Letteratura/Istituzione/4-09

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Indice generale

Istituzioni della religione cristiana (Calvino)

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CAPITOLO 9

I CONCILI E LA LORO AUTORITÀ

1. Quand'anche accettassimo tutte quante le loro affermazioni riguardo alla Chiesa, questo non gioverebbe molto per le loro rivendicazioni, infatti tutto ciò che vien detto dalla Chiesa lo riferiscono immediatamente ai concili, che rappresentano, secondo la loro fantasia, la Chiesa stessa. In sostanza il loro zelo, nel rivendicare potestà alla Chiesa, non ha altro fine se non attribuire al Papa e alla sua corte, tutto ciò che avranno potuto ottenere.

Prima di iniziare la trattazione di questo problema intendo chiarire brevemente due punti, il primo è questo: se assumo un atteggiamento rigido e sembro non concedere nulla ai nostri avversari, questo non significa che abbia per i concili antichi minor stima del dovuto. Con sentimento sincero li tengo in onore e desidero che ognuno li stimi e li riverisca; occorre però mantenere in questo discrezione per non recare in alcun modo offesa a Gesù Cristo. Poiché questo è il diritto e l'autorità che gli spettano: assumere la presidenza in ogni concilio e non spartire questa dignità con alcun mortale. Ora egli presiede quando è in grado di dirigere tutta l'assemblea mediante il suo Spirito e la sua forza.

Il secondo punto è questo: se attribuisco ai concili una importanza minore di quanto vorrebbero i nostri avversari non è per timore che i concili possano giovare alla loro tesi e risultare contrari alla nostra. Troviamo infatti ampiamente nella parola di Dio quanto occorre per confermare la nostra dottrina, e distruggere il papato intero, talché non è necessario cercare aiuto altrove; d'altra parte quando se ne presenti la necessità possiamo valerci assai bene dei concili per fare e l'uno e l'altro.

2. Affrontiamo ora il problema. Alla domanda qual sia l'autorità dei concili, secondo la parola di Dio, non c'è promessa più ampia ed esplicita per stabilirla della parola di Gesù Cristo: "ovunque due o tre sono raccolti nel mio nome, sono in mezzo a loro " (Mt. 18.20). Tale promessa concerne, è vero, sia una piccola assemblea che un concilio universale; non è tuttavia questo il centro della questione, ma il fatto che è precisata una condizione: Gesù Cristo starà in mezzo a una assemblea quando questa sia raccolta nel suo nome. Si riferiscano, i nostri avversari, finché vogliono, alle assemblee di vescovi, non ne ricaveranno grandi vantaggi, né ci convinceranno a prestar fede alla loro pretesa di essere guidati dallo Spirito Santo finché non avranno dimostrato di essere raccolti nel nome di Cristo. Poiché il caso di vescovi malvagi, che congiurano contro Cristo, può verificarsi altrettanto bene quanto il caso di buoni vescovi, che si raccolgono nel suo nome. Che tale possibilità sia reale lo dimostrano parecchi decreti emanati da vari concili, di cui potrei facilmente dimostrare l'empietà con argomenti evidenti; di questo però riparleremo appresso.

Affermo, per il momento, che, nel testo summenzionato, Cristo fa questa promessa unicamente a coloro che sono raccolti nel nome suo. Occorre definire ora che cosa questo significhi. Nego che si radunino nel nome di Cristo coloro che, rifiutando il comandamento di Dio in cui egli ha proibito di aggiungere o togliere nulla alla sua parola, stabiliscono a loro piacimento quanto sembra loro opportuno. Costoro, insoddisfatti di ciò che è contenuto nella sacra Scrittura, cioè nell'unica norma di vera e perfetta sapienza, inventano novità di testa propria. Gesù Cristo non ha promesso la sua assistenza a tutti i concili, indistintamente, ma ha aggiunto una precis. Indicazione in base alla quale distinguere i concili legittimi dagli altri; è indubbio che tale differenza non debba essere sottovalutata. Dio ha anticamente pattuito con i sacerdoti levitici che insegnassero la sua parola (Ma.2.7); la stessa cosa ha richiesto costantemente dai suoi profeti. La stessa legge ha imposto, da quanto ci è dato di vedere, agli apostoli. Non considera pertanto suoi sacerdoti e servitori coloro che trasgrediscono e violano questo patto e non riconosce loro autorità alcuna. Risolvano, i nostri avversari, questa difficoltà se vogliono che dia la mia adesione a leggi umane che esulano dalla parola di Dio.

3. Riguardo alla loro tesi che nella Chiesa la verità non esiste qualora non sia mantenuta fra i pastori, e anzi la Chiesa stessa non possa sussistere quando detta verità non appaia nei concili generali, è lecito avanzare forti dubbi che tale situazione si sia sempre verificata, se dobbiamo considerare veritiere le testimonianze che i profeti ci hanno lasciato riguardo ai tempi loro.

Sussisteva, a Gerusalemme, ai tempi di Isaia una Chiesa non abbandonata da Dio, tuttavia il profeta dice questo riguardo ai pastori: "I guardiani di Israele sono tutti ciechi, senza intelligenza. Sono tutti dei cani muti, incapaci d'abbaiare. Sognano, stanno sdraiati, amano sonnecchiare; sono dei pastori che non capiscono nulla, e ognuno mira al proprio interesse " (Is. 56.10).

Osea dice: "La vedetta d'Israele, prevalendosi di Dio, è un laccio d'uccellatore, un abominio nel tempio di Dio " (Os 9.8). Constatiamo che non fa alcun caso dei titoli d'onore di cui si vantavano i sacerdoti. Questa Chiesa si mantenne sino ai tempi di Geremia. Stiamo ora a sentire ciò che egli dice dei pastori: "Dal profeta al sacerdote tutti praticano la menzogna "e più oltre: "I profeti profetizzano menzogne nel mio nome; benché io non li abbia mandati, e non abbia dato loro alcun ordine " (Gv. 6.13; 14.14). Per non dilungarci nella citazione di tutte queste dichiarazioni rinviamo il lettore a quanto sta scritto nei capitoli 23e 40 del suo libro.

In quello stesso tempo Ezechiele, dal canto suo, li trattava con eguale severità: "La cospirazione dei suoi profeti "dice "in mezzo a lei, è come un leone ruggente che sbrana una preda. Costoro hanno divorato le anime, hanno preso tesori, hanno moltiplicato le vedove. I suoi sacerdoti violano la mia legge e profanano le mie cose sante; non sanno conoscere la differenza che passa fra cose profane e le cose che mi sono consacrate. I loro profeti intonacano tutto questo con terra che non regge, hanno delle visioni vane, pronosticano loro la menzogna, dicendo così parla il Signore, mentre il Signore non ha parlato affatto " (Ez. 22.25). Le proteste sono così frequenti in tutti i profeti che non si potrebbe trovare concetto più ribadito di questo.

4. Queste cose si son verificate fra i Giudei, dirà qualcuno, non concernono affatto il nostro tempo. Piacesse a Dio che così fosse. San Pietro però ha dichiarato che si verificherebbe proprio il contrario: "come sorsero falsi profeti nel popolo d'Israele, così sorgeranno fra voi falsi profeti che introdurranno eresie di perdizione " (2 Pi. 2.1). Da notare il fatto che il pericolo non verrà dagli elementi ignoranti del popolino ma da coloro che si vantano del titolo di dottore e pastore. Quante volte sono stati inoltre preannunziati da Cristo e dai suoi apostoli i pericoli in cui la Chiesa sarebbe stata posta dai suoi pastori? (Mt. 24.11-24); lo stesso san Paolo dichiara apertamente che l'Anticristo avrà la sua sede nel tempio di Dio (2 Ts. 2.4); con questa dichiarazione egli intende rendere i credenti attenti al fatto che la terribile calamità, di cui parla, sarà provocata proprio da coloro, che sono insediati nella Chiesa in qualità di pastori. In altro testo egli dimostra che questo fatto già si verificava ai suoi tempi; parlando ai vescovi di Efeso egli dice infatti, fra l'altro: "So che dopo la mia partenza entreranno fra voi lupi rapaci, i quali non risparmieranno il gregge, e che fra voi stessi sorgeranno uomini che insegneranno cose perverse per trarre i discepoli dietro a se " (At. 20.29).

Se i pastori hanno potuto corrompersi in così poco tempo quanto sarà cresciuta, nel succedersi degli anni, la corruzione? Per non occupare eccessivo spazio, sviluppando questi argomenti, farò notare che da tutti i tempi si verificano situazioni che ci rendono attenti al fatto che la verità non è sempre mantenuta fra i pastori e la salvezza della Chiesa non dipende affatto da un buon governo. Sarebbe certo auspicabile che fossero loro i custodi della pace e della salvezza della Chiesa, perché a questo sono stati preposti. Assolvere il proprio compito è cosa ben diversa da non fare ciò che si dovrebbe fare.

5. Non vorrei tuttavia essere frainteso, non preconizzo affatto una diminuzione dell'autorità dei pastori, né vorrei indurre il popolo a disprezzarli. La mia intenzione è solo di far notare che è esistita una diversità fra i pastori, e non si devono considerare tali, senza riserve, tutti coloro che ne hanno il nome. Ora, il Papa e tutti i vescovi della sua cricca, avrebbero l'autorità di capovolgere e mettere sossopra tutto quanto, a loro piacimento, senza aver riguardo alcuno per la parola di Dio, unicamente prevalendosi del titolo di pastore. Per la stessa ragione pretendono volerci far credere che non possono esser privi della luce di verità, che lo Spirito Santo risiede in essi, anzi, che la Chiesa vive e muore con essi, quasi Dio non avesse più diritto di giudizio per punire il mondo con gli stessi castighi che ha usato nei confronti del popolo antico: colpire cioè di cecità e di ottusità i pastori (Za. 12.4). Non sono forse del tutto privi di giudizio non accorgendosi che i loro discorsi sono gli stessi di quelli che facevano i cattivi sacerdoti opponendosi a Dio? Poiché costoro cercavano di premunirsi contro la verità dei profeti dicendo: "Venite, ordiamo macchinazioni contro Geremia. Poiché l'insegnamento della Legge non verrà meno per mancanza di sacerdoti, né il consiglio per mancanza di sani né la Parola per mancanza di profeti " (Gr. 18.18).

6. Con questo stesso argomento è facile dare una risposta al secondo punto concernente i concili generali. Non si può negare che fra i Giudei sia esistita, al tempo dei profeti, una vera Chiesa. Se allora si fosse convocato un concilio generale, quale tipo di Chiesa vi si sarebbe manifestata? Ricordiamo ciò che nostro Signore dichiara loro, non a uno o due, ma a tutti insieme: "I sacerdoti saranno attoniti e i profeti stupefatti " (Gr. 4.9); e: "La Legge mancherà ai sacerdoti e il consiglio agli anziani " (Ez. 7.26); e ancora: "Perciò vi si farà notte invece di visione e le tenebre invece di rivelazione; il sole tramonterà su questi profeti, il giorno si oscurerà su loro " (Mic 3.6). Vi domando ora se tutti costoro si fossero raccolti insieme quale spirito avrebbe presieduto al loro concilio? Un esempio singolare e probante di questo si ha nel concilio convocato da Achab. Vi convennero quattrocento profeti, ma non essendosi raccolti se non per adulare quel sovrano malvagio e incredulo, Satana fu inviato da Dio per farsi, nella bocca di tutti, spirito di menzogna (3Re 22.6-22). La verità venne così condannata all'unanimità in quella sede; Michea, fedele servitore di Dio, fu cacciato come eretico, percosso e imprigionato. Lo stesso accadde a Geremia e ad altri profeti.

7. Un solo esempio però ci basterà, notevole fra tutti. Nell'assemblea che i sacerdoti e i Farisei convocarono a Gerusalemme contro Gesù Cristo (Gv. 11.47) quali critiche si possono muovere riguardo all'aspetto formale? Se in Gerusalemme non fosse esistita allora una Chiesa, nostro Signore non avrebbe mai assistito ai sacrifici e alle altre cerimonie. La convocazione di quell'assemblea è fatta in modo solenne, la presiede il sommo sacerdote, tutto il clero vi partecipa, eppure Gesù Cristo vien condannato e la sua dottrina viene respinta. Questo dimostra che in quel concilio la realtà della Chiesa non era presente.

Non c'è motivo di temere che questo possa accadere a noi, si dirà. Chi può provarlo? In una questione di tale importanza non è lecito essere superficiali; si tratterebbe di una sciocchezza troppo grave. C'è di più, lo Spirito Santo ha chiaramente preannunciato, per bocca di san Paolo, che si sarebbe verificata una apostasia (2 Ts. 2.3) che non può aver luogo se i pastori per primi non si allontanano da Dio; perché volere, di proposito, chiudere gli occhi per non considerare la nostra rovina?

In nessun modo si deve perciò accogliere il principio, secondo cui la Chiesa consiste nell'assemblea dei prelati; Dio non ha mai promesso che costoro sarebbero stati costantemente buoni, anzi ha preannunciato che sarebbero, a volte, malvagi. Quando ci avverte dell'esistenza di un pericolo lo fa per renderci più intelligenti e prudenti.

8. Come, dirà qualcuno, i decreti dei concili non hanno autorità alcuna? Indubbiamente hanno autorità, rispondo. Non sto infatti affermando che tutti i concili si debbano respingere, e se ne debbano cassare tutte le decisioni dal primo all'ultimo.

Si risponderà che, per parte mia, li tengo in così poco conto da lasciare ad ognuno la facoltà di accogliere o respingere ciò che è stato deciso in un concilio. Questo lo nego. Ogni volta però che si cita il decreto di un qualche concilio, vorrei fosse accuratamente valutato il periodo in cui detto concilio è stato convocato, per quale ragione, a che fine, chi siano state le persone che vi abbiano preso parte; quindi si esaminasse il problema in questione alla luce della Scrittura; fatto tutto questo la decisione conciliare potrebbe assumere il suo peso e valore normativo ma non senza quell'esame.

Vorrei si mantenesse l'insegnamento di sant'Agostino, nel terzo libro contro Massimino. Per chiudere la bocca a quell'eretico che polemizzava contro i decreti conciliari, egli dice: "Non è il caso che io citi il concilio di Nicea e che tu risponda citando quello di Rimini come se non avessimo la libertà di giudicare. Tu infatti non sei soggetto al primo né io al secondo; il problema sia dibattuto con buona conoscenza di causa e ragionevolezza, e il tutto sia fondato sulla Scrittura che è comune alle due parti ". Se ciò fosse fatto i concili avrebbero l'autorità che devono avere e tuttavia la Scrittura conserverebbe la sua preminenza sottoponendo ogni cosa alla sua norma.

In base a questa impostazione di metodo, accettiamo pienamente gli antichi concili quali Nicea, Costantinopoli, il primo di Efeso, Calcedonia, e gli altri che si sono tenuti per condannare gli errori e le false opinioni degli eretici; li consideriamo, ripeto, con riverenza e onore in virtù degli articoli di fede che furono colà definiti. Questi concili infatti contengono solo una pura ed evidente interpretazione della Scrittura, che i santi Padri, con oculatezza hanno messa a punto per respingere i nemici della cristianità.

Analogamente in alcuni di quelli che si sono tenuti appresso notiamo zelo di pietà ed evidenti elementi di dottrina, di prudenza, di spirito; essendo però il mondo solito peggiorare nel crescere, e facile constatare come nei lavori conciliari la Chiesa si sia a poco a poco allontanata dalla purezza originale. Non dubito affatto, che anche in quei tempi, già assai corrotti, abbiano preso parte ai concili vescovi integri. Si è però verificato l'inconveniente che i senatori romani lamentavano nel loro senato, quando si conteggiavano i voti senza tener conto delle motivazioni e si prendevano le decisioni in base alla maggioranza: la parte più numerosa aveva, spesso, partita vinta sulla migliore. Certo sono state prese in questo modo decisioni cattive e non ho bisogno di citare In questa sede esempi in dettaglio, sia perché sarebbe troppo lungo, sia perché altri lo hanno già fatto con tanta cura che non ho nulla da aggiungere.

9. È forse il caso di menzionare le contraddizioni dei concili e come uno abbia disfatto ciò che era stato fatto da un altro? Né mi si deve rispondere che se due concili si contraddicono, uno deve essere considerato illegittimo! Quali sono infatti i criteri di giudizio? Penso non esista altra possibilità che giudicare sulla base della Scrittura quale dei due abbia preso una decisione errata, non essendoci infatti altra norma sicura di valutazione.

Circa novecento anni fa si tenne a Costantinopoli, al tempo di Leone imperatore, un concilio in cui fu ordinata la rimozione e la distruzione di tutte le immagini che si tenevano nelle Chiese. Poco dopo, Irene, madre dell'imperatore, convocò un altro concilio a Nicea, che ordinò di introdurre nuovamente le immagini . Quale dei due è da considerarsi legittimo? Il secondo ha avuto partita vinta poiché le immagini si sono mantenute nelle Chiese. Sant'Agostino però dichiara che questo non può accadere senza grave pericolo di idolatria. Epifanio, dottore più antico ancora, si esprime in termini più severi perché afferma che la presenza di immagini nei templi dei cristiani deve considerarsi peccato ed abominazione. Avendo essi espresso questo parere, al tempo loro, approverebbero quel tale concilio se vivessero oggi? Fatto più grave ancora, se gli storici dicono il vero, quel concilio non solo ha accolto le immagini, ma ha pure stabilito che si debbano onorare. Ora è evidente che una tale decisione è ispirata da Satana. Che potremmo dire riguardo a questa depravazione e falsificazione, a questo smembramento della Scrittura? Questo mostra che non hanno fatto altro che beffarsi, come ho illustrato più sopra.

Comunque sia, non siamo in grado di operare una scelta tra concili che si contraddicono l'un l'altro, come accade in molti casi, se non valutandoli tutti secondo la parola di Dio, norma a cui sono sottoposti non solo gli uomini ma anche gli angeli. Per questa ragione respingiamo i decreti del secondo concilio di Efeso e approviamo quello di Calcedonia, il primo ha approvato gli errori di Eutiche, il secondo li ha condannati. Infatti i Padri che hanno partecipato al concilio di Calcedonia hanno tratto i loro pensieri unicamente dalla parola di Dio. Li seguiremo perciò avendo per illuminarci, la stessa parola di Dio che li ha ispirati nei loro pensieri. Vengano ora i Romanisti a vantarsi, come sono soliti fare, che lo Spirito Santo è legato e vincolato ai loro concili!

10. Ci sarebbe pure da fare qualche riserva anche riguardo agli antichi concili, che pur risultano essere i più puri; o perché i vescovi di quel tempo, pur essendo uomini savi e avveduti, essendo direttamente implicati nei problemi per cui si erano radunati, non prendevano in considerazione i problemi generali, o perché impegnati a risolvere gravi questioni non prestavano attenzione ai problemi di importanza secondaria, o perché commisero sbagli per ignoranza o perché a volte si mostrarono troppo passionali nelle loro reazioni.

Quest'ultima ragione potrebbe sembrare la più insolita, non avessimo un esempio degno di nota nel primo concilio di Nicea, che è stato posto su tutti gli altri per particolare dignità. I vescovi, convenuti in quella sede per difendere i punti fondamentali della nostra fede, quantunque si trovassero in presenza di Ario, pronto a dar battaglia, e si richiedesse, per poterlo vincere, un accordo generale, noncuranti del pericolo in cui versava la Chiesa, quasi fossero convenuti per fargli piacere, cominciarono ad aggredirsi, accusarsi, ingiuriarsi l'uno l'altro, mettere in giro libelli diffamatori in cui spiattellavano tutta la loro vita, senza ritegno; lasciando insomma Ario da parte si distruggevano a vicenda. Tanta era la violenza con cui si accanivano l'uno contro l'altro che non avrebbero mai posto fine ai loro litigi se l'imperatore Costantino, pur dichiarando di non voler fungere da giudice, non avesse posto fine al dibattito.

È dunque tanto più verosimile che gli altri concili, susseguitisi da allora, abbiamo avuto qualche lacuna. Questo non ha bisogno di ampia dimostrazione poiché chiunque legga gli atti degli antichi concili, vi riscontrerà molti difetti. Perciò non ci dilunghiamo.

11. Leone, vescovo di Roma, non ha avuto la minima esitazione ad accusare il concilio di Calcedonia di ambizione e sconsiderata temerarietà, pur riconoscendolo santo e cristiano sotto il profilo dottrinale. Non ne contesta il carattere legittimo, ma dice chiaramente che ha potuto sbagliare.

Qualcuno mi giudicherà malintenzionato perché metto in luce con tanta premura questi errori, dato che gli stessi papisti ammettono che i concili possono errare nelle cose non necessarie alla salvezza. Questo discorso non è però superfluo. I papisti, infatti, quando si vedono piegati con argomenti validi, dichiarano di ammettere questo, in realtà però volendoci fare accogliere come rivelazione dello Spirito Santo, senza eccezione e globalmente, tutto ciò che è stato determinato nei concili, su qualsiasi argomento, richiedono, in realtà, più di quanto dicono. Quale è il loro scopo nel far questo? Ottenere l'infallibilità dei concili. Oppure, quand'anche abbiano errato, non sia lecito accoglierne la verità senza accettarne anche gli errori. Scopo del mio discorso è mostrare che lo Spirito Santo, pur guidando i buoni e cristiani concili, ha permesso che vi fosse in essi qualche errore umano, per ricordarci che non dobbiamo porre eccessiva fiducia negli uomini. Questa affermazione è assai più blanda delle espressioni di Gregorio di Nazianzo il quale affermava non aver mai visto alcun buon risultato nascere da un concilio. Dichiarando infatti che tutti, senza eccezione, hanno avuto esito cattivo, non riconosce loro autorità alcuna. Non è neppure il caso di menzionare i concili provinciali; è facile dedurre infatti, da quanto è stato detto riguardo ai generali, quale autorità abbiano nello stabilire articoli di fede e nel proporre le dottrine che sembrano opportune ai vescovi quando si raccolgano in quella sede.

12. Ora i nostri romaniscoli vedendosi privati di ogni sostegno ragionevole, si trincerano dietro questo ultimo e infelice argomento: la parola di Dio che ci ordina di obbedire ai nostri superiori permane valida, quand'anche siano ignoranti e malvagi.

Che valore ha però questo argomento se neghiamo che costoro siano nostri superiori? Non è lecito infatti usurpare una dignità maggiore di quella che ebbe Giosuè, profeta di Dio ed eccellente pastore. Ascoltiamo con quali parole è stato istituito dal Signore nel suo ufficio: "Il libro della Legge non si diparta mai dai tuoi occhi, meditalo giorno e notte, non te ne sviare né a destra né a sinistra, affinché tu prosperi dovunque andrai " (Gs. 1.7-8). Considereremo dunque nostri superiori, in campo spirituale, coloro che non si allontaneranno dalla legge di Dio "né da un lato, né dall'altro ".

Se ci fosse richiesto, in realtà, di accogliere indifferentemente l'insegnamento di tutti i pastori, a che scopo la parola di Dio ci ammonirebbe così spesso e così severamente a non prestare orecchie alle dottrine dei falsi profeti e dei falsi pastori?: "Non ascoltate "dice per bocca di Geremia "le parole dei profeti che vi profetizzano. Essi vi pascono di cose vane, vi espongono le visioni del proprio cuore, e non ciò che procede dalla bocca dell'eterno " (Gr. 23.16). E ancora: "Guardatevi dai falsi profeti i quali vengono a voi in vesti di pecore, ma dentro sono lupi rapaci, " (Mt. 7.15). Senza ragione san Giovanni ci avrebbe invitati a provare gli spiriti per conoscere se sono da Dio (1 Gv. 4.1). Non debbono essere esentate da questa prova le menzogne del Diavolo poiché vi sono soggetti gli stessi angeli del paradiso. Il detto di nostro Signore che se un cieco guida un altro cieco tutti e due cadono nella fossa (Mt. 15.14) , non ci dimostra forse chiaramente che dobbiamo vagliare attentamente i pastori che ascoltiamo, e non è bene prestare ascolto a tutti, con leggerezza?

I loro titoli di autorità non ci impressionano al punto da accecarci come loro; vediamo, invece, con quanta cura nostro Signore ci ammonisce a non lasciarci ingannare ingenuamente dall'errore altrui, sotto qualsiasi forma, sia pur prestigiosa, si nasconda. Infatti la parola di Gesù Cristo è vera: tutti i conduttori ciechi, si chiamino vescovi, prelati, o pontefici, non possono che trascinare in una stessa rovina tutti coloro che li seguono. L'uso perciò di questa terminologia: concili, vescovi, prelati, che si può usare legittimamente quanto usurpare falsamente, non ci impedirà di esaminare ogni spirito al metro della parola di Dio per determinare se è da Dio.

13. Che la Chiesa non abbia l'autorità di creare nuove dottrine, è stato dimostrato, vediamo ora l'autorità che i papisti le attribuiscono nell'intepretare la Scrittura.

Sottoscriviamo certo pienamente l'idea che qualora sorga una contestazione su qualche articolo di fede, il miglior rimedio, e il più efficace, consista nella convocazione di un concilio di autentici vescovi per discutere la questione. Una decisione presa in comune accordo fra i pastori della Chiesa, dopo avere domandato la grazia dello Spirito Santo, avrà un peso assai maggiore che se ognuno di essi, separatamente, prendesse la propria risoluzione e la annunziasse al popolo, o quand'anche fossero soltanto due o tre a farlo.

Inoltre i vescovi raccolti insieme hanno l'occasione di discutere ed esaminare ciò che si debba insegnare e il modo di insegnarlo affinché la diversità di opinioni non causi scandali.

In terzo luogo san Paolo ci mostra che tale è la procedura da seguire per pronunciare un giudizio in materia di dottrina. Attribuendo ad ogni Chiesa il compito di giudicare (1 Co. 14.29) egli mostra qual debba essere il procedimento da seguire qualora la cosa non sia risolta: le Chiese si debbono radunare insieme per effettuare un esame comune. E il senso stesso della fede ci conduce a seguire questa prassi: qualcuno turba una Chiesa spargendo dottrine insolite e nuove e la cosa giunge al punto da far temere l'insorgere di un contrasto più grave? Le Chiese si devono raccogliere per esaminare la questione, e dopo aver discusso, prendano, traendola dalla Scrittura, una decisione, che tolga ogni dubbio al popolo e chiuda la bocca a coloro che provocano il sorgere di dispute a causa del loro orgoglio e della loro ambizione.

In questo modo, quando Ario iniziò la sua eresia, fu convocato il concilio di Nicea affinché, in base all'autorità comune dei vescovi l'audacia di quell'uomo perverso venisse denunciata e le Chiese, da lui turbate, fossero ricondotte alla pace e la sua eresia fosse sradicata, come avvenne appresso. Poco dopo, avendo Eunomio e Macedonio altri eretici, provocate nuove dispute, si oppose loro resistenza nello stesso modo convocando il concilio di Costantinopoli Il primo concilio di Efeso si tenne per distruggere l'eresia di Nestorio . Tale è stata, in breve, la procedura ordinaria per conservare l'unità delle Chiese, sin dal principio, ogni qual volta il Diavolo aveva preso ad ordire qualche plano.

Da notare che non si trovano in ogni tempo e in ogni luogo uomini della statura di Atanasio, Basilio, Cirillo e simili difensori della retta dottrina, quali nostro Signore aveva suscitato allora. Ci si ricordi anzi quanto accadde al secondo concilio di Efeso, dove venne accolto favorevolmente l'eretico Eutiche, mentre il santo vescovo Flaviano fu bandito con i suoi aderenti in quanto si opponeva a quello, e furono commesse altre malvagità: questo accadde perché a precedere quel concilio era Dioscoro, uomo sedizioso e di cattiva volontà, non lo Spirito di Dio. Qualcuno mi farà notare che questa non era la Chiesa. Lo ammetto; ho infatti la convinzione che la verità non muore e non viene soffocata nella Chiesa anche quando risulti calpestata in un concilio, anzi viene miracolosamente serbata da Dio per riprendere a suo tempo il sopravvento. Ciò che contesto però è che si debba considerare vera l'affermazione secondo cui ogni interpretazione, per il fatto di essere approvata da un concilio, sia esatta e conforme alla Scrittura.

14. Altro è però il fine cui tendono i romanisti nel rivendicare ai concili autorità assoluta, senza appello, nell'interpretazione della Scrittura; si valgono di questa garanzia per definire interpretazione scritturale ogni decisione conciliare.

Non si trova nella Scrittura neppure il minimo cenno al Purgatorio, all'intercessione dei santi, alla confessione auricolare e a tutte quelle sciocchezze. In quanto però queste cose sono state definite dall'autorità della Chiesa, come dicono, cioè, per parlar chiaro, sono state introdotte dall'uso e dalla tradizione, si dovranno considerare frutto dell'interpretazione della Scrittura. Non solo, ma se in un concilio venisse stabilito qualcosa in aperto contrasto con la Scrittura, anche a questo si dovrà dare valore di interpretazione scritturale.

Gesù Cristo ordina a tutti di bere il calice nella Cena (Mt. 26.26) , il concilio di Costanza ha proibito di darlo al popolo e ha stabilito che bevesse il solo sacerdote officiante . Pretenderebbero farci considerare interpretazione della Scrittura una cosa che contrasta in modo così evidente con l'istituzione di Gesù Cristo? San Paolo definisce dottrina diabolica (1 Ti. 4.1) la proibizione del matrimonio. Ed in un altro testo lo Spirito Santo dichiara che il matrimonio è condizione santa e degna di essere onorata (Eb. 13.4). Il divieto di sposarsi fatto ai preti, secondo costoro dovrebbe essere interpretazione della Scrittura anche se non si può immaginare nulla di più assurdo. Uno osa aprir bocca per dire una parola? Viene definito eretico perché le decisioni della Chiesa sono inappellabili e non si deve avere il minimo dubbio sulla verità di tutte le sue interpretazioni. Che potrei dire contro tale spudoratezza? Mi basterà averla smascherata.

Riguardo a quella assurda diceria, secondo cui la Chiesa avrebbe potestà di approvare la Scrittura, preferisco non parlarne, a ragion veduta. Il voler sottomettere in questo modo la sapienza di Dio all'approvazione umana, quasi non avesse autorità se non in quanto aggrada loro, è bestemmia indegna di essere anche soltanto menzionata. Inoltre ho trattato il problema nel primo libro . Pongo solo una domanda: se l'autorità della Scrittura è fondata sull'approvazione della Chiesa, quale decreto conciliare posso citare a sostegno di questa tesi? Non mi risulta ve ne siano. Come avrebbe potuto Ario accettare di essere refutato, a Nicea, sulla base di una citazione dell'evangelo di san Giovanni? Infatti, secondo questo argomento dei papisti, avrebbe avuto pieno diritto di respingere il testo, visto che la Scrittura non aveva ancora ricevuto sanzione da parte di un concilio universale. Citano allora quel catalogo antico, detto il Canone della Scrittura, frutto secondo loro della definizione ecclesiastica. A questo punto ripropongo la domanda: in quale concilio quel canone e stato composto? E sono costretti al silenzio. Anche se per conto mio avrei piacere di saper più ampiamente cosa sia in sostanza questo canone poiché constato che fra gli antichi non era definito. Se il parere di san Girolamo è autorevole, dobbiamo considerare apocrifi i libri dei Maccabei, la storia di Tobia, l'Ecclesiastico e altri simili scritti. Questo però non è ammesso da questa brava gente.