Ecclesiologia/Concezione cristiana dell'educazione

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La concezione cristiana dell'educazione

di Comelius Van Til [1]

Soltanto su basi riformate è possibile avere una visione teocentrica nel campo dell'educazione in quanto solo nel pensiero riformato anche Cristo e lo Spirito Santo occupano una posizione centrale. La concezione riformata è infatti saldamente ed esclusivamente ancorata alla Bibbia. Le dottrine della creazione e della provvidenza implicano il fatto che il Creatore da origine e ordina tutti gli elementi dell'universo secondo una "logica" che trascende l'uomo, il cui sistema deve essere di conseguenza consapevolmente analogico rispetto a quello di Dio.

Il Dio della Bibbia è assolutamente completo e sufficiente in se stesso. Egli è uno spirito infinito, eterno, immutabile nel suo essere, nella sua sapienza, nella sua potenza, santità, giustizia, bontà e verità e dato che è autosufficiente non lo si può rapportare ad alcun principio di individualità che sia originale quanto lui e che abbia bisogno della sua persona come correlativo che gli corrisponda.

Dio non è neppure semplicemente un astratto o formale principio di unità privo di significato fino a quando non lo si porti a contatto con la brutalità di fatti che gli si contrappongono. Non esiste un non-essere o una potenzialità che agisca originalmente come un opposto al Dio rivelato dalle Scritture.

Se così è, questo Dio dev'essere presupposto dall'uomo. La sua esistenza però non può essere provata al la maniera del pragmatismo e dell'idealismo che si sforzano di dimostrarne il principio di continuità, perché ciò equivarrebbe a dire che egli non è più l'unico criterio di unità in quanto esisterebbero una serie di fatti ultimi quanto il Suo essere.

Bisogna ora affermare che solo la Bibbia rivela un Dio così maestoso che può sempre parlare con autorità attraverso la sua Parola. Egli è il presupposto dell'intelligibilità dell'esperienza umana ed è riconosciuto nella lede riformala come il punto di riferimento finale di ogni dichiarazione che l'uomo può fare. In questo senso si può ben dire che il cristianesimo riformato si pone in completa opposizione, in lutti i campi, a tulle quelle forme di pensiero non cristiano die fanno della creatura umana, e non del Creatore, il riferimento ultimo.

La questione fondamentale quindi non è tanto di sapere quale posizione risulti in accordo con i fatti e con la logica, quanto comprendere il discorso strategico relativo ai presupposti, alla filosofia dunque dei falli e della razionalità. Ogni argomentazione che non risalga al problema dei presupposi! evade di fatto il tema in esame. Mentre la posizione cristiana cerca di rendere intellegibile l'esperienza umana fondandosi su Dio quale riferimento ultimo, il pensiero non cristiano opera nello stesso modo collocando però l'uomo al centro. Su questo problema così cruciale abbiamo assistito al tentativo della Chiesa cattolico-romana di mediare fra le due visioni della realtà interpretando la vita nelle sue varie manifestazioni parte nei termini dell'uomo e parte nei termini di Dio. La via con i medesimi fatali risultati. Possiamo perciò d i dichiarare con estrema convinzione, che non c'è alcuna posizione ortodossa, se si eccettua quella riformata, che sia capace di opporsi a Dewey o a Platone.

Ciò non è il risultato di un semplice richiamo delle cosiddette dottrine peculiari del calvinismo, ma della totale fermezza e coerenza con cui vengono mantenute tulle le verità teologiche del vero cristianesimo. L’uomo, quindi, potrà conoscere lo scopo, i criteri ed il principio stesso della vita soltanto nell’ambito di un Dio indipendente e totalmente auto-sufficiente e delle dottrine della creazione e della provvidenza senza alcuna modificazione. Ora ci accingeremo ad esaminare ognuno di questi concetti separatamente.

Lo scopo dell'educazione                      '

Secondo il pensiero riformato l'uomo conosceva fin dall'inizio lo scopo della sua esistenza. Egli era stata creato ad immagine del Dio che aveva pure dato origine a tutto ciò che lo circondava. Non c'era perciò alcun fatto interno o esterno alla creatura umana che non rivelasse in modo pieno il Creatore, infatti la natura o l’essenza di ogni realtà creata sta proprio nella funzione che svolge nel processo d'auto-rivelazione dì Dio all'uomo, chiamato anch'egli a svolgere questa stessa funzione.

L'uomo fu creato intatti a immagine di Dio con il compito di esprimere sempre più chiaramente questa sua peculiarità in quanto la vocazione storica a cui era stato destinato consisteva proprio nel riflettere la gloria di Dio nella propria esistenza.

E' precisamente in tale contesto. dunque, che dobbiamo riferirci alla rivelazione originale e soprannaturale data ad Adamo, che gli permetteva di comprendere la sua vocazione in vista anche del futuro. Egli avrebbe dovuto in maniera via via crescente rielaborare i fatti dell'universo avendo come meta l'esclusiva gloria di Dio, collaborando così all'edificazione del suo regno,

La rivelazione soprannaturale positiva di cui stiamo parlando è allo stesso tempo correlativa e supplementare a quella che avviene nei fatti all'interno e all'esterno dell'uomo. Si può quindi dire che solamente quando le rivelazioni "naturale" e "soprannaturale" sono considerale integrantesi l'una all'altra e perciò viste per quello che sono nella realtà, l'uomo è posto nella corretta prospettiva storica.

Ci si rende cioè conto di cosa egli fosse e di quel che dovesse diventare sia a livello individuale che collettivo e si comprende anche, esclusivamente in questo contesto che la sua vita si realizza all’interno di una relazione pattuale. Dio, infatti, ha donato da realizzare un progetto nel quale deve impegnarsi concretamente e che consiste nella costruzione del Suo regno.

A questo progetto deve partecipare l'intera umanità in quanto il primo uomo e rappresentante. appunto. di tutta la razza umana. Il Creatore aveva informato l'uomo di questo attraverso una comunicazione di pensiero soprannaturale accompagnata da una rivelazione fattuale. Dio ha istituito così il filosofo-scienziato che a sua volta avrebbe dovuto trasmettere le verità ricevute all'insegnante il quale avrebbe dovuto fare altrettanto con l'allievo rendendolo edotto circa il compito affidato alla creatura umana nella creazione.

E' .stato giù notato come l'uomo non sia in grado di conoscere il preciso mandalo ricevuto se fonda la sua riflessione su presupposti non-cristiani. Circondato com'e dal caos, egli non riesce neppure a distinguere un fatto dall'altro. perché per afferrare qualcosa in particolare dovrebbe conoscere tutto.

A questo punto, però, è necessario sottolineare che anche le posizioni cristiane non riformate si trovano nella situazione appena descritta. Il Dio del cattolicesimo romano e dell’arminianesimo, per esempio, è incapace di definire il mandato culturale dell'uomo non potendo controllare il futuro in modo assoluto dato che la realizzazione dei suoi scopi e condizionata dalla volontà umana. Egli può insistere affinché l'uomo realizzi la funzione di suo rappresentante sulla terra e poi sperare nel successo di un tale progetto solo se l'uomo stesso offrirà la propria collaborazione. Se Dio quindi non può portare a compimento I suoi disegni prescindendo dalla volontà umana ciò significa che, in ultima analisi, è un essere limitato che non possiede il controllo ultimo della storia.

Dunque, solo la fede riformata confessa la verità biblica di un Dio sovrano da ogni eternità, che ha dei progetti da lui perfettamente conosciuti i quali troveranno certamente un pieno adempimento. Esclusivamente questo tipo di posizione può sfidare perciò il pensiero non cristiano sul soggetto dell'educazione. Il Dio del cristianesimo soltanto, come espresso dalla fede riformata. permette di evitare e superare l'astratto princìpio universale della filosofia idealista. e con esso il dio che necessita di condizioni ambientali particolari per poter essere auto-cosciente, un dio che a bisogno 'un processo graduale per la determinazione della sua volontà onde fissare degli obiettivi per l'umanità.

Criteri nell'educazione

Affronteremo ora, come secondo punto, la questione dei criteri e delle norme nel campo educativo. Abbiamo già precedentemente indicato come a partire da presupposti non cristiani sia impossibile distinguere ciò che promuove l'educazione e ciò che invece la ostacola.

La fede riformata si fonda, molto chiaramente, sull'assunto dell'assoluta verità del la posizione cristiana ed è proprio questo che l’insegnante deve trasmettere al proprio allievo. Quest’ultimo ha imparato già che lo scopo della vita umana può essere conosciuto solo attraverso l'autorevole rivelazione di DÌO ed è ora in grado di discernere che su questa stessa base l'uomo può anche rintracciare i criteri per mezzo dei quali deve vivere.

Ogni altra posizione su tale tematica risulterà solo un compromesso perché l"educazione verrà considerata come una scelta fra due diverse visioni come se ci si trovasse su un terreno del tutto neutrale. Si ritrova qui il presupposto di un possibile impegno nei confronti di Dio e di Cristo come Signore senza l'iniziale potenza rigeneratrice dello Spirito Santo. tale impegno, però, non sarà mai una dedicazione nel senso pieno del termine. Il Dio ed il Cristo della Scrittura restano tali, infatti, solamente quando ci si impegna realmente perché si è stati attirati dalla loro potenza. In caso contrario, essi diventano ancora una volta un astratto principio universale, dipendenti loro stessi dall'individuazione di un criterio irrazionale. Così accade anche per la Bibbia che, se deve essere prima provata da una norma più alta, estrinseca ad essa, perché diventi rilevante per l'esperienza umana, non rappresenta più il riferimento ultimo per l'esistenza e ci si chiede. In fondo per quale motivo si avrebbe ancora bisogno di essa. La nostra conclusione perciò è che la fede riformata soltanto costituisca la vera sfida a Dewey come a Platone. Essa affronta e risolve infatti, non solo il problema dello scopo della vita umana, ma anche quello relativo ai suoi criteri.

E' solo su basi riformate quindi che l’insegnante possiede criteri che gli consentono di distinguere ciò che e educati da ciò che non lo è. Ogni cosa che e in armonia con il contenuto della Scrittura può essere considerato educativo, mentre il resto va sicuramente eliminato. II criterio in sé, come si vede è sufficientemente chiaro e semplice, la difficoltà, sia per l'insegnante che per l'allievo, è trovare la sua applicazione pratica nelle varie situazioni in cui si verranno a trovare.

3. Il principio orientativo nell'educazione Affronteremo ora il problema cruciale della motivazione stessa dell'esperienza umana considerando da dove tragga le proprie risorse. Vi sono indubbiamente due posizioni opposte su questo tema, in quanto la visione non cristiana ripone la propria fede nell'uomo mentre quella cristiana nel Dio trino delle Scritture. E' necessario affermare a questo punto che a partire da presupposti non cristiani l'esperienza umana opera nel vuoto; l'uomo è nelle tenebre e non ha alcuna speranza di uscirne per vedere la luce, anzi resta preda in definitiva dell'ottenebramento e dell'irrazionalità. II risultato è che le tenebre ricoprono l'allievo, l'insegnante, lo scienziato-filosofo e il loro stesso Dio.

La razionalità non può essere considerata per essi una costante, dato che secondo loro essa si fonda sulla casualità. La razionalità assoluta è vista come proveniente,. per proiezione, da un animale razionale, che a sua volta l’ha ottenuta accidentalmente e che usa la legge della contraddizione, anch'essa ritenuta casuale, per autoconvincersi che il Dio del cristianesimo non può esistere.

In netto contrasto con quanto appena esposto, la posizione riformata orienta il suo pensiero in modo molto franco sulle solide basi rappresentate dalle dottrine della creazione e della provvidenza, così come rivelate dalla Scrittura. Solo su questo fondamento l'insegnante e l'allievo sono, fin dall'inizio, e circondati dalla luce, in contatto cioè con la verità perché essi stessi rivelano Dio quale loro Creatore e Signore.

Bisogna però specificare ora di nuovo che le varie visioni cristiane che tendono ad eliminare quella riformata cadono all'istante nel compromesso e insistendo sulla nozione della libertà umana non fanno altro che impedire all’uomo ogni contatto con Dio. II loro tentativo e la difesa della logica, della razionalità quando si preoccupano di mettere Dio al riparo da ogni responsabilità nei confronti del peccato, non rendendosi conio che ciò significa ridurlo al livello di dimensione finita. Un Dio di questo tipo, in fondo non ha nessun controllo finale sul destino dell'uomo e dell'universo e tutto viene ricondotto in un contesto di oscurità e di accidentalità. Cristo poi avrebbe fatto del suo meglio per l'uomo, rendendo la salvezza "possibile" per tutti anche se ora e costretto a confrontarsi continuamente con la volontà umana che può frustrare i suoi plani, semplicemente decidendo di non accettare la sua offerta. in questo modo, allora l’opera del Cristo rappresenterebbe un fallimento. Satana non sarebbe stato sconfitto ed il regno del male può ancora prevalere su quello divino.

Come può l'insegnante su questi presupposti indirizzare fermamente l'allievo a lavorare per il Regno di Dio? Egli non può trovare alcuna spiegazione intellegibile relativa a tale regno se non esiste un disegno preciso di Dio per l'universo che infallibilmente troverà il suo compimento. Un Dio non sovrano veramente potrebbe solo fantasticare circa il corso della storia perché non possederebbe un progetto stabile e soprattutto realizzabile. Questo implicherebbe che la realtà, in ultima analisi, è irrazionale. L'insegnante a questo punto non saprebbe assolutamente come integrarsi nella realtà e come promuovere l'integrazione dei sudi allievi in quanto regnerebbe l'indeterminatezza.

L'unità della cultura

Nella discussione precedente abbiamo posto l'assunto che solo sulla base di un cristianesimo coerente si può ottenere un reale processo di insegnamento e di apprendimento, mentre i presupposti non cristiani non offrono alcuna coerenza nella comprensione dell'esperienza umana. Da ciò deriviamo il pensiero ili un'antitesi assoluta tra i due principi: da un lato infatti ci sono coloro che servono e adorano la creatura, dall'altro quelli che invece desiderano porre il Creatore al centro della loro vita.

Questi ultimi conoscono il criterio e l'ideale della vita umana e lottano per vederne la realizzazione. contando sulla potenza dello Spirito nella loro stessa esistenza. Al contrario troviamo persone che colpevolmente ignorano queste realtà trovandosi in una condizione di morte spirituale e non ci sono livelli di morte. Vi è quindi un’antitesi assoluta fra le due posizioni.

Tuttavia tale antitesi riguarda solo i principi che non troveranno piena espressione nella vita umana fino al termine della storia. In pratica perciò il non credente può conoscere ed insegnare molte cose giuste e vere.

"Negheremo agli antichi giureconsulti lucida chiarezza nel costituire un ordine di governo saggio ed equo? Diremo che i filosofi sono stati cicchi, essi che hanno considerato sì diligentemente i segreti della natura e ne hanno scritto con tanta arte? Diremo che chi ci ha insegnato l'arie della discussione, vale a dire il modo di parlare secondo ragione, non avesse alcuna intuizione? Diremo insensato chi ha inventato la medicina? Considereremo le altre discipline come follie? Al contrario: non possiamo leggere i libri scritti su questi argomenti senza rimanerne meravigliati perché siamo costretti a riconoscere la sapienza ivi contenuta"[2].

E' in questo senso che Calvino si esprime dopo aver mostrato che la depravazione umana "si estende non solo all'intera razza umana, ma ha completo possesso di ogni anima"'. Egli non ha paura di sottolineare l"assolutezza del principio del peccato per timore di commettere un'ingiustizia nei riguardi della bontà, della verità e bellezza che comunque rintraccia nella cultura di uomini e nazioni non cristiane. Al contrario, i concetti della depravazione totale e dell'unità della cultura umana sono legati al consiglio sovrano del Dio che controlla ogni realtà. Dio ha un piano unificato all’interno del quale gli uomini si impegnano per compiere il loro mandato culturale. E’ dunque da questa base positiva che la visione riformata trae il suo orientamento.

L'obiettivo comune

Prima di tutto Dio parla all'intera razza umana quando pone davanti l'ideale di una cultura razziale comune. Egli offre a tutti gli uomini la prospettiva di una grande rimunerazione per l'adempimento fedele di un compito culturale comune. Su presupposti non-cristiani non c'è alcun Dio che offra una tale prospettiva: ciò comporta l'esclusione di una qualsiasi unità, non ci sarà che diversità. Ogni unità cercata su queste basi non potrà mai essere quella ottenuta attraverso un comune sforzo per il raggiungimento di un obiettivo comune nella storia, anzi essa rappresenterà una realtà senza tempo che riduce ogni tipo di diversità a livello di identità. Sarà così svuotata di significato l'idea di storia e di cultura universali.

Tutte le posizioni non-riformate non sono adeguatamente consapevoli di queste conseguenze anche se è vero che possono insegnare molto riguardo a Dio e al mondo che risulta in armonia con la verità. C'è poi da dire che spesso i cristiani non-riformati usano gli stessi concetti peculiari alla fede riformata; ciò dovrebbe costituire un motivo di allegrezza in quanto ci sono molte scuole che si fondano sul cristianesimo evangelico.

L'opposizione tra fede riformata e fede evangelica protestante dovrebbe sempre comunque avvenire in un contesto di amichevole fraternità in cui ci si stimoli vicendevolmente a considerare ed insegnare la piena verità. Ad esempio, le severe critiche da parte dei riformati nei confronti del concetto educativo arminiano, non dovrebbero mai oscurare il fallo dir ognuno per parte sua cerca di magnificare il nome di Dio e del suo cristo.

Ma precisamente perché gli arminiani insistono sul pensiero che l’uomo sia capace di fare ciò che in definitiva va contro il consiglio finale di Dio. noi controbattiamo che in questo modo non si rende piena giustizia all'idea biblica del l'unità della razza umana e della cultura. Dio ha perciò il pieno controllo della storia e tutto ciò che accade è determinato dalla sua volontà che è il riferimento ultimo. Soltanto questo presupposto dunque, tratto direttamente dalla Scrittura, fa piena giusti/la all'unità della cultura. L'attività umana infatti, senza questa base. sarebbe attività operante nel vuoto. Ma Dio è il capitano della nave che Egli stesso ha costruito, controlla anche il vento e il mare e farà in modo che l'imbarcazione raggiunga la sua destinazione. Egli ha voluto un certo equipaggio al quale donerà una ricca ricompensa alla fine del viaggio.

La comune rivolta contro Dio

II secondo punto che ora affronteremo è basato sul primo. C'è stato all'inizio della storia un rifiuto comune del mandalo dato all'uomo e un disprezzo per quanto promesso da Dio alla fine della navigazione. Si è verificato un grave ammutinamento a bordo ed ogni membro dell'equipaggio vi ha partecipalo. Il proposito di Satana, il primo responsabile di tale colpo di mano, era quello di impossessarsi del comando della nave e la sua promessa sembrava ancora “più ricca” di quella di Dio.

Egli però non si rendeva conto che tutto il suo piano non era altro che un miraggio. Aveva dimenticato che Dio, il vero capitano, conservava il più assoluto controllo della situazione. Satana non sapeva che ciò che gli appariva come un grande successo sarebbe stato allo stesso tempo la sua rovina, infatti se davvero avesse preso il comando la nave sarebbe affondata portando tutti alla distruzione.

Questo però avrebbe comunque rappresentato una specie di vittoria per lui in quanto sarebbe riuscito nell'intento di sconfiggere Dio. Ciò sarebbe stata la dimostrazione che Dio s'illudeva di governare la nave, ma in realtà non ne era mai stato l’unico e indiscusso capitano e non l'avrebbe mai condona nel porto tanto desiderato.- L’idea del cattolicesimo romano e dell’arminianesimo hanno di Dio si fonda sull'assunto che Egli possa in ultima analisi essere sconfitto: ciò inevitabilmente implica che Dio non e un essere assoluto. Ci sarebbero forze che gli si opporrebbero dall'eternità e che sono originali e ultime quanto lui. Il peccato su queste basi non può essere definito come mancanza di conformità o trasgressione della legge di Dio, poiché a rigor di termini non ci sarebbe alcuna legge di Dio. In realtà la legge di Dio è ciò che Egli ha ordinato per l'universo creato e di conseguenza anche per l'uomo come creatura razionale.

Invece dal punto di vista cattolico-romano e arminiano, la legge è il risultato, il prodotto finale della cooperazione fra Dio e l’uomo. Naturalmente questo sarà vero fino a quando verrà mantenuta la dottrina del la libera volontà umana che peraltro viene virtualmente negata nel momento in cui vengono confessate le dottrine relative alla creazione e alla provvidenza. Comunque, ciò che consente di tracciare una chiara linea demarcatrice fra la posizione riformata e quella appena descritta è il tentativo di quest'ultima di attribuire all'uomo una volontà autonoma, il che automaticamente significa negare la legge di Dio. Questo implica a sua volta negare che il peccato e definito esclusivamente in relazione a questa legge. Per tornare all'esempio che facevamo prima è come se essi non riconoscessero che il dovere dell'equipaggio è di prendere ordini soltanto dal capitano, e non tentare di avere, come Dio, il potere di veto nella sala di controllo della nave. Insomma il problema dei criteri non è posto, come dovrebbe, sui principi radicalmente cristiani e ciò comporta il fatto che non ci sono più assoluti e non si ha una chiara consapevolezza degli obiettivi da raggiungere. La distinzione fra i punti cardinali nord e sud risulta confusa e il capitano non riesce più a dirigere la rotta dove desidera e anzi va alla deriva insieme al suo equipaggio. Il timone è irrimediabilmente rotto e la nave è ingovernabile.

La fede riformata invece considera il peccato trasgressione contro la legge di un Dio che ha stabilito una meta precisa per la Storia e che perciò può promettere all'umanità una ricompensa eterna per l'obbedienza e per un operato fedeli. Ogni ribellione è vista come esclusiva opposizione a Dio e quindi ribellione assoluta, e poiché la posizione del Creatore è assoluta, anche la rivolta nei suoi confronti deve essere tale. Questo atteggiamento significa in fondo mettere Dio da parte, assegnargli un posto periferico, e ciò non è forse qualcosa di assoluto?

L'offerta di una vittoria comune sul male

II terzo punto consiste nel precisare che benché la ribellione sia assoluta, è altresì certo che verrà annientata in modo altrettanto radicale. Satana e il suo piano, infatti, sono destinati al completo fallimento. L’equipaggio che lo ha seguito quale capo degli ammutinati, non otterrà alcun definitivo successo perché il vero capitano conosce perfettamente tutte le loro intenzioni, niente gli è infdatti nascosto, I loro pensieri più nascosti erano per Dio chiari tanto quanto il sole raggiante di mezzogiorno e assolutamente tutti sotto il suo controllo. Il capitano condurrà la sua nave senza ombra di dubbio al porto desiderato. Saranno assolutamente frustrati i disegni malvagi di Satana concepiti per portare tutti alla distruzione. La nave. riprendendo la metafora, è condotta in salvo attraverso Cristo, il Figlio di Dio la cui opera viene applicata al cuore dell’uomo dallo Spirito Santo. Gesù Cristo non ha solo un'intenzione di salvezza nei confronti del mondo- Egli lo salva effettivamente e a livello generale. Il mondo e la sua cultura sono salvati e questo processo di salvezza dura ancora.

Si può quindi affermare con sicurezza che il vangelo della salvezza è offerto a tutta l'umanità in generale, in modo indiscriminato ma anche a condizione che l'uomo accetti il suo mandato culturale e le nuove opportunità donate in Cristo. Se desidera essere personalmente salvato e che sia salvata pure la propria cultura non può che accogliere il Cristo, poiché solo in questo modo Dio ha stabilito il raggiungimento dei Suoi disegni. Affinché ciò si realizzi, è comunque necessaria la potenza rigeneratrice dello Spirito Santo. Perfino Adamo avrebbe potuto essere obbediente solamente per mezzo della potenza di Dio. Questo per spiegare che tutto l'operare umano è fondato sull'azione di Dio che e il riferimento ultimo. L'agire dell'uomo infatti, come pure il suo pensiero, hanno un carattere analogico, e proprio per tale caratteristica possono avere un senso reale e non perdersi nel vuoto: tutto trae il proprio significato dalla volontà sovrana di Dio.

Cosa ne sarà peni di coloro che rifiutano il Cristo e che persistono nel loro atteggiamento di ammutinamento contro il capitano della nave? Dio continua a chiamarli al pentimento e tale chiamata è generale, destinala all'intera razza umana e contiene una promessa di salvezza che investe anche la cultura umana.

C'è però anche una minaccia per quelli che non prendono sul serio il fatto che saranno distrutti i quali comunque resteranno a bordo fino alla conclusione del viaggio. Essi non saranno tenuti semplicemente sono custodia, anzi si permetterà che agiscano liberamente sulla nave contribuendo necessariamente al suo lavoro, in tal modo la cultura globale anche tramite il loro operato sarà salvata.

Ciò avverrà a dispetto dell'intento distruttivo che si erano prefissi. Tale intento è paragonabile al fuoco che, partito da una delle cabine, se non viene arrestato, si propaga poi a tutta l'imbarcazione. Così coloro che hanno appiccalo l'incendio non saranno neppure in grado di distruggere il lavoro che essi stessi. insieme al resto dell'equipaggio, compiono quotidianamente a bordo della nave che continuerà a navigare fino a toccare il porto desiderato.

C'è un principio nell'uomo che tende a rovinare l'operalo di Dio, ma tutto resta perfettamente sotto il suo infallibile controllo. Bisogna rammentare a questo punto che gli ammutinati non possiedono piena consapevolezza di ciò che stanno compiendo anche se in fondo percepiscono che tutti i loro sforzi sono miseramente destinati ad un totale fallimento. Calvino - come l'apostolo Paolo del resto - pone in evidenza il fatto che ogni uomo nel suo intimo ha conoscenza di Dio e questo significa che si rende conto che la sua rivolta finirà in auto-frustrazione. Egli sa che peccare contro Dio è allo stesso tempo negare la possibilità di essere ciò per l'uomo sa die la propria ribellione non paga, perché egli in qualità di ammutinato è costretto ancora a lavorare per il capitano senza ottenere la ricompensa che gli era stata offerta.

II suo ammutinamento è qualcosa che richiede continuamente una stimolazione artificiale. Il capo degli ammutinati (Satana) predispone attentamente tulle le regole per la navigazione col fine di mostrare che il capitano sta commettendo dei gravi errori e che sarà incapace di raggiungere la destinazione prevista. Però Satana non fa che imitare in modo falso e artificiale tutto ciò che vede fare dal comandante relativamente al governo della nave.

Anche così, comunque, i rivoltosi s'illudono d'ottenere la vittoria finale credendo che nessuno oserà in mare aperto appoggiare il vero capitano, ci``o mostra che agiscono su livelli di auto-ingannno.

La conclusione di tutto il discorso è la seguente. Nell’interpretazione della vita abbiamo evidenziato due principi che si escludono vicendevolmente. Da un lato c'è il principio di matrice cristiana che presuppone il Dio che parla autorevolmente attraverso la Bibbia e che dona all'uomo dei criteri fondamentali per la comprensione di tutti gli aspetti della vita. Dall'altro emerge il pensiero non-cristiano che ha come presupposto l’uomo che autorevolmente parla di sé stesso. Psicologicamente, certamente, anche il cristiano deve parlare dall'uomo considerato però come creatura di Dio. Quindi, tirando le somme, resta indubbiamente vero che il pensiero cristiano interpreta la vita e tutto ciò che la concerne a partire dal Creatore mentre all'opposto rimane una visione che bisogna definire antropocentrica.

Sottolineiamo che risulta impossibile scegliere fra le due posizioni appena esposte facendo appello ad una terza considerata neutrale, perché ciò equivarrebbe a scegliere in favore di un presupposto non-cristiano.

La discussione fra le due posizioni deve avvenire in un ambito che tende a salvaguardare il tema dibattuto. Questo significa che ciascuno prende il proprio posto sul presupposto altrui solo ipoteticamente in modo da osservare cosa accade all’esperienza umana.

Dato che il cristiano deve cercare di convincere il non credente sulla verità della sua posizione, egli per primo si immedesimerà nel pensiero che si sforza di condurre a Cristo. Sarà cosi disposto ad ascoltare pazientemente tutte le obiezioni che gli verranno mosse, pur considerando che esse si basano sull’assunto che l'uomo e la sua volontà costituiscono il riferimento finale, Il problema reale non verrà svisceralo fino a quando non si chiederà al non-cristiano su quale fondamento egli rende intellegibili le sue obiezioni nei confronti del cristianesimo.

E' paradossale scoprire a questo punto che chi confessa una posizione anti-cristiana abbia bisogno in definitiva della verità della fede cristiana per poi attaccarla. Come un piccolo bambino per poter colpire, pur se debolmente, il viso del proprio papa deve star seduto sulle sue ginocchia così il non credente. in qualità di creatura, ha bisogno di Dio il Creatore e del suo provvidenziale controllo dell'universo per opporglisi.

Sen/a questo Dio. egli agirebbe nel vuoto e non esisterebbe un posto per la sua vita. Applicando lutto il ragionamento fatto fin qui al problema dell'educazione cristiana rileviamo che l'insegnante che si fondi su altre basi sarà impossibilitato a condurre avanti il suo compilo fino a quando non prenderà a prestito le verità peculiari del cristianesimo. Egli necessita proprio del l'idea di Dio e della sua autorevole e normativa rivelazione per poter poi rendere questo Dio e la sua rivelazione pienamente soggetti all'uomo.

Così il fatto che l'insegnante può trasmettere, e di fatto lo fa, risulta comprensibile solo perché quello che ritiene non corrispondente al vero invece effettivamente lo è. Egli insegna dunque ma lo fa accidentalmente, casualmente ed è messo in grado di trasferire le sue conoscenze agli allievi a causa del fatto che i criteri del cristianesimo sono veri mentre i suoi non lo sono affatto.

Dopo aver compreso tutto questo, il cristiano acquisisce una profonda consapevolezza della necessità e del valore del suo programma educativo. Deve essere egli a fornire non soltanto la filosofia concernente 1’educazione a se stesso, ma anche le armi con le quali il non credente lo attaccherà per essere conseguentemente sconfitto. In questa maniera il suo lavoro si consoliderà e troverà la sua ragion d'essere. Quando, tornando alla metafora iniziale, il Fuoco sulla nave verrà spento, allora l'operato dell'equipaggio sarà salvo dalla distruzione.

La grazia comune

Finora abbiamo operato una precisa distinzione tra la fede riformata e le altre posizioni per quanto concerne il tema dell'educazione, mettendo in risalto il "particolarismo" della visione riformala. Nella visione cattolico-romana, luterana e arminiana Dio non può trattare direttamente con l’individuo, in quanto appartiene a questi la decisione finale che consiste nell'accollare o rifiutare l'offerta di salvezza fatta a livello generale. La fede riformala confessa che Dio non concede solo delle possibilità di carattere generale ma compie anche la sua volontà effettivamente negli individui. C'è comunque da dire che l'individualismo o il particolarismo non costituisce di per se il segno di riconoscimento della fede riformata. Esiste infatti un distinto universalismo connesso al particolarismo riformato. Questo è già stato menzionato. Dobbiamo ora brevemente esaminare il discorso in rapporto alla concezione riformata della grazia comune e della sua relazione col tema dell'educazione.

Ci siamo ripetutamente sforzati di indicare che nel pensiero non cristiano si rintraccia un particolare anch'esso astratto e puramente contingente. Nell'ortodossia non riformata, inoltre, il cristianesimo subisce un'attenuazione dovuta all'introduzione di elementi derivanti da questi due principi.

E' chiaro quindi il fatto che il vero universalismo vada di pari passo con un reale particolarismo. Laddove l'individuo infatti viene raggiunto e toccalo da Dio direttamente, anche tutte le relazioni ne saranno investite. Si può perciò affermare che solo su basi riformate l'unita della razza umana e della sua cultura viene conservata e difesa, ed e proprio questo che la dottrina riformata della grazia comune sottolinea e stimola a ricercare.

Affinché questa dottrina possegga la funzione che le è propria in relazione al temi dell’educazione, deve intrecciarsi con l'intero sistema della dottrina cristiana il cui cuore è situato nel riconoscimento da parte dell'uomo che Dio stesso direttamente e costantemente confronta la razza umana con i suoi ordinamenti e con le sue promesse. All'inizio della creazione l'attitudine di Dio si manifestava nei riguardi dell’umanità con un generale favore, ma dopo la ribellione egli pur se continua a riversare la sua grazia su di lui, chiama l'uomo al pentimento. L’appello al pentimento, comunque, implica sia uno sguardo proiettato al futuro che uno retrospettivo. Dio continuamente spinge l'umanità verso la meta destinata, anche se bisogna rilevare che dopo l'ingresso del peccato nei mondo, tale vocazione deve necessariamente essere realizzata per mezzo del Cristo. Dunque l'idea di grazia comune, come si comprende, è correlata in maniera diretta alla grazia speciale o grazia salvatrice, in altre parole essa e cristologicamente condizionala: se non fosse così sarebbe ridotta alla stregua di una vuota identità. La "benignità di Dio", dice Paolo, ha lo scopo preciso di condurre gli uomini al ravvedimento (Ro 2:4). Ma il ravvedimento significa anche dispiacere profondo per non aver posto mano al compito culturale assegnato al genere umano ed una rinnovala determinazione ad adempierlo.

Se i doni di Dio facenti parte della grazia comune quali "la pioggia e la luce del sole", sono considerati come appartenenti alla generale chiamata al pentimento, allora i credenti hanno la responsabilità di includerli nella loro "testimonianza" agli increduli. I cristiani che hanno per grazia confessato il loro peccato e riscoperto di nuovo l'impegno culturale a cui sono chiamati in questo mondo, debbono chiedere ai non credenti di unirsi a loro in una comune obbedienza a Dio attraverso Cristo, "E per questa ragione". essi possono testimoniare "che i buoni doni del Creatore sono dati anche a voi, perciò vi scongiuriamo, nel nome di Cristo, siate riconciliati con Dio”. E’ la Sua sapienza inesauribile, infatti, che può permettervi di giungere al pentimento, rendervi capaci di fare tutte quelle cose che sono in sé stesse “utili e lodevoli”. Dio si è proposto di portare a termine il Suo piano che è il compimento del Suo regno e questa è la ragione per la quale voi potrete contribuire positivamente alla sua volontà. Gli strumenti musicali che costruite, gli oratori che producete, i grandi poemi che avete scritto, le scoperte scientifiche realizzate, con o.senza la vostra volontà, troveranno tutti il posto loro assegnalo nella struttura unificala del regno di Dio per mezzo di Cristo, Ora. quindi, nel nome di Dio pentitevi- altrimenti gli Israeliti vi "spoglieranno" dei vostri tesori e voi perirete nel Mar Rosso come gli Egiziani.

Il cattolicesimo romano non possiede non possiede una dottrina come quella della grazia comune, nel suo sistema, infatti, il credente e l’incredulo condividono un’area comune senza alcuna differenza. Il presupposto di fondo è rintracciabile in una “teologia naturale” che pretende di essere una vera interpretazione e valorizzazione della rivelazione di Dio nella natura. Ma in tale modo esso virtualmente confonde la rivelazione del Creatore all'uomo con la risposta di quest'ultimo a tale rivelazione. Lo stesso può dirsi, in larga misura, del protestantesimo non riformalo che non fa distinzione fra l'oggettivo ed il soggettivo includendo così nel cristianesimo l'universale e il particolare astratti.

Non c'è bisogno di dire a questo punto come la dottrina riformata della grazia comune non opera una simile confusione, non offrendo la base per un “territorio neutrale” tra il credente e l’incredulo, conseguenza della teologia naturale di Roma. Questo pensiero teologico cattolico-romano renderebbe tra l'altro inutile qualsiasi sfida nei confronti dei non-credenti su ciò che concerne la conoscenza scientifica ecc. Una tale nozione, chiaramente scolastica, della grazia comune significherebbe anche perdere la speranza dì arrivare a considerare la scienza a livello unitario.

La dottrina della grazia comune, così com’è confessata nella fede riformata, e assolutamente indispensabile per una visione non frammentaria della ricerca scientifica e per una sfida piena e comprensiva nei confronti dell'incredulità.

La comunità riformata, e concludiamo, deve seguire il proprio programma educativo e pur apprezzando il lavoro di cristiani di fede diversa, deve avere la consapevolezza che solo su basi riformate e possibile presentare una efficace interpretazione della vita che contrasti vigorosamente il pensiero dei miscredenti. Solo la fede riformata è in grado di mostrare la completa potenza del cristianesimo nell'affrontare la sapienza di questo mondo e nell’offrire all'uomo, con la voce supplicante di Cristo che pianse sulle moltitudini di Gerusalemme, la ricompensa per hi sua opera per questa vita e per quella che sarà in futuro manifestata. La comunità riformata non prende piacere nel costruire da sola. e neppure nel vivere nell'isolamento ecclesiastico. Ma se c'è una ragione perché debba vivere e operare sola a livello ecclesiastico, la stessa ragione vale anche per lavorare da sola nel campo dell'educazione. Eppure la nostra speranza è quella di non andare avanti così indefinitamente perché l'obiettivo che ci prefiggiamo è il bene di tutti coloro che amano il vangelo e di tutti quelli che saranno condotti ad amare la verità.

Note

[1] ll Dr. Van Til (1895-1987), dopo una breve parentesi a Princeton, è stato per molti anni professore di apologetica nella Facoltà teologica di Westminster negli Stati Uniti (1929-1976) è ha contribuito come pochi al rinnovamento del pensiero evangelico in questo campo. La sua ambizione era di essere ricordato "come uno che fu sempre fedele a Colui da cui, attraverso cui e a cui sono tutte le cose'". La sua apologetica, semplice ma anche estremamente profonda, è stata presentata in Studi di teologia v.s., 1983, pp. 47-76.

[2] Giovanni Calvino, Istituzione della religione cristiana, 11,2.15.