Letteratura/Elezione/07

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Indice generale

La dottrina dell'Elezione (A. W. Pink)

Prefazione - Introduzione - 01 - 02 - 03 - 04 - 05 - 06 - 07 - 08 - 09 - 10 - 11

7. L'elezione: la sua manifestazione


Attraverso il Suo atto di elezione, Dio ha portato la chiesa in un definito e personale rapporto con Sé stesso, tanto che ora Egli considera i suoi membri come i Suoi propri cari figli e popolo. Di conseguenza, anche quando essi erano nella loro condizione naturale, prima della rigenerazione, Egli li considerava e vedeva come Suoi. Questa è una verità benedetta e meravigliosa, sebbene, ahimè, essa sia quasi sconosciuta nel cristianesimo contemporaneo. Oggi, infatti, si presuppone comunemente che noi diventiamo figli di Dio quando [spiritualmente] nasciamo di nuovo [quando "accettiamo" Cristo!], che non abbiamo rapporto con Cristo fintanto che Lo abbracciamo con le braccia della fede. Con le Scritture nelle nostre mani, però, non abbiamo scusa alcuna per una tale ignoranza e guai a coloro che deliberatamente ripudiano la loro chiara testimonianza a questo riguardo: al loro divino Autore essi dovranno rispondere per tale malvagità.

Gli eletti: amati già da prima della loro conversione

Sembra strano che quegli stessi che sono in prima linea nel propagare questo errore (senza rendersi conto che sia tale, speriamo) sono coloro che probabilmente hanno detto e scritto maggiormente di chiunque altro sul tipico insegnamento del Libro dell'Esodo. Chiediamo così loro: gli ebrei non appartenevano forse a Dio prima che Egli mandasse Mosè a liberarli dalla casa di schiavitù, prima che il sangue dell'agnello pasquale fosse immolato, sì, persino quando erano immersi nell'idolatria ([=Nuova+Riveduta&versioni[]=C.E.I. Ezechiele 20:5-9])? Certo, a Mosè Dio aveva dichiarato: "Ho visto, ho visto l'afflizione del mio popolo che è in Egitto e ho udito il grido che gli strappano i suoi oppressori; infatti conosco i suoi affanni" (Esodo 3:7) ed a Faraone Dio aveva chiesto: "Lascia andare il mio popolo, perché mi celebri una festa nel deserto" (Esodo 5:1). Non è forse vero che gli Ebrei erano una prefigurazione, divinamente stabilita, dell'Israele di Dio, dell'elezione spirituale della grazia?

E' indubbiamente vero che gli eletti di Dio erano "per natura figli d'ira, come gli altri" (Efesini 2:3), ciononostante, le loro persone sono state amate da Lui con un amore eterno. Di conseguenza, prima che lo Spirito Santo sia mandato per risvegliarli a novità di vita, il Signore Iddio li contempla e parla di loro come il Suo popolo, la Sua gente. Dato che questo oggi è così poco conosciuto, faremo qui una pausa per fornire di questo la prova scritturale. In primo luogo, Dio li chiama Suoi figli: "Tutti i tuoi figli saranno discepoli del SIGNORE e grande sarà la pace dei tuoi figli" (Isaia 54:13): essi sono Suoi figli prima che essi diventino Suoi discepoli. Ancora: "...non soltanto per la nazione, ma anche per riunire in uno i figli di Dio dispersi" (Giovanni 11:52): essi sono Suoi figli prima che Egli "li raccolga". In secondo luogo, Dio li designa Suo popolo: "Il tuo popolo si offrirà volenteroso nel giorno del tuo potere" (Salmo 110:3 ND): Dio ha un popolo, ma esso "si offrirà volenteroso" quando la potenza dello Spirito Santo inizia ad operare in loro. "....perché io sono con te, e nessuno ti metterà le mani addosso per farti del male; perché io ho un popolo numeroso in questa città" (Atti 18:10): Dio dice a Paolo di avere "un popolo" in quella città pagana, e lo dice prima ancora che egli vi predichi e che essi giungano alla fede!

In terzo luogo, Cristo chiama "Sue pecore" gli eletti di Dio prima ancora che siano portati nel Suo ovile: "Ho anche altre pecore, che non sono di quest'ovile; anche quelle devo raccogliere ed esse ascolteranno la mia voce, e vi sarà un solo gregge, un solo pastore" (Giovanni 10:16). Chi sono queste "altre pecore" se non i Suoi eletti che ancora si trovano fra i pagani e che, a suo tempo, verranno associati al Suo gregge attraverso la predicazione dell'Evangelo?

In quarto luogo, gli eletti sono considerati "tenda di Davide" quando essi ancora sono fra le rovine della Caduta: "Fratelli, ascoltatemi: Simone ha riferito come Dio all'inizio ha voluto scegliersi tra gli stranieri un popolo consacrato al suo nome. E con ciò si accordano le parole dei profeti, come sta scritto: "Dopo queste cose ritornerò e ricostruirò la tenda di Davide, che è caduta; e restaurerò le sue rovine, e la rimetterò in piedi" (Atti 15:14-16). Nell'era apostolica Dio comincia ad estrarre dal paganesimo un popolo per il Suo nome, e di questo aveva profetizzato Amos: "La tenda di Davide, cioè gli eletti di Dio, un tempo si trovavano in Adamo con i non-eletti, e con loro erano caduti. Il Signore, però, li rimetterà in piedi, non nel primo Adamo, ma nel secondo Adamo, ed essi diventeranno abitazione di Dio attraverso lo Spirito" (James Wells).

L'amore nel cuore di Dio era dall'eternità un segreto in Lui stesso, essendo completamente sconosciuto prima della fondazione del mondo eccetto che a Cristo, il Dio-uomo, eppure esso è stato di fatto esercitato verso l'intera elezione della grazia. Sebbene essi fossero amati con un amore tale da essere contenuto nel massimo della buona volontà di Dio verso di loro, e comprendente il massimo della benedizione, grazia e gloria, esso era conformato in modo tale da esserne essi, per un tempo, del tutto ignari. Sebbene gli atti della volontà di Dio nella Persona di Cristo al loro riguardo e su di loro erano tali da non cessare giammai, essi dovevano essere per un tempo in condizione tale da non essere loro aperti e fatti conoscere. Tutto era nell'incomprensibile mente di Jahvè dall'eternità e questo amore non sarà loro mai sottratto. La rivelazione e la manifestazione di questi atti, però, è fatta in tempi diversi ed in vari gradi.

Le varie condizioni in cui gli eletti di Dio si trovano, non solo mostra la molteplice sapienza di Dio, ma illustra le stesse osservazioni che abbiamo fatto più sopra. Gli eletti dovevano essere in uno stato di creazione in purezza e santità; come tali essi erano stati naturalmente creati in Adamo. Da quella primordiale condizione essi sono decaduti nel peccato e nella miseria, condividendo così la colpa e la depravazione del loro "capo federale", Adamo. Da quella condizione, quindi, essi dovevano essere estratti mediante l'opera redentrice di Cristo e portati a conoscerla per mezzo delle operazioni vivificanti e santificanti dello Spirito Santo. Dopo che il loro corso terreno sarà terminato, essi verranno portati in una condizione d'assenza di peccato, riposando così dal loro travaglio ed aspettando il pieno compimento della loro salvezza. A tempo debito essi saranno portati alla risurrezione e di là passeranno alla condizione d'eterna gloria e di indicibile beatitudine.

Allo stesso modo, vi sono fasi differenti attraverso le quali si sviluppa il proposito eterno di Dio al riguardo del Suo popolo. Il principio dell'elezione è stato all'opera sin dall'inizio della storia umana. Non appena avviene la Caduta, infatti, il Signore traccia una linea di distinzione fra "la progenie della donna" e "la progenie del serpente* ([=Nuova+Riveduta&versioni[]=C.E.I. Genesi 3:15]), esemplificato dapprima dal caso netto di Caino ed Abele ([=Nuova+Riveduta&versioni[]=C.E.I. 1 Giovanni 3:12]). In un capitolo precedente abbiamo richiamato l'attenzione all'operatività continua di questo principio di selezione come lo vediamo nelle famiglie di Noè, Abraamo, Isacco, e Giacobbe e, in modo ancora più cospicuo, nella separazione di Israele dalle altre nazioni come il popolo che Jahvè sceglie e fa oggetto del Suo speciale favore. Ciò che però ora vogliamo considerare, non è tanto il modo in cui opera l'eterno proposito di grazia di Dio, quanto la sua manifestazione.

In che modo l'elezione è palesata

In tutte queste fasi attraverso le quali gli eletti sono destinati a passare, l'amore di Dio è esercitato e manifestato verso loro e su di loro secondo il consiglio della Sua volontà. Il segreto ed eterno amore di Dio per i Suoi eletti e l'aperta sua rivelazione, sebbene contenga diverse parti, è uno ed uno stesso amore. Il primo atto dell'amore di Dio verso le persone che Egli sceglie in Cristo consiste nel dare loro l'essere e il benessere in Cristo per l'eternità. Per Dio questo è l'atto fondamentale di ogni grazia e gloria, il fatto cioè "che ci ha benedetti di ogni benedizione spirituale nei luoghi celesti in Cristo" (Efesini 1:3). L'amore di Dio nel Suo proprio cuore verso la persona che è in Cristo, il Capo dell'intera elezione della grazia, non può essere espresso adeguatamente, ed il Suo amore verso la persona degli eletti in Cristo è così grande ed infinito che le Scritture stesse dicono di esse che "sorpassa ogni conoscenza". L'aperta espressione e manifestazione di questo amore sarà ora oggetto delle nostre riflessioni.

1. La missione di Cristo

In primo luogo, l'incarnazione e la missione di Cristo: "In questo si è manifestato per noi l'amore di Dio: che Dio ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo affinché, per mezzo di lui, vivessimo" (1 Giovanni 4:9). Notate le persone alle quali Dio manifesta così il Suo amore, qui espresso dalla parola "noi". Gli scrittori sacri usano questo termine per includervi ed esprimervi i santi di Dio. E' qualità distintiva degli apostoli la capacità di comunicare efficacemente alla mente dei santi ed applicare alla loro vita la verità affinché sia sentita in tutta la sua grande importanza. Che l'argomento sia l'elezione, la redenzione, la chiamata efficace o la glorificazione, quando essi usano il pronome "noi" essi includono sé stessi e tutti i credenti ai quali scrivono. Questo serve per mettere in rilievo come le benedizioni ed i benefici della grazia sono destinati proprio a loro: questo li apre a ricevere ed a godere ciò che le Scritture loro annunciano.

Per illustrare ciò che abbiamo detto, contate quante volte l'apostolo usi qui il "noi", sia come soggetto che come complemento oggetto: "Benedetto sia il Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo, che ci ha benedetti di ogni benedizione spirituale nei luoghi celesti in Cristo In lui ci ha eletti prima della creazione del mondo perché [noi] fossimo santi e irreprensibili dinanzi a lui, avendoci predestinati nel suo amore a essere adottati per mezzo di Gesù Cristo come suoi figli, secondo il disegno benevolo della sua volontà, a lode della gloria della sua grazia, che ci ha concessa nel suo amato Figlio" (Efesini 1:3-6). In questo brano si evidenzia come l'elezione in Cristo riguardi quegli uomini e quelle donne che sono chiamati a far parte della chiesa. Lo stesso vale per la chiamata efficace in [=Nuova+Riveduta&versioni[]=C.E.I. Romani 9:24], la salvezza ([=Nuova+Riveduta&versioni[]=C.E.I. 2 Timoteo 1:9]) e la glorificazione ([=Nuova+Riveduta&versioni[]=C.E.I. Efesini 2:7]; [=Nuova+Riveduta&versioni[]=C.E.I. Romani 8:18]). Osserviamo attentamente come l'uso di questo "noi" includa tutta l'elezione della grazia ed escluda ogni altro, tanto che queste cose non possono essere applicate a nessun altro se non coloro che Dio ha chIamato ad essere in comunione con Gesù Cristo.

Consideriamo ora in che cosa consista questa aperta manifestazione dell'amore di Dio nell'incarnazione e nella missione di Cristo. Nella mente infinita di Jahvé, tutto il Suo amore in favore degli eletti è concepito dall'eternità, insieme ai vari modi e mezzi attraverso i quali esso deve essere manifestato e fatto conoscere nella condizione temporale, cosicché la Chiesa possa esserne più sensibilmente resa consapevole e grata. In quanto è piaciuto al Signore, nonostante il Suo amore eterno verso il Suo popolo in Cristo, che esso decadesse dallo stato di purezza creaturale nella depravazione, così pure da essa è stata predeterminata la loro redenzione. Avviene così una transazione sulla base di un patto fra il Padre ed il Figlio, secondo la quale il Figlio si impegna ad assumere la natura umana ed agire come Garante e Redentore del popolo che Gli è affidato. Sono fissate così, come mezzo della loro salvezza, la Sua incarnazione, vita e morte. Tutto questo diventa l'argomento della profezia veterotestamentaria, che Cristo, cioè, sia manifestato nella carne, ciò che debba compiere e soffrire per conseguire eterna giustizia.

Ciò che è stato rivelato nelle Scritture profetiche al riguardo di Cristo, rende pienamente evidente come a Dio appartenga tutto ciò che ha preso le sue mosse in Cielo, prima dell'inizio del tempo, nella transazione avvenuta nell'ambito del consiglio di Dio, cioè il frutto della consultazione fra Jahvè e Colui che la Scrittura chiama il Germoglio (Zaccaria 6:12), del quale lo Spirito eterno è testimone. Egli lo rende noto a uomini santi, che così parlano sospinti da Lui, perché lo Spirito scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio. Nella Persona dell'Emmanuele, Dio con noi, mediante la Sua aperta incarnazione e la salvezza che opera e porta onorevolmente a compimento, tutto l'amore della benedetta Trinità viene riflesso nel modo più glorioso. Dio brilla in tutta la grandezza e maestà del Suo amore verso la Chiesa in Cristo, e così manifesta loro la Sua eterna buona volontà. Egli li ha tanto amati da donare loro il Suo unigenito Figlio. Tutto questo è chiaramente presentato nella Sua Parola, tanto che essa è pienamente sufficiente per farcene conservare nella mente il suo vivo ricordo, così come lo Spirito si compiace di mantenerne conoscenza fiduciosa nel nostro cuore.

Un breve accenno al fine di questa manifestazione dell'amore di Dio come se ne parla in 1 Giovanni 4:9: "In questo si è manifestato per noi l'amore di Dio: che Dio ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo affinché, per mezzo di lui, vivessimo". Il fine è: "affinché per mezzo di Lui noi vivessimo". "E' attraverso l'incarnazione e mediazione del Signore Gesù Cristo che noi viviamo attraverso di Lui una vita di giustificazione, pace, perdono, accoglienza, ed accesso a Dio. Gli eletti di Dio nel loro stato decaduto erano tutti peccato, corruzione, miseria e morte. In queste circostanze Iddio raccomanda il Suo amore verso di loro, nel fatto che, mentre erano ancora peccatori, Cristo sia morto per loro. Egli, attraverso la Sua morte, rimuove da essi il loro peccato. Egli li ama e li lava dai loro peccati nel Suo stesso sangue riavvicinandoli così a Dio. E' questo il modo in cui Dio rende manifesto ed evidente il Suo amore eterno verso di loro" {S. E. Pierce, al cui magnifico sermone su 1 Giovanni 4:9 noi siamo con gioia e riconoscenza debitori].

Uno stupefacente parallelo con il testo biblico che abbiamo considerato poco fa, è l'affermazione che il Signore rivolge a Suo Padre in Giovanni 17:6: "Io ho manifestato il tuo nome agli uomini che tu mi hai dati dal mondo; erano tuoi e tu me li hai dati; ed essi hanno osservato la tua parola". La manifestazione del nome di Dio, o il segreto mistero della Sua mente e volontà, poteva solo essere fatta da Cristo, il quale era stato dall'eternità nel seno del Padre e che si incarna per rendere visibile Colui che è invisibile. Era ufficio ed opera del Messia quello di aprire "la sapienza di Dio misteriosa e nascosta" (1 Corinzi 1:7), di aprire il luogo santissimo, dichiarare quel che era stato tenuto segreto sin dalla fondazione del mondo, e qui Giovanni 17 dichiara che Egli l'ha fedelmente adempiuto. Notate però bene come il "noi" di 1 Giovanni 4:9 sia qui definito come: "gli uomini che tu mi hai dati dal mondo". Sì, è a loro che Cristo manifesta l'ineffabile nome di Dio.

In Giovanni 17 Cristo apre l'intero cuore di Dio rendendo noto il Suo amore eterno come mai prima era stato rivelato. In esso Egli spiega la buona volontà che il Padre ha manifestato agli eletti in Cristo Gesù in maniera sufficiente da riempire la mente spirituale di conoscenza e comprensione. Essa è calcolata tanto da promuovere piena fiducia nel Signore per tutte le benedizioni di questa vita e di quella a venire. E chi avrebbe potuto fornire queste informazioni se non Lui solo? Egli è sceso dal Cielo con questo espresso fine e disegno. Egli è il grande Profeta sulla casa di Dio. Egli ha la chiave di tutti i tesori della grazia e della gloria. In Lui "tutti i tesori della sapienza e della conoscenza sono nascosti" (Colossesi 2:3). Per "nome di Dio" si intende tutto quel che Egli è in quanto Egli ce lo manifesta e comunica. Questo è l'amore che Egli ha verso la Chiesa, il suo rapporto con il Suo popolo in Cristo, l'eterno rallegrarsi del Suo cuore in loro: tutto questo Cristo si è compiaciuto di rivelare pienamente.

Il Signore ci ammette alla Sua conoscenza: questo è ciò che ci conduce a conoscere che Dio ci ha reso oggetto della Sua elezione. E' fonte di gioia per noi il solo contemplare questo fatto. Per questo Cristo dice: "Rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti nei cieli" (Luca 10:20). Dato che non possiamo sapere che siamo i beneamati di Dio se non credendo in Suo Figlio, così questo è il frutto di conoscenza spirituale. Cristo ha la chiave della conoscenza ed apre la porta della fede, così che noi Lo riceviamo com'è rivelato nella Parola. E' Lui che, attraverso il Suo Spirito, si compiace di spargere l'amore di Dio nei nostri cuori mediante lo Spirito Santo che ci è stato dato. Egli ci dona lo Spirito per rivelare alla nostra mente il patto eterno: per questo siamo portati a conoscere ed a sentire l'amore di Dio come la fonte e sorgente di ogni grazia ed eterna consolazione. Come Jahvè aveva fatto passare tutta la Sua bontà davanti a Mosè, mostrandogli la Sua gloria ([=Nuova+Riveduta&versioni[]=C.E.I. Esodo 33:19]), così Egli ci dà accesso alla conoscenza di Sé stesso come: "il Dio misericordioso e pietoso, lento all'ira, ricco in bontà e fedeltà" (Esodo 34:6).

2. Una chiamata soprannaturale

In secondo luogo, attraverso una chiamata soprannaturale. Abbiamo già accennato a questo negli ultimi due paragrafi, ma ora dobbiamo considerarlo in modo più approfondito. La chiamata di un eletto è il primo ed immediato frutto e manifestazione del proposito di Dio nella grazia dell'elezione. "Il fiume scorreva al di sotto della superficie del terreno dall'eternità, ma ad un certo punto l'acqua esce fuori gorgogliando e scorre sul terreno per l'eternità. Si tratta della grandiosa ed iniziale differenza che Dio stabilisce fra uomo e uomo, il primo segno che egli pone sulle sue pecore, attraverso il quale Egli le dichiara Sua proprietà e significa visibilmente che esse appartengono a Lui" (Thomas Goodwin). "quelli che ha predestinati li ha pure chiamati; e quelli che ha chiamati li ha pure giustificati; e quelli che ha giustificati li ha pure glorificati" (Romani 8;30). Il beneficio originario è il fatto che Egli ci abbia predestinato. La prima benedizione che ne consegue è quella di chiamarci. Lo stesso ordine appare nel versetto: "Egli ci ha salvati e ci ha rivolto una santa chiamata, non a motivo delle nostre opere, ma secondo il suo proposito e la grazia che ci è stata fatta in Cristo Gesù fin dall'eternità" (2 Timoteo 1:9). Il proposito eterno è reso evidente nel tempo attraverso la divina chiamata.

Un altro testo biblico che presenta la medesima verità è il ben noto: "Perciò, fratelli, impegnatevi sempre di più a render sicura la vostra vocazione ed elezione; perché, così facendo, non inciamperete mai" (2 Pietro 1:10). In evidenza, qui, non è tanto la nostra fede o la nostra giustificazione, ma la nostra "vocazione" (o chiamata), che siamo esortati a "rendere sicura" (o "ferma"), perché è così che potremo avere testimonianza alla nostra fede della nostra elezione. Non che l'elezione non sia sicura senza di essa, infatti, "il solido fondamento di Dio [il Suo eterno decreto] rimane fermo, portando questo sigillo: «Il Signore conosce quelli che sono suoi»" (2 Timoteo 2:19), e questo prima della nostra vocazione, ma affinché essa sia, per così dire, certificata alla nostra fede. L'apostolo, nelle sue lettere, scrive in modo omogeneo: quando si rivolge ai credenti egli mostra come i due termini "elezione" e "chiamata" siano strettamente legati. E' così che Paolo scrive: "...alla chiesa di Dio che è in Corinto, ai santificati in Cristo Gesù, chiamati santi" (1 Corinzi 1:2), cioè chiamati per essere santi. Allo stesso modo Pietro: "La chiesa che è in Babilonia, eletta come voi, vi saluta" (1 Pietro 5:13). I termini sono equivalenti: gli apostoli non riconoscono altra vera "chiamata" o "vocazione" se non quella che è immediata prova di elezione, essendo commisurata alle stesse persone.

E' stupefacente osservare con quale grazia lo Spirito abbia accondisceso di abbassarsi e di venire in soccorso alle nostre infermità - questa preziosa verità è così frequentemente reiterata nella Parola da non lasciare spazio a dubbi. "Da tempi lontani il SIGNORE mi è apparso.: Sì, io ti amo di un amore eterno; perciò ti prolungo la mia bontà" (Geremia 31:3). Sono due le cose che qui vengono affermate ed il rapporto intimo e inseparabile che le lega è affermato con forza. In primo luogo, l'amore eterno che Dio ha per i Suoi; in secondo luogo, l'effetto e la manifestazione dello stesso. E' tramite la chiamata efficace dello Spirito che gli eletti vengono estratti dalla loro condizione naturale e portati a Dio in Cristo. Questa chiamata soprannaturale attraverso la quale Dio li attira a Sé, è qui espressamente attribuita alla bontà di Dio, e la connessione fra questa e il Suo amore eterno è rilevata da quel "perciò". E' così che, quando Dio ci riconcilia a Sé stesso, noi abbiamo prova della Sua eterna buona volontà verso di noi.

L'amore eterno e la grazia del Dio trino verso i Suoi eletti è reso loro manifesto in questo mondo dai frutti degli effetti immediati dello stesso: ciò che era stato conservato segretamente nel cuore di Jahvè è gradualmente portato a manifestazione aperta alla Chiesa attraverso le Sue opere meravigliose. Non ci si deve attendere che il mondo degli empi abbia interesse alcuno a queste transazioni, ma per i rigenerati esse sono fonte di gioia sempre più grande. Come abbiamo rilevato in precedenza, l'amore del Dio che elegge si manifesta prima nell'incarnazione e nella missione del Suo caro Figlio, destinato a compiere la redenzione del Suo popolo decaduto in Adamo. In secondo luogo, il proposito eterno della grazia di Dio è rivelato in ed attraverso la chiamata divina che l'eletto riceve mentre è sulla terra. Dobbiamo ora considerare in maggiore dettaglio che cosa realmente sia questa chiamata.

1. Prima di tutto dobbiamo distinguere attentamente fra la chiamata ricevuta dagli eletti e quella che perviene a tutti coloro che odono la proclamazione della Parola: la prima è particolare, l'altra è generale. Chiunque oda la Parola (l'Evangelo), o abbia nelle mani la sua forma scritta, è chiamato da Dio a rinunciare ai propri peccati e ad invocare la misericordia di Dio in Cristo. La chiamata generale perviene allo stesso modo tanto agli eletti quanto ai non-eletti, ma, ahimè, è rifiutata da tutti. Questa chiamata generale è descritta in brani come: "Mi rivolgo a voi, o uomini, e la mia voce è indirizzata ai figli dell'uomo" (Proverbi 8:4 ND); "Molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti" (Matteo 22:14). Il rifiuto che essi oppongono a questa chiamata è rappresentato in questo modo: "Quando ho chiamato avete rifiutato d'ascoltare, quando ho steso la mano nessuno vi ha badato" (Proverbi 1:24), "Tutti allo stesso modo cominciarono a scusarsi" (Luca 14:18 ND). E' però con la chiamata speciale e particolare, della quale gli eletti soltanto sono oggetto, di cui noi ci vogliamo occupare qui.

2. In secondo luogo, questa chiamata degli eletti è individuale ed interiore, non cade, per così dire, sull'orecchio esteriore, ma penetra fino al cuore stesso. E' la potenza della Parola di Dio, che li raggiunge nella loro condizione naturale di morte spirituale e li vivifica a novità di vita. E' il Buon Pastore che cerca e salva le Sue pecore perdute, le ricupera e le riporta presso Suo Padre, com'è scritto: "Le pecore ascoltano la sua voce, ed egli chiama le proprie pecore per nome e le conduce fuori. Quando ha messo fuori tutte le sue pecore, va davanti a loro, e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce" (Giovanni 10:3-4). Dal punto di vista legale, la salvezza degli eletti di Dio è diventata fatto compiuto quando Cristo è morto e risorto, ma essa diventa esperienza attuale quando lo Spirito del Figlio di Dio è mandato nel loro cuore. "Dio ha mandato lo Spirito del Figlio suo nei nostri cuori, che grida: Abbà, Padre" (Galati 4:6). E' solo mediante lo Spirito che ci viene data conoscenza salvifica della Verità, essendo portati da Lui ad accoglierla giustamente. Allora lo Spirito tanto illumina la nostra mente da metterci in grado di cogliere la conoscenza spirituale di Dio e di Suo Figlio Gesù Cristo.

3. In terzo luogo, si tratta di una chiamata efficace, essendo realizzata dall'opera sovrannaturale dello Spirito. Vale sia nella nuova creazione come nella vecchia che: "Egli parlò, e la cosa fu; egli comandò e la cosa apparve" (Salmo 33:9). A questa chiamata efficace si riferiscono brani come: "Il tuo popolo si offrirà volenteroso nel giorno del tuo potere" (Salmo 110:3 ND). La loro naturale resistenza a sottomettersi completamente a ciò che il Signore esige viene piegata dalla comunicazione di una travolgente consapevolezza della grazia e dell'amore di Dio nei loro riguardi. Ancora: "Tutti i tuoi figli saranno ammaestrati dall'Eterno" (Isaia 54:13 ND), ammaestrati in tal modo che: "Noi sappiamo che il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato intendimento, affinché conosciamo colui che è il Vero" (1 Giovanni 5:20 ND). Lo ripetiamo: questa chiamata efficace è Dio che realizza le promesse del Nuovo Patto: "Questo è il patto che farò con la casa d'Israele dopo quei giorni», dice il Signore: «io metterò le mie leggi nelle loro menti, le scriverò sui loro cuori; e sarò il loro Dio, ed essi saranno il mio popolo" (Ebrei 8:10).

I teologi saggiamente hanno voluto distinguere la "chiamata efficace" da quella generale ed esteriore che giunge a tutti coloro che odono l'Evangelo. Questa chiamata efficace non è un invito, ma è l'atto concreto per mezzo del quale Dio impartisce luce e vita. Essa è frutto immediato del meraviglioso ed infinito amore di Dio alla nostra persona quando noi eravamo nient'affatto amabili, anzi, soggetti a null'altro se non ciò che ci rende ributtanti ed odiosi (vedasi [=Nuova+Riveduta&versioni[]=C.E.I. Ezechiele 16:4-8])! E' allora che lo Spirito Santo viene donato agli eletti, donato per realizzare nell'esperienza ciò che Cristo ha conseguito per loro. Riconosciamolo chiaramente e con gratitudine: il dono che ci viene fatto dello Spirito Santo è altrettanto grande quanto il dono stesso che ci viene fatto di Cristo. Quando lo Spirito viene a dimorare in noi, noi siamo santificati e suggellati per il giorno della redenzione. Quando lo Spirito di Dio viene a dimorare in noi, noi diventiamo tempio del Dio vivente, la Sua dimora sulla terra.

Non è sufficientemente riconosciuto come tutti i benefici di grazia del patto siano nelle mani dello Spirito Santo, la cui funzione ed opera è quella di portare gli eletti a Cristo (chiamandoli efficacemente) e di far loro conoscere ed applicare alle loro anime la salvezza che il Signore Gesù ha adempiuto ed operato per loro. Egli scende dal Cielo come conseguenza dell'opera espiatoria ed ascensione di Cristo, e proclama a dei miserabili peccatori la salvezza che il Signore ha procurato loro. Egli entra nel loro cuore pieno di peccato e di guai e fa loro conoscere la salvezza che il Signore ha procurato loro. Egli pone loro in possesso delle cose che accompagnano la salvezza attraverso la fede nella Persona ed opera di Cristo, e poi diventa il loro Consolatore. Essi non pregano che lo Spirito venga a rigenerarli, perché essi Lo hanno già ricevuto come lo Spirito che impartisce loro vita e santificazione. Ciò che ora essi devono fare è pregare per la grazia di riceverlo come lo Spirito di adozione, affinché Egli possa testimoniare con il loro spirito che essi sono figli di Dio.

Ora questa chiamata efficace è conseguenza propria e necessaria ed effetto dell'eterna elezione, perché gli unici a ricevere questa vocazione soprannaturale sono soltanto i Suoi eletti. Ogni qual volta, infatti, si consideri la predestinazione di una persona alla gloria eterna, si dovrà essere necessariamente in presenza di una persona che sia stata efficacemente chiamata alla fede ed alla santità. "Noi dobbiamo sempre ringraziare Dio per voi, fratelli amati dal Signore, perché Dio fin dal principio vi ha eletti a salvezza mediante la santificazione nello Spirito e la fede nella verità" (2 Tessalonicesi 2:13). Gli eletti sono scelti per la salvezza attraverso la libera e sovrana grazia di Dio; com'è, però, che si ottiene di fatto la salvezza? In che modo i favoriti dalla grazia sono personalmente portati a possederla? Mediante la santificazione nello Spirito e la fede nella verità, e in nessun altro modo. Il decreto di elezione è Dio che destina a vita eterna e gloria: ne consegue in modo evidente che chi ne è fatto oggetto veda Dio che opera in lui o in lei effettiva santità attraverso l'opera rigenerante e santificante dello Spirito. E' con questo mezzo che lo Spirito comunica ciò che Cristo per loro ha procurato.

"... e ciò per far conoscere la ricchezza della sua gloria verso dei vasi di misericordia che aveva già prima preparati per la gloria, cioè verso di noi, che egli ha chiamato non soltanto fra i Giudei ma anche fra gli stranieri?" (Romani 9:23-24). Nei versetti immediatamente precedenti a questi, l'Apostolo aveva trattato l'argomento indicibilmente temibile di come Dio manifesti la Sua ira e faccia conoscere la Sua potenza in connessione con i non-eletti. Qui, però, egli riprende il tema beato di come Dio riversi le ricchezze della Sua gloria verso gli eletti vasi di misericordia. Questo avviene attraverso la chiamata efficace ricevuta da ciascun membro del Suo popolo. Questa vocazione è esattamente ciò che serve per manifestare verso di noi la grazia eterna. Lo esprime Romani 8:28: siamo chiamati "secondo il suo disegno", in altre parole, lo Spirito ci viene donato affinché il decreto di Dio si realizzi o, per metterla in altro modo, affinché il credente, attraverso la Sua chiamata efficace, possa rivolgere il suo sguardo verso l'alto verso l'amore eterno di cui Dio l'ha fatto oggetto, come se attraverso una fessura di un muro egli scorgesse il bagliore del sole nel cielo.

Così come l'amore di Dio Padre si manifesta principalmente attraverso l'atto di elezione e si esprime nel dono del Suo unigenito Figlio per essere nostro Capo e Mediatore, e come l'amore di Dio il Figlio brilla in tutto il suo fulgore nella Sua incarnazione, ubbidienza e dono della Sua vita per noi, così l'amore di Dio lo Spirito si manifesta nel rivelarci nella Parola le eterne transazioni fra il Padre ed il Figlio e illuminando la nostra mente di una conoscenza vera, vitale e spirituale del Padre e del Figlio. E' nella chiamata efficace che lo Spirito si compiace di rivelare interiormente ed applicare all'anima la salvezza in Cristo. Per essa è davvero l'alba di un nuovo giorno: in essa peccatori spiritualmente morti sono vivificati, i loro duri cuori ammorbiditi, le loro volontà ostinate rese flessibili, grandi peccati manifestamente perdonati, e misericordia infinita manifestata e magnificata. E' allora che lo Spirito Santo, che è il Signore ed il datore di ogni vita spirituale, mette in grado grandi peccatori di conoscere come Dio sia amore.

Mediante il Suo Spirito, Cristo si compiace di spargere nei nostri cuori l'amore di Dio, ed attraverso l'Evangelo Egli ci manifesta la conoscenza dell'amore del Padre per noi. Egli ci dona lo Spirito affinché di tutto questo la nostra mente ne abbia la rivelazione. E' così che noi siamo condotti a conoscere e sentire l'amore di Dio come fondamento di ogni grazia e di eterna consolazione. Come la conoscenza della nostra personale elezione (ottenuta tramite la nostra chiamata efficace) rende a noi evidente d'essere vicini a Lui e cari al Suo cuore, così ne consegue la consapevolezza che noi siamo cari al cuore di Cristo. Quando lo Spirito ci impartisce la conoscenza dell'amore del Padre verso di noi nel Suo caro Figlio, noi veniamo pure condotti ad investigare e studiare il meraviglioso argomento dell'elezione, e più lo conosciamo, maggiormente ne siamo stupefatti. Con questo mezzo, sotto l'influenza dello Spirito Santo, tanto siamo condotti ad una tale contemplazione della grazia del Signore Gesù che il nostro cuore si riempie di santa soddisfazione e gioia.

3. Una trasformazione soprannaturale

In terzo luogo, l'eterno proposito della grazia di Dio verso di noi si manifesta in una trasformazione soprannaturale. Strettamente parlando, questo non è un aspetto separato del nostro argomento, perché la nuova nascita è con la chiamata efficace una e la stessa; ciononostante, ai fini di una maggiore chiarezza e per risolvere quei dubbi dei quali i rigenerati sono colti, riteniamo opportuno considerarlo separatamente. Quando un'anima sincera apprende come vi sia una chiamata esterna e generale, ed una particolare ed interiore, essa vorrebbe verificare quali fra queste abbia ricevuto, o meglio, se sia stata favorita da quest'ultima, perché è solo la chiamata soprannaturale dello Spirito ad essere efficace per la salvezza. E' solo a questo punto che molti fra il caro popolo di Dio sembrano essere perplessi e confusi: accertarsi e rendere sicuro di essere effettivamente passati dalla morte alla vita e di essere stati portati in comunione vitale con Cristo.

Nel cercare di chiarire questo punto, lo scrittore deve guardarsi dall'invadere troppo quel che solo sarà l'argomento del capitolo successivo. Per il momento stiamo trattando di come l'elezione si manifesti, in particolare come essa si veda in quella trasformazione soprannaturale che è operata in coloro che ne sono oggetto nel momento in cui ricevono da Dio la chiamata efficace. Ci limiteremo, quindi, a cercare di descrivere alcune fra le caratteristiche principali di questa trasformazione soprannaturale. Questa trasformazione soprannaturale è descritta in termini generali in questo modo: "Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate: ecco, sono diventate nuove" (2 Corinzi 5:17). Un altro testo che tratta della stessa cosa è: "La sua potenza divina ci ha donato tutto ciò che riguarda la vita e la pietà mediante la conoscenza di colui che ci ha chiamati con la propria gloria e virtù" (2 Pietro 1:3). Nel leggere questo testo appare subito come esso sia rilevante all'argomento in discussione perché si riferisce specificatamente alla nostra chiamata efficace ed attribuisce la stessa alla divina potenza di Dio.

Questa trasformazione soprannaturale consiste, dunque, nel nostro essere fatte nuove creature in Cristo Gesù. Il prodotto dell'opera dello Spirito alla nuova nascita, sebbene si tratti spiritualmente di un piccolo e debole bimbo, è, ciononostante, "una nuova creatura"; è stata impartita nuova vita, sono stati comunicati nuovi principi da cui procedono nuove azioni. E' allora che: "dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto grazia su grazia" (Giovanni 1:16), cioè ogni grazia spirituale in Colui che è il Capo viene trasmessa a tutti i Suoi membri; ogni grazia da Cristo nel cristiano è ora completa in tutte le sue parti: "grazia su grazia" così come un bimbo riceve tutte le sue membra dai suoi genitori. Nel momento della nostra chiamata efficace la divina potenza ci dona "tutto ciò che riguarda la vita e la pietà". Di che cosa sia composto questo "tutto" ci dobbiamo ora occupare brevemente.

La comprensione di ciò che è spirituale. In primo luogo, la comprensione di ciò che è spirituale. L'essere umano naturale non può né percepire né ricevere le cose in maniera spirituale (sebbene possa riflettervi in maniera naturale ed intellettuale, perché è privo di discernimento spirituale: "l'uomo naturale non riceve le cose dello Spirito di Dio, perché esse sono pazzia per lui; e non le può conoscere, perché devono essere giudicate spiritualmente" (1 Corinzi 2:14). Quando, però, siamo efficacemente chiamati, Dio ci dà "intelligenza per conoscere colui che è il Vero" (1 Giovanni 5:20). Per questo 2 Pietro 1:3 dichiara che tutte le cose che appartengono alla vita ed alla pietà ci sono date: "mediante la conoscenza di colui che ci ha chiamati con la propria gloria e virtù". La prima luce che l'anima riceve quando lo Spirito entra nel suo cuore è una nuova prospettiva su Dio, ed in quella luce noi cominciamo ad intendere ciò che sia il peccato, dato che in sé stesso si pone contro la santità di Dio, e quindi comprendiamo che cosa sia la santità. E' questa conoscenza nuova e spirituale di Dio stesso ciò che costituisce il cuore e l'essenza stessa delle benedizioni e dell'opera del Nuovo Patto di grazia. “Nessuno istruirà più il proprio concittadino e nessuno il proprio fratello, dicendo: ‘Conosci il Signore!’ Perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande di loro” (Ebrei 8:11). Questa conoscenza spirituale di Dio, così, è il seme e la radice stessa di ogni trasformazione spirituale che accompagni la chiamata efficace.

In secondo luogo, viene seminato nell'anima un principio di santità. Dio ha scelto il Suo popolo in Cristo perché fossero santi: "In lui ci ha eletti prima della creazione del mondo perché fossimo santi e irreprensibili dinanzi a lui" (Efesini 1:4). Ecco perché Egli "ci ha rivolto una santa chiamata" (2 Timoteo 1:9). Attraverso di esso Dio "ci ha messi in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce" (Colossesi 1:12). Il titolo che abbiamo per accedere al Cielo si fonda su ciò che Cristo ha compiuto per noi, ma per il Cielo bisogna essere resi adatti, in noi deve essere formata l'immagine di Cristo. Questo principio di santità è impiantato nel cuore dallo Spirito Santo, ed alcuni scrittori lo definiscono "la nuova natura". Esso prova la sua esistenza allorché la mente pondera sempre di nuovo che Dio è un Dio santo, i cui occhi sono troppo puri per tollerare l'iniquità, come pure tenendosi stretta a Lui e conformandosi a Lui. E' questa la prova attraverso la quale dobbiamo esaminare e misurare noi stessi: approvo io tutti i comandamenti di Dio e li considero giusti e buoni, sebbene contrastino con le mie tendenze naturali? Devo protendermi verso la santità nonostante vi sia nel mio cuore e nella mia vita così tanto che mi umilia e mi fa rattristare perché contrario alla santità divina. E' il mio costante ed intenso desiderio che Dio mi faccia sempre di più partecipe della Sua santità?

L'amore per ciò che è spirituale. In terzo luogo, l'amore per tutto ciò che è spirituale. Alla nostra chiamata efficace non ci è comunicato solo "un nuovo cuore", ma si verifica in noi un tale cambiamento che ora sono messo in grado di scegliere ciò che è spiritualmente buono. Non si tratta di una capacità presente nell'essere umano nella sua condizione naturale e decaduta. E' il cuore che si volge e che desidera intensamente ciò che è spirituale e che coinvolge la volontà. Quando l'amore di Dio è sparso nel nostro cuore, non possiamo che amare Lui e tutto ciò che Egli ama. Un vero e sincero amore per Dio è frutto ed prodotto della Sua chiamata efficace, le due cose sono inseparabili: "Or sappiamo che tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio, i quali sono chiamati secondo il suo disegno" (Romani 8:28). Ahimè: i nostri naturali desideri ancora vorrebbero far proprio ciò che non è santo. Ciononostante, nel cuore rinnovato, vi è un principio che ci porta a rallegrarci in ciò che è puro e santo ed a perseguirlo: "Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte" (1 Giovanni 3:14). Non trovate (seppur mescolato in voi con altre opere) un autentico anelito d'amore per Dio stesso?

La fede. In quarto luogo, un principio spirituale di fede. La fede naturale è sufficiente per oggetti naturali, ma gli oggetti spirituali e soprannaturali esigono una fede spirituale e soprannaturale. La fede spirituale è il dono di Dio ([=Nuova+Riveduta&versioni[]=C.E.I. Efesini 2:8]). Essa è "della virtù di Dio" (Colossesi 2:12 Diodati), cioè frutto dell'opera potente di Dio nell'anima. Questa fede accompagna la chiamata efficace e ne è l'effetto: "ti ho attirata con benevolenza" (Geremia 31:3 ND). Questo significa che il cuore è attirato al Signore, affinché riposi sulle Sue promesse, riposi nel Suo amore e risponda alla Sua voce. "Per fede Abraamo, quando fu chiamato, ubbidì, per andarsene in un luogo che egli doveva ricevere in eredità; e partì senza sapere dove andava" (Ebrei 11:8). Le due cose sono inseparabili - la fede risponde alla chiamata di Dio. E' per questo che essa viene definita: "la fede degli eletti di Dio" (Tito 1:1). Essa differisce radicalmente dalla generica fede delle "persone religiose" e da quella emotiva del fanatismo. Essa, infatti, è (1) il dono di Dio e non il prodotto di un principio naturale, e poi (2) perché essa riceve con semplicità infantile tutto ciò che è affermato nelle Scritture, senza stare a cavillare sulle "difficoltà" che vi trova; ed anche (3) perché chi la possiede si rende conto come solo Dio possa sostenere e mantenere quella fede nell'anima, perché non sta in potere della creatura né esercitarla né aumentarla.

In conclusione, notiamo come questa trasformazione soprannaturale operata negli eletti nel momento della loro chiamata efficace, questo operare in loro intelligenza spirituale affinché conoscano Dio, questo impartire in loro un principio di santità, d'amore e di fede, sia il fondamento di tutte le operazioni susseguenti della grazia. Ogni operazione della grazia, infatti, fino al termine della vita del credente, fornisce la prima prova che la chiamata efficace è sana e salvifica. Nel momento della rigenerazione Dio dota l'anima di tutti i principi ed i semi di ogni grazia, tanto che la vita futura del cristiano e la sua crescita nella grazia (attraverso il conflitto fra "la carne" e "lo spirito") è una chiamata all'operatività ed alla manifestazione della sua elezione.

Tratteremo ora come Dio renda noto nel tempo quel proposito di grazia che Egli si è proposto al riguardo della Chiesa fin dall'eternità. L'amore eterno di Dio verso il Suo popolo eletto lo si scopre in vari modi e con vari mezzi, i principali fra i quali sono gli inestimabili doni che fa loro il Suo Figlio ed il Suo Spirito. Ecco allora come fin ora ci siamo soffermati, in primo luogo sull'incarnazione e sulla missione di Cristo come la principale espressione del cuore del Padre verso i Suoi, perché sebbene la glorificazione di Dio era in essa il Suo principale disegno, pure inseparabilmente connessa ad essa era la benedizione dei Suoi santi. In secondo luogo, il divino disegno di grazia è manifestato attraverso la comunicazione dello Spirito agli eletti, per la quale essi sono resi oggetto di una chiamata soprannaturale. In terzo luogo, questo è reso ancora più evidente dalla trasformazione soprannaturale operata in loro dalla rigenerazione e santificazione dello Spirito.

La preservazione degli eletti. In quarto luogo, attraverso la divina preservazione. "Or il Dio di ogni grazia, che vi ha chiamati alla sua gloria eterna in Cristo, dopo che avrete sofferto per breve tempo, vi perfezionerà egli stesso, vi renderà fermi, vi fortificherà stabilmente" (1 Pietro 5:10). Questo versetto presenta la meravigliosa e potente grazia di Dio dispensata ai Suoi eletti nel chiamarli efficacemente, nel preservarli dalla tentazione e dal peccato, nel rafforzarli e nel metterli in grado di perseverare fino alla fine e, nonostante tutta l'opposizione della carne, del mondo e del diavolo, portarli alla fine con certezza alla gloria eterna, perché, come dichiara Romani 8:30: "...quelli che ha predestinati li ha pure chiamati; e quelli che ha chiamati li ha pure giustificati; e quelli che ha giustificati li ha pure glorificati". Ancora una volta attingeremo liberamente dalle opere eccellenti dei Puritani, in primo luogo Thomas Goodwin primo perché le sue opere non sono oggi facilmente accessibili e sono largamente sconosciute alla nostra generazione e, in secondo luogo, perché, avendo avuto personalmente da essi un così grande beneficio, desideriamo condividerlo con i nostri lettori [molte opere originali del Goodwin sono oggi disponibili in internet, vedasi qui].

Si deve debitamente notare come nel contesto immediato di [=Nuova+Riveduta&versioni[]=C.E.I. 1 Pietro 5:8] il diavolo viene presentato in tutta la sua spaventosità come "il vostro avversario" quanto a malizia, paragonato ad un leone quanto a forza, anzi, ad un "leone ruggente" per il terrore che ispira. Egli "va attorno" con instancabile diligenza, "cercando chi possa divorare", e se Dio non glielo impedisse lo farebbe con i Suoi eletti. "Ma Dio", l'Onnipotente, Colui che è sufficiente a Sé stesso e per tutto, "il Dio della grazia" è fonte di straordinario conforto proprio quando abbiamo a che fare con Satana nel momento della tentazione. Se il Dio della grazia è per noi, chi mai potrebbe essere contro di noi? Quando Paolo era sottoposto a forti tentazioni da parte di un messaggero (o angelo) di Satana mandato per "schiaffeggiarlo", che cosa aveva fatto Dio per alleviare questa prova? Aveva detto: "la mia grazia ti basta" (2 Corinzi 12:9) - la grazia nel cuore di Dio verso di lui e la grazia che operava nel cuore di lui, per assisterlo efficacemente.

C'è qui in 1 Pietro 5:10, però, qualcosa di ancora più prezioso: "Il Dio di ogni grazia", espressione che ci rimanda alle sovrabbondanti ricchezze di grazia che sono nella Sua natura, e poi ai disegni benevoli che Egli ha in favore dei Suoi, e poi nel modo pieno di grazia con il quale tratta con loro. La grazia nella Sua natura è la fonte, la grazia dei Suo proposito o consigli è la bocca della sorgente, e la grazia nelle Sue dispensazioni (il modo in cui Egli si rapporta) sono i torrenti che ne fuoriescono. Dio, in Sé stesso, è tutta grazia proprio allo stesso modo in cui Egli è l'Onnipotente, il Suo attributo principale. In Lui c'è un oceano senza limiti di grazia per fornire acqua sufficiente ed ininterrotta per tutti i torrenti che scaturiscono dai Suoi propositi e disegni. In tutto questo la nostra consolazione consiste che tutta la grazia che è nella natura di Dio sta nella promessa del Suo essere per la Sua Chiesa "il Dio di ogni grazia". Egli ha dichiarato di essere tanto impegnato a supplire ai loro bisogni fino ad essere disposto a spendere per loro il massimo a Sua disposizione, e quel massimo è infinito.

Non è solo il popolo del Nuovo Testamento a conoscere Dio come il Dio di ogni grazia. Davide, che non solo era il più grande adoratore di questa grazia che troviamo nell'Antico Testamento, ma anche suo oggetto, la comprendeva e la riconosceva: "SIGNORE, per amor del tuo servo e seguendo il tuo cuore, hai compiuto tutte queste grandi cose per rivelargli tutte le tue meraviglie" (1 Cronache 17:19). Notate quel che segue immediatamente: "SIGNORE, nessuno è pari a te, e non c'è altro Dio all'infuori di te, secondo tutto quello che abbiamo udito con i nostri orecchi" (v. 20). Qui Davide esalta il patto di grazia che Dio ha stabilito con lui in Cristo e che gli è stato appena rivelato. "Che potrebbe Davide dirti di più riguardo all'onore che è fatto al tuo servo?" (v. 18). Un tale divino favore suscita in lui indicibile riconoscenza, proprio come fa Paolo in Romani 8:31: "Che diremo dunque riguardo a queste cose?". Quando Dio perdona, Egli lo fa alla maniera di un grande Dio, pieno di grazia. "Il nostro Dio che non si stanca di perdonare" (Isaia 55:7), non "secondo i nostri pensieri" (v. 8) ma secondo i Suoi.

Ciò a cui si riferivano gli antichi teologi quando parlavano dei divini propositi di grazia era "l'oceano" di questa grazia che, parte della Sua stessa natura, da esso fluiscono quei benefici disegni verso il Suo popolo, che il profeta descrive come "pensieri di pace" (Geremia 29:11), pensieri che Egli "medita" per noi. Sarebbe impossibile parlare di tutti questi pensieri perché, come dichiara Davide: "O SIGNORE, Dio mio, hai moltiplicato i tuoi prodigi e i tuoi disegni in nostro favore; nessuno è simile a te. Vorrei raccontarli e proclamarli, ma sono troppi per essere contati" (Salmo 40:5). Dobbiamo quindi riassumerli e meditare su quei particolari che servono direttamente per illustrare l'oggetto del nostro discorso, cioè la nostra preservazione, o Dio che ci porta in sicurezza attraverso tutte le tentazioni verso la gloria eterna.

1 Pietro 5:10 parla manifestamente della grazia che Dio si è proposto, quella grazia che era nel Suo cuore verso il Suo popolo prima di chiamarli a Sé e da cui, di fatto, esso procede e si muove, com'è espresso in 2 Timoteo 1:9 "Egli ci ha salvati e ci ha rivolto una santa chiamata, non a motivo delle nostre opere, ma secondo il suo proposito e la grazia che ci è stata fatta in Cristo Gesù fin dall'eternità". Il primo atto della grazia che Egli si è proposta era quello di sceglierci, di estrarre dall'umanità perduta quelle persone per le quali Egli vuole essere il Dio della grazia. Ecco perché la scelta di queste persone è descritta come "l'elezione della grazia" (Romani 11:5) che è l'atto fondamentale della grazia sul quale tutti gli altri sono edificati. Essere un Dio di grazia per la Sua Chiesa significa amare chi ne fa parte semplicemente perché Egli ha scelto di farlo, perché la grazia è l'atto libero del Suo amore. La preghiera della Chiesa è: "Perdona tutta l'iniquità e accetta questo bene" (Osea 14:2) e la risposta del Signore è: "Io li amerò di buona volontà" (v. 4 Diodati), cioè liberamente. La grazia divina ed i meriti umani sono distanti l'uno dall'altro quanto i poli, come mostra Romani 11:6, l'uno che esclude l'altro: "Ma se è per grazia, non è più per opere; altrimenti, la grazia non è più grazia" (Romani 11:6).

Essere per il Suo popolo il Dio di ogni grazia significa per Lui risolversi di amarli, e per sempre; essere immutabile nel Suo amore e non distogliere mai il Suo cuore da loro. Questo è chiaramente presupposto in 1 Pietro 5:10 perché Egli "ci ha chiamati alla sua gloria eterna in Cristo". Non è semplicemente che Egli ci abbia chiamati nella Sua grazia o favore, ma alla Sua gloria, quella gloria eterna che Egli, tramite la Sua chiamata efficace, ci destina ad avere intero e pieno diritto. Che altro può questo significare se non che Dio ci ha chiamati sulla base di questa grazia e di questo amore eterno, a qualcosa che non può essere revocato: "perché i doni e la vocazione di Dio sono irrevocabili" (Romani 11:29)? Questo è chiaramente espresso da ciò che immediatamente segue: "...dopo che avrete sofferto per breve tempo, vi perfezionerà egli stesso, vi renderà fermi, vi fortificherà stabilmente".

Il Dio di ogni grazia

Questa grazia, così fissata nella volontà divina è il principio più sovrano e determinante nel cuore di Dio. Essa predomina su ogni altra cosa che Egli voglia. Le risoluzioni di grazia di Dio hanno precedenza su ogni cosa. La grazia non solo è il principio più risoluto e deciso ma anche, nel cuore di Dio, il più assoluto. Che cosa altrimenti significherebbe "il trono della grazia" (Ebrei 4:16)? Perché mai si direbbe che "la grazia regni mediante la giustizia a vita eterna" (Romani 5:21)? La stessa cosa appare nel contesto di 1 Pietro 5:10: "Umiliatevi [cioè sottomettetevi] sotto la potente mano di Dio [cioè la Sua divina potenza] affinché egli vi innalzi a suo tempo" (v. 6). "Egli ha cura di voi" (v. 7) e tutto questo è realizzato dal "Dio di ogni grazia" nel v. 10; che è seguito da "A lui sia la potenza, nei secoli dei secoli. Amen" (v. 11), vale a dire, a Lui come al "Dio di ogni grazia".

E' al Dio di ogni grazia eseguita o attuata che dobbiamo ora contemplarlo nelle Sue variegate dispensazioni di grazia, effetto dell'oceano di grazia nella Sua natura ed il proposito di grazia nel Suo cuore. Potremmo tornare indietro un momento a 1 Pietro 5:5: "Dio dà grazia agli umili", che si riferisce a Lui che effettivamente impartisce la grazia. Allo stesso modo Giacomo dichiara: "egli ci accorda una grazia maggiore" (4:6) là dove cita, come Pietro, lo stesso brano dell'Antico Testamento. Giacomo ne parla in rapporto alla sottomissione delle passioni del Suo popolo, in particolare quella dell'invidia. Senza dubbio si tratta di grazia, perché quando infuriano le passioni, è solo la grazia che spinge Dio ad accordare maggiore grazia affinché i Suoi si sottomettano a Lui: a chi si umilia davanti al Signore, Gli si sottomette mortificando le sue empie passioni, Egli dà una grazia ancora maggiore.

Può aiutare a meglio comprendere questo titolo di "Dio di ogni grazia" il raffronto con "il Dio di ogni consolazione" (2 Corinzi 1:3). Dio è così definito in rapporto agli effetti della consolazione. Come dice il Salmista: Egli è buono e fa ciò che è bene", così subito dopo aver detto che Egli è il Dio di ogni consolazione ne consegue: Egli "ci consola in ogni nostra afflizione". Egli è "il Dio di ogni consolazione" in rapporto ad ogni tipo di distretta in cui possano trovarsi per un poco i santi. Allo stesso modo, Egli è il Dio di ogni grazia in rapporto agli effetti particolari che la grazia produce. A questo potremmo aggiungere - per la debita gloria che si deve dare alla libera grazia - che i due non sono commisurati, perché le dispensazioni della Sua grazia sono più vaste delle dispensazioni della Sua consolazione. Dio spesso dà grazia laddove Egli non impartisce consolazione, cosicché si può dire che Egli sia il Dio di ogni grazia in misura più vasta di quanto Egli sia il Dio di ogni consolazione.

Ora, dato che c'è una pienezza, un oceano, delle grazie che Dio impartisce, che cosa ne consegue necessariamente? Questo: in primo luogo che non c'è tentazione in cui possa incorrere un santo che non sia sotto il dominio della libera grazia. Dio ha sempre una grazia pronta ad essere applicata quando la Sua ora giunge. Chiaramente questo implica che Dio ha una grazia adatta da applicarsi specificatamente ogni qual volta sorga un bisogno ed occasione. Non c'è ferita nel cuore per la quale Egli non abbia una benda adatta per fasciarlo quando è necessario. La parola stessa "grazia" è relativa a bisogno ed a tentazione, così "ogni grazia" deve essere correlata ad ogni sorta di necessità. Se vi fosse una qualsiasi carenza possibile nella grazia, qualcosa che Egli non potesse sovvenire, Egli non sarebbe il Dio di ogni grazia. Non è in alcun modo possibile dire che le situazioni difficili in cui possa incorrere il Suo popolo siano più vaste di quanto la grazia di Dio possa provvedere.

Come Dio ha grazie sufficienti e sovrabbondanti per sovvenire alle molteplici necessità del Suo popolo, così Egli è il Dio di ogni grazia nel soccorrere nella misura richiesta da ogni situazione in cui esso si trova, perché queste sono esattamente le circostanze in cui si manifesta la grazia: "Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ottenere misericordia e trovar grazia ed essere soccorsi al momento opportuno" (Ebrei 4:16). Allo stesso modo: "E le parole di questa mia supplica al SIGNORE siano giorno e notte presenti al SIGNORE, nostro Dio, perché egli renda giustizia al suo servo e al suo popolo Israele, giorno per giorno, secondo il bisogno" (1 Re 8:59). Quest'ultimo testo deve essere considerato come tipologia dell'intercessione di Cristo, qui, infatti, Salomone, "principe della pace", rimanda al Principe della pace per eccellenza. Ecco così come il favore di Dio si manifesti al Suo popolo in ogni tempo di bisogno ed in ogni maniera. Se Dio dovesse deludere una volta il Suo popolo e non mantenere fede alle Sue promesse, allora Egli non sarebbe il Dio di ogni grazia, perché è componente principale della grazia di intervenire nel tempo del bisogno più grande.

Il fatto che Egli sia il Dio di ogni grazia in rapporto alla dispensazione della stessa, dimostra come questo titolo non Gli sia assegnato solo potenzialmente, ma che Egli lo sia di fatto. L'essere Dio di ogni grazia non significa che Egli abbia teoricamente in Sé stesso grazia sufficiente per venire incontro ai vari bisogni del Suo popolo, ma Egli viene incontro ai bisogni del Suo popolo sempre. Dio ne da pienamente prova in circostanze di ogni tipo. Nei giorni a venire Egli avrà l'onore di essere non solo il Dio di ogni grazia potenzialmente, ma lo sarà realmente agendo in modo corrispondente, perché sarà allora che Egli pienamente manterrà fede alla parola che dice: "Nessuna tentazione vi ha còlti, che non sia stata umana; però Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze; ma con la tentazione vi darà anche la via d'uscirne, affinché la possiate sopportare" (1 Corinzi 10:13). Il bisogno più grande ed acuto del cristiano sorge dal peccato che dimora in lui, eppure a questo Dio provvede ampiamente, perché: "dove il peccato è abbondato, la grazia è sovrabbondata" (Romani 5:20).

Questa sovrabbondanza di grazia divina è manifestata in modo glorioso quando Dio chiama efficacemente a Sé il Suo popolo. A prova di questo, menzioniamo due eminenti dettagli.

1. In primo luogo, è allora che Dio mostra Sé stesso come Dio di ogni grazia nel perdono che Egli impartisce. Considerate a quale incalcolabile debito noi siamo incorsi peccando! Sin dalla prima infanzia la mente carnale è nemica di Dio: "Questi empi si sono corrotti fin dal grembo materno; questi bugiardi si sono sviati fin dalla nascita" (Salmo 58:3 ND). Sin dall'alba della nostra capacità di ragionare ogni pensiero è stato solo male. Supponi, cristiano lettore, che tu abbia vissuto per 20 o 30 anni prima che Dio ti abbia chiamato efficacemente: durante tutto quel tempo tu non hai fatto alcunché di buono - neanche un solo atto che fosse accettabile al Dio trino; al contrario, tutte le tue vie erano abominevoli ai Suoi occhi. Non ti preoccupava minimamente di avere disonorato gravemente l'essere di Dio, né ti preoccupava la tua condizione. Un giorno, però, ecco - meraviglia delle meraviglie - con un solo atto, in un singolo momento, Dio cancella tutti i tuoi peccati: "Voi, che eravate morti nei peccati e nella incirconcisione della vostra carne, voi, dico, Dio ha vivificati con lui, perdonandoci tutti i nostri peccati" (Colossesi 2:13).

2. In secondo luogo, Dio mostra Sé stesso come il Dio di ogni grazia impartendoti una giustizia perfettamente rispondente ad ogni requisito della Sua santa legge: una giustizia perfetta, la giustizia di Cristo, la quale contiene in sé essa ogni ubbidienza. Quella giustizia, infinitamente meritoria, è stata accreditata sul tuo conto completamente e subito; non a rate, un po' per volta, ma in un solo ed intero dono. "Infatti, se per la trasgressione di uno solo la morte ha regnato a causa di quell'uno, tanto più quelli che ricevono l'abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo di quell'uno che è Gesù Cristo" (Romani 5:17). Senz'alcun dubbio si tratta davvero di "abbondanza di grazia". Quella perfetta giustizia di Cristo è pienamente commisurata con tutti i disegni della grazia nel cuore di Dio verso di te, e tutto questo, nella sua interezza, tu l'hai ricevuto quando Dio ti ha chiamato, così da poter esclamare: "Io mi rallegrerò grandemente nel SIGNORE, l'anima mia esulterà nel mio Dio; poiché egli mi ha rivestito delle vesti della salvezza, mi ha avvolto nel mantello della giustizia, come uno sposo che si adorna di un diadema, come una sposa che si adorna dei suoi gioielli" (Isaia 61:10). Era proprio rendendosi conto di questo che Paolo magnifica la grazia manifestatagli nel momento stesso della sua conversione: "...e la grazia del Signore nostro è sovrabbondata con la fede e con l'amore che è in Cristo Gesù" (1 Timoteo 1:14).

3. In terzo luogo, Dio mostra Sé stesso come il Dio di ogni grazia nel santificarti. Questo include in prima linea l'impartirti lo Spirito Santo, che prende residenza nel tuo cuore, tanto da trasformare il tuo corpo in tempio dello Spirito Santo. Attraverso di Lui tu sei messo a parte e consacrato a Dio. In conseguenza di questo, ti è stata impartita una grazia mortificante, tanto da ferire mortalmente ogni tua empia passione: "Quelli che sono di Cristo hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri" (Galati 5:24). Ti è stata impartita pure una grazia vivificante, per la quale lo spirito è messo in grado di resistere alla carne: "La sua potenza divina ci ha donato tutto ciò che riguarda la vita e la pietà mediante la conoscenza di colui che ci ha chiamati con la propria gloria e virtù" (2 Pietro 1:3). La giustificazione e la santificazione sono inseparabilmente congiunte; come la prima fornisce una condizione di favore inalterabile con Dio, così la seconda assicura quella condizione. E' posto così il fondamento della nostra glorificazione.

Gli eletti sono preservati fino alla fine

Queste inestimabili benedizioni sono la caparra ed il suggello della tua preservazione, poiché: "E ho questa fiducia: che colui che ha cominciato in voi un'opera buona, la condurrà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù" (Filippesi 1:6). Non è in alcun modo questione di esserne degno oppure no, ma è solo questione di grazia divina: "Io ho riconosciuto che tutto quel che Dio fa è per sempre; niente c'è da aggiungervi, niente da togliervi; e che Dio fa così perché gli uomini lo temano" (Eccleasiaste 3:14). E' vero, in te è lasciato ancora il peccato - per rendere ulteriormente umile il tuo cuore - e ancora attive sono le tue passioni, ma con Davide puoi essere pienamente assicurato che: *Il SIGNORE compirà in mio favore l'opera sua;
la tua bontà, SIGNORE, dura per sempre* (Salmo 138:8). E' vero, ancora l'apprezzamento che dimostri per tale meraviglioso favore che ti è stato fatto è del tutto inadeguato e devi confessare a somma tua vergogna, che la tua condotta quotidiana è del tutto indegna di esso; ciononostante, anche quello serve a far apparire in tutto il suo fulgore la grazia stupefacente che deve sopportare una tale ingrata e vile creatura.

Prima di considerare ora alcuni fra gli ostacoli che si suppone si interpongano sulla via del credente affinché sia portato con certezza attraverso le tentazioni verso la gloria eterna, dobbiamo guardarci dal cadere in un possibile equivoco. Non è prerogativa della grazia divina salvare persone che continuino a peccare a loro piacimento, salvarle in forza di una sovranità assoluta in ogni caso. Indubbiamente no: Dio non salva nessuno senza regole ed ancor meno contro le regole. Lo stesso versetto che parla del "Dio di ogni grazia" e che aggiunge "che vi ha chiamato", pure dice di averci rivolto "una santa chiamata ... secondo il suo proposito e la grazia che ci è stata fatta in Cristo Gesù fin dall'eternità" (2 Timoteo 1:9). Senza la santificazione "nessuno vedrà il Signore" (EbreI 12:14). La monarchia della grazia possiede leggi fondamentali, come tutte le monarchie ben regolate. "Il solido fondamento di Dio rimane fermo, portando questo sigillo: «Il Signore conosce quelli che sono suoi»", ma aggiunge subito dopo: «Si ritragga dall'iniquità chiunque pronuncia il nome del Signore" (2 Timoteo 2:19).

Esistono ostacoli che possano frustrare i propositi di Dio?

D'altro canto, affermiamo senza esitazione che le Scritture insegnano come la grazia salvifica di Dio, nel cuore dei rigenerati, sia un principio efficace, onnipotente ed infallibile. Essa, infatti, li mette in grado di osservare quelle regole che sono loro poste come requisito essenziale della salvezza. L'unica cosa che gli Arminiani suppongono frapporsi a tutto questo sarebbe la libera volontà umana - come se Dio avesse fatto una creatura che poi fosse incapace di controllare. Noi non ci vergogniamo di affermare che nella grazia divina vi è una supremazia tale da far sì che Dio impegni tutto Sé stesso per renderla trionfante. Se da una parte la grazia si accorda con la divina giustizia, sapienza e santità nello stabilire regole, d'altro canto la grazia impegna tutti gli altri attributi di Dio nel preservarci, conservando la nostra altrimenti perversa volontà nel raggio di quelle regole e trionfando su ogni opposizione. E' così che Dio può rendere il patto così assoluto: "Farò con loro un patto eterno, che non mi allontanerò più da loro per cessare di far loro del bene; metterò il mio timore nel loro cuore, perché non si allontanino da me" (Geremia 32:40).

Desideriamo ora mettere in rilievo quali siano le argomentazioni di consolazione e di supporto che possono essere tratte da questa grandiosa verità, vale a dire che il Dio di ogni grazia porta il Suo popolo trionfante attraverso ogni tentazione. Avendo iniziato come il Dio di ogni grazia nel giustificarli in questo modo e nel santificarli al momento della loro chiamata efficace, che cosa mai ci potrebbe essere che potrebbe frustrare i Suoi disegni ed impedirgli di condurli alla gloria eterna? Forse è la colpa dei peccati in cui essi incorrono trasgredendo alla Sua legge dopo averli chiamati? Forse è la potenza del peccato che riacquista forza in loro? Se non è questo, allora nient'altro rimane. Dato che entrambe queste cose, a volte, acutamente disturbano la coscienza e la mente dei cristiani, è consigliabile per noi rilevare come in esse non vi sia nulla che possa distogliere il cuore di Dio dai Suoi amati figli. Possa Dio, con la Sua grazia, aiutarci a rendere del tutto chiaro questo fatto.

Si potrebbe pensare che non vi fosse nulla di meglio calcolato per provocare Dio ad interrompere la Sua opera di grazia che la colpa di quei peccati commessi dai cristiani dopo la loro chiamata. Essa, però, non è in grado di farlo. Se Dio li giustifica la prima volta da peccati alti come montagne, e si impegna a continuare ad essere per loro il Dio di ogni grazia dopo averlo fatto, allora sicuramente non fallirà nel perdonare anche i peccati susseguenti. Confrontare la questione come le cose stiano prima e dopo la chiamata. Prima, tu invochi ed ottieni il perdono di Dio di continui peccati commessi per molti anni: erano infatti una tale quantità che non li avresti potuto nemmeno enumerare. Il perdonare, però, i peccati commessi dopo la conversione non è, alla peggio, che un perdono delle tue ricadute, un perdono che segue molti sinceri pentimenti. Se Dio è disposto a perdonare un'intera vita di peccato, non continuerebbe forse a perdonare le ricadute di cui ogni volta il cristiano è sinceramente dispiaciuto, anche se si trattasse di peccati commessi più volte?

"Convertitevi, figliuoli ribelli, dice il Signore; perciocchè io vi ho sposati; ed ancora vi prenderò, uno d'una città, e due l'una famiglia, e vi condurrò in Sion" (Geremia 3:14 Diodati). Israele era stato "sposato" prima a Dio, ma si era allontanato da Lui andando con prostitute. Al momento della sua conversione Dio "si sposa" con il credente ed Egli si dona completamente a lui come il Dio di ogni grazia. Quanto meravigliosa è tale grazia verso la Sua sposa infedele: "Torna, o infedele Israele", dice il SIGNORE; "io non vi mostrerò un viso accigliato, poiché io sono misericordioso", dice il SIGNORE, "e non serbo l'ira per sempre" (Geremia 3:12). Tanto Dio è misericordioso che Egli perdona alle condizioni più basse che si potrebbero immaginare: "Soltanto riconosci la tua iniquità: tu sei stata infedele al SIGNORE, al tuo Dio, sei andata di qua e di là con gli stranieri, sotto ogni albero verdeggiante, e non hai dato ascolto alla mia voce"», dice il SIGNORE" (v. 13). Lo stesso lo si trova in [=Nuova+Riveduta&versioni[]=C.E.I. Isaia 57:17-18] ed [=Nuova+Riveduta&versioni[]=C.E.I. Osea 14:4] dove Egli promette di perdonare le ricadute.

Ora, se il Dio di ogni grazia ci ha tirati su dal fango in cui eravamo quando il nostro cuore era del tutto duro ed impenitente, lo ha spezzato e ci ha perdonato tutti quegli anni di peccati, non continuerà forse a sciogliere il nostro cuore quando incorriamo in ricadute ed a ristabilirci? Poi Egli ha perdonato tutti i tuoi peccati passati, che erano una massa incalcolabile; ora Egli distribuisce il Suo perdono quotidianamente, quando tu umilmente confessi le tue trasgressioni. La Sua fonte di perdono è sempre disponibile: "In quel giorno vi sarà una fonte aperta per la casa di Davide e per gli abitanti di Gerusalemme, per il peccato e per l'impurità" (Zaccaria 13:1). Non confesseresti forse i tuoi peccati implorando il perdono per intercessione di Cristo? Se è così, non lo faresti invano, perché Dio ti perdona non perché tu ti umili e Lo cerchi (come se questo fosse opera tua), eppure è in questo corso che scorre la Sua grazia di perdono.

Non potrebbero, però, replicare quelli che sono stati efficacemente chiamati: "Ahimè, i miei peccati dopo la mia conversione sono stati più grandi e grossolani di quelli che avevo commesso prima". Al che si risponde: In primo luogo, tu potresti essere stato molto giovane al tempo della tua conversione. Da allora, ti sei sviluppato secondo il corso della natura, le passioni pure sono cresciute e tu sei maggiormente consapevole di esse di quanto lo eri allora nella prima gioventù. In secondo luogo, i tuoi peccati possono essere dovuti alle circostanze, anche se questo non li scusa. Vi sono alcuni che peccano in modo peggiore dopo la conversione rispetto a prima: Giobbe e Geremia avevano peccato molto di più durante la loro età avanzata che non durante la gioventù, perché le loro tentazioni erano diventate più intense. In terzo luogo, considera non solo quanto siano orribili tuoi peccati, ma anche il fatto che te ne sei pentito sinceramente - di tutto cuore hai gridato a Dio contro i tuoi peccati - questo Dio non lo ha ignorato - dimostrando Lui ancora di essere "il Dio di ogni grazia".

Un'altra cosa che si potrebbe supporre ostacolare il corso della grazia di Dio iniziato in noi al momento della chiamata efficace, facendo distogliere da noi il cuore di Dio, è la forza e l'infuriare del peccato nel cristiano. Se però Dio all'inizio ci ha santificato come il Dio di ogni grazia, allora questo ci permette di avere una base solida per confermare che, nonostante i rischi con i quali la nostra corruzione residua sembra minacciarci, Egli sicuramente preserverà in noi la grazia nonostante le tentazioni a cui siamo soggetti. Nell'atto di santificarci Dio ha posto nel cuore del cristiano il seme di ogni grazia e disposizione di grazia che gli sarà utile in ogni evenienza: non è forse Dio in grado di prendersi cura del giardino che ha piantato, coltivandolo, nutrendolo e liberandolo dalle erbacce? Ascoltate questa Sua preziosissima promessa: "Io, il SIGNORE, ne sono il guardiano, io la irrigo a ogni istante; la custodisco notte e giorno, affinché nessuno la danneggi" (Isaia 27:3).

"Oppure pensate che la Scrittura dichiari invano che: «Lo Spirito che egli ha fatto abitare in noi ci brama fino alla gelosia»? Anzi, egli ci accorda una grazia maggiore; perciò la Scrittura dice:
«'Dio resiste ai superbi e dà grazia agli umili»" (Giacomo 4:5-6). Questo chiaramente indica come i nostri conflitti più aspri e pericolosi siano contro qualche particolare passione o tentazione, come quella menzionata dall'Apostolo ed alla quale risponde: quella dell'invidia. Quando però un'anima rigenerata è consapevole di questa corruzione e, sotto essa e per essa, si umilia, rammaricandosene di fronte a Dio, questo mostra come una grazia contraria sia all'opera, che si oppone alle attività di quella passione, resistendo a quell'invidia (e all'orgoglio che ne scaturisce). E' così che l'anima rigenerata persegue l'umiltà (la grazia contraria all'orgoglio): è il Signore, il Dio di ogni grazia, che così le accorda "una grazia maggiore".

Molte povere anime, però, replicheranno: "Io temo molto che la mia condizione sia molto peggiore di quanto mai lo fosse prima". Al che si risponde: prendi la peggiore situazione in cui ti sei trovato sin dal momento della conversione, e considera la disposizione che in essa aveva il tuo cuore; poi mettila a confronto con l'umore migliore che tu abbia mai avuto prima della conversione. Onestamente, oseresti tu scambiare quel che senti ora con quello che sentivi allora? Prima della conversione in te non avevi il minimo indizio di santa disposizione di cuore verso Dio, non facevi nulla finalizzato consapevolmente alla gloria di Dio. Dalla conversione in poi, però, tu hai avuto considerazione per Dio (prendi l'intero corso della tua vita cristiana) e cerchi di compiacergli. Davvero, come Davide, dovresti dire: "Io vado errando come pecora smarrita" non come una scrofa [vedi [=Nuova+Riveduta&versioni[]=C.E.I. 2 Pietro 2:22]] e certamente puoi aggiungere: "Cerca il tuo servo, perché io non dimentico i tuoi comandamenti" (Salmo 119:176).

Prima della tua conversione non cercavi mai la presenza di Dio (magari talvolta formalmente), ora però tu spesso gridi a Lui senza simulare. Prima non odiavi veramente il peccato e non perseguivi la santità; ora, però, ti rammarichi di non essere abbastanza quel che dovresti essere. Tu parli delle passioni che ti disturbano, sì, ma prima avevi il diavolo che dimorava in te come se fosse casa sua, in pace, eri suo prigioniero ed eri costretto a fare quel che lui voleva. Ora ti lamenti di non essere abbastanza zelante nell'adempiere ai tuoi doveri spirituali, ma un tempo eri completamente morto, spiritualmente parlando. Può anche darsi che le tue virtù cristiane non brillino come dovrebbero, eppure in te c'è il desiderio di Dio e di Lui hai un santo timore. In te, così, c'è una creatura spirituale vivente che, come una talpa sotto terra, sta facendosi strada per uscire allo scoperto smuovendo il terreno.

Una gloria eterna

Un'ulteriore prova (in 1 Pietro 5:10) che il Dio di ogni grazia ci porterà sicuramente attraverso tutte le nostre sofferenze e tentazioni, trionfando su di esse, fino al Cielo al quale ci ha chiamato, è contenuto nelle parole: "chiamati alla sua gloria eterna". Sebbene oggi noi non si abbia pieno possesso e pieno godimento di questa gloria eterna, Dio ci ha già dato la piena certificazione del diritto che ne abbiamo. Questa "gloria" era la primogenita di tutti i pensieri ed intenzioni di Dio al nostro riguardo, perché era il fine o risultato del Suo disegno di grazia verso di noi. Il Signore Gesù disse: "Non temere, piccolo gregge; perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il regno" (Luca 12:32), ed Egli esclamerà in un giorno a venire: "Venite, voi, i benedetti del Padre mio; ereditate il regno che v'è stato preparato fin dalla fondazione del mondo" (Matteo 25:34). Questo si riferisce al Cielo stesso, dove Dio regna come Re incontrastato.

Ora il cuore di Dio è così determinato a portare il Suo popolo a questa gloria, come Suo primo ed ultimo fine, che, quando la Sua grazia elettiva ci è resa nota al momento della nostra chiamata, è allora ce ne dà pieno diritto. Sebbene Egli attenda per alcuni anni di darci pieno possesso di questa gloria, Egli non sospende mai il titolo che ne abbiamo, perché riceviamo una salvezza completa e non parziale come se attendesse di sapere se ne siamo degni oppure no... Una bella e precisa prefigurazione di questa verità l'abbiamo in 1 Samuele 16:18: "Allora uno dei giovani prese a dire: «Ho visto un figlio di Isai, il betlemmita, che sa sonare; è un uomo forte, valoroso, un guerriero, parla bene, è di bell'aspetto e il SIGNORE è con lui»". Davanti ai suoi fratelli, Dio manda Samuele da Davide quando egli è ancora giovane e lo consacra re, investendolo così di un sicuro diritto al regno di Israele. Non è ancora re, un altro regna al suo posto, ma quest'unzione è il suggello del titolo che a suo tempo sarà sicuramente suo. Per molti anni, infatti, l'incoronazione ufficiale di Davide è ritardata e durante quel tempo egli deve molto soffrire per mano di Saul. Ciononostante, Dio miracolosamente lo preserva fintanto che egli potrà entrare in possesso dell'eredità della quale ha titolo.

Notate però bene come Dio non solo ci chiami alla Sua gloria, ma alla Sua "eterna gloria". Con questo egli intende dire che "eterna" non è semplicemente una sorta di aggiunta, ma che la nostra chiamata e condizione è l'eternità di quella gloria, non solo la gloria in quanto tale. Questo implica due cose. In primo luogo, chi è chiamato da Dio vede la sua anima riempita di una vita spirituale o gloria dal carattere eterno - notate, infatti, come l'immagine di Cristo operata nel credente in questa vita sia definita gloria in 2 Corinzi 3:18: "E noi tutti, a viso scoperto, contemplando come in uno specchio la gloria del Signore, siamo trasformati nella sua stessa immagine, di gloria in gloria, secondo l'azione del Signore, che è lo Spirito". Questa gloria di vita spirituale nel cristiano è indistruttibile: "Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà" (Giovanni 11:25). In secondo luogo, essa implica che quando una persona è chiamata, questa diviene legalmente titolare del diritto ad una gloria eterna - non solo un diritto presente alla gloria, ma il diritto ad una gloria eterna: "...affinché, giustificati dalla sua grazia, diventassimo, in speranza, eredi della vita eterna" (Tito 3:7).

In Cristo

C'è un ultima frase in 1 Pietro 5:10 che rimane da essere considerata: "in Cristo", o "in Cristo Gesù" (ND). Così come fa Dio Padre, Gesù Cristo ci dà sicurezza confermando la fede del credente che egli sarà positivamente rafforzato e messo in grado di perseverare. Dio è il Dio di ogni grazia verso di noi in Cristo Gesù: tutti i Suoi atti di grazia verso di noi sono in Lui e per mezzo di Lui: Egli fin dal principio ci ha eletto e poi amato solo in considerazione di Gesù Cristo. Avendo Iddio stabilito Cristo come Mediatore, o meglio, come fondamento della Sua grazia, questo è base sicurissima per essere certi che Egli continuerà ad esserlo verso di noi. Ogni proposito di grazia di Dio è stato fatto in Cristo, e tutte le Sue promesse sono stabilite e realizzate in ed attraverso di Lui.

Sono due le persone impegnate alla preservazione dei santi fino alla gloria: Dio il Padre e Gesù Cristo. Abbiamo visto quale conferma alla nostra fede possa avere il fatto che Dio Padre abbia operato per noi in Cristo. Ugualmente forte e pieno è ciò che Cristo ha compiuto per noi. Il fatto di rendere la nostra salvezza sicura e costante contro ogni opposizione è direttamente fondato su di Lui ed affidato a Lui. Al riguardo di Gesù Cristo il Padre dice: "Ecco, io son quel che ho posta in Sion una pietra, una pietra a prova, pietra di cantone preziosa, un fondamento ben fondato; chi crederà non si smarrirà" (Isaia 28:16 Diodati) o, come spiega l'Apostolo: "chiunque crede in essa non resterà confuso" (1 Pietro 2:6). Noi siamo "i chiamati da Gesù Cristo" (Romani 1:6). Noi abbiamo "la vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore" (Romani 6:23). "Or Colui che con voi ci rende fermi in Cristo e che ci ha unti, è Dio" (2 Corinzi 1:21).

Non ci rimane che poco spazio per considerare una debita contemplazione della persona di Cristo, il Suo rapporto con noi, l'ufficio che per noi Egli svolge: tutto questo ci infonde la sicurezza che saremo divinamente rafforzati per perseverare sino alla fine. Possiamo così menzionare solo pochi dettagli.

1. In primo luogo la Sua opera redentrice. Essa è di un tale infinito valore che non solo ci ha acquistato la nostra prima chiamata alla grazia ([=Nuova+Riveduta&versioni[]=C.E.I. Romani 5:2]), ma anche la nostra perseveranza in tale grazia. Cristo ha acquistato meritoriamente la capacità di trionfare su tutte le nostre tentazioni: per questo può soccorrerci e renderci stabili fino alla fine. Cristo, infatti, "ha dato se stesso per i nostri peccati, per sottrarci al presente secolo malvagio, secondo la volontà del nostro Dio e Padre" (Galati 1:4), come pure: "Egli ha dato se stesso per noi per riscattarci da ogni iniquità e purificarsi un popolo che gli appartenga, zelante nelle opere buone" (Tito 2:14). Il Suo prezioso sangue agli occhi di Dio conserva infinito valore: nessuna delle Sue pecore andrà perduta.

2. In secondo luogo, la Sua tenera compassione: "Infatti, poiché egli stesso ha sofferto la tentazione, può venire in aiuto di quelli che sono tentati" (Ebrei 2:18). Nel versetto precedente è dichiarato come Egli sia "un misericordioso sommo sacerdote" che ha compassione di noi: è così che Gli sta a cuore ed è disposto a venire in soccorso del Suo popolo. Al versetto 18 si aggiunge che Egli è in grado di farlo. Notate, il versetto non dice che Egli sia in grado di farlo in forza del Suo personale potere in quanto Dio, ma c'è un'ulteriore capacità acquisita in quanto Egli è pure uomo. Egli era stato reso uomo fragile, soggetto alle tentazioni, e le dolorose esperienze attraverso le quali passa nei giorni della Sua umiliazione impegna il Suo cuore ad avere compassione di noi quando siamo nella distretta. E' proprio per questa tenerezza acquisita che Egli è in grado di soccorrerci nelle tentazioni.

3. In terzo luogo, la Sua intercessione: "Se infatti, mentre eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio mediante la morte del Figlio suo, tanto più ora, che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita" (Romani 5:10), cioè per la Sua vita per noi in Cielo. "Perciò egli può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio, dal momento che vive sempre per intercedere per loro" (Ebrei 7:25). Se dunque tu sei venuto a Dio tramite Lui, l'intercessione di Cristo assicura al massimo grado la tua salvezza. E' proprio perché tu sei nel Suo cuore che Egli ti porta nelle Sue preghiere. Una volta che Cristo ti porta nelle Sue preghiere, Egli non ce ne lascerà mai fuori, ma trionferà per noi, qualunque sia il nostro caso e in qualunque situazione noi si cada: "Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate; e se qualcuno ha peccato, noi abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto" (1 Giovanni 2:1). Chiara prova di questo è fornita dal caso di Pietro. Un uomo può essere estromesso dalle preghiere di un santo, come Saul era stato estromesso da quelle di Samuele, ma nessuno mai sarà estromesso dalle preghiere di Cristo, una volta che Egli ci abbia accolto in esse. Le Sue preghiere trionferanno per impedirti di cadere in quei peccati che Dio non perdonerebbe.

4. In quarto luogo, come Cristo è coinvolto nella gloria alla quale siamo chiamati, così noi siamo coinvolti nella gloria di Cristo, perché le due cose sono una cosa sola. "Fedele è Dio, dal quale siete stati chiamati alla comunione del Figlio suo Gesù Cristo, nostro Signore" (1 Corinzi 1:9), cioè essere partecipi delle stesse cose (nella misura che ci compete) delle stesse cose alle quali Egli partecipa: "Perché se siamo stati totalmente uniti a lui in una morte simile alla sua, lo saremo anche in una risurrezione simile alla sua" (Romani 6:5). L'Apostolo dichiara che Dio: "A questo egli vi ha pure chiamati per mezzo del nostro vangelo, affinché otteniate la gloria del Signore nostro Gesù Cristo" (2 Tessalonicesi 2:14). E' la gloria stessa di Cristo - la ricompensa della meravigliosa opera attraverso la quale Egli ha così in modo così splendido magnificato il Padre - quella nella quale il Suo popolo è introdotto, perché nulla di meno di questo soddisferebbe il cuore di Cristo: "Padre, io voglio che dove sono io, siano con me anche quelli che tu mi hai dati, affinché vedano la mia gloria che tu mi hai data; poiché mi hai amato prima della fondazione del mondo" (Giovanni 17:24).

Ecco così come l'elezione segreta di Dio nell'eternità passata si manifesti apertamente al Suo popolo nella dimensione del nostro tempo: attraverso una chiamata soprannaturale e miracolosamente portandoli attraverso un mondo che è loro tanto ostile quanto la fornace di Babilonia lo era per il corpo di quei tre ebrei che vi erano stati gettati.