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Più aumentano le leggi, più aumenta il caos...

Questo nostro mondo è "specializzato" nella creazione e moltiplicazione di magnifici sistemi giuridici, carte dei diritti e dei doveri, costituzioni, leggi e regolamenti, come pure di polizie (possibilmente armate) e metodi vari per farli applicare. Solo che... più aumentano le leggi, più aumenta il caos, il disordine, la sporcizia, la violenza e la morte! Anche le religioni credono che i loro sistemi legali rendano possibile la comunione con Dio e il paradiso, in terra e "dopo". Vistoso però è pure il loro fallimento - oltre a creare stupefacente ipocrisia e oppressione. Non è quella, però, la via dell'Evangelo di Gesù Cristo. Lo vediamo oggi, con la seconda puntata del comprendere la funzione della legge, sulla base della lettera ai Galati.

"La legge è dunque contraria alle promesse di Dio? Così non sia; perché se fosse stata data una legge capace di dare la vita, allora veramente la giustizia sarebbe venuta dalla legge. Ma la Scrittura ha rinchiuso ogni cosa sotto il peccato, affinché fosse data ai credenti la promessa mediante la fede di Gesù Cristo" (Galati 3:21-22).

Per coloro che allora attribuivano valore supremo alla legge di Dio, le affermazioni dell'Apostolo, che attribuiscono alla legge, invece, un ruolo limitato e secondario rispetto alla funzione dell'Evangelo, suonavano come una stupefacente e pericolosa svalutazione. Come poteva Paolo "parlare contro" alla legge in questo modo? Gli contestavano, infatti, "La legge è dunque contraria alle promesse di Dio?". "Assolutamente no!", risponde Paolo. Dato che sia la legge che le promesse provengono da Dio, esse debbono essere considerate non come contraddittorie, ma come complementari, nel giusto ordine. L'Apostolo, così, prima presenta le logiche conseguenze, contrarie ai fatti, del considerare la legge in modo positivo (vers. 21) e poi passa dall'ipotesi alla realtà del ruolo negativo della legge (vers. 22).

1) "Se fosse stata data una legge capace di dare la vita, allora veramente la giustizia sarebbe venuta dalla legge"

La legge non è in grado di "dare la vita", cioè vivificare spiritualmente, dare vita spirituale, a persone "morte nelle colpe e nei peccati" (Efesini 2:1) come lo siamo noi tutti in questo mondo. La legge di Dio, in quanto tale, non è in grado di mettere una persona in comunione salvifica con Dio né tantomeno creare "il paradiso in terra". Essa non impartisce forza ed attività per eseguire ciò che la legge comanda. Dio, piuttosto, in prima istanza, fa uso della sua legge per "colpire a morte" ogni pretesa e speranza umana di realizzare, così come noi siamo, il mondo ideale che tanti sognano.

Il "mondo ideale" è e rimane un'utopia, un "non luogo", perché l'essere umano è radicalmente corrotto e questa "corruzione del cuore" non può essere estirpata da alcunché noi si possa fare. Come dice il proverbio: "Tra il dire ed il fare c'è di mezzo il mare". Se la legge, di per sé stessa, potesse darci la capacità di vivere in giusto rapporto con Dio, oppure farci giungere al "mondo ideale", allora sì, la giustizia sarebbe venuta dalla legge. Era quello che dicevano gli avversari di Paolo che promuovevano la legge come "il modo" per vivere con Dio e per Dio. Così dicendo, però, essi vanificavano le promesse di Dio e l'Evangelo stesso, rendevano vano e superfluo il sacrificio di Cristo che muore in croce.

Vi sono religioni che fanno dell'osservanza della legge di Dio (o quella che ritengono tale) la via della comunione con Dio e della felicità umana. La predicano e, per i renitenti, la vorrebbero imporre, come fa il Giudaismo o l'Islam, o certe versioni di cristianesimo ritualistico e legalista. Anche però l'umanismo si illude che basti legiferare su ogni aspetto della vita umana, individuale e sociale, per "far funzionare" questo mondo. Moltiplicare "carte" dei diritti e dei doveri, "costituzioni", trattati, leggi, regolamenti, come pure polizie e programmi di educazione e di "rieducazione" per farli applicare, non serve proprio a nulla, se non creare ipocrisia e l'oppressione delle dittature che, per servire proprio quelle leggi, non esitano a torturare ed ammazzare chi non vi si adegua. Nemmeno, imprigionare ed uccidere chi non ubbidisce alle leggi non ha, però, alcun effetto. Di fatto, se si dovessero "uccidere tutti i cattivi" non rimarrebbe più nessuno in questo mondo! La corruzione che c'è nel cuore umano noi non la possiamo estirpare. E' solo la rigenerazione spirituale attraverso l'opera del Signore e Salvatore Gesù Cristo che può cominciare a creare persone rinnovate, l'unica che "dà la vita". Nel quadro dell'insegnamento biblico, la legge, così, non ha una funzione positiva - questo è escluso, dato che credere nell'Evangelo è il solo modo per ricevere vita nello Spirito e giustizia (3:1-18).

Infatti, 2) La legge non può impartire la vita perché "ha rinchiuso ogni cosa sotto il peccato" (22). Tutti, il mondo intero, sono imprigionati, incatenati, condizionati dal peccato. La legge, di fatto, comporta solo l'effetto pratico di condannarci tutti quanti. Non dice essa forse: "Maledetto chi non si attiene alle parole di questa legge, per metterle in pratica!" (Deuteronomio 27:26)? Quanti possono realmente farlo? Nessuno! La legge ci condanna e ci maledice tutti! Chi mai ne potrebbe esserne all'altezza? L'Apostolo, così, sottolinea come il peccato contamini radicalmente ogni essere umano e lo renda incapace di ogni accettabile giustizia (rispetto ai criteri di Dio). Identificarsi così con il popolo giudaico ed osservare a legge di Mosè, come gli avversari di Paolo esortano i neofiti a fare, non potrà mai rimuovere qualcuno veramente dall'ambito degli "stranieri peccatori" (2:15) e portarlo nella sfera della giustizia, della benedizione e della vita. Al contrario, lo consolida ancor più nel peccato perché gli fa sentire tutto il peso del non potere conformarsi alla volontà rivelata di Dio. Non siamo, però, lasciati come peccatori condannati sotto la maledizione di Dio. La legge è stata data, in primo luogo, in una situazione come la nostra, per mostrare come tutta l'umanità sia tenuta in servitù al peccato. Infatti:

"...affinché fosse data ai credenti la promessa mediante la fede di Gesù Cristo" (3:22). E' chiaro, così, come la legge e la promessa operino in armonia per adempiere i propositi di Dio. La legge ci sottopone tutti a maledizione, la promessa ce ne tira fuori in Cristo. Nella legge che ci condanna siamo lasciati senza alcuna via d'uscita affinché noi possiamo trovare libertà solo per fede in Cristo. La legge imprigiona tutti sotto il peccato per preparare la strada per includere tutti i credenti in Cristo nelle benedizioni promesse ad Abraamo. La legge, quindi, non deve essere considerata contraddittoria rispetto all'Evangelo. Riducendo tutti al livello di peccatori, la legge prepara la via all'Evangelo. Nessuno ha titolo di considerare la legge sullo stesso piano dell'Evangelo. La legge ha una funzione negativa: farci prendere coscienza del nostro peccato. Essa non è in grado, di per sé stessa, di liberarci dall'asservimento al peccato. La promessa di benedizioni ci proviene solo attraverso la fede in Cristo.

Preghiera. Che io veda chiaramente, o Signore, la funzione di ogni aspetto del piano di salvezza che Tu hai rivelato nell'Evangelo. Che io non equivochi, lasciandomi condizionare dalle pretese del cuore umano, la funzione della Tua legge, come se io fossi in grado, da solo, di guadagnarmi la salvezza solo impegnandomi nella via di una religione o di una moralità. Amen.