Predicazioni/Galati/Abbiamo bisogno di un precettore che ci stia appresso

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Abbiamo bisogno di un precettore che ci stia appresso!

Si può dire quel che si vuole ...ma non c'è migliore istruzione se non quella impartita a tu per tu (privatamente!) da precettore ad allievo (meglio ancora se genitore). L'istruzione pubblica è troppo dispersiva e troppo spesso abbandona lo studente a sé stesso. Spesso c'è bisogno di qualcuno "che ti stia appresso" costantemente. Allora si potrà far arrivare lo studente all'obiettivo dei suoi studi. Allo stesso modo per arrivare al Salvatore Gesù Cristo abbiamo bisogno di un valente precettore. Secondo l'autorevole testo che esaminiamo oggi, questo "precettore" è soprattutto ...la Legge di Dio data attraverso Mosè! Possibile? Vediamo un po..

"Ora, prima che venisse la fede noi eravamo custoditi sotto la legge, come rinchiusi, in attesa della fede che doveva essere rivelata. Così la legge è stata nostro precettore per portarci a Cristo, affinché fossimo giustificati per mezzo della fede. Ma, venuta la fede, non siamo più sotto un precettore" (Galati 3:23-25).

In questo testo l'Apostolo esemplifica quanto espresso fino a questo punto sulla funzione "negativa" della legge mosaica personificandola e paragonandola prima ad un carceriere e poi ad un precettore. Al vers. 22 la Scrittura dichiara il mondo intero, "ogni cosa", fatta prigioniera dal peccato. Qui dal generale passa al particolare: l'Apostolo afferma che, per un certo periodo di tempo, i Giudei erano tenuti prigionieri, "sotto custodia" dalla legge mosaica che così limitava, restringeva, confinava, ogni aspetto della loro vita, tanto che si poteva dire che la legge fosse stata il loro carceriere (custode).

E' così che la legge mosaica era stata data non solo come criterio permanente di giustizia per tutta l'umanità (ciò che Dio comanda è scritto nel cuore di ogni umano), ma anche come sistema temporaneo di supervisione di un popolo particolare, quello israelita. Come un carceriere, un complesso sistema di codici e regolamenti teneva strettamente legata la condotta del popolo ebraico. Questa situazione, però, doveva essere solo temporanea. La funzione della legge come "carceriere" non era da considerarsi permanente ma limitata solo ad un certo periodo della storia. Come afferma il vers. 23 questo "imprigionamento" sarebbe terminato: "Ma prima che venisse la fede ... in attesa della fede che doveva essere rivelata", la fede, cioè, "la fede di Gesù Cristo". Attenzione! Non l'arrivo della fede "in Gesù Cristo" (anche se questo è implicito), ma la fede di Cristo, il rapporto che Egli aveva ed ha con Dio Padre in quanto Mediatore, rappresentante, sostituto, di tutti coloro che gli appartengono. L'arrivo "della fede" è l'arrivo del Cristo.

La natura temporanea della legge è pure descritta dall'immagine del precettore o pedagogo. "Così la legge è stata come un precettore per condurci a Cristo" (24). L'immagine è quella di un tutore che privatamente insegna a bambini o ragazzi da distinguersi da quella di un maestro di un'intera classe. Allora il pedagogo aveva la funzione diretta e privata di insegnamento, supervisione, controllo e disciplina del bambino della famiglia che lo assumeva. Egli lo accompagnava personalmente nello studio. Possiamo equiparararlo, nella storia alla funzione che aveva il precettore dei figli di famiglie reali o nobili. Il precettore controllava in casa il comportamento del bambino attraverso una costante disciplina. Così era, per Paolo, la funzione della legge come supervisione e disciplina del popolo di Israele "in attesa della fede", in attesa, cioè, del Cristo.

La venuta di Cristo, quindi, avrebbe posto termine alla supervisione della legge. Quale ne era lo scopo?

"Affinché (anche) noi fossimo giustificati per fede" (24b). Sotto la costante disciplina della legge, gli israeliti dovevano imparare quanto impossibile fosse osservarla appieno. Come un precettore doveva sempre rilevarne le inosservanze e mancanze, non farli mai considerare a posto, sollecitarli del continuo e persino "tormentarli" (per il loro bene), non farli mai sentire soddisfatti e compiaciuti di sé stessi. Certo questo non era fine a sé stesso. Non era certo una crudeltà, ma aveva, appunto, una funzione pedagogica.

Questa disciplina doveva insegnare loro che avrebbero potuto solo essere dichiarati giusti da Dio "per fede di Cristo", in comunione con Lui, il Messia.

Al vers. 25 l'Apostolo arriva alla conclusione che demolisce ogni argomentazione che sostenga come i cristiani debbano vivere sotto il controllo e la supervisione della legge: "Ora che la fede è venuta, non siamo più sotto precettore". I Galati dovevano comprendere come supporre di vivere ora come cristiani sotto la supervisione e disciplina legalistica della legge mosaica sarebbe stato come se Cristo non fosse mai ancora giunto. Assurdo, insensato: Cristo è venuto ed ora, la vita che viviamo la viviamo "nella fede nel Figlio di Dio" (2:20), in comunione con lui. Vivere in Cristo, in comunione di fede con il Cristo significa essere liberi dalla supervisione della legge, da ogni forma di legalismo.

Se lo può dire chi è giunto alla fede in Cristo dal Giudaismo, ancora di più lo può dire chi proviene dal paganesimo. Hanno ricevuto lo Spirito credendo all'Evangelo, ora vorrebbero forse fare progressi nella vita spirituale osservando "legalisticamente", "pedestremente" la legge mosaica? Il loro tentativo di osservare la legge come se fossero sotto la supervisione della legge osservata per "guadagnarci" quello che da noi stessi noi non potremmo in ogni caso guadagnarci, non voleva dire progredire, ma retrocedere al periodo della storia prima che Cristo fosse venuto. Davvero folle. La nostra nuova vita in Cristo non è da viversi "sotto la supervisione" della legge, ma sotto il governo di Cristo attraverso il Suo Spirito. La libertà in Cristo, dalla sovrintendenza meticolosa della legge mosaica, ci mette in grado di "vivere per Dio" (2:19). Essi credevano che "vivere per Dio" significasse sottomettersi meticolosamente alla leggre mosaica, no, vuol dire vivere in comunione dinamica con il Cristo.

Ancora oggi ci sono raggruppamenti religiosi che affermano di essere cristiani, i quali ritengono essenziale per la salvezza la rigorosa osservanza della legge dell'Antico Testamento, di feste e cerimonie giudaiche, oppure di regolamenti religiosi stabiliti ad hoc dalle loro dirigenze. Questo viene in diverso modo giustificato e prescritto come "condizione" per la salvezza. Che cosa hanno compreso della grazia in Gesù Cristo? Poco o nulla, perché in varia misura contraddicono quanto afferma il Nuovo Testamento.

Proclamare la legge morale di Dio è un requisito dell'autentica evangelizzazione, perché l'uomo o la donna pure di oggi deve sentire tutto il peso, financo oppressivo, della legge morale di Dio, sentire tutta la frustrazione di esserne inadempienti, e della condanna che per quello ben meritiamo. Ma perché? Per potere invocare Gesù Cristo come nostro Salvatore! Come infatti potremmo invocare (disperati!) Gesù Cristo come nostro Salvatore se nessuno ci ha reso consapevoli da che cosa Egli ci salvi e metterci (autenticamente) in comunione salvifica con Dio? Quanto carente è spesso, in questo senso, l'evangelizzazione moderna! L'evangelista moderno che preliminarmente non "predichi la legge", di fatto priva i suoi uditori del "precettore" che - il solo - ci può portare a Cristo, ...e con bastonate, se necessario!


Preghiera. Signore Iddio, dammi di comprendere appieno tutte le implicazioni della grazia di Dio in Gesù Cristo e la libertà che in Lui tu mi doni. Proteggimi dalle pretese di eventuali autorità religiose che vorrebbero di nuovo trascinarmi in schiavitù, ma anche dalla tentazione di trasformare questa libertà in licenze troppo facilmente giustificate. Che io mi sottometta volentieri al dolce giogo di Cristo. Amen.