Letteratura/Istituzione/1-08

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Indice generale

Istituzioni della religione cristiana (Calvino)

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CAPITOLO VIII

LE PROVE RECATE DALLA RAGIONE UMANA SONO SUFFICIENTI A RENDERE LA SCRITTURA INDUBITABILE

1. Senza questa certezza più profonda e più solida di ogni giudizio umano, inutilmente l'autorità della Scrittura sarà provata da argomentazioni, invano sarà stabilita dal consenso della Chiesa o confermata da altre ragioni. Se questo fondamento non precede, essa rimane sempre in sospeso. Viceversa dopo che essa sarà stata ricevuta in obbedienza e sottratta ad ogni dubbio, come è giusto sia, argomenti che prima non avevano grande forza per fissarne e radicarne la certezza nei nostri cuori risulteranno allora ottimi ausili. Non si può esprimere infatti quale forza dia alla Scrittura il considerare diligentemente come Dio abbia ben disposto e ordinato in essa la dispensazione della sua saggezza, come la sua dottrina vi Si dimostri integralmente celeste senza nulla di terreno, come vi siano una coerenza fra tutte le parti, e tutte le altre cose che danno autorità a uno scritto.

Inoltre i nostri cuori sono confermati ancor più fortemente quando consideriamo che è la maestà della materia più che la grazia del linguaggio a rapirci in ammirazione. Questo non avviene senza una precisa intenzione di Dio e perciò gli alti segreti del regno celeste ci sono stati dati, per la maggior parte, con parole disprezzabili, senza grande eloquenza, per timore che se fossero stati formulati e arricchiti di eloquenza gli iniqui avrebbero affermato calunniosamente trattarsi solamente di facondia. Ora se questa semplicità rude e quasi agreste ci commuove a venerazione maggiore che tutto il bel linguaggio dei retori di questo mondo, cosa possiamo noi concluderne se non che la Scrittura contiene in se una tale forza di verità da non aver bisogno dell'artificio delle parole? Per questo non senza ragione l'Apostolo mostra come la fede dei Corinzi non sia fondata sulla saggezza umana, ma sulla forza di Dio; infatti la sua predicazione tra loro non era consistita in parole persuasive di saggezza umana, ma era stata confermata dalla dimostrazione di Spirito e di potenza (1Co 2.4) . La verità è immune da ogni dubbio, essendo di per se stessa sufficiente a mantenersi. Che questa virtù sia propria della Scrittura appare dal fatto che nessun scritto umano, per quanto presentato con abili artifizi, ha tanta forza per commuoverci. Quando si leggono Demostene o Cicerone, Platone o Aristotele o qualche altro della loro schiera, sono pronto ad ammettere che hanno un eccezionale potere di affascinare e sanno dilettare e commuovere fino a rapire lo spirito; ma se passiamo alla lettura delle Sacre Scritture, lo si voglia o no, esse ci commuovono così intensamente, penetrano così in fondo nel nostro cuore, si insinuano fin nel nostro midollo a tal punto che tutta la forza dei retori e dei filosofi a paragone non risulta essere che fumo. Da questo è facile comprendere che le Sacre Scritture hanno un carattere divino per ispirare gli uomini; infatti superano in grazia di gran lunga ogni prodotto dello spirito umano.

2. Ammetto che alcuni profeti si esprimono in modo elegante e pieno di grazia, con stile elevato e rifinito; ma con questi esempi lo Spirito Santo ha voluto mostrare di non essere sprovvisto di eloquenza, anche se altrove preferiva adoperare uno stile grossolano e rozzo. Del resto si legga Davide, Isaia e i loro simili, il cui stile è dolce e fluente; oppure Amos che era bovaro, Geremia o Zaccaria il linguaggio dei quali è più rude e campagnolo: ovunque la maestà dello Spirito appare evidente. Non ignoro che Satana, il quale sempre scimmiotta Dio e si insinua sotto false spoglie prende a pretesto la Scrittura, seguendo una direzione analoga onde ingannare il cuore dei semplici; ha cioè pubblicato gli errori con i quali abbeverava i poveri ciechi in un linguaggio ostico, quasi barbaro, adoperando forme di linguaggio arcaiche, onde coprire sotto tale maschera i suoi raggiri. Ma coloro che hanno giudizio maturo vedono bene quanto questa finzione sia vana e frivola. Quanto alla Sacra Scrittura, sebbene la gente profana e arrogante si sforzi di trovare da ridire, tuttavia essa è evidentemente piena di affermazioni che non sarebbero mai nate nello spirito umano. Si leggano i Profeti, non se ne troverà uno che non abbia di gran lunga superato la misura degli uomini; talché bisognerà ben dire che quanti non prendono gusto al loro insegnamento sono realmente privi di gusto e stupidi del tutto.

3. Altri hanno trattato ampiamente questa materia e sarà dunque sufficiente per il momento esaminare solo quanto è necessario sapere in vista del tema principale. Oltre a quello che ho già detto, l'antichità della Scrittura non è di poca importanza per indurci a prestarvi fede. Sebbene infatti gli scrittori greci raccontino favole sulla teologia degli Egiziani, non si troverà testimonianza di alcuna religione che non sia di molto posteriore a Mosè. Per di più Mosè non crea un Dio nuovo, ma presenta semplicemente al popolo d'Israele ciò che avevano udito dai loro antenati da lungo tempo. A cosa egli mira infatti se non a ricondurli al patto fatto con Abramo? Se avesse proposto cose che non conoscevano e non avevano mai udito non sarebbero state accolte. Bisognava che il desiderio di liberazione fosse comune e noto a tutti affinché il messaggio loro offerto li smuovesse e desse loro coraggio. È da presumere persino che conoscessero il termine di 400 anni. Consideriamo dunque: se Mosè ha preceduto di tanto i nostri scrittori e per di più ha tratto la propria dottrina da così antiche origini, quale preminenza in fatto di antichità deve essere attribuita alla Sacra Scrittura, a differenza di qualsiasi altro scritto si voglia menzionare!

4. Non siamo così sciocchi da prestar fede agli Egiziani quando estendono la propria antichità fino a seimila anni prima della creazione del mondo; tutto quello che essi blaterano è stato respinto e deriso dagli stessi pagani e non è necessario darsi la pena di confutarli. Giuseppe accoglie parecchie testimonianze memorabili dei più antichi scrittori contro Apione: da esse appare che tutti i popoli sono stati d'accordo nel riconoscere in tutti i secoli l'eccellenza della dottrina della Legge, sebbene non fosse letta né conosciuta come si conviene. Del resto affinché la gente scrupolosa e pignola non avesse occasione di dubitare, né i maligni più arditi prendessero licenza di cavillare, Dio ha prevenuto questi pericoli con eccellenti rimedi.

Mosè racconta che 300 anni prima Giacobbe aveva benedetto i suoi successori, essendo stato ispirato da Dio a farlo. Egli vuole nobilitare il proprio passato in anticipo? Nelle persone di Levi però, lo degrada colpendolo d'infamia perpetua: "Simeone e Levi, disse, strumenti d'iniquità, che la mia anima non entri nel loro consiglio, la mia lingua non si associ al loro segreto"(Ge. 49.5-6) . Poteva ben mettere da parte un tale obbrobrio, non solo per risparmiare il padre, ma anche per non infangarsi e diffamarsi con tutta la casata nella stessa ignominia. Come possono sussistere dubbi? Rendendo noto che l'autore e primo ceppo della famiglia da cui egli discendeva era stato definito detestabile dallo Spirito Santo, egli non ha riguardi al proprio interesse e anzi non rifiuta di esporsi all'odio di tutti i suoi parenti, ai quali tutto questo certo dispiaceva. Parimenti ricordando il mormorio con cui Aaronne suo fratello e Maria sua sorella si erano ribellati a Dio (Nu. 12.1) diremo che fu spinto dall'affetto carnale o piuttosto che obbedì ai comandamenti dello Spirito Santo? Per di più avendo ogni autorità e potere, perché non lascia almeno la dignità sacerdotale ai propri figli, invece di respingerli lontano in condizione inferiore?

Ho menzionato questi pochi esempi, ma ce ne sarebbero molti; in tutta la Legge incontreremo motivi per prestarle fede e mostrarci che Mosè è senza dubbio come un angelo di Dio venuto dal cielo.

5. Inoltre molti e notevoli miracoli che egli racconta sono altrettante conferme della Legge che egli ha proclamata: rapito in una nube sulla montagna vi rimase per quaranta giorni senza parlare con alcun uomo (Ex 24.18) , proclamando la Legge aveva un volto talmente splendente che dei raggi se ne dipartivano come dal sole, i lampi, i tuoni e le tempeste passavano nell'aria, la tromba suonava senza bocca d'uomo, l'entrata del tabernacolo era talvolta nascosta alla vista del popolo da una nube (Ex 34.29; 19.16; 40.34) , l'autorità di Mosè fu mantenuta da quell'orribile castigo che cadde su Kore, Dathan e Abiram con tutti i loro seguaci; la roccia battuta dalla sua verga lasciò sgorgare un rivo; alla sua richiesta Dio fece piovere la manna dal cielo (Nu. 16.24; 20.10; 11.9) . Attraverso tutti questi segni Dio non lo raccomandava forse come profeta autentico, da lui inviato? Se qualcuno obbietta che prendo per sicuri fatti discutibili, è facile rispondere, dato che Mosè rendeva pubblici questi fatti nell'assemblea. Come avrebbe potuto mentire, vi chiedo, a chi aveva visto ogni cosa con i propri occhi? A quale scopo si sarebbe presentato al popolo per redarguirlo della sua infedeltà, ribellione, ingratitudine e altri delitti e insieme vantarsi che la sua dottrina era stata ratificata in loro presenza da miracoli mai visti per l'innanzi? Questo punto deve essere notato: ogni volta che parla dei miracoli egli non cerca di ingraziarseli: anzi non senza amarezza allude ai peccati del popolo, il che avrebbe potuto incitarli a contraddirlo se ne avessero avuto la minima occasione. Invece essi consentono con lui perché la loro esperienza li convince. Del resto la cosa era così nota che gli stessi pagani, voglio dire gli antichi scrittori, non hanno osato negare che Mosè abbia operato dei miracoli. Il Diavolo, padre di menzogna, ha loro suggerito una calunnia quando hanno detto che ciò avveniva per arte magica; quali prove si hanno per accusarlo di essere un mago, quando egli ha tanto detestato tale superstizione da condannare alla lapidazione tutti coloro che l'avessero praticata? Nessun ciarlatano o incantatore compie i suoi prodigi se non per acquistar fama e stupire e ingannare il popolo. Cosa ha fatto Mosé allora, protestando chiaro e tondo di non essere nulla, ma semplicemente un esecutore assieme al fratello Aaronne di quanto Dio aveva loro ordinato? Così facendo egli si libera di ogni sospetto. E se si considerano le cose come sono, quale incantesimo avrebbe potuto far scendere la manna ogni giorno dal cielo per nutrire il popolo (e se qualcuno ne aveva preso troppo marciva e così imparava che Dio lo puniva per la sua incredulità) ? 5'è di più: Dio ha permesso che il suo servitore passasse attraverso prove così serie che ora i maldicenti non possono trar profitto calunniando e borbottando contro di lui. Quante volte il popolo non si è levato orgogliosamente e senza vergogna per rovinarlo? Quali cospirazioni sono state fatte da certuni? Non è forse vero che è sfuggito al loro furore? In breve, gli avvenimenti mostrano che il suo insegnamento è stato ratificato per sempre.

6. Ugualmente innegabile è il fatto che per ispirazione profetica soltanto il primato su tutto il popolo sia stato assegnato alla stirpe di Giuda, nella persona del patriarca Giacobbe. Consideriamo bene la cosa e riflettiamo su come è avvenuta: ammettiamo che Mosè sia stato l'inventore di questa profezia. Tuttavia passano quattrocento anni, dopo la sua redazione, prima che sia fatta menzione dello scettro reale in relazione alla stirpe di Giuda. Quando Saul fu eletto e nominato re, il regno sembrò stabilito nella stirpe di Beniamino. Quando Davide fu unto re da Samuele, apparve impossibile togliere la corona a Saul o ai suoi. Chi avrebbe osato prevedere che da una famiglia di bovari sarebbe uscito un re? Per di più, dato che c'erano sette fratelli, chi avrebbe potuto immaginare che il più modesto di tutti sarebbe pervenuto a tale dignità? E come in effetti vi perviene? Chi potrà dire che la sua unzione sia stata condotta con arte, astuzia o calcolo umani e non piuttosto che essa sia stata il risultato di quanto Dio aveva rivelato dal cielo?

Così chi potrà negare che Mosè abbia parlato per ispirazione celeste preannunciando duemila anni prima che un giorno i pagani sarebbero stati accetti a Dio e fatti partecipi del patto di salvezza? Non menziono le altre sue profezie, talmente divine che ogni uomo di buon senso riconosce che Dio parla in esse. Ricordo solo il suo cantico: uno specchio chiaro attraverso il quale Dio appare con la massima evidenza (De 32) .

7. Tutto questo risulta ancor più chiaramente negli altri profeti. Sceglierò solo alcuni esempi, perché sarebbe troppo lungo raccoglierli tutti.

Al tempo di Isaia quando il regno di Giuda viveva tranquillo e pensava di essere al sicuro, grazie all'alleanza con i Caldei, proprio allora, Isaia dichiarava che la città sarebbe stata distrutta e il popolo deportato. Chi non si accontenta di questo segno per giudicare che egli era spinto da Dio a predire cose apparentemente incredibili e solo in seguito dimostratesi vere, non potrà negare sia proceduto dallo Spirito di Dio quanto egli aggiunge relativamente alla liberazione. Egli menziona Ciro che avrebbe sconfitto i Caldei e rimesso in libertà il popolo d'Israele (Is. 45.1) . Tra la nascita di Ciro e il tempo in cui il profeta ha così parlato corrono più di cento anni, ché quegli nacque circa cento anni dopo la morte del profeta. Nessuno poteva allora indovinare che sarebbe un giorno esistito un certo Ciro e avrebbe portato la guerra contro i Babilonesi e, abbattutane la potente monarchia, avrebbe liberato i figli di Israele mettendo fine alla loro cattività. Questo racconto nudo e semplice, senza alcun belletto, non mostra evidentemente che le frasi udite dalla bocca di Isaia sono oracoli di Dio e non congetture umane?

Così quando Geremia, poco prima che il popolo cadesse in schiavitù, fissò il termine di settanta anni fino alla redenzione, non bisognava forse che la sua lingua fosse guidata dallo Spirito? (Gr. 25.11-12) . Non è forse sfacciataggine disconoscere che l'autorità dei profeti è sanzionata da queste testimonianze? Quanto essi preannunciano per guadagnar fede al loro dire, si è adempiuto: le cose precedenti avevano avuto luogo come Dio le aveva preannunciate, così egli continuava a preannunciare le cose future prima che vi si pensasse. Tralascio il fatto che Geremia ed Ezechiele, vivendo separati in paesi lontani, si accordano in tutto e per tutto nelle loro affermazioni, meglio che se si fossero consultati l'un l'altro. Che dire di Daniele? Non tratta forse delle cose avvenute seicento anni dopo la propria morte come se raccontasse delle storie del passato del tutto note; Se i credenti hanno tutto questo ben impresso nel loro cuore saranno ben armati per respingere quei cani mastini che abbaiano contro una verità così certa e infallibile; perché queste argomentazioni sono troppo chiare per essere distrutte da cavillose obiezioni.

8. Conosco le chiacchiere di certi confusionari che volendo mostrarsi abili nel combattere la verità di Dio, fanno la domanda: Chi ci assicura che Mosè e i profeti abbiano scritto quanto leggiamo sotto il loro nome? E non si vergognano di mettere in dubbio la stessa esistenza di Mosè. Ora se qualcuno venisse a contestare l'esistenza di Platone o Aristotele o Cicerone non lo si giudicherebbe degno di essere schiaffeggiato e di essere castigato con buone sferzate? Mettere in dubbio quanto è a tutti evidente è cosa enorme. La legge di Mosè è stata miracolosamente conservata dalla provvidenza di Dio più che dalle cure degli uomini. E sebbene l'incuria dei preti l'avesse come sepolta per qualche tempo, fino a che il buon re Giosia l'ebbe ritrovata, essa è stata letta da tutti per successione continua. E lo stesso Giosia non l'ha presentata come una novità ma come cosa di dominio comune e il cui ricordo era pubblico. L'originale era conservato nel Tempio e una copia autentica era nell'archivio reale. I sacerdoti avevano però trascurato, per un tempo, di darne lettura solenne e il popolo si era dimenticato di conoscerla. Però non è passato periodo senza che la sua autorità fosse riaffermata e riconosciuta. Mosè non era forse conosciuto da quanti leggevano Davide? E in generale è certo che gli scritti di tutti i profeti sono stati tramandati di padre in figlio e chi li ha letti ne ha reso testimonianza a viva voce; sono stati così confermati di generazione in generazione, di sorta che non v'era motivo di dubitarne.

9. L'obiezione che quelle canaglie muovono al libro dei Maccabei, lungi dall'indebolire la fermezza della Sacra Scrittura, come essi pretendono, la conferma ancor di più. Sarà utile anzitutto demolire l'argomento di cui abusano, indi volgere la loro argomentazione contro loro stessi. È raccontato nel suddetto libro che il grande tiranno Antioco comandò di fare bruciare tutti i libri della Legge (1 Maccabei 1.59) . Per questo quei beffardi domandano: Da dove escono le copie che ci sono restate? Ora io chiedo loro dove, al contrario, avrebbero potuto essere fabbricate lì per lì: è evidente che erano rimaste. È noto che non appena la persecuzione cessò, i libri si trovarono completi e furono riconosciuti dai fedeli che ne avevano avuta in segreto conoscenza. E sebbene in quel tempo tutti cospirassero contro i Giudei per estirpare la loro religione e tutti si sforzavano di calunniarli, tuttavia nessuno ha mai osato insinuare che essi avessero fatto passare per legittimi dei libri falsi. Tutti gli increduli e bestemmiatori che hanno calunniato la religione giudaica hanno tuttavia riconosciuto che Mosè ne era l'autore. Cosicché quelle canaglie manifestano un fanatismo senza speranza accusando di falsità dei libri che godono della testimonianza favorevole di tutti gli storici, e anzi dei loro stessi nemici e detrattori.

Ma non indugio ulteriormente a refutare quelle sciocche fanciullaggini: piuttosto riconosciamo proprio in questo episodio quale cura Dio abbia avuto di mantenere la sua parola quando l'ha conservata sana e salva, contrariamente alle aspettative di tutti, dalla crudeltà di quell'orribile tiranno come da un fuoco ardente che doveva tutto bruciare. Ha fortificato con tale costanza i buoni sacerdoti e gli altri credenti che non hanno risparmiato la loro stessa vita per conservare quel tesoro ai loro successori, a rischio della vita, e ha abbagliato gli occhi dei briganti e servi di Satana di modo che tutte le loro macchinazioni sono rimaste frustrate, non riuscendo essi ad abolire, come pensavano, questa verità immortale. Chi non vorrà considerare opera miracolosa di Dio e degna di memoria il fatto che mentre gli avversari credevano di aver vinto completamente, egli ha rimesso in luce i libri che essi avevano accuratamente cercati per bruciarli; e anzi questi hanno guadagnato così ancor maggiore maestà di quanta ne avessero prima. La traduzione greca che seguì di poco fu infatti il mezzo per diffonderli in tutto il mondo.

Il miracolo inoltre non è consistito solamente nel fatto che Dio abbia mantenuto lo strumento della sua alleanza contro le crudeli minacce di Antioco; ma anche che, in mezzo a tante calamità e desolazioni cadute sugli Ebrei, la Legge ed i Profeti siano stati preservati mentre cento volte sembrarono andar distrutti. La lingua ebraica non era solo poco conosciuta, era respinta come barbara. Così sarebbe rimasta se Dio non avesse voluto adoperarla per conservare la vera religione. E per mezzo di quali persone Dio ci ha conservato il suo insegnamento contenuto nella Legge e nei Profeti, al fine di manifestarci, al momento opportuno Gesù Cristo, attraverso ad essa? Per mezzo dei Giudei, i più grandi nemici della cristianità, che giustamente sant'Agostino chiama i bibliotecari della Chiesa perché ci hanno fornito quei libri da cui essi stessi non possono trarre giovamento. Appare chiaro dai profeti vissuti dopo il ritorno della schiavitù di Babilonia che i Giudei si erano allontanati dalla purezza e schiettezza della loro lingua, e questo deve esser notato perché dal paragone rIs.lta più evidente l'antichità della Legge e dei Profeti.

10. Nel Nuovo Testamento si troveranno delle prove ancor più decisive. I tre Evangelisti raccontano le loro storie in stile semplice. Molte persone arroganti sdegnano questa semplicità perché non guardano alla sostanza. Sarebbe facile rilevare quanto essi superino ogni capacità umana allorché trattano dei misteri celesti. Chi ha un minimo di onestà rimarrà certo colpito leggendo anche solo il primo capitolo di san Luca. Ancor più il sommario dei sermoni di Gesù, quale è riassunto brevemente nei tre evangeli, non permette il disprezzo per una dottrina così elevata. Ma soprattutto san Giovanni, quasi tuonasse dal cielo, è in grado di sottomettere tutti gli spiriti all'obbedienza della fede; è adatto, più di tutti i fulmini del mondo, a smuovere una eventuale ostinazione. Quei criticoni si facciano avanti, mostrino che provano piacere nel sottrarre ai cuori umani ogni venerazione per la Scrittura, si raccolgano insieme per difendere le loro tesi; quando abbiano letto l'evangelo secondo Giovanni, per quanto dispiaccia loro, vi troveranno mille frasi che risveglieranno la loro reazione e, anzi, si stamperanno come fuoco nelle loro coscienze per ridurre al silenzio le loro beffe. Così san Pietro e san Paolo; sebbene la maggioranza sia così cieca da non accettare la loro dottrina, essa ha in se una maestà celeste da tenere in briglia, anzi dominare tutti i riluttanti. E non c'è solo questo, ma il loro insegnamento è innalzato al di sopra della sfera umana se si considera che Matteo era completamente dedicato al suo guadagno di cambiamonete e gabelliere, Pietro e Giovanni erano abituati a pescare in una barchetta e tutti gli altri apostoli erano ignoranti e grossolani e non avevano imparato nulla alla scuola umana da poter insegnare agli altri. Quanto a san Paolo, dopo essere stato non solo nemico dichiarato ma crudele e feroce fino a spandere il sangue, convertitosi in un nuovo uomo non ha mostrato chiaramente con un cambiamento così improvviso e del tutto insperato che era stato costretto dall'imperio e dalla forza di Dio ad accettare la dottrina che aveva combattuta? Quei cani abbaino a volontà che lo Spirito Santo non è sceso sugli apostoli, considerino pure inconsistente una storia così certa; ma la realtà stessa grida forte e chiaro. Quando quegli stessi che erano disprezzati e considerati popolani qualunque, tra i più rozzi e grossolani, da un momento all'altro incominciano ad esporre i profondi misteri di Dio in modo sì mirabile, bisogna ben che abbiano avuto lo Spirito Santo quale maestro.

11. Ci sono altri validi argomenti, fra i quali è importante il consenso della Chiesa. Non bisogna tenere in non cale il fatto che per tutto il tempo trascorso dopo la formulazione della Scrittura, ci sia stato un perpetuo consenso nell'obbedienza ad essa. E sebbene il Diavolo si sia sforzato in vari modi di schiacciarla ed abbatterla e persino di cancellarla del tutto dalla memoria degli uomini, tuttavia essa è rimasta sempre invincibile e vittoriosa come la palma. Non c'è stato filosofo o retore di eccellente intelletto che non abbia adoperato la sua sottigliezza contro di essa: tuttavia nessuno ha avuto successo. Tutta la potenza della terra si è armata per distruggerla e tutti i suoi sforzi sono finiti in fumo. Come avrebbe potuto resistere, assalita com'era da ogni parte, se fosse stata difesa solo dalla forza umana? Bisogna piuttosto concludere che la Sacra Scrittura viene da Dio, poiché malgrado tutta la saggezza e la forza degli uomini essa è andata avanti per sua forza propria.

Inoltre non è una città sola o una nazione che abbia aspirato ad accettarla; ma fin dove si estende la terra, per lungo e per largo, essa ha ottenuto la sua autorità da un consenso generale di tutti i popoli, che altrimenti non avrebbero avuto nulla in comune. Questa convergenza da parte dei popoli più diversi, e che altrimenti sono discordi nel modo di vedere la vita, ci deve commuovere (essendo evidentemente la forza di Dio ad averli condotti all'accordo) . Questa considerazione avrà ancor maggior peso considerando la probità e la santità di coloro che si sono presentati a ricevere la Scrittura. Non parlo di tutti, ma di quelli che il nostro Signore ha costituito come luminari nella sua Chiesa per illuminarla con la luce della loro santità.

12. Con quale certezza dobbiamo accettare questa dottrina se consideriamo inoltre come essa è stata suggellata e convalidata dal sangue di tanti santi! Essi non hanno esitato a morire coraggiosamente, e persino gioiosamente per essa, una volta accettatala. Come non riceverla con convinzione certa e invincibile, dato che ci è stata data con tali garanzie e una tale conferma? Non è insignificante a convalidare la Scrittura il fatto che sia stata firmata dal sangue di tanti testimoni. Specialmente se riconosciamo che essi hanno sofferto la morte per testimoniare della loro fede non spinta da furia o agitazione (come talvolta accade per gli spiriti spinti dall'errore) ma mossi da uno zelo di Dio, tanto sobrio e temperato quanto fermo e costante. Ci sono molte altre ragioni e ben chiare che confermano nel cuore dei fedeli la maestà e la dignità della Scrittura e la sostengono validamente contro la malizia dei calunniatori.

Tutte queste ragioni tuttavia non sono di per se sufficienti a dare giusto fondamento alla sua autorità fino a quando il Padre celeste, facendovi splendere la sua divinità, la liberi da ogni dubbio e discussione, dandole ferma sicurezza. La Scrittura ci soddisferà, con una conoscenza di Dio portatrice di salvezza, solamente quando la sua autorità sarà basata sulla persuasione interiore dello Spirito Santo. Le testimonianze umane che servono a confermarla non saranno inutili quando accompagneranno questa testimonianza essenziale e sovrana, quali mezzi ausiliari secondari per sovvenire alla nostra debolezza. Quanti però vogliono dimostrare agli increduli, per mezzo di argomentazioni, che la Scrittura è da Dio, sono sconsiderati. Questo si può conoscere solo per fede. Giustamente sant'Agostino dice che il timore di Dio ed una tranquilla mansuetudine del cuore sono la preparazione necessaria perché gli uomini possano intendere i misteri di Dio.