Predicazioni/Galati/Non è un argomento oggi popolare, ma...

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Non è un argomento oggi popolare, ma...

In un tempo di immoralità come il nostro, in cui ciascuno vuole essere legge a sé stesso, è certo importante, anzi, essenziale, dire chiaramente che esiste una legge morale suprema stabilita da Dio per regolare e limitare il comportamento umano e rispetto alla quale saremo giudicati. E' essenziale, però, considerarla dalla prospettiva del Signore e Salvatore Gesù Cristo, altrimenti solo porteremo la gente fuori strada. Sulla base della lettera ai Galati cercheremo così, di comprendere, in tre puntate, quale sia la funzione della legge morale di Dio.

"Perché dunque fu data la legge? Essa fu aggiunta a causa delle trasgressioni, finché fosse venuta la discendenza a cui era stata fatta la promessa; essa fu promulgata dagli angeli per mano di un mediatore. Or il mediatore non è mediatore di una sola parte, ma Dio è uno" (Galati 3:19-20).

L'Apostolo qui interrompe l'argomentazione che stava portando avanti e si chiede: Perché dunque la legge (di Dio)? Anche se non salvifica (la salvezza tramite la sua osservanza), indubbiamente essa ha una funzione, "serve". Nessuno potrebbe accusare l'Apostolo di promuovere un relativismo etico o, peggio, una vita amorale, una vita basata sugli impulsi del momento. Perché Dio ha stabilito, per la condotta dell'essere umano, una legge morale?

La breve risposta che qui Paolo fornisce tocca tre punti: (1) la legge ha una funzione "negativa"; (2) la legge ha un carattere "temporaneo"; (3) la legge ha un'origine "mediata".

1. Secondo l'Apostolo, la legge morale ha una funzione "negativa": "Essa fu aggiunta a causa delle trasgressioni" (19). L'Apostolo ha già dimostrato ciò che la legge morale non può fare: non può essa stessa rendere giusto alcuno davanti a Dio (v. 11); non è basata sul principo della fede (v. 12); non è "condizione" per essere benedetti da Dio (v. 18). La legge fornisce un criterio oggettivo secondo il quale si misurano le nostre trasgressioni, il criterio secondo il quale Dio giudica la nostra vita. Dio ha pubblicato la Sua legge affinché noi si sappia quanto siamo peccatori, quanto ci discostiamo da ciò che Dio ritiene giusto (i suoi standard di condotta). Il peccato certo esisteva prima che la legge di Dio fosse pubblicata [cfr. "Poiché, finoalla legge, il peccato era nel mondo, ma il peccato non è imputato quando non c'è legge" (Romani 5:13)], ma dopo la sua pubblicazione, il peccato poteva cosi essere chiaramente specificato e misurato (cfr. Romani 3:20; 4:15; 7:7). Ogni atto o atteggiamento poteva, così, essere etichettato come trasgressione di questo o di quel comandamento della legge. Proviamo ad Immaginare uno stato in cui vi siano molti incidenti stradali, ma nessun codice stradale. Sebbene molti guidino in modo pericoloso e dannoso, è difficile stabilire, designare, quali atti siano da considerare dannosi, fintanto che la legislatura pubblichi un codice stradale che definisca in che cosa consista la guida corretta e secondo il quale precisare le sue trasgressioni. Il codice stradale permette di identificare e perseguire i cattivi conducenti.

2. Il carattere temporaneo della legge è chiaramente stabilito dalle parole: "aggiunta ... finché fosse venuta la discendenza a cui era stata fatta la promessa" (v. 19). L'Apostolo aveva già messo in rilievo come la legge mosaica fosse stata data 430 anni prima della promessa ad Abraamo (v. 17). Il termine "aggiunta" implica come la legge non sia per Dio un tema centrale del Suo progetto di redenzione, ma qualcosa di supplementare e secondario rispetto al patto eterno fatto con Abraamo. Così come la parola "aggiunta" segna il punto di inizio della legge mosaica, la parola "finché" segna il suo punto finale. Ecco così come la legge mosaica vada in vigore ad un certo punto della storia e rimanga in vigore (conservi questa sua funzione specifica) fintanto che non sia comparsa "la discendenza", cioè Cristo. La promessa ha così valore permanente e la legge, in questo senso, natura temporanea. La promessa è stata fatta molto tempo prima della legge e rimarrà in vigore per lungo tempo dopo il periodo della legge; d'altro canto, la legge è stata in vigore per un tempo relativamente breve e limitato in entrambe le direzioni dalle parole "aggiunta" e "finché". Mentre il Giudaismo ed i giudaizzanti mettevano in rilievo il carattere eterno ed imprescindibile della legge, la prospettiva di Paolo è che Cristo, non la legge, ha un carattere eterno. Cristo è il principio, il centro e la fine dei piani di Dio. La legge è solo un passo, un gradino, verso l'adempimento di ogni cosa in Cristo. Questo non significa che la legge morale di Dio sia relativa e che la si possa ignorare o considerare superata, ma che non è un assoluto indipendentemente da Cristo Gesù. Deve essere vista e vissuta "in Cristo", che ha il primato.

3. Nella sua affermazione: "fu promulgata per mezzo di angeli, per mano di un mediatore", Paolo designa l'origine della legge. La tradizione giudaica metteva in rilievo come la grande gloria della legge derivasse dal fatto che essa fosse stata proclamata attraverso una serie di intermediari, angeli e lo stesso Mosè. Di fatto, per l'Apostolo, questo dimostra l'inferiorità della legge rispetto alla promessa, perché la promessa è stata fatta in modo immediato da Dio, da "un unico", dall'Uno, che è più importante dei molti intermediari ("Ora, un mediatore non è mediatore di uno solo; Dio invece è uno solo" v. 20). Si illudono, sembra dire Paolo, coloro che affermano che attraverso l'ubbidienza della legge si possa avere accesso immediato a Dio, perché la legge stessa è mediata, è passata attraverso degli intermediari. Solo, però, la promessa di Dio che si realizza in Cristo può farci avere accesso immediato a Dio. Lo testimonia il dono dello Spirito dato a coloro che sono in Cristo. Cristo, e non la legge, è stato strumentale affinché i credenti in Lui potessero essere riconciliati con Dio e facessero esperienza di Dio. La legge non aggiunge nulla a ciò che già ci è stato concesso in Cristo. Il fatto poi che Dio sia uno solo implica un contrasto fra l'universalità di Dio e la particolarità della legge. La legge non è superiore a Dio, Dio viene prima. La legge è stata data tramite Mosè, leader di una nazione soltanto, quella degli Ebrei. Cristo, però, è il mediatore dell'unità di tutti i credenti in Cristo - Giudei e greci, schiavi e liberi, uomini e donne. Mentre così la legge è rivolta ad un popolo soltanto, Cristo è l'erede di una benedizione che copre tutte le nazioni.

In un tempo di immoralità come il nostro, in cui ciascuno vuole essere legge a sé stesso, e dove prevale l'antinomismo, è certo importante, anzi, essenziale, dire che esiste una legge morale suprema stabilita da Dio per regolare e limitare il comportamento umano e rispetto alla quale saremo giudicati. Essa va sempre considerata, però, in Cristo Gesù, dalla prospettiva della sua persona ed opera, e mai indipendentemente da lui. L'umanità non verrà salvata, infatti, dalla legge, ma da Cristo Gesù, convertendoci a lui com'è proclamato dal Nuovo Testamento. Sta qui la differenza sostanziale fra la fede cristiana e l'Ebraismo contemporaneo oppure rispetto all'approccio islamico alla salvezza. Sia Ebraismo che Islamismo sono dei grandi illusi se ritengono di salvare il mondo proponendo o imponendo una legge morale. In questo i cristiani non possono fare alcun compromesso o trovare consonanze.

Preghiera. Signore Iddio, quando la Tua legge mi è stata presentata, mi sono reso conto quanto io sia peccatore, condannato, impotente a salvare me stesso e quanto io avessi bisogno del Salvatore Gesù Cristo. Che io tenga sempre il Cristo al centro della mia attenzione e vita, affinché tramite Lui io abbia costante accesso a Te ed alle benedizioni che tu hai promesso. Amen.