Liturgie/Toga

Da Tempo di Riforma Wiki.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

Ritorno


Perché il pastore indossa la toga?

Paolotoga.jpg
Paolotoga.jpg
Perché da voi il pastore, durante il culto, indossa una toga? Ecco una domanda che spesso si ode da parte di credenti evangelici che partecipano ad un culto di una chiesa riformata storica. La toga ha un qualche particolare significato? E' biblica? Oppure è solo una tradizione della vostra chiesa? Indossare una toga non è forse troppo "cattolico"? La toga significa che il pastore sia meglio di me? Che sia più vicino a Dio di quanto lo sia io? Forse che i vostri pastori sono dei "sacerdoti"? Perché, poi, da voi il pastore conduce l'intero culto?

Abito e vocazione

1. In primo luogo, fra le altre cose, la toga aiuta a mettere in evidenza il particolare ministero ricoperto dal pastore e a diminuire l'importanza della persona in sé stessa che sta dietro al pulpito. Il pastore deve distinguersi dagli altri non rispetto alla sua essenza e dignità (in Cristo, infatti, le distinzioni fra le persone scompaiono), ma in quanto alla particolare funzione e responsabilità che Dio gli affida.
 
Il pastore per alcuni può essere un amico intimo, uno stretto familiare, o qualcuno considerevolmente più giovane di noi. Il fatto che indossi una toga quando celebra il culto, aiuta a dimenticare che quell'uomo sia magari "il nostro Paolino" ed a tenere presente che si tratta di nulla di meno di colui che Dio ha consacrato per condurci alla Sua presenza e per portarci la Parola di Dio. Questo è ciò che la Chiesa in generale, e quella riformata in particolare, ha inteso storicamente fare quando ha voluto che i suoi ministri, nel condurre il culto, indossassero una toga. Strettamente parlando, il culto non è tanto condotto, mettiamo, da Paolo Castellina, ma dal ministro che è stato legittimamente incaricato di condurre il culto di quella particolare comunità cristiana in quel luogo e tempo. La toga mette in solenne evidenza la funzione che quell'uomo ricopre. Durante il culto noi ci sottomettiamo al ministro di Dio, non alla persona in sé stessa<ref name="ftn2">Il concetto di sottomissione all'ufficio del ministro di Dio, è assolutamente biblico. Cfr. At. 20:17, 28-35; 1 Co. 12:28; 16:16; Ef. 4:11-16; 1 Ts. 5:12,13; 1 Ti. 3:1 ss.; 4:14; 5:17; Eb. 13:7,17; 1 Pi. 5:1-7.</ref>
 
Queste verità sono proprio rafforzate quando il pastore indossa un segno che rammenti al popolo la sua speciale vocazione: Nella Bibbia, abito e vocazione sono spesso connessi. L'autorità connessa a un particolare ufficio o ministero, è spesso simbolizzata visivamente dall'abito che si indossa<ref name="ftn3">Ge. 9:20-27; 39:1-13; 37:3-11,23; 41:1-44; tutti i riferimenti in Esodo e Levitico ai paramenti del sacerdote; 1 Sa. 2:19; 15:27; 18:4; 24:4; 24:4,5,11,14; Ez. 9:3-5; Et. 8:15; Is. 22:21; Gn. 3:6; Mt. 22:11ss; 27:31; Mr. 16:5; Ap. 1:13; 4:4; 6:11; 19:13,16.</ref>. La funzione della toga è quella di coprire la persona in sé stessa e mettere l'accento sul ministero o vocazione che ha ricevuto da Dio.
 
2. L'anziano incaricato di insegnare, quando conduce il culto, assume un ruolo simbolico. Conducendo in preghiera la comunità dei credenti, egli simbolizza Cristo, il marito, che parla alla sua santa sposa<ref name="ftn4">Anche per questo non è appropriato che il ministero di pastore sia assunto da una donna. La donna non può simbolizzare Cristo, il marito della Sua sposa, la Chiesa. Cfr. 1 Co. 11:2-10; 14:33-38; Ef. 5:22-33; 1 Ti. 2:11-15.</ref>. Scopo della toga non è porre il ministro al di sopra della comunità dei credenti, ma quello di distinguerlo da essi, "metterlo a parte", a causa del suo ufficio unico di pastore durante il culto della domenica.
Ecco ciò che al riguardo dice il teologo calvinista francese Richard Paquier: "E' naturale che l'uomo che presiede al culto nella Chiesa, sia vestito in modo corrispondente al compito assegnatogli e che esprima visibilmente ciò che fa. Inoltre, chiunque conduca l'atto di culto non lo fa come persona privata, ma come ministro della Chiesa. Egli è rappresentante della comunità e il portavoce del Signore. Per questo motivo prescrivere una toga, una sorta di "uniforme" ecclesiastica, è particolarmente utile per rammentare, sia ai fedeli che a sé stesso, che in quest'atto egli non è più il signor Tal dei Tali, ma un ministro della Chiesa nel mezzo di una moltitudine d'altre persone" (Dynamics of Worship: Foundations and Uses of Liturgy. Fortress Press, 1967, p. 138).
 
3. E' impossibile sfuggire al simbolismo dell'abito che si porta. Il pastore non è "un uomo d'affari" o un uomo politico. Egli non è ...l'amministratore della corporazione ecclesiastica, uno che debba sempre presentarsi con una sobria giacca ed una cravatta, possibilmente scura. Nella nostra cultura, giacca ed cravatta sono simboli della classe media-superiore, della funzione impiegatizia, dei bancari, degli avvocati, dei politici, "delle grandi occasioni", dell'ufficialità<ref name="ftn5">In effetti, in molti casi, di fatto il pastore apparteneva ad una classe media-superiore, tanto che sfoggiare questa sua appartenenza non è certo appropriato. Allo stesso modo portare l'abito comune delle classi più disagiate, benché questo possa essere gradito ad una certa ideologia, è altrettanto inappropriato.</ref>. Certo il simbolismo del portare "la veste della festa", quella migliore, sobria e pulita è un concetto accettabile perché sicuramente il momento del culto è un'occasione solenne (è uno speciale "incontro con Dio"), non un momento "qualunque". In questo caso la cosa vale per i fedeli, per i quali è opportuno che indossino i loro abiti migliori. Il pastore, durante il culto, deve portare ciò che, in particolare, simbolizza la funzione che ricopre in quel momento, e in questo non si identifica con l'abito d'alcuna categoria sociale particolare.
 
4. L'uso della toga conferisce dignità e rispetto ai nostri culti. Perché mai il pastore dovrebbe portare una toga, mettiamo, solo in occasione di matrimoni e non durante il culto della domenica? Ai matrimoni la toga conferisce solennità all'avvenimento. Lo stesso dovrebbe valere nel Giorno del Signore. Forse che i matrimoni sono più importanti dei culti domenicali? No, è vero l'opposto. Il culto della domenica dovrebbe essere altrettanto se non più solenne e formale di un matrimonio. Inoltre, che un pastore vesta in modo "casual" durante il culto, rischia di comunicare ai meno avveduti che il culto sia un momento come un altro, mentre, per un cristiano, rimane qualcosa di speciale e solenne, un'ora dissimile da qualunque altra, benché il culto vada reso a Dio in ogni aspetto della nostra vita. L'abitudine moderna di fare cose cerimoniali in modo non cerimoniale, non è prova d'umiltà, ma prova piuttosto l'incapacità del fedele di dimenticare sé stesso durante il rito, e la sua volontà di disconoscere il ruolo speciale che il rito ha nella nostra vita.

5. L’esempio degli edifici ecclesiastici. La Chiesa dovrebbe sempre desiderare una maggiore visibilità, perché, nella misura in cui diventerà più prominente, essa assumerà una posizione di testimonianza più coerente alle prospettive mondiali delle conquiste redentrici di Cristo. Dalla Bibbia i cristiani apprendono che, quando il Signore Gesù Cristo completò la Sua opera di riconciliazione ed ascese alla destra di Dio Padre, l’Eterno Iddio, come Proprietario, reclamò irrevocabilmente la Sua proprietà sul mondo. Gesù Cristo, come Secondo ed ultimo Adamo, ristabilisce il Suo popolo alla sua legittima posizione come “i mansueti che erediteranno la terra” (Mt. 5:5). La Chiesa cristiana, “un aiuto che sia adatto a lui” (Ge. 2:18), cioè a Cristo, vivificata dallo Spirito come la Sposa di Cristo, realizza il suo mandato culturale originale (Ge. 1:26-28) facendo discepoli in ogni nazione, il Grande Mandato (Mt. 28:18-20). Ecco perché Cristo venne in mezzo alla storia. Dio in Cristo reclama ciò che è Suo – il mondo. L’umanità restaurata (redenta), la Sua Chiesa, acquistando proprietà ed edifici utili al suo servizio, dimostra visibilmente il ristabilimento dell’ordine legittimo, cioè Gesù come Re ed il Suo popolo come affidatario o servitore Suo. La manifestazione del diritto di proprietà di Cristo sul mondo, non è solo esemplificata dal fatto che la Chiesa possieda di diritto i propri spazi, ma pure da individui, famiglie, associazioni ed altre forme di governo che riconoscono Cristo come Re dei re. Avere delle proprietà ed edifici ecclesiastici non è strettamente necessario per l’esistenza della Chiesa, ciononostante è vantaggioso e desiderabile. Questa analogia si applica ugualmente pure alla questione della speciale veste che deve caratterizzare il ministro cristiano. Essa aumenta la visibilità dei ministri della Chiesa nello stesso desiderabile modo.

Possibili obiezioni

1. Un pastore che porta una toga viola il principio regolatore del culto. Il principio regolatore del culto, tipico della Riforma, afferma che tutto ciò che Dio non ha prescritto per il culto è proibito. Noi non avremmo così la libertà o discrezionalità di introdurre elementi del culto, forme o cerimonie che non siano espressamente prescritte dalla Parola di Dio (immagini, candele, simbologia, rappresentazioni teatrali ecc.). Questo principio, infatti, giustamente prescrive che il culto debba contenere esclusivamente ciò che Dio ha prescritto<ref name="ftn6">Questo principio è stabilito dai Canoni di Westminster in questi termini: “L'intero consiglio di Dio, al riguardo delle cose necessarie per la Sua propria gloria, la salvezza dell'uomo, la fede, e la vita, può essere o espressamente dichiarato nella Scrittura, o può essere dedotto dalla Scrittura per buona e necessaria deduzione. A questo nulla e in qualsiasi tempo può essere aggiunto, sia per nuove rivelazioni dello Spirito, o a causa di tradizioni umane</ref>. Esso, però, distingue fra i principi fondamentali, che devono essere rispettati, e gli elementi "accidentali" (luogo, tempo e circostanze) che assumono un ruolo discrezionale. La questione dell'abito del pastore durante il culto non è una questione fondamentale, ma è condizionata socialmente, dipendente da considerazioni d'ordine sociale, riformabili in ogni momento, ma certamente sottoposte a discrezionalità.
 
2. "Sa troppo di cattolico". In primo luogo noi non stiamo dicendo che il pastore debba portare un collare, o complicati "paramenti sacri" somiglianti a quelli degli antichi sacerdoti durante l'Antico Testamento (il cui simbolismo si è esaurito con l'avvento del Cristo), ma una toga. Anche qui dobbiamo fare attenzione. Riteniamo certo che i cattolici romani siano in errore in molte aree, ma dobbiamo fare attenzione, come si dice, a ...non gettare via il bambino con l'acqua del bagno. Il fatto che lo facciano i cattolici romani questo non lo rende automaticamente sbagliato o non desiderabile. Inoltre, nel passato, proprio al tempo della Riforma, nel periodo in cui più forte era lo spirito anti-cattolico, di fatto i pastori continuavano a portare una lunga veste nera, e non soltanto durante il culto, ma anche durante la settimana. Per questo basta guardare i dipinti che ritraevano i ministri di culto.
Qualcuno potrà anche dire: "...ma non dobbiamo dare l'idea che il pastore sia la stessa cosa di un prete". E' vero, dobbiamo distinguerci dal sacerdotalismo che accorda ai preti uno status ed un potere "magico", in virtù del presunto sacramento dell'ordine. Questa è un'aberrazione, un abuso di un uso legittimo, cioè la funzione unica del ministro di culto. Il fatto, però, che si abusi di qualcosa, non significa che se ne debba abolire l'uso legittimo. A chi equivoca e fraintende la funzione del ministro riformato la si può bene spiegare.
 
3. Il formalismo è negativo ed allontana la gente. Certo il formalismo è negativo quando è solo forma priva di contenuti e sostanza, rito "da compiere" automaticamente e "senza cuore", "perché si deve", ma anche questo è un abuso di un uso buono. La vita è fatta di molti gesti rituali e lo spontaneismo anarchico non è certo qualcosa di sempre positivo: genera confusione e disordine, "perché Dio non è un Dio di confusione" (1 Co. 14:33). La cerimonia deve riflettere una motivazione fondata sulla Parola di Dio, non deve essere superstiziosa tanto da associarvi merito o necessità assoluta, né essere pesante o oppressiva, vuota, insignificante ed inutile, ma deve tendere all'edificazione. Se crediamo che ogni forma sia negativa, consideriamo ciò che la Bibbia descrive in Ebrei 12 ed Apocalisse 4-5. Ebrei 12:22-24 descrive un culto comunitario del Nuovo Testamento (in contrasto a quello dell'Antico Testamento dei versetti 18-21). Quando la Chiesa si riunisce nel giorno del Signore, essa entra (per fede) in cielo per adorare Dio insieme "alla festante riunione delle miriadi angeliche" e "agli spiriti dei giusti resi perfetti". E' come se, quando il pastore chiama il popolo al culto, il tetto della chiesa venisse scoperchiato. Notate come i fedeli siano tutti "organizzati" intorno al trono di Dio. Il culto non fornisce solo l'opportunità di esperienze devozionali private. La chiesa è "una città", "una festante riunione" (v. 22). Più tardi, Giovanni ci offre il privilegio, in Apocalisse, di guardare come avviene un culto in cielo. Vi è ogni tipo di lezioni liturgiche da apprendere qui. Secondo Apocalisse 4 e 5, il culto celeste è formale e liturgico, un'attività coordinata: Vi sono risposte comunitarie e formali che scaturiscono dai diversi gruppi rappresentati in quel culto: Tutti rispondono con le stesse parole. Non vi è alcuna manifestazione individuale di spiritualità. Angeli, anzialio e creature varie rispondono in modo antifonale con frasi che devono avere appreso! Sono stati addestrati per questo. E' un culto preparato che hanno esercitato, e per questo sono abbigliati in modo corrispondente (Ap. 4:4). In altre parole, un culto guidato dallo Spirito è liturgico e formale (1 Co. 14:26-33)!
 
4. La toga rende il pastore lontano dal popolo, inavvicinabile. Non è affatto così, anzi, lo rende più avvicinabile in quanto pastore. Costringe "Paolo Castellina" a tirarsi indietro per portare in primo piano il suo ruolo di ministro di Dio. La toga mette in evidenza l'ufficio ed il ruolo del pastore. Di fatto la gente sarà così più disposta psicologicamente a rivolgersi al pastore con domande ed interessi. Egli non sarà più "un pinco pallino qualunque"! E' vero che esistono ministri di culto indegni ed incompetenti, come pure presunti ministri mai ordinati da nessun sinodo o comunità di credenti, che ostentano falsi attestati, ma pur sempre, se è così, essi devono essere ripresi disciplinarmente da legittime autorità, alle quali essi devono comunque rispondere. Essi rammenteranno così che Paolo è il pastore. Dopo tutto, la gente vuole essere in grado di aver fiducia del loro pastore. Vogliono che i loro pastori siano differenti.
La gente anela poter essere in condizione di riporre un certo tipo di fiducia secondaria nell'ufficio del pastore e dell'anziano (la nostra fiducia primaria, naturalmente, è nella Parola di Dio). Un segno esteriore di quell'ufficio aiuta la gente. Non è difficile da provare. Pensate a medici, infermiere, giudici, e poliziotti<ref name="ftn7">Benché possano esistere falsi poliziotti che indossano una divisa per commettere crimini, si pensi a come un vero poliziotto in borghese che pattugli le strade mitra al braccio e fermi le auto con la paletta sia una presenza del tutto inquietante. Se la veste o l’uniforme non è importante, allora si potrebbe pure dire che i ministri della Chiesa potrebbero vestire come vogliono. Immaginate come sarebbe la nostra società se tutti i poliziotti non avessero un’uniforme per distinguersi dal resto della popolazione. Nella maggior parte dei casi la gente considera importante la veste.</ref>. La gente vuole che essi indossino qualcosa di distintivo che rammenti loro delle loro competenze e vocazione. Un camice bianco indossato dal medico ci rassicura: questa è la sua vocazione, ci rammenta la sua competenza ed esperienza. Lo stesso dovrebbe valere per i pastori. L'insegnamento biblico generalmente collega veste a vocazione. Tu sei ciò che indossi. Proprio come giudici, medici, poliziotti e meccanici portano abiti adatti alla loro vocazione, così dovrebbero fare i pastori, specialmente quando svolgono il sacro dovere del loro ufficio durante il culto della domenica.

Per riassumere

Nel culto cristiano, biblicamente e storicamente, i ministri portano abiti speciali come testimonianza del loro ufficio di rappresentanti di Cristo. La toga serve per nascondere la persona in sé e mette in rilievo la sua vocazione speciale. Il pastore rappresenta Cristo, lo Sposo, per la Chiesa, Sua sposa. Quando il pastore conduce il culto questo ci aiuta a rammentare che non è "il mio amico Paolo" quello che sta là. Dio in Cristo ci chiama a adorare, confessare ed udire la Sua Parola, a donare, ecc. Ed Egli lo fa attraverso il Suo servo consacrato. Il pastore non agisce per sé stesso, ma per Cristo. Un giudice o un poliziotto, porta un'uniforme perché non agisce a suo nome, ma risponde ad un compito che la comunità gli ha assegnato. Allo stesso modo, un ministro rappresenta la legge ed il governo di un altro regno. La veste che egli indossa rende testimonianza a questo. Anch'egli è sottoposto ad un'autorità. L'autorità del pastore non deriva dalla sua condizione economica o sociale (vesti di lusso). Non deriva dal suo carisma naturale né dalla sua apparenza fisica. Non deriva certamente nemmeno dal fatto che sembra od agisce come altri leader del mondo (politici o uomini d'affari). Proprio come la collocazione del pulpito e della tavola per la Santa Cena hanno un significato simbolico, così pure la veste del ministro di culto comunica il fatto che egli è un ministro ordinato del Signore risorto, chiamato a condurre il popolo di Dio nel culto. Che un pastore durante il culto vesta una toga è in linea con ciò che la Bibbia implica e quello che la Chiesa storicamente ha praticato, in linea con ciò che le Chiese riformate fanno nel mondo intero.
Perché la Chiesa evangelica trova così difficile da accettare che i propri ministri portino un segno di distinzione esteriore quando lo accettano per mille altre professioni? Se fossimo onesti con noi stessi e con gli altri, ammetteremmo probabilmente che questo ha a che fare con coloro che portano la veste: il clero cattolico romano e i ministri delle chiese di tendenza liberale da cui vogliamo pregiudizialmente distinguerci. I cristiani evangelici dovrebbero comprendere che i loro ministri sono chiamati a distinguersi di fronte ad un mondo che osserva, come coloro che governano la Chiesa di Cristo. Come ambasciatori di Cristo, i ministri della Chiesa devono essere visibili. Maggiore visibilità è una cosa buona, non una cosa cattiva.

Commento

"...voi siete tutti fratelli" (Mt. 23:8); "Non c'è qui né Giudeo né Greco; non c'è né schiavo né libero; non c'è né maschio né femmina; perché voi tutti siete uno in Cristo Gesù" (Ga. 3:28). Allo stesso modo vi è una fondamentale uguaglianza fra uomo e donna, ma funzioni e responsabilità sono diverse, perché tali da Dio sono state stabilite. Oggi, come cristiani evangelici, ci siamo lasciati troppo influenzare dai capricci della cultura contemporanea. Invece di essere noi a modellare la società intorno a noi, è la Chiesa ad essere influenzata dall’ambiente in cui vive. Invece di riconoscere che vi sono sempre distinzioni fra la gente (ad es. il capo in rapporto al corpo), la maggior parte dei cristiani ha assorbito la nozione equivoca dell’uguaglianza fra tutti. Troppo spesso questa filosofia falsa ed eretica ha influenzato la Chiesa del 20° secolo. La Chiesa cristiana non è una democrazia, ma una teocrazia dove Dio stabilisce pastori sul Suo gregge. Il cristianesimo storico ha sempre riconosciuto distinzioni per quanto riguarda la vocazione, e queste differenze sono segnate dalla veste e dall’uniforme.

Note

<references />