Confessioni di fede/Elvetica/16

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Indice generale

Confessione di fede elvetica del 1566

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XVI. La fede, le opere buone, la loro ricompensa e il merito dell’uomo

Che cos’è la fede?

La fede cristiana non è un’opinione o una persuasione umana, ma una saldissima [fermissima] fiducia ed un chiaro e costante assenso del cuore [animo, mente], come pure una percezione certa [una certissima accettazione] della verità di Dio, proposta [spiegata] dalle Sacre Scritture e dal Simbolo degli apostoli, e così di Dio stesso che è il sommo bene e soprattutto della promessa divina e di Cristo che è il compimento [somma principale] di tutte le promesse [di Dio][1].

La fede è dono di Dio

Questa fede è un puro dono di Dio [è grazia di Dio], che Dio dona ed elargisce per la Sua pura grazia ai Suoi eletti, nella misura che vuole, quando vuole, a chi e come a Lui piace. Egli dona questa fede attraverso il Suo Santo Spirito, per mezzo della predicazione dell’Evangelo e della preghiera fedele [accompagnata da ferma fiducia]. Una fede in crescita. Questa fede comporta una crescita, incremento che pure viene donato da Dio, diversamente gli apostoli non avrebbero potuto dire: “Signore, aumentaci la fede” (Lu. 17:5). Del resto, fin qui non abbiamo detto nulla che gli Apostoli non ci abbiamo insegnato. L’apostolo dice infatti che la fede “è certezza di cose che si sperano, dimostrazione [evidente e certa] di realtà che non si vedono” (Eb. 11:1). L’Apostolo dice, inoltre, “tutte le promesse di Dio hanno il loro «sì» in lui; perciò pure per mezzo di lui noi pronunciamo l'Amen alla gloria di Dio” (2 Co. 1:20). Ai Filippesi dice: “vi è stata concessa la grazia, rispetto a Cristo, non soltanto di credere in Lui, ma anche di soffrire per lui” (Fl. 1:29). Ugualmente: ciascuno “abbia di sé un concetto sobrio, secondo la misura di fede che Dio ha assegnata a ciascuno” (Ro. 12:3). La fede, perciò, non è da tutti e non tutti ubbidiscono all’Evangelo (2 Ts. 3:2; Ro. 10:16). Luca persino afferma: “Gli stranieri, udendo queste cose, si rallegravano e glorificavano la Parola di Dio; e tutti quelli che erano ordinati a vita eterna, credettero” (Lu. 13:48). Per questo motivo Paolo, scrivendo a Tito, chiama la fede che Dio ci dona: “la fede degli eletti di Dio” (Tt. 1:1), e dice inoltre: “Così la fede viene da ciò che si ascolta, e ciò che si ascolta viene dalla parola di Cristo” (Ro. 10:17), come pure in molti altri passi ci esorta a pregare per la fede.

La fede è efficace ed attiva

Lo stesso apostolo la chiama fede sommamente efficace ed operante mediante l’amore (Ga. 5:6). Essa pacifica [e calma] la coscienza [dinanzi a Dio] e ci dona libero accesso a Dio, permettendoci di avvicinarci con fiducia alla Sua maestà ed ottenere dalla Sua bontà tutto ciò che ci è utile e necessario. La stessa fede ci conserva nel nostro dovere [nell’esercizio dei nostri uffici o incombenze], al quale siamo obbligati sia verso Dio che verso il nostro prossimo. Essa, inoltre, ci rende saldi [rinforza] nella pazienza nel tempo dell’avversità e ci suggerisce [ci insegna] e fa fare una vera confessione; infine, per dire tutto con una sola parola, essa produce [partorisce] in noi ogni sorta [e genere] di buoni frutti e di buone opere.

Le buone opere

Noi insegnamo che le vere opere [veramente] buone derivano dalla fede resa viva dallo Spirito Santo, ed esse vengono compiute [fatte e praticate] dai fedeli secondo la volontà o regola della Parola di Dio. Anche Pietro così ci esorta: “per questa stessa ragione, mettendoci da parte vostra ogni impegno, aggiungete [mostrate] alla vostra fede la virtù; alla virtù la conoscenza” (2 Pi. 1:5). Ora, abbiamo detto sopra che la legge di Dio, legge che è anche la volontà di Dio, ci prescrive la norma [un vero formulario e modello] delle opere buone. In base ad esso, l’Apostolo ci dice: “"Infatti sapete quali istruzioni vi abbiamo date nel nome del Signore Gesù. Perché questa è la volontà di Dio: che vi santifichiate, che vi asteniate dalla fornicazione, che ciascuno di voi sappia possedere il proprio corpo in santità e onore" (1 Ts, 4:2-4).

Opere arbitrarie

Dio, infatti, non approva le nostre opere, né l’onore ed il culto reso alla Sua maestà a nostro capriccio [quelle che noi scegliamo arbitrariamente] (Cl. 2:23)[2], a proposito dei quali il Signore ci ha dato il Suo giudizio nel vangelo dicendo: “Invano mi rendono il loro culto, insegnando dottrine che sono precetti d'uomini” (Mt. 15:9). Noi non approviamo [noi riproviamo] quindi tali opere, ma approviamo quelle che sono secondo la volontà e i comandamenti di Dio, ed esortiamo gli uomini a compierle.

Il fine delle buone opere

Del resto, dobbiamo compiere le opere buone non per meritare la vita eterna, che, come dice l’Apostolo, è un dono di Dio (Ro. 6:23)[3], né per ostentazione [al fine di metterle ambiziosamente in mostra], cosa rigettata dal Signore (Mt. 23), [ancora meno per trarne guadagno] ma per la gloria di Dio, rendendo onorevole [per adornare] la nostra vocazione non mostrandoci ingrati verso Dio [per dimostrare a Dio la nostra gratitudine], e anche per l’utilità del prossimo. Nostro Signore ci dice infatti nel vangelo: “risplenda la vostra luce davanti agli uomini, affinché vedano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli” (Mt. 5:16), e l’apostolo Paolo di esorta dicendo: “Io dunque, il prigioniero del Signore, vi esorto a comportarvi in modo degno della vocazione che vi è stata rivolta” (Ef. 4:1). Ugualmente: “Qualunque cosa facciate, in parole o in opere, fate ogni cosa nel nome del SignoreGesù ringraziando Dio Padre per mezzo di lui” (Cl. 3:17). Lo stesso apostolo ci dice anche: “…cercando ciascuno non il proprio interesse, ma anche quello degli alt” (Fl. 2:4). Ugualmente: “Imparino anche i nostri a dedicarsi a opere buone per provvedere alle necessità, affinché non stiano senza portar frutto” (Tt. 3:14).

Noi non respingiamo le buone opere

Noi insegniamo, quindi, con l’Apostolo, che l’uomo è giustificato gratuitamente per la fede in Cristo e non per mezzo di opere buone che possa fare (Tt. 3:14)[4]. Tuttavia noi non disprezziamo e tantomeno condanniamo le opere buone, essendo persuasi che l’uomo non è stato né creato né rigenerato mediante la fede per rimanersene ozioso [affinché viva disoccupato o stia in ozio], piuttosto per adoperarsi continuamente a fare tutto ciò che è buono ed utile. Nel vangelo il Signore ci dice infatti: “ogni albero buono fa frutti buoni, ma l'albero cattivo fa frutti cattivi” (Mt. 7:17), e inoltre: “Io sono la vite, voi siete i tralci. Colui che dimora in me e nel quale io dimoro, porta molto frutto; perché senza di me non potete far nulla” (Gv. 15:5). Ancora l’Apostolo ci attesta: “siamo opera sua, essendo stati creati in Cristo Gesù per fare le opere buone, che Dio ha precedentemente preparate affinché le pratichiamo” (Ef. 2:10), e altresì: “Egli ha dato sé stesso per noi per riscattarci da ogni iniquità e purificarsi un popolo che gli appartenga, zelante nelle opere buone” (Tt. 2:14). Condanniamo quindi tutti coloro che disprezzano le opere buone e che sussurrano che esse siano inutili e che quindi di esse non sia necessario preoccuparsene.

Noi non siamo salvati dalle buone opere

Tuttavia, come abbiamo detto sopra, non ci riteniamo affatto salvati dalle opere buone e non riteniamo neppure che esse siano tanto necessarie alla salvezza che nessun uomo si sia mai salvato senza di esse. Noi siamo salvati, infatti, per grazia e per il beneficio di uno solo, Gesù Cristo. Ora le opere sono necessariamente generate [prodotte] dalla fede e tuttavia la nostra salvezza viene attribuita loro impropriamente e senza ragione, derivando essa veramente e propriamente dalla grazia, secondo questa ben nota espressione dell’apostolo: “Ma se è per grazia, non è più per opere; altrimenti, la grazia non è più grazia” (Ro. 11:6).

Le buone opere piacciono a Dio

Del resto le opere buone, fatte per fede, sono gradite a Dio e sono da Lui approvate, poiché coloro che compiono le opere buone sono graditi a Dio a motivo della fede che essi hanno in Gesù Cristo, e le compiono per lo Spirito Santo e la grazia di Dio. L’apostolo Pietro ci assicura così: “in qualunque nazione chi lo teme e opera giustamente gli è gradito” (At. 10:35), e Paolo dice ai Colossesi: “anche noi, dal giorno che abbiamo saputo questo, non cessiamo di pregare per voi e di domandare che siate ricolmi della profonda conoscenza della volontà di Dio con ogni sapienza e intelligenza spirituale, perché camminiate in modo degno del Signore per piacergli in ogni cosa, portando frutto in ogni opera buona e crescendo nella conoscenza di Dio” (Cl. 1:9,10). Insegniamo perciò accuratamente non le virtù filosofiche e false, ma le vere virtù, e insegniamo veramente le opere buone e i giusti [genuini] doveri del cristiano e li richiamiamo spesso, con tutta la diligenza e veemenza di cui siamo capaci, biasimando, d’altra parte, [la dappocaggine e] la pigrizia e l’ipocrisia di tutti quelli che lodano l’Evangelo con la bocca e ne fanno professione esteriore, ma lo disonorano con la loro vita disonesta, e proclamiamo al riguardo sia le terribili minacce di Dio che le innumerevoli promesse e generose ricompense, esortando, consolando e redarguendo gli uomini.

Dio ricompensa le opere buone

Insegniamo infatti che Dio dona un’abbondante ricompensa a coloro che compiono le opere buone, secondo l’affermazione del profeta che dice: “Trattieni la tua voce dal piangere, i tuoi occhi dal versare lacrime; poiché l'opera tua sarà ricompensata” (Gr. 31:16; cfr. Is. 4). E il Signore ci dice nel vangelo: “Rallegratevi e giubilate, perché il vostro premio è grande nei cieli” (Mt. 5:12). Ugualmente: “chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d'acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è un mio discepolo, io vi dico in verità che non perderà affatto il suo premio” (Mt. 10:42). Tuttavia noi attribuiamo questa ricompensa che il Signore dona non al merito dell’uomo che la riceve, ma alla sola bontà, generosità e veracità di Dio che la promette e la dona, il quale pur non essendo debitore nei confronti di alcuno, ha nondimeno promesso la ricompensa a tutti i Suoi servi fedeli e intanto lo conferisce loro, affinché Lo adorino e Lo servano. E sebbene vi siano nelle opere dei santi molte cose imperfette e indegne di essere presentate a Dio, tuttavia, dal momento che Dio riceve in grazia ed abbraccia [li favoreggia] in Gesù Cristo coloro che le compiono [favoreggia coloro che fanno le opere buone in Cristo], Egli paga [rende] loro la ricompensa promessa (Is. 64:6). In effetti, considerati da un altro punto di vista, i nostri cuori sono paragonati ad un abito sporco[5]. Il Signore dice infatti nel vangelo: “anche voi, quando avrete fatto tutto ciò che vi è comandato, dite: "Noi siamo servi inutili; abbiamo fatto quello che eravamo in obbligo di fare” (Lu. 17:10).

Non ci sono meriti umani

Ora, benché insegniamo che la ricompensa ed il premio sono dati da Dio alle nostre opere buone, noi diciamo con Agostino che Dio corona in noi i Suoi doni e non i nostri meriti. Ragion per cui diciamo che tutta la ricompensa che noi riceviamo non è altro che grazia e piuttosto grazia che non ricompensa, dato che il bene [le opere] che facciamo viene puramente e direttamente da Dio [le facciamo più per la grazia e la virtù di Dio] e non da noi stessi [che per le nostre proprie forze], visto che anche l’apostolo Paolo dice: “chi ti distingue dagli altri? E che cosa possiedi che tu non abbia ricevuto? E se l'hai ricevuto, perché ti vanti come se tu non l'avessi ricevuto?” (1 Co. 4:7). A questa espressione di Paolo dobbiamo aggiungere ciò che ne ha dedotto Cipriano martire, cioè che non dobbiamo gloriarci di nulla[6] [dato che nulla è nostro]. Condanniamo quindi a ragion veduta coloro che difendono talmente i mertiti degli uomini da annullare [restringono ed annullano] la grazia di Dio.

Note

[1] Si potrebbe dire così : « Io sono fermamente ed intimamente persuaso che ciò che propongono le Sacre Scritture ed il Credo apostolico sono verità rivelate da Dio e quindi che rivelano Dio stesso, il sommo bene, e soprattutto delle divine promesse che in esse sono contenute e che hanno il loro compimento in Cristo. Questo io accolgo con costante fiducia e a questo io dò l’assenso più incondizionato, chiaro ed inequivocabile del mio cuore.

[2] « Quelle cose hanno, è vero, una parvenza di sapienza per quel tanto che è in esse di culto volontario, di umiltà e di austerità nel trattare il corpo, ma non hanno alcun valore; servono solo a soddisfare la carne” (Cl. 2:23).

[3] « il salario del peccato è la morte, ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore” (Ro. 6:23).

[4] “Imparino anche i nostri a dedicarsi a opere buone per provvedere alle necessità, affinché non stiano senza portar frutto” (Tt. 3:14).

[5] « Tutti quanti siamo diventati come l'uomo impuro, tutta la nostra giustizia come un abito sporco; tutti quanti appassiamo come foglie e la nostra iniquità ci porta via come il vento” (Is. 64:6).

[6] Ad Quirinuim Testimoniorum, lib. 3,4.