Gesù, il complottista a cui la storia ha dato ragione

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Ritorno


Gesù, “il complottista” a cui la storia ha dato ragione

Tutti noi vogliamo avere delle sicurezze, delle certezze: è naturale. Ciò che sconvolge o minaccia di sconvolgere la nostra vita, altera il nostro equilibrio, ci porta alla paura ed alla disperazione. Ci aggrappiamo, così, a ciò che ci sembra sicuro o a chi fa affermazioni rassicuranti o promesse. Possono essere “illuminati” leader politici che assumono un’immagine paterna e provvedente; possono essere istituzioni come un governo e i suoi organi, che hanno a loro sostegno conclamati consiglieri o “esperti”; può essere “la scienza” che, con le sue “scoperte” assurge oggi a nuova ed infallibile religione salvifica. Ci dicono: “Fidatevi di noi, mettiamo noi tutto a posto, vi proteggeremo”. Oggi, per esempio, ci dicono, mentendo: “Il vaccino ci salverà dalla pandemia”. A sostegno di queste pretese oggi la macchina propagandistica è molto forte ed efficace su gran parte della popolazione. Possiamo però davvero fidarci di chi così ci vorrebbe rassicurare? Il solo pensiero che tutti questi potrebbero, di fatto, ingannarci, per molti è di per sé stesso insopportabile e lo scartano pregiudizialmente come “impossibile”, accusando magari chi lo afferma di essere “un complottista!”. Anche questa reazione è psicologicamente comprensibile. Non serve, però, argomentare con chi ha queste “certezze”. Solo un forte shock potrebbe far aprire loro gli occhi su quanto siano illusorie e far capire loro come i cosiddetti complottisti abbiano ragione. Lo stesso Signore e Salvatore Gesù Cristo, in linea con gli antichi profeti d'Israele, potrebbe ricadere sotto la categoria di “complottista”, perché, da vero “guastafeste”, spesso smontava certezze illusorie, accusando dirigenti politici e religiosi di essere, di fatto, bugiardi ed assassini. Lo vediamo nel testo del vangelo di Marco che oggi esaminiamo.

Il testo

“E com'egli usciva dal tempio uno de' suoi discepoli gli disse: Maestro, guarda che pietre e che edifici! E Gesù gli disse: Vedi tu questi grandi edifici? Non sarà lasciata pietra sopra pietra che non sia diroccata. Poi sedendo egli sul monte degli Ulivi dirimpetto al tempio, Pietro e Giacomo e Giovanni e Andrea gli domandarono in disparte: Dicci, quando avverranno queste cose, e qual sarà il segno del tempo in cui tutte queste cose staranno per compiersi?E Gesù prese a dir loro: Guardate che nessuno vi seduca! Molti verranno sotto il mio nome, dicendo: Son io; e ne sedurranno molti. Or quando udrete guerre e rumori di guerre, non vi turbate; è necessario che ciò avvenga, ma non sarà ancora la fine. Poiché si leverà nazione contro nazione e regno contro regno: vi saranno terremoti in vari luoghi; vi saranno carestie. Questo non sarà che un principio di dolori” (Marco 13:1-8).

Il contesto

Per comprendere rettamente un testo biblico dobbiamo sempre inquadrarlo nel suo contesto astenendoci da indebite speculazioni - così il 13° capitolo di Marco che, come testo apocalittico se ne abusa spesso e volentieri. I capitoli di Marco 11-14 ci portano dall'ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme attraverso una serie di conflitti tra Gesù e i capi religiosi, e questo capitolo apocalittico al tradimento di Gesù e il rinnegamento di Pietro, la crocifissione e la risurrezione. I capitoli 11 e 12 sono pieni di commenti negativi di Gesù riguardo all'establishment religioso d'Israele. Maledice un fico improduttivo, simbolo del sistema religioso improduttivo d'Israele, e scaccia dal tempio chi ne abusava. Nella parabola dei vignaioli, racconta il rifiuto da parte d'Israele dei profeti e del Figlio — e profetizza che la vigna sarà tolta a Israele e data ad altri, e dice che la pietra rifiutata sarebbe diventa la pietra angolare. Gesù dice chiaramente che i capi religiosi d’Israele vogliono ucciderlo, ma essi hanno paura di farlo a causa della folla. L'insegnamento di Gesù sull'offerta della povera vedova al tempio mette è contrastata alle offerte più grandi dei ricchi, la maggior parte dei quali sono l'élite religiosa. Infatti, i capitoli 11 e 12 sono anche pieni di conflitti diretti tra Gesù e i capi religiosi che mettono in dubbio la sua autorità. Quindi cercano d'intrappolarlo con domande sul pagamento delle tasse, sulla risurrezione e sul figlio di Davide. Gesù conclude questi conflitti denunciando gli scribi.

Poi arriviamo alla nostra lezione evangelica, dove Gesù profetizza la distruzione del tempio. Abbastanza chiaramente, gli eventi dei capitoli 11-12 gettano le basi per gli insegnamenti di Gesù nel capitolo 13. Il sistema religioso in Israele era diventato corrotto fino al midollo e i discepoli potevano ben aspettarsi che la corruzione scaturisse nel cataclisma degli eventi del capitolo 13. Questi eventi sarebbero stati coronati dal ritorno di Gesù, che metterà a posto tutte le cose. Per questo i discepoli devono essere vigilare. Tuttavia, a differenza della maggior parte della letteratura apocalittica, il capitolo 13 NON riguarda i segni che forniscono indizi sulla tempistica degli eventi futuri. Quando i discepoli chiedono a Gesù «il segno che tutte queste cose stanno per compiersi» (v. 4), Gesù parla loro di guerre e calamità naturali, ma poi dice che quella non sarà ancora la fine, ma solo e «l'inizio dei dolori del parto” (vv. 7-8). In altre parole, questi NON sono realmente segni della fine, ma sono semplicemente eventi che dovranno sopportare prima che arrivi davvero la fine. Non può aiutarli a sapere quando avverranno questi eventi, perché «di quel giorno e di quell'ora nessuno lo sa, nemmeno gli angeli del cielo, né il Figlio, ma solo il Padre» (v. 32). L'accento non è sulla sofferenza di quei giorni, ma sulla speranza: la salvezza!

Il capitolo 13, quindi, serve come introduzione al racconto della Passione, un momento terribile, ma che culmina nella resurrezione del Cristo. Tale messaggio era di particolare valore per la chiesa di Marco poiché soffriva di persecuzioni, ma è pure di grande valore per i cristiani di tutti i tempi che soffrono in circostanze difficili.

Guarda che pietre!

“E com'egli usciva dal tempio” (v. 1a). Queste parole collegano quanto segue agli eventi dei capitoli 11-12. Questa sarà l'ultima visita di Gesù al tempio, e sembra indicare la rottura finale di Gesù con l'istituzione del tempio.

"Maestro, guarda che pietre e che edifici!" (v. 1b). In questo Vangelo, questa è l'unica visita di Gesù e dei discepoli a Gerusalemme. I discepoli rispondono come ci si aspetterebbe che la gente di campagna risponesse alle attrazioni delle grandi città. Come possono, però, non comprendere il significato del conflitto di Gesù con le autorità religiose o la sua condanna dell'istituzione del tempio? Ricordiamo, però, quanto siano stati lenti i discepoli a vedere, spiritualmente inconsapevoli. I discepoli vedono solo il bellissimo esterno del tempio. Il buon medico, Gesù, vede il cancro radicato nel profondo.

Il complesso del tempio era davvero uno spettacolo meraviglioso. Erode inizia la costruzione nel 20 a. C. e gli operai stanno continuando con gli ultimi ritocchi mentre Gesù visita circa 50 anni dopo. Il tempio si trovava in cima a una collina ed era molto grande. Giuseppe Flavio riferisce che le mura che circondano i suoi terreni sono, in misure moderne, 185 metri di lunghezza su ciascun lato. Il tempio è largo 45 metri e alto quanto un moderno edificio di 15 piani. Gli archeologi hanno scoperto singole pietre del peso di 500 tonnellate. Il marmo bianco è ornato d'oro all'esterno e risplende accecante al sole. L'interno è decorato con oro, argento, cremisi, porpora e cedro finemente lucidato. Grandi colonne sostengono un alto soffitto. Era davvero una delle meraviglie del mondo. Per il popolo ebraico era il luogo del quale Dio aveva fatto la sua dimora terrena.

“Vedi tu questi grandi edifici? Non sarà lasciata pietra sopra pietra che non sia diroccata» (v. 2). In precedenza, Gesù aveva detto: “Non è egli scritto: La mia casa sarà chiamata casa d'orazione per tutte le genti? ma voi ne avete fatta una spelonca di ladroni» (11:17). In quel caso, Gesù stava citando il profeta Geremia, che aveva predetto la distruzione di Gerusalemme e del tempio sei secoli prima (Geremia 7:11). Geremia dice che Dio avrebbe distrutto la città, il tempio e il popolo a causa della malvagità del popolo. Sarebbe avvenuto proprio così! Nabucodonosor distrugge la città e porta il popolo in esilio in Assiria nel 587 a.C. Ora Gesù dice che accadrà di nuovo - e per lo stesso motivo - la malvagità della gente. Il vecchio sta scomparendo e il nuovo sta nascendo. L'antico culto, incentrato sul tempio, era diventato corrotto. Il nuovo culto sarebbe stato incentrato sul Messia, il nuovo tempio, il nuovo luogo in cui le persone incontreranno Dio[1]. Il Nuovo Testamento ci dice che anche noi siamo il tempio di Dio, perché lo Spirito Santo abita in noi[2]. Non abbiamo bisogno di templi di muratura e d'istituzioni che li gestiscano!

Ci si poteva aspettare che qualsiasi profezia riguardante la distruzione di Gerusalemme o del tempio generasse l'opposizione dei potenti. “Un discorso irresponsabile” avrebbero detto. Secoli prima, le autorità, irritate dalle profezie di Geremia, lo avevano imprigionato in un serbatoio sotterraneo per immagazzinare l'acqua piovana (Geremia 38:6). Minacciano di ucciderlo, ma si fermano quando vengono loro in mente simili profezie di Michea[3], che veneravano come profeta (Geremia 26:10-19). Il re Joachim aveva fatto mettere a morte un altro profeta, Uria, per profezie simili a quelle fatte da Geremia, quindi fare tali profezie poteva, in effetti, per loro, essere un affare rischioso...

Questa profezia della distruzione del tempio avrà un ruolo significativo nella crocifissione di Gesù. Quando Gesù sarà processato, l'accusa formale contro di lui sarà: "Noi l'abbiamo udito che diceva: Io disfarò questo tempio fatto di man d'uomo, e in tre giorni ne riedificherò un altro, che non sarà fatto di mano d'uomo" (14:58), una versione distorta delle parole di Gesù (13:2). Si ipotizza che la predizione di Gesù sulla distruzione del tempio possa essergli costata il sostegno popolare. Ciò sembra certamente plausibile, data l'accoglienza entusiasta della folla quando Gesù entra a Gerusalemme e la loro totale mancanza di sostegno pochi giorni dopo, quando Gesù viene processato davanti a Pilato. Cosa avrebbe potuto causare questo drammatico cambiamento? Marco nota che i capi sacerdoti istigano le folle affinché Pilato liberasse Barabba invece di Gesù, ma i sacerdoti dovevano avere una sorta di argomento credibile per aizzare le folle. Sembra probabile che abbiano usato la predizione di Gesù sulla distruzione del tempio (o qualche versione distorta delle Sue parole per convincere la gente che Gesù era un sovversivo e che doveva morire.

La profezia di Gesù sarà eseguita letteralmente. I romani accenderanno grandi fuochi alla base delle pareti e il calore intenso farà sgretolare le fondamenta (sotto il calore intenso, il carbonato di calcio nel marmo si dissocia per produrre anidride carbonica e calce, un gas e una polvere). Così minate, le mura crolleranno sotto il loro stesso peso in grandi mucchi di pietra. I romani passeranno poi molti mesi a livellare le pietre. Migliaia di abitanti della città, forse centinaia di migliaia, moriranno. Lo scopo di Cesare era non lasciare ai futuri visitatori del luogo alcun motivo per credere che fosse mai stato abitato. Da notare che la stessa argomentazione viene oggi addotta da molti arabi palestinesi negazionisti che rivendicano la proprietà di Gerusalemme negando che vi fosse  mai stato un tempio ebraico.

Quando avverranno queste cose?

“Poi sedendo egli sul monte degli Ulivi dirimpetto al tempio” (v. 3a). Il Monte degli Ulivi si erge dall'altra parte della Valle del Cedron da Gerusalemme e offre una vista grandiosa della città e del tempio. Zaccaria 14 raffigura la totale devastazione di Gerusalemme da parte dei suoi nemici, ma Dio, in piedi sul Monte degli Ulivi, inverte questa sconfitta. Ancora una volta, così, Gesù si posiziona coscientemente per assumere il ruolo di Dio. Notate la frase "dirimpetto al tempio". Questa frase è più che geografica; ha il sapore di “opposta al tempio” Il tempio è stato il centro del culto ebraico, ma ora Gesù sta inaugurando il regno in cui Dio sarà presente nei cuori e fra le persone. Il tempio non sarà più richiesto come luogo della presenza di Dio.

“Pietro e Giacomo e Giovanni e Andrea gli domandarono in disparte” (v. 3b). Andrea si unisce al cerchio interno dei discepoli (Pietro, Giacomo e Giovanni) sul Monte degli Ulivi. “Dicci, quando avverranno queste cose, e qual sarà il segno del tempo in cui tutte queste cose staranno per compiersi?” (v.4). Gesù non risponde a nessuna delle due domande. Invece, dipinge una serie di eventi catastrofici, la maggior parte dei quali non sono segni, l'unica eccezione è l'abominazione della desolazione menzionata nel versetto 14.

Nessuno vi seduca

Gesù dice: “Guardate che nessuno vi seduca”. Siate consapevoli, abbiate discernimento. Gesù richiama i discepoli alla diligente vigilanza! Si tratta di un appello a vedere e discernere, una chiamata a tenere gli occhi aperti e le proprie facoltà critiche pienamente impegnate. Gesù mette in guardia dai pretendenti messianici. Giuseppe Flavio riporterà molti pretendenti messianici del primo secolo che sarebbero sorti dopo la morte di Gesù.

“Molti verranno sotto il mio nome, dicendo: Son io” (v. 6a) – affermando di agire in base all'autorità del messia – o affermando di essere il messia. “Son io” è il nome di Dio, Jahvé, io sono quel che sono[4]. Ai nostri giorni, non tutti i pretendenti messianici sono personalità della religione. Sono molti che affermano di avere le risposte ai nostri bisogni più profondi: politici, esperti di fitness, presentatori di talk show, consulenti finanziari, presunti “benefattori dell’umanità” ecc. Ma alcuni pretendenti sono personalità religiose. Sono spesso personalità carismatiche, magnetiche che trasformano il cristianesimo in una fede “senza croce”. Ci dicono che è ampia e facile la strada che conduce alla vita eterna. Nella migliore delle ipotesi, si arricchiscono con le nostre donazioni. Nel peggiore dei casi, ci portano alla morte, come nei casi di Jim Jones (Jonestown), David Koresh (Waco), così come i mullah musulmani che siedono nel comfort delle loro moschee mentre reclutano i giovani per diventare attentatori suicidi.

«...e ne sedurranno molti» (v. 6b). Le persone che più probabilmente ci portano fuori strada possono essere quelle più vicine a noi, le persone per le quali abbiamo il massimo rispetto e affetto. I giovani sono vulnerabili ai loro coetanei, insegnanti, personaggi dello sport, musicisti e altre celebrità. Gli adulti sono vulnerabili a un supervisore, un collega, un compagno di bevute o il coniuge. I casinò attirano le persone con bevande gratuite. L'elenco di coloro che potrebbero portarci fuori strada è quasi infinito. Dobbiamo sviluppare uno spirito di discernimento e seguire Cristo con grande determinazione.

Guerre e rumori di guerra

“Or quando udrete guerre e rumori di guerre, non vi turbate; è necessario che ciò avvenga, ma non sarà ancora la fine” (v. 7). A prima vista, i versetti 7-8 sembrano rispondere alla domanda dei discepoli: "Quale sarà il segno che tutte queste cose stanno per compiersi?" (v. 4)—ma Gesù fa esattamente il contrario. Cita eventi che sono spesso presi come segni della fine dei tempi (guerre, terremoti, carestie), ma dice: "non sarà ancora la fine". L'enfasi non è che i segni segnalino la fine, ma che non lo fanno! Dobbiamo fare attenzione a non diventare eccessivamente eccitati o eccessivamente depressi a causa di eventi catastrofici che accadono intorno a noi o a noi. Gesù dice: "non è ancora la fine". Dobbiamo essere pazienti e rimanere fiduciosi.

“Poiché si leverà nazione contro nazione e regno contro regno: vi saranno terremoti in vari luoghi; vi saranno carestie” (v. 8a). Negli anni successivi alla morte di Gesù, ci saranno una serie d'incidenti che si adatteranno a questa descrizione. Le carestie erano sempre all'ordine del giorno.

Gesù dice: «Questo non sarà che un principio di dolori» (v. 8b). Le donne attendono il parto sia con paura che con gioia, temendo il dolore, ma aspettando con impazienza il bimbo. Con l'avvicinarsi del tempo, l'atmosfera è più gioia che paura, più speranza che disperazione. Anche al culmine del travaglio, il dolore non elimina la gioia o la speranza. Dopo il parto, i ricordi dolorosi si dissolvono. Mentre Marco scrive questo Vangelo, la chiesa è nel mezzo delle doglie del parto: persecuzione, falsi messia, cristiani sviati. Nel mezzo di questo, Marco riferisce: "Queste cose sono l'inizio dei dolori del parto". È terribile! È doloroso! Ma c'è gioia davanti! Dobbiamo ricordarlo nel bel mezzo dei nostri problemi. Ci sono, infatti, guerre e rumori di guerre. Una lettura attenta del giornale potrebbe portarci alla disperazione. Gesù, tuttavia, dice: "Queste cose sono l'inizio dei dolori del parto". Combattiamo con crisi personali: una triste diagnosi medica o la morte di una persona cara. Per quanto terribili, gli eventi della giornata non sono il capitolo finale! C'è un tempo di gioia avanti! La domanda e la richiesta di segno dei discepoli hanno a che fare con la distruzione del tempio che Gesù ha appena profetizzato, ma il fine verso cui punta questo capitolo non è la distruzione del tempio ma la venuta del Figlio dell'uomo. La distruzione del tempio è solo uno dei travagli attraverso i quali il mondo passerà sulla via della Parusia (la Sua seconda venuta).

Per concludere. Complotti di varia natura sono sempre esistiti, esistono e saranno dolorosamente comprovati. Gesù stesso vuole aprirci gli occhi su di essi affinché rinunciamo alle nostre false sicurezze ed idoli, diamo fiducia a Lui, ci uniamo al Suo movimento di opposizione e resistenza con la fiducia che alla fine la vittoria sarà solo la Sua. A Lui solo vada ogni onore e gloria!

Paolo Castellina, 7 novembre 2021

Note

  • [1] Vedi Salmo 118:22; Isaia 28:16; Ezechiele 37:26; Matteo 12:6-8; Giovanni 1:14 -18; 4:20-24.
  • [2] 1 Corinzi 3:16-17; 6:19; 2 Corinzi 6:16; 1 Pietro 2:4-6; Apocalisse 3 :12.
  • [3] Michea 3:12.
  • [4] Esodo 3:14; Deuteronomio 32:39; Isaia 43:10.