Predicazioni/Efesini/Le benedizioni non cascano dal cielo all'improvviso!

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Le benedizioni non cascano dal cielo all’improvviso

Quando “si fanno gli auguri” per qualcosa (un compleanno o per una festa particolare) si può essere più o meno sinceri nel porgerli. Spesso si tratta, però, di vuote formalità, o riflettere persino superstizioni come se fossero parole magiche. Il culto cristiano termina sempre con una benedizione, che è una frase augurale, un buon desiderio, un buon auspicio in favore dei partecipanti prima che ritornino alle loro case. La benedizione è l’augurio – potremmo dire – che il Signore Iddio rivolge a coloro che, avendo partecipato al culto, hanno udito l’Evangelo, la gioiosa notizia della grazia e della salvezza in Gesù Cristo, e che sono stati “ricaricati”, nutriti spiritualmente dall’incontro con il Signore. Questo augurio è come se dicesse: “Ora che avete udito la mia Parola, ora che avete udito delle meravigliose ricchezze spirituali che vi dono nella Persona del mio amatissimo Figlio Gesù Cristo, io vi auguro che veramente voi possiate avvalervene, utilizzarle, metterle a frutto, ricevendole a piene mani!”.

E’ assolutamente vero che il Signore Iddio, attraverso l’annuncio della Sua santa Parola, dona ricchezze inestimabili. Quanti, però – effettivamente – “tendono le mani” per riceverle, facendole proprie? Ahimè, la maggior parte di coloro che odono l’Evangelo – uscendo dalla porta della chiesa – ben presto dimenticano ciò che hanno udito ed esso non produce alcun cambiamento sostanziale nella loro vita. “Io vi auguro che voi possiate portarlo a buon frutto”, dice l’ultima parola che odono nel culto, ma tutto per loro spesso finisce lì – immense ricchezze a disposizione lasciate inutilizzate, mai veramente accolte, spese, investite! Che tristezza, che spreco lasciare così inutilizzati tali doni di grazia e d’amore!

Ricchezze a disposizione

Vi voglio leggere una di queste benedizioni, tratta dalla lettera dell’apostolo Paolo ai cristiani di Efeso:

“ ...Per questa cagione, dico, io piego le ginocchia dinanzi al Padre, dal quale ogni famiglia ne' cieli e sulla terra prende nome, perché Egli vi dia, secondo le ricchezze della sua gloria, d'esser potentemente fortificati mediante lo Spirito suo, nell'uomo interiore, e faccia sì che Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, affinché, essendo radicati e fondati nell'amore, siate resi capaci di abbracciare con tutti i santi qual sia la larghezza, la lunghezza, l'altezza e la profondità dell'amore di Cristo, e di conoscere questo amore che sorpassa ogni conoscenza, affinché giungiate ad esser ripieni di tutta la pienezza di Dio. Or a Colui che può, mediante la potenza che opera in noi, fare infinitamente al di là di quel che domandiamo o pensiamo, a Lui sia la gloria nella Chiesa e in Cristo Gesù, per tutte le età, ne' secoli de' secoli. Amen” (Efesini 3:14-21).

…perché Egli vi dia, secondo le ricchezze della Sua gloria? Ma non ce lo ha già dato? Certo, Egli ci ha donato il Suo Figlio Gesù Cristo e con Lui ogni sorta di benedizione spirituale ma …se noi non tendiamo le mani per ricevere questo dono è come se – a livello nostro personale – Egli non ce lo avesse mai donato! Il Signore Iddio non ci rimpinza il collo a forza come delle oche da ingrasso! Dobbiamo ricevere i Suoi doni consapevolmente e metterli a buon frutto.

Il ruolo della preghiera

Come si fa a ricevere i doni della grazia di Dio in Gesù Cristo? Che cosa vuol dire “tendere le mani” verso di Lui? Significa avvalersi della possibilità, dello strumento, della preghiera. Si, la preghiera, ecco l’importanza essenziale della preghiera. 

Di un uomo si può dire: “Era un uomo di preghiera – era una donna che pregava spesso e volentieri”. Lo si dice come se si trattasse di una particolarità, di un dono, che uno può avere ed un altro no. Non ci rendiamo spesso però conto che la preghiera è lo strumento essenziale, l’essenziale strumento di comunicazione che ci permette di rapportarci a Dio e di ricevere i doni della Sua grazia. 

Che cos’è la preghiera? E’ il canale di comunicazione che da noi raggiunge Dio. Se non c’è, se non esiste, se esso è ostruito, nessuno deve illudersi di ricevere alcunché da Dio. Per questo l’apostolo dice: “Senza fede è impossibile piacergli; poiché chi si accosta a Dio deve credere che egli è, e che ricompensa tutti quelli che lo cercano” (Ebrei 11:6). Notate bene: quelli che Lo cercano, di quelli che lo cercano diligentemente attraverso la preghiera.

A causa del nostro peccato questo canale di comunicazione che ci unisce a Dio è bloccato, ostruito. Abbiamo ereditato questa “ostruzione” da chi ci ha preceduto, anzi, spesso siamo ben contenti che questo canale di comunicazione con Dio sia interrotto, perché non vogliamo che Dio “ci disturbi” più di quel tanto… Quando però lo Spirito Santo di Dio, attraverso l’annuncio dell’Evangelo, ci fa prendere coscienza della nostra follia, della condanna che noi giustamente meritiamo a causa della nostra ribellione a Dio ed alle Sue leggi, quando ci presenta Cristo come mezzo per cui i nostri peccati sono perdonati e siamo, grazie a Lui, riconciliati con Dio, allora le ostruzioni e le barriere fra noi e Dio vengono eliminate e la vita, la linfa, la comunicazione torna ad essere non solo possibile, ma anche essenziale fra noi e il nostro Creatore.

Avviene la stessa cosa quando torna la pace fra due persone che da tempo non si parlavano più. Che cosa meravigliosa quando torna il dialogo fra quelle due persone! Che cosa meravigliosa quando torna il dialogo (la preghiera) fra un’anima graziata ed il Suo Creatore, l’eterno Iddio!

L’insegnamento di Calvino

Il Riformatore Giovanni Calvino scriveva sulla preghiera:

“Da quanto è stato detto in precedenza, vediamo chiaramente quanto l'uomo sia sprovvisto di ogni bene, e come gli manchi tutto quel che concerne la sua salvezza. Se dunque vuol trovare qualcosa che sovvenga al suo bisogno, deve uscire da sé stesso e cercare altrove. Inoltre, ci è stato spiegato che il nostro Signore si presenta misericordioso a noi nel suo figlio Gesù Cristo, offrendoci per mezzo suo ogni felicità in cambio della nostra miseria, ogni abbondanza in cambio della nostra povertà, e aprendoci in lui tutti i suoi tesori e le sue ricchezze celesti, affinché tutta la nostra fede si rivolga a quel Figlio tanto amato, affinché attendiamo ogni cosa da lui e tutta la nostra speranza riposi in lui. Questa è una filosofia segreta e nascosta, che non si può capire per sillogismi; ma la capiscono coloro ai quali il nostro Signore ha aperto gli occhi perché vedano con chiarezza, nella sua luce. Poiché la fede ci insegna che tutto il bene di cui abbiamo bisogno, e non troviamo in noi stessi, è in Dio e nel suo figlio, nostro Signore Gesù Cristo al quale il Padre ha affidato la pienezza delle sue benedizioni e generosità affinché vi attingiamo tutti come da una fonte traboccante, ne deriva che dobbiamo cercare in lui e chiedere a lui con preghiere e orazioni quel che sappiamo esservi. Altrimenti, il riconoscere Dio come Signore, autore e distributore di tutti i beni, che ci invita a richiederglieli, e il non rivolgersi a lui, non chiedergli nulla, non ci gioverebbe affatto; sarebbe anzi come se qualcuno disprezzasse e lasciasse sepolto e nascosto sotto terra un tesoro, di cui gli fosse stata resa nota l'esistenza. Perciò l'Apostolo, volendo indicare che non può sussistere vera fede senza che ne segua l'invocazione a Dio, afferma che la fede procede dall'evangelo, e da essa siamo indotti a pregare Dio (Romani 10:14)” (Istituzioni, 3:20).

Potremmo così noi mai dire che la preghiera, aperta, onesta e spontanea, rivolta a Dio, fonte di ogni bene, non sia importante o che fosse qualcosa di cui si possa fare a meno. Certo no. Io e voi ne abbiamo bisogno.

Imparare a pregare

Essendo stati riconciliati con Dio attraverso la fede nell’opera di Gesù Cristo, allora dobbiamo imparare a pregare, imparare a rapportarci con Dio. Vorrei brevemente in questa occasione accennarvi alcune lezioni sulla preghiera che un uomo di Dio ha imparato e che dobbiamo fare nostre. In primo luogo dobbiamo:

1) Essere nella giusta disposizione. “A te, o SIGNORE, io elevo l'anima mia” (Salmo 25:1), dice un salmo. La prima regola della preghiera è la giusta disposizione della nostra mente e del nostro cuore. E’ una conversazione con Dio. Dobbiamo essere consapevoli di chi è Colui davanti al quale ci stiamo presentando: Dio, consapevoli della Sua maestà, grandezza e potere, Colui dal quale tutta la nostra vita dipende. Dobbiamo essere “come si addice” a un tale incontro. Guai presentarci a Lui con atteggiamento casuale: nel pregare dobbiamo avere estremo rispetto e timore. Dobbiamo concentrare la nostra attenzione su di Lui, applicarci, liberi da ogni pensiero estraneo e distrazione a cui dobbiamo resistere con forza. Non è “come se avessimo a che fare con qualche uomo di poca importanza, e interrompiamo, mentre lo preghiamo, il filo del discorso e svolazzando qua e là”, dobbiamo bandire da noi ogni pensiero leggero e superficiale, ogni fantasticheria. Dobbiamo “elevarci” a Dio con purezza di cuore e di mente. Il gesto biblico di elevare le mani in alto durante la preghiera serve per renderci conto di essere molto lontani da Dio se non innalziamo i nostri sensi al cielo per avvicinarsi a Dio. Poi dobbiamo:

2) Chiedere secondo la Sua volontà. “Questa è la fiducia che abbiamo in lui: che se domandiamo qualche cosa secondo la sua volontà, egli ci esaudisce” (1 Giovanni 5:14). Questo vuol dire “Non chiedere più di quel che Dio ci permette”. Egli certo promette di esaudire il desiderio dei credenti, ma non vuol dire che Egli si pieghi ai nostri desideri più sbrigliati. Non si può “importunare” Dio con pretese arroganti e sconsiderate. La preghiera si fonda su ciò che Dio ha rivelato di Sé stesso e della Sua volontà, che noi dobbiamo conoscere. Noi conosciamo la volontà di Dio conoscendo bene le Sacre Scritture: ecco perché studiare la Bibbia è essenziale per ogni figlio di Dio. Nel pregare dobbiamo invocare l’aiuto dello Spirito Santo proprio per pregare “come si conviene”. In questo è Lui che ci è maestro per farci formulare una preghiera adatta, governare i nostri sentimenti, mediare e regolare la preghiera: “lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché non sappiamo pregare come si conviene; ma lo Spirito intercede per noi con sospiri ineffabili; e colui che esamina i cuori sa quale sia il desiderio dello Spirito, perché egli intercede per i santi secondo il volere di Dio” (Romani 8:26,27). Nella preghiera è necessario pure:

3) Essere ispirati da un ardente desiderio, veramente persuasi che abbiamo bisogno di ciò che chiediamo, dal sentimento della nostra indegnità e bisogno. “Ti ho supplicato con tutto il cuore” (Salmo 119:58). “Quanto più le avversità, le difficoltà, il timore e altre tentazioni ci molestano, tanto più libero è l'accesso a Dio, come se egli ci chiamasse per nome”.  borbottare o leggere preghiere per abitudine, mentre “il nostro cuore è freddo come ghiaccio, e non pensiamo a quel che chiediamo” è abominevole. La nostra preghiera potrà magari essere confusa, ma non c’è nulla di peggio di una preghiera finta e formale. “Viene chiusa così la porta ad ogni ipocrisia, astuzia e sofisma che gli uomini inventano per mentire a Dio; costoro, dico, sono respinti lontano dal privilegio di invocare Dio, il quale promette di essere vicino a tutti coloro che lo invocheranno con verità, ed afferma che coloro i quali lo cercheranno con tutto il loro cuore lo troveranno. Ma coloro che si compiacciono nelle loro impurità non mirano affatto a ciò. Ecco perché la preghiera ben condotta richiede pentimento, ed è insegnamento frequente nella Scrittura che Dio non esaudisce gli ingiusti, ma che le loro preghiere sono esecrabili davanti a lui, come i loro sacrifici”. La necessaria e continua nostra preghiera deve essere ispirata dal senso di costante dipendenza da Dio. “Chi, dunque, si dispone a pregare, si penta dei suoi peccati e assuma lo stato d'animo e la disposizione di un povero mendicante; ma questo non può accadere senza pentimento”. Questo vuol dire:

4) Riconoscere la nostra indegnità. “O mio DIO, porgi il tuo orecchio e ascolta; apri i tuoi occhi e guarda le nostre desolazioni e la città sulla quale è invocato il tuo nome, perché noi non presentiamo le nostre suppliche davanti a te per le nostre opere giuste, ma per le tue grandi compassioni “ (Daniele 9:18). “Tutti coloro che si presentano davanti a Dio per pregare abbandonino ogni idea di gloria propria e si svestano di ogni concetto della propria dignità; lascino ogni fiducia in se stessi rendendo, nella loro umiltà, tutta la gloria a Dio per non vacillare, dinanzi al suo volto, con la loro vana presunzione”. “L'inizio e la preparazione ad una giusta preghiera consistono nel richiedere il perdono con un'umile e sincera confessione dei nostri peccati. Non bisogna infatti sperare che la persona più santa del mondo ottenga qualcosa da Dio, fino a che non sia gratuitamente riconciliata con lui. E non può essere che Dio sia propizio, se non a coloro ai quali perdona le loro offese”. Dobbiamo prima chiedere la grazia e la misericordia di Dio: “egli innalza i cuori a desiderare quel che più è importante, cioè che Dio ci accolga nella sua grazia, e poi che manifesti il frutto di tal riconciliazione aiutandoci”. Infine:

5) Fiducia nell’esaudimento. Dice la Bibbia:“Perciò vi dico: tutte le cose che voi domanderete pregando, credete che le avete ricevute, e voi le otterrete” (Marco 11:24). “Tutte le cose che domanderete in preghiera, se avete fede, le otterrete” (Matteo 21:22). Sentire (queste sono sempre citazioni di Calvino): “Pur sentendoci veramente umiliati, avremo tuttavia il coraggio di pregare sperando con fermezza di essere esauditi”. Anche nel mezzo delle angosce più severe, “affidandosi a quella bontà che li illumina, troviamo sollievo e tregua per sopportare ogni difficoltà, e speriamo esito favorevole e liberazione”. Una duplice disposizione d’animo è dunque essenziale per l’uomo: “che egli gema per i suoi mali presenti, che sia angosciato al pensiero di quelli che gli possono accadere, ma che abbia ricorso a Dio senza dubitare che egli è pronto a stendere a sua mano per soccorrerlo”.

Conclusione

Anche oggi, dunque, termineremo il nostro culto con una benedizione e diremo: “Che il Signore renda efficaci queste parole in chiunque ha ascoltato e che ciascuno di voi, accogliendo Gesù Cristo come proprio Signore e Salvatore, possa avvalersi del canale di comunicazione che Egli ha aperto fra noi e Dio”. Accadrà questo dopo il termine di questi momenti di culto, nei prossimi giorni, oppure queste saranno solo parole sprecate per chi non ha inteso l’importanza della preghiera e le lezioni date loro dagli uomini e dalle donne di preghiera? Che tutto questo possa diventare dunque per voi l’inizio di una nuova ed entusiasmante fase della vostra vita dove la preghiera sia sovrana!