Predicazioni/Galati/Evangelizzazione o marketing

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Evangelizzazione o marketing?

Vi sono oggi dei cristiani che pur di far accostare la gente a Cristo sono disposti a fare, con loro, compromessi di ogni genere. Più che evangelizzazione fanno marketing! Adattarci al nostro uditorio, però, non vuole dire compiacerlo in ogni cosa e compromettere così i principi di base della fede cristiana. Nel brano che consideriamo oggi l'apostolo Paolo riprende severamente Pietro per l'incoerenza di quest'ultimo. Quali sono le cose fondamentali della fede cristiana sulle quali non possiamo fare compromessi?

“Ma quando Pietro venne ad Antiòchia, io mi opposi a lui apertamente perché aveva torto. Prima infatti egli aveva l'abitudine di sedersi a tavola con i credenti di origine pagana; ma quando giunsero alcuni che stavano dalla parte di Giacomo, egli cominciò a evitare quelli che non erano Ebrei e si tenne in disparte per paura dei sostenitori della circoncisione. Anche gli altri fratelli di origine ebraica si comportarono come Pietro in questo modo equivoco. Persino Bàrnaba fu trascinato dalla loro ipocrisia. Ma quando mi accorsi che essi non agivano secondo la parola del Signore, dissi a Pietro, in presenza di tutti: 'Se tu, che sei Ebreo di origine, ti comporti come uno che non lo è, vivendo come chi non è sottoposto alla legge ebraica, perché poi costringi gli altri a vivere come gli Ebrei?” (Galati 2:11-14 TILC).

Non c'è differenza fra l'Evangelo predicato da Paolo e quello predicato da Pietro, il riconoscimento reciproco è franco ed aperto. 

Pietro non ha problema a sedersi a tavola con i cristiani di origine pagana (che il Cristo aveva esentato dall'assoggettarsi alle tradizioni ebraiche come la circoncisione o a cerimonie di purificazione) perché sa che la salvezza non dipende dalla conformità alle pratiche cerimoniali ebraiche, ma dalla fede in Cristo. Vi erano però cristiani di origine ebraica che ritenevano che i convertiti a Cristo di origine pagana dovessero assoggettarsi alle leggi cerimoniali mosaiche. Sbagliavano, ma Pietro li teme. Ha paura che lo critichino, lo condannino e lo discreditino; così, quando essi sono presenti, evita di sedersi a tavola con non ebrei, cosa che i rigoristi ebraici consideravano fonte di contaminazione rituale. Faceva bene a fare così l'apostolo Pietro? No, perché una cosa era comunicare agli Ebrei l'Evangelo di Cristo adattando a questi ultimi linguaggio e categorie (cosa legittima e necessaria), altra cosa era assoggettarsi a regole che per tutti i cristiani il Cristo stesso aveva superato.

Il problema era l'incoerenza di Pietro (si comporta in due modi diversi), tanto che Paolo era stato costretto a riprendere pubblicamente Pietro. Pietro, infatti, con gli israeliti voleva presentarsi come ligio aderente delle regole dell'ebraismo causando così equivoco e confusione sulla sostanza dell'Evangelo. Agli ebrei, infatti, era proibito di mescolarsi con i pagani ed essi esigevano che i pagani che si accostavano alla fede ebraica dovessero farsi circoncidere. La fede cristiana questo non lo richiede, anzi, “Non c'è qui né Giudeo né Greco; non c'è né schiavo né libero; non c'è né maschio né femmina; perché voi tutti siete uno in Cristo Gesù” (Galati 3:28), come pure: “in Cristo Gesù non ha valore né la circoncisione né l'incirconcisione; quello che vale è la fede che opera per mezzo dell'amore” (Galati 5:6). Pietro, però, per compiacere gli israeliti (ed attirarli a Cristo) o per timore, simulava la sua conformità alle prescrizioni cerimoniali ebraiche (che altrimenti avrebbe ritenuto superate). È così che Paolo giustamente “resiste in faccia” a Pietro, “perché era da condannare”. Forse Pietro temeva che non facendo come gli israeliti essi si scandalizzassero respingendolo e rifiutando Cristo? 

Su questioni di principio, però, non si può transigere, quale che sia la possibile reazione del nostro uditorio. Non si può fare accettare Cristo “a tutti i costi”. Non possiamo dire: “Basta che accettino Cristo e siamo disposti ad ogni compromesso” adattando a loro l'Evangelo. Lo dicono ancora in tanti oggi, sebbene in contesto diverso. Di fatto tanti cristiani moderni fanno marketing, non evangelizzazione. 

Il marketing è definito così: "Con riferimento alle imprese produttrici di beni di largo consumo, il complesso dei metodi atti a collocare con il massimo profitto i prodotti in un dato mercato attraverso la scelta e la pianificazione delle politiche più opportune di prodotto, di prezzo, di distribuzione, di comunicazione, dopo aver individuato, attraverso analisi di mercato, i bisogni dei consumatori attuali e potenziali". L'Evangelo è forse una merce che deve essere venduta oppure un modo per avere dei profitti manipolando sia la merce che chi vorremmo fargliela acquistare? Certo no! Paolo stesso sarebbe stato condannabile se, per attirare i pagani, avesse fatto compromessi con qualche loro pratica idolatrica. In quel caso Pietro avrebbe fatto bene a “riprenderlo in faccia”. 

Nel corso della storia, pratiche idolatriche e pagane sono state di fatto “cristianizzate” perché si riteneva che, tollerandole, fosse “più facile” l'accesso dei pagani alla fede cristiana. L'Evangelo, così, è stato compromesso ed alterato tanto da renderlo irriconoscibile, tanto da renderlo “altro”. Sappiamo, però, che non può esistere “un altro Evangelo”. Oggi, allo stesso modo, c'è chi “annacqua” l'Evangelo per renderlo “maggiormente accettabile” alla nostra generazione, oppure lo mescola con le ideologie o i costumi prevalenti adattandolo per renderlo “più appetibile” o “attuale”. Anche se, così facendo, riusciamo ad avere “le chiese piene” (ammesso che accada), il risultato è tragico e fatale non solo per la fede cristiana, ma per la stessa salvezza di chi prende per buono un tale “Evangelo”, perché non risulta più quel che dovrebbe essere. Quali sono le cose fondamentali della fede cristiana sulle quali non possiamo fare compromessi?

Preghiera

Signore, dammi di proclamare e vivere l'Evangelo in tutte le sue implicazioni con chiarezza e senza paura, sicuro che porterà frutto come e dove Tu così hai deciso. Amen.