentazione, ma liberaci dal maligno. Amen.

Con questo non chiediamo di non provare nessuna tentazione, della quale piuttosto abbiamo molto bisogno per essere risvegliati, stimolati e agitati, per timore che il riposo troppo prolungato non ci renda troppo molli e pigri, come anche il Signore giornalmente tenta i suoi eletti ammaestrandoli, esponendoli a ignominia, povertà, tribolazione e altre croci. Ma questa è la nostra richiesta che il Signore ci dia con le tentazioni pure il modo d'uscirne, affinché non veniamo da esse vinti e oppressi, ma anzi resi fermi e robusti dalla sua forza possiamo resistere di continuo all'urto con tutte le potenze dalle quali siamo combattuti. Di più, essendo da lui guardati e protetti, santificati dalle sue grazie spirituali, retti dal suo governo, rimaniamo invincibili di fronte al diavolo, alla morte e a tutte le offese dell'inferno. Questo vuol dire esser liberati dal maligno. Bisogna ora notare come il Signore vuole che le nostre preghiere siano conformi alla regola della carità, poiché non c'insegna a domandare ciascuno per se stesso, quello che gli par buono, senza pensare al prossimo, ma ci dice d'essere solleciti per il bene del fratello come del nostro.

La perseveranza nella preghiera

Infine dobbiamo osservare che non dobbiamo voler legare Dio a certe circostanze, come anche in questa stessa preghiera ci viene insegnato di non dettargli legge alcuna né d'imporgli nessuna condizione. Infatti, prima di rivolgergli qualsiasi preghiera per noi, diciamo che la sua volontà sia fatta, e con ciò sottomettiamo la nostra volontà alla sua, affinché sia fermata e trattenuta come da un freno e non presuma il volerselo sottoporre e render soggetto. Se avendo il cuore educato a quest'obbedienza, ci lasciamo governare secondo il beneplacito della divina provvidenza, facilmente impareremo a perseverare nella preghiera e ad attendere con pazienza il Signore, differendo l'adempimento dei nostri desideri all'ora stabilità dalla sua volontà: con la certezza che, sebbene egli non si mostri, pure è sempre presente, e che al tempo opportuno dichiarerà di non aver avuto affatto le orecchie sorde alle nostre preghiere, per quanto agli uomini sembrasse che fossero disprezzate da lui.

E se alla fine, dopo lunga attesa, la nostra ragione non potrà intendere quale vantaggio avremo avuto dal nostro pregare e non ne vedrà alcun frutto, pur non di meno la nostra fede ci attesterà ciò che la nostra mente non potrà percepire, cioè che avremo ottenuto tutto ciò che ci era utile e così farà che abbiamo abbondanza nella povertà e consolazione nell'afflizione.

Infatti, quand'anche tutte le cose ci vengano meno, pure Dio mai ci lascerà, poiché non è possibile che renda vana l'attesa e la pazienza dei suoi. E lui solo ci sarà sufficiente per ogni cosa, perché ha in sé tutti i beni, che nel futuro ci rivelerà pienamente.