Letteratura/Grazia che abbonda/04

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Indice generale

GRAZIA CHE ABBONDA AL PRIMO DEI PECCATORI (di John Bunyan, 1666)

Capitoli: 01 - 02 - 03 - 04 - 05 - 06 - 07 - 08 - 09 - 10 - 11 - 12

 

Il contatto con la comunità di Bedford e con i Ranters. Il dubbio angoscioso circa la salvezza

37) Ma un giorno, la buona provvidenza divina mi mandò a Bedford, per preparare la mia vocazione; e in una delle strade di quella città, trovai tre o quattro povere donne sedute al sole su una soglia, che parlavano di cose divine; ed essendo io desideroso di sentirle parlare, mi avvicinai per capire quello che dicevano, poiché anch'io ero diventato un vivace conversatore di cose religiose: ma ora posso dire che udii, ma non compresi; esse erano molto al di sopra delle mie possibilità, poiché la loro conversazione verteva su una nuova nascita, l'azione di Dio sui loro cuori, ed inoltre su come potevano essere convinte della loro triste condizione naturale: esse dicevano come Dio avesse visitato la loro anima con il suo amore nel Signore Gesù, se con quali parole e promesse erano state rinvigorite, confortate e sostenute contro le tentazioni del demonio; inoltre esse ragionavano delle suggestioni e delle tentazioni di Satana in particolare, e si raccontavano a vicenda da quali di esse fossero state tormentate, e come si fossero difese contro gli attacchi del demonio: ed ancora discorrevano della loro pochezza di cuore, della loro miscredenza, e condannavano, disprezza­vano ed aborrivano la loro stessa rettitudine, come una cosa impura e insufficiente a recar loro del bene.

38) Mi sembrava che parlassero come se la gioia le facesse parlare: parlavano con la piacevolezza pro­pria del linguaggio delle Scritture, e con una tale sembianza di grazia in tutto quello che dicevano, che apparivano ai miei occhi come se avessero trovato un nuovo mondo, come se fosse gente che dimora da sola e non sia contata nel numero delle nazioni (Nu. 23:9).

39) Allora sentii che il mio cuore incominciava a tremare, sospettando che la mia posizione fosse incon­sistente; infatti vedevo che in tutti i miei pensieri sulla religione e sulla salvezza, la nuova nascita non entrava mai, e neppure conoscevo il conforto del Verbo e della Promessa, né la falsità e la slealtà del mio cuore impuro. Quanto ai pensieri segreti, non li av­vertivo; e neppure capivo che cosa fossero le tenta­zioni di Satana, né come si dovesse resistere ed opporsi ad esse, ecc.

40) Perciò, quando ebbi udito e considerato ciò che quelle donne dicevano, le lasciai e ritornai alle mie occupazioni; ma la loro conversazione mi accom­pagnò, e il mio cuore vi indugiò, poiché fui molto colpito dalle loro parole, sia perché mi convinsero che mi mancavano le vere caratteristiche di un uomo realmente pio, ed anche perché mi persuasero della felice e benedetta condizione di chi lo è veramente.

41) Perciò presi l'abitudine di frequentare sem­pre più la compagnia di questa povera gente, non potendo restarne lontano; e più andavo in mezzo a loro, più mettevo in discussione la mia posizione; e, come ricordo ancora, subito trovai due cose in me, che qualche volta mi sorprendevano (specialmente se consideravo che persona spregevole, cieca, ignorante, sordida ed empia ero prima): una era una gran mitez­za e tenerezza di cuore, che mi faceva subito con­vincere di quello che quelle persone dicevano secondo le Scritture; e l'altra era una forte tendenza della mia mente a meditare continuamente su queste e su tutte le altre buone cose che in qualunque mo­mento avessi letto o udito.

42) Ora la mia mente era così presa da queste cose, che era come una sanguisuga attaccata alla vena, che continuava ad esclamare «Dammi, dammi» (Pr. 30:15). Sì, era così fissa sull'eternità e sulle cose che riguardavano il regno dei Cieli, per quel poco che ne sapevo, che né i vantaggi, né le persua­sioni, né le minacce potevano allentarla, o farle la­sciare la presa: e sebbene lo dica con vergogna, tut­tavia c'è una certa verità nel fatto che allora sarebbe stato altrettanto difficile per me spostare la mia mente dal cielo alla terra, quanto spesso ho trovato difficile da allora riportarla dalla terra al cielo.

43) Una cosa non posso tralasciare: c'era un gio­vane nella nostra città, al quale prima il mio cuore era legato più che a chiunque altro; ma poiché era una creatura oltremodo malvagia, in quanto spergiurava, bestemmiava e frequentava donne di malaffare, lo allontanai da me e abbandonai la sua compagnia; ma circa tre mesi dopo che lo avevo lasciato, lo incon­trai in un vicolo e gli chiesi come stava; ed egli mi rispose che stava bene secondo il suo antico costume (li sciagurato bestemmiatore. «Ma Harry, dissi io, perché imprechi e bestemmi così? Che cosa ne sarà di te, se morrai in questa condizione?». Ed egli mi rispose tutto stizzito : «Come farebbe il demonio a procurarsi compagnia se non fosse per quelli come me?».

44) In quel periodo mi imbattei in alcuni libri di Ranters (n1) opera di certi nostri compatrioti; e questi libri gode­vano anche della stima di parecchi vecchi uomini di fede. Io ne lessi alcuni, ma non fui in grado di dare un giudizio su di essi; perciò, mentre li leggevo e meditavo, sentendomi incapace di giudicare, ero solito pregare con calore in questo modo: «O Si­gnore, io sono uno sciocco, incapace di distinguere la verità dall'errore; Signore, non mi abbandonare alla mia cecità, ad approvare questa dottrina o a con­dannarla; se è dottrina di Dio, fa che io non la di­sprezzi; se è del demonio, fa che io non l'abbracci. Perciò, o Signore, io prostro la mia anima ai tuoi piedi; fa che io non sia tratto in inganno, ti supplico umilmente ».

Per tutto quel periodo, io avevo avuto un intimo compagno di religione, il povero uomo di cui ho par­lato prima; ma a questo punto anch'egli diventò un diabolico « Ranter », e si abbandonò a tutti i generi di sozzura, specialmente all'impudicizia; ed inoltre negava che ci fosse un Dio, Angelo o Spirito, e rideva di tutte le esortazioni alla sobrietà. Quando io mi davo da fare a rimproverargli la sua malvagità, rideva ancora di più, e pretendeva di essere passato attraverso tutte le Religioni, e, fino a quel momento, di non essersi imbattuto in quella giusta; mi disse anche che in poco tempo avrei visto tutti gli uomini di fede passare ai sistemi dei «Ranters»; perciò, aborrendo questi maledetti principi, lasciai imme­diatamente la sua compagnia, e gli diventai tanto estraneo quanto prima gli ero stato familiare.

45) E non solo quest'uomo costituiva una ten­tazione per me, ma poiché il mio mestiere mi tratte­neva in quel posto, mi accadeva di frequentare la compagnia di molte persone le quali, sebbene prima praticassero strettamente la religione, erano state travolte da quegli esaltati. Inoltre essi mi parlavano dei loro metodi, e mi accusavano di legalismo e di ottusità, proclamando che solo essi erano pervenuti alla perfezione, che consentiva loro di fare ciò che volevano senza peccare. Queste tentazioni avevano una forte presa su di me, essendo io un giovane nel fìore degli anni; ma Dio che, come spero, mi aveva destinato a cose migliori, mi mantenne nel timore del suo nome, e non mi permise di accettare quegli empi principi. E benedetto sia Dio che mi inculcò ciel cuore il desiderio di implorarlo per essere governato ed indirizzato, diffidando ancora della mia sag­gezza; infatti da allora io ho visto proprio gli effetti di quella preghiera, nel fatto che egli mi ha protetto non solo dagli errori che potevano derivare dal mio contatto con quei predicatori, ma anche da quelli elle comparvero in seguito. La Bibbia mi fu preziosa i o quei giorni.

46) Ed allora mi sembrò di incominciare a considerare la Bibbia con occhi nuovi, ed a leggerla come non avevo mai fatto prima: specialmente le Epistole (dell'Apostolo san Paolo mi erano dolci e piacevoli. Veramente a quel tempo ero sempre immerso nella Bibbia, o con la lettura o con la meditazione, e continuavo ad implorare Dio che mi facesse conoscere la verità e la via verso il cielo e la gloria.

47) E continuando a leggere, mi imbattei in quel passo che dice: « Infatti dallo Spirito a uno viene flato il linguaggio della sapienza; ad un altro il lin­guaggio della scienza, però secondo il medesimo Spirito; ad un altro la fede, ecc.» (1 Cr. 12). E sebbene, come ho constatato in seguito, con queste parole lo Spirito Santo intenda specialmente cose straordi­narie, pure si formò allora in me la convinzione che volevo cose ordinarie, quella conoscenza e sapienza die gli altri cristiani possedevano. Su queste parole io meditavo senza sapere che cosa fare: specialmente la parola fede mi faceva pensare, perché non potevo fare a meno di domandarmi se avevo o non avevo fede; infatti temevo di essere escluso da tutte le bene­dizioni che altre buone persone avevano ricevuto da Dio. Eppure ero restio a concludere che non avevo fede nell'anima, poiché pensavo che, se fosse stato così, avrei dovuto considerarmi davvero un reprobo.

48) No, dicevo a me stesso, sebbene io sia con­vinto di essere un ubriacone ignorante, e desideri quei doni benedetti di sapienza e conoscenza che altre buone persone possiedono, pure oserò concludere che non sono del tutto privo di fede, sebbene non sappia che cosa sia la fede. Infatti mi era stato mo­strato, e per di più da Satana (come da allora ho po­tuto constatare) che quelli che concludono di non aver fede non hanno né riposo né pace nell'anima; ed io ero restio a cedere del tutto alla disperazione.

49) Perciò, sotto questa impressione, per un po' ebbi timore di constatare la mia mancanza di fede; ma Dio non permise che io rovinassi e distruggessi in questo modo la mia anima: continuamente, anche contro qualche mia cieca e triste conclusione, faceva nascere in me congetture tali da non lasciarmi sod­disfatto finché non pervenni ad una certa consape­volezza sull'esistenza o meno della mia fede; inoltre la mia mente era continuamente percorsa da questo pensiero: « E se davvero ti manca la fede? Come puoi dire di possederla?». Ed ero assolutamente certo che se non l'avessi posseduta sarei caduto in rovina per sempre.

50) cosìcché, dopo aver tentato di esaminare la questione della fede, in breve tempo mi trovai dispo­sto a mettermi alla prova, per vedere se avevo fede o no. Ma ahimé, povero infelice! Ero così ignorante e rozzo che fino a quel giorno non avrei saputo come realizzare questo proposito, né come condurre a termine il raro e strano capolavoro, che mai prima d'allora avevo preso in considerazione.

51) Perciò, mentre stavo così riflettendo abban­donato a me stesso (poiché dovete sapere che fino a quel momento non avevo aperto il mio cuore a nes­suno, ma mi ero limitato ad ascoltare ed a riflettere), il tentatore sopraggiunse con questo inganno: che non c'era modo per me di sapere se avevo fede, se non tentando di operare qualche miracolo; e por­tava ad esempio quelle Sacre Scritture che sembrano sostenere questa tesi, per rafforzare la sua tentazione. Ed un giorno, mentre mi trovavo fra Elstow e Bedford, ebbi fortissima la tentazione di provare se avevo fede facendo qualche miracolo : e precisamente dovevo dire alle pozzanghere del sentiero «Prosciugatevi», e alle parti asciutte « Diventate pozzanghere»; e vera­mente stavo per pronunciare quelle parole, ma pro­prio mentre mi accingevo a parlare, mi venne alla mente questo pensiero: «Va sotto quella siepe, e prima prega Dio che ti faccia capace»; ma quando ebbi concluso la preghiera, fui afferrato con violenza da quest'altro pensiero: se prima pregavo, e poi tor­navo a tentare di fare il miracolo, e nonostante non riuscivo a nulla, allora senza dubbio non avevo fede, ma ero reprobo e perduto; allora, pensai, se è così, non proverò ancora, ma aspetterò.

52) Così continuai a non saper cosa fare; infatti pensavo che se possedevano la fede solo quelli che potevano fare cose tanto straordinarie, allora dovevo concludere che, per il momento, né la possedevo, né era probabile che ne venissi in possesso in seguito in tal modo ero sballottato fra il diavolo e la mia stessa ignoranza, ed ero così perplesso, specialmente in certi momenti, che non sapevo che cosa fare.

53) A quel tempo, la condizione e la felicità di quella povera gente di Bedford mi furono così rappresentate, come una specie di visione: li vidi come se fossero stati sulla pendice soleggiata di un'alta montagna, che si ristoravano ai dolci raggi del sole, mentre io rabbrividivo, rattrappito dal freddo e tormentato dal gelo, dalla neve e dalle nere nubi; mi parve inoltre di vedere tra me e loro un muro che girava attorno alla montagna; ora la mia anima desiderava ardentemente di passare attraverso quel muro, tanto che concludevo che, se ci fossi riuscito, sarei andato proprio in mezzo a loro, a confortarmi al calore del loro sole.
54) Decisi di percorrere questo muro più e più volte, sempre cercando di trovare una via o un pas­saggio attraverso il quale io potessi penetrare, ma per un po' non ne trovai; alla fine scorsi una stretta breccia, come una piccola entrata nel muro, attra­verso la quale io tentai di passare; ma poiché il pas­saggio era molto angusto, feci parecchi tentativi per superarlo, ma sempre invano, fino ad essere quasi sopraffatto dallo sforzo; finalmente, con grande fa­tica, mi parve di riuscire a far penetrare la testa, e dopo, strisciando di fianco, le spalle e tutto il corpo; allora fui immensamente felice, e andai a sedermi in mezzo a loro, e fui confortato dalla luce e dal calore del loro sole.

55) Ora, la montagna, il muro e tutto il resto furono da me interpretati in questo modo: la mon­tagna significava la Chiesa del Dio vivente; il sole che su di essa brillava, lo splendore consolatore del suo volto misericordioso su quelli che vi si trovavano; il muro, io pensai che fosse il Verbo che costituiva una separazione fra i cristiani e il mondo; e la breccia che era in questo muro pensai che fosse Gesù Cristo, che è la via per giungere a Dio Padre (Gv. 14:6 - Mt. 7:14). Ma il fatto che il passaggio fosse straor­dinariamente stretto, talmente stretto che io potevo penetrarvi solo con grande difficoltà, mi indicava che nessuno poteva accedere alla vita che non fosse assolutamente onesto, e che non lasciasse questo inondo corrotto dietro di sé; poiché qui c'era solo posto per il corpo e l'anima, ma non per il corpo, l'anima e il peccato.

56) Questa visione dimorò nel mio spirito molti giorni, e per tutto quel tempo mi sentii triste e abbandonato, ma anche incitato da un ardente desiderio ad essere uno fra quelli che sedevano al sole; e pre­gavo, dovunque mi trovassi, a casa o fuori, al chiuso oo all'aperto; e spesso, con uno slancio del cuore, cantavo quel Salmo tra i primi cinquanta che dice: «O Signore, considera la mia pena»: infatti non sapevo ancora dove fossi.

57) E neppure, fino a. quel momento, potevo pervenire alla confortante persuasione di aver fede in Cristo; ed invece di trovare una risposta soddisfa­cente, incominciavo proprio allora a constatare che la mia anima era assalita da nuovi dubbi sulla mia felicità futura, specialmente da questi: ero o non ero un eletto? E se il giorno della grazia fosse ormai (definitivamente passato ?
58) Ero molto tormentato e turbato da queste due tentazioni, talvolta da una, talvolta dall'altra. Quanto al mio dubbio se io fossi o no un eletto, scopril a quel tempo che, sebbene fossi tutto proteso a Trovare la strada per il Cielo e la gloria, e sebbene nulla potesse distogliermi da questo, tuttavia questo Interrogativo mi turbava e mi scoraggiava talmente, che mi sentivo talvolta come se tutta la forza del mio corpo fosse stata spazzata via dalla potenza di questo dubbio. Anche queste parole della Bibbia sembrava due calpestassero tutti i miei desideri: «Dunque non dipende da colui che vuole, né da colui che corre, u ui da Dio che usa misericordia» (Rom. 9.16).

59) In base a queste parole, io non sapevo cosa fare; infatti vedevo chiaramente che, a meno che il gran Dio nella sua infinita grazia e generosità non mi avesse scelto per essere un vaso di misericordia, per quanto io potessi desiderarlo ardentemente e lottassi fino a spezzarmi il cuore, non avrei ottenuto nessun risultato. Perciò questo pensiero non mi ab­bandonava: «Come puoi dire di essere un eletto? E se non lo fossi?».

60) 0 Signore, pensavo, e se non lo fossi davvero? «Può darsi che tu non lo sia», diceva il Tentatore; potrebbe essere davvero così, pensavo io. «Ebbene» diceva Satana, «faresti meglio a rinunciare, e a non lottare più; infatti, se davvero non sei eletto e scelto da Dio, non hai possibilità di essere salvato: poiché non dipende da colui che vuole, né da colui che corre, ma da Dio che usa misericordia ».

61) Per queste ragioni ero fortemente perplesso, non sapendo cosa dire o come reagire a queste ten­tazioni (veramente non credevo molto che Satana mi avesse aggredito, ma piuttosto che fosse la mia stessa prudenza a porre questi interrogativi); infatti solamente l'eletto si procurava la vita eterna, cosa della quale ero convinto senza perplessità; ma che io fossi uno di loro, ecco in che cosa consisteva tutto il problema.

62) Così, per parecchi giorni, mi sentii aggredito e molto turbato, e spesso, mentre camminavo, ero sul punto di cadere per la debolezza che mi assa­liva; ma un giorno, dopo che da molte settimane ero oppresso e smarrito, mentre ormai stavo per rinun­ciare a tutte le mie speranze di conquistare la vera vita, questa frase si abbatté con vigore sul mio spi­rito: «Guarda alle generazioni passate, e vedi se mai qualcuno abbia creduto in Dio, e sia stato sconvolto!».
63) Questo alleggerì e incoraggiò enormemente la mia anima, poiché in quello stesso istante mi fu spie­gato: "Incomincia dall'inizio della Genesi e leggi fino alla fine dell'Apocalisse, e vedi se puoi trovare mai qualcuno che abbia creduto nel Signore, e sia stato sconvolto».

Così, ritornato a casa, andai subito a prendere (n mia Bibbia per vedere se potevo trovare quel passo, non dubitando che l'avrei trovato subito, perché era così singolare e esercitava tanta forza e conforto sul mio spirito, che mi sembrava che si rivolgesse a me.

64) Ebbene, lo cercai ma non lo trovai : dimorava semplicemente dentro di me; allora chiesi prima' ad un pio uomo, poi ad un altro, se sapevano dove si trovasse, ma essi non lo sapevano. Mi meravigliai che una tale frase, così all'improvviso, e con tanta forza consolatrice, si fosse impossessata del mio cuore, eppure nessuno sapeva trovarla (poiché io non dubitavo che si trovasse nelle Sacre Scritture).

65) Continuai così per un anno, senza poterla trovare; infine, gettando lo sguardo sui libri apocrifi, In trovai nell'Ecclesiaste (2:10). Questo dapprima mi scoraggiò; ma poiché nel frattempo avevo acquistato maggiore esperienza dell'amore e della gentilezza di Dio, ne fui meno turbato; specialmente quando considerai che, sebbene non si trovasse in quei testi che noi chiamiamo sacri e canonici, tuttavia, in quanto questa citazione era la somma e la sostanza di molte promesse, era mio dovere prendere conforto da essa; il io benedico Dio per quelle parole, poiché erano Parole di Dio rivolte a me: esse talvolta risplendono ancora davanti a me.

66) Dopo di questo, quell'altro dubbio mi afferrò con forza: «E se il giorno della grazia fosse ormai trascorso? E se tu avessi ormai superato il tempo della misericordia?». Ora ricordo che un giorno, mentre passeggiavo in campagna, pensavo fortemente a questo : « E se il giorno della grazia fosse trascorso?» ed ad aggravare il mio turbamento, il tentatore mi presentò alla mente quelle pie persone di Bedford, mi suggerì che, essendo già convertiti, essi erano tutti quelli che Dio voleva salvare in quei luoghi, che io ero arrivato troppo tardi, poiché essi avevano ottenuto la benedizione prima che io arrivassi.

67) Ora io ero in grande angustia, pensando dav­vero che così potesse essere; perciò andavo su e giù, lamentando la mia triste condizione, considerandomi assai peggio di mille sciocchi, per essere stato lontano così a lungo, e per aver trascorso così tanti anni nel peccato; e continuavo ad esclamare: «oh, se avessi cambiato vita prima, almeno sette anni fa! »; ed inol­tre mi adiravo con me stesso al pensiero che mi restava solo la forza di buttar via il mio tempo nell'attesa di perdere il Cielo e la mia anima.
68) Ma dopo essere stato a lungo torturato da questo timore, tanto che a mala pena riuscivo a fare ancora un passo, circa nello stesso posto dove avevo ricevuto l'altro incoraggiamento, irruppero nella mia mente queste parole: «C'è ancora posto; forzali a venire, affinché la mia casa sia piena» (Lc. 14:22,23). Queste parole, e specialmente «c'è ancora posto », suonarono dolci alle mie orecchie : infatti da esse apprendevo che c'era abbastanza spazio in Cielo per me; e, inoltre, pensai che quando il Signore Gesù aveva pronunciato queste parole aveva pensato a me: egli, sapendo che sarebbe venuto il giorno in cui io sarei stato tormentato dal timore che non ci fosse più posto nel suo cuore per me, pronunciò in anti­cipo queste parole e le lasciò tramandate, affinché potessi trovare in esse aiuto contro questa vile tenta­zione. Questo allora io credetti veramente.

69) Alla luce e con il conforto di queste parole, proseguii per un po'; e la mia consolazione aumen­tava quando pensavo che il Signore Gesù avesse pensato a me tanto tempo fa, e che avesse pronunciato quelle parole per amore mio: infatti io allora credevo veramente che egli le avesse pronunciate proprio perché io da esse potessi trarre coraggio.

70) Ma non ero del tutto liberato dalle tentazioni di tornare indietro, che mi provenivano sia da Satana, che dal mio stesso cuore e dalle mie conoscenze ter­rene; ma, grazie a Dio, esse erano superate dal quel profondo senso della morte e del giorno del giudizio, elle dimorava stabilmente in me. Inoltre pensavo spesso a Nabucodonosor, del quale è detto: «Egli gli aveva dato tutti i regni della terra» (Da. 5:18,19). Eppure, pensavo, anche se questo grande uomo possedeva una così gran parte dei beni del mondo, sarebbe bastata un'ora di fuoco infernale per fargli dimenticare tutto. E questa considerazione mi era di grande aiuto.

71) A quel tempo fui portato anche a leggere qualcosa sugli animali, che Mosè aveva classificato i n puri ed impuri. Io pensavo che questi animali erano i diversi tipi di uomini: quelli puri costituivano il popolo di Dio; gli impuri i figli del maligno. Ora leggevo che gli animali puri ruminavano: cioè, pensavo, essi ci mostrano che dobbiamo nutrirci del Verbo divino; essi inoltre avevano gli zoccoli fessi, ed io pensavo che ciò significasse che, se vogliamo essere salvati, dobbiamo divergere dal cammino degli nomini empi. Ed inoltre, continuando a leggere su il lesto argomento, trovai che, sebbene noi ruminassimo come la lepre, tuttavia, se camminavamo con zampe unghiate come il cane, o con gli zoccoli fissi come il maiale, e non ruminavamo come la pecora, non eravamo altro che impuri; infatti, pensavo che la lepre facesse parte di quei tipi che parlano del Verbo, ma camminano sulle strade del peccato; e che il maiale fosse come colui che rinuncia alla cor­ruzione esteriore, ma è ancora privo della parola di fede, senza la quale non ci può essere salvez­za: che nessuno sia mai devoto in questo modo (De. 14).

Dopo di ciò, io trovai, leggendo il Verbo divino, che quelli che devono essere glorificati con Cristo in un altro mondo « devono essere da lui chiamati in questo». Chiamati a dividere una parte del sua Parola e della sua giustizia, e a partecipare ai conforti e alle primizie del suo Spirito, e ad un particolare interesse per tutte quelle cose celesti che veramente preparano l'anima per quel riposo e dimora di gloria che sta su nei Cieli.

72) Di nuovo mi trovai ad una battuta d'arresto, non sapendo cosa fare, per il timore di non essere stato chiamato; infatti pensavo che, se non ero chiamato, non c'era nulla che mi potesse recar bene. Nessuno, se non chi è veramente chiamato, eredita il regno dei Cieli. Ma come amavo ora quelle parole che parlavano di vocazione cristiana; come quando il Signore disse a uno : «Seguimi » e ad un altro « Vieni dietro di me »; ed io pensavo: « Se egli mi dicesse così, quanto volentieri correrei appresso a lui!».

73) Non so esprimere con quanto desiderio e tormento dell'anima gridassi a Cristo di chiamarmi. Così continuai per un certo periodo ad ardere dal desiderio di essere convertito a Gesù Cristo; e vedevo allora una tale gloria nella conversione, che non potevo essere soddisfatto se non ne partecipavo anch'io. Oro! Se ciò avesse potuto essere acquistato con l'oro, che cosa non avrei pagato ! Se avessi posseduto il mondo intero, diecimila volte lo avrei dato in cambio della conversione della mia anima.
74) Com'era attraente ai miei occhi chiunque, homo o donna, che io pensavo che fosse convertito! Issi risplendevano, essi camminavano come se recassero con sé l'ampio sigillo del Cielo. Oh, vedevo tiene quale buona sorte era toccata loro, che bella eredità avevano ricevuto (Sl. 16).

Ma quello che mi faceva star male, era ciò che Marco diceva di Cristo: «Egli salì su una montagna, e chiamò presso di sé quelli che voleva; ed essi si avvicinarono a lui » (Mr. 3:13).

Questa citazione mi faceva venir meno dal timore, eppure accendeva il fuoco nell'anima mia. Quello tue mi faceva temere era il pensiero che Cristo non avesse simpatia per me, poiché chiamava «quelli che voleva». Ma la gloria che io vedevo in quella Condizione continuava ad impegnare talmente il mio cuore, che non appena leggevo di qualcuno che Cristo aveva chiamato, subito desideravo di essere al suo posto, di esser nato Pietro, di esser nato Giovanni, o di esser stato vicino e averlo udito quando li chiamò; allora come avrei gridato: «Oh Signore, chiama anche me!». Ma come temevo che non mi avrebbe chiamato!


(n1) Ranters, nome dato agli aderenti di un movimento antinomista sorto in Inghilterra al tempo del Commonwealth e del Protettorato (1649–59). Il suo insegnamento principale era panteista, cioè che Dio sia presente nella natura. I Ranters facevano appello all'esperienza interiore di Gesù e negavano l'autorità della Bibbia. Erano accusati di promuovere l'immoralità e il Parlamento emise una legge per sopprimerli vigurosamente. Spesso sono confusi con i Quaccheri. Nel 19mo secolo, i Metodisti primitivi sono spesso chiamati Ranters.