Predicazioni/Marco/Quando Gesù dorme, o almeno così sembra

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Quando Gesù dorme, o almeno così sembra…

Debolezza e fragilità

La Parola di Dio descrive la donna come un vaso delicato, debole, da trattare con particolare cura e considerazione. L'apostolo Paolo al riguardo scrive: "Mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la chiesa e ha dato sé stesso per lei, per santificarla dopo averla purificata lavandola con l'acqua della parola, per farla comparire davanti a sé, gloriosa, senza macchia, senza ruga o altri simili difetti, ma santa e irreprensibile. ... Infatti nessuno odia la propria persona, anzi la nutre e la cura teneramente, come anche Cristo fa per la chiesa, poiché siamo membra del suo corpo" (Efesini 5:25-30). Tutto questo è vero, ma mi viene spesso da pensare come questa debolezza e fragilità non appartenga di fatto solo alla donna, ma faccia parte anche dell'uomo, che nonostante le apparenze, è più fragile di quanto sarebbe pronto ad ammettere. La presenza del peccato nella nostra vita ci rende, infatti, pure "deboli". La "debolezza", quindi, non fa distinzione di genere. È anche per questo che va dato, ad ogni essere umano, sempre cura e considerazione, anzi, che ci dobbiamo l'un l'altro pazienza, cura, e considerazione. 

La stessa fondamentale umana fragilità è quella della chiesa cristiana, che, pur chiamata da Cristo a compiti di grande responsabilità, spesso è in pericolo, cade, diventa infedele, è sull’orlo della disfatta… È per questo che Cristo, per la Sua chiesa ha dato e dà Sé stesso completamente, e la purifica e nutre teneramente, …anche quando la situazione sembra disperata, anche quando Dio sembra lontano, anche quanto Gesù dorme, o almeno, sembra dormire! E' quanto troviamo nel testo biblico proposto oggi alla nostra attenzione, dove Gesù calma una tempesta, rassicurando, con la Sua presenza provvidente, i Suoi discepoli. Erano, infatti, discepoli atterriti, spaventati, e persino arrabbiati contro Gesù che, appunto, dormiva, o sembrava dormire. Ascoltiamo il testo:

"Or in quello stesso giorno, fattosi sera, disse loro: «Passiamo all'altra riva». E i discepoli, licenziata la folla, lo presero con loro, così come egli era, nella barca. Con lui c'erano altre barchette. Si scatenò una gran bufera di vento e le onde si abbattevano sulla barca, tanto che questa si riempiva. Egli intanto stava dormendo a poppa, su un guanciale. Essi lo destarono e gli dissero: «Maestro, non t'importa che noi periamo?». Ed egli, destatosi, sgridò il vento e disse al mare: «Taci e calmati!». E il vento cessò e si fece gran bonaccia. Poi disse loro: «Perché siete voi così paurosi? Come mai non avete fede?». Ed essi furono presi da gran timore e dicevano tra loro: «Chi è dunque costui al quale anche il vento e il mare obbediscono?» (Marco 4:35-41).

Il contesto

Il fatto che ci è riportato dall'evangelista Marco ci suggeriscono che questi fatti gli siano stati raccontati da un testimone oculare, probabilmente Pietro, dopo quella che, per Gesù, era una lunga e faticosa giornata di lavoro. Ci troviamo in Galilea presso il lago di Gennesaret. Quel giorno Gesù aveva già operato numerose guarigioni. Allora: "Egli disse ai suoi discepoli che gli tenessero sempre pronta una barchetta, per non farsi pigiare dalla folla. Perché, avendone guariti molti, tutti quelli che avevano qualche malattia gli si precipitavano addosso per toccarlo" (3:9,10). Difatti, poco più avanti, "Gesù si mise … a insegnare presso il mare. Una gran folla si radunò intorno a lui. Perciò egli, montato su una barca, vi sedette stando in mare, mentre tutta la folla era a terra sulla riva" (4:1,2). Così si fa sera, e Gesù esorta i Suoi discepoli a terminare quella giornata e passare all'altra riva (35) nella regione dei Geraseni (5:1). Probabilmente desiderava per un po' allontanarsi dalla folla così da "riprendere fiato" e cercare anche una nuova opportunità di servizio. I discepoli, così,congedano la folla e partono con la stessa barca dalla quale Gesù non era ancora sceso. Ad un certo punto, cosa non insolita per il lago di Gennesaret, "ecco levarsi una gran bufera di vento che gettava le onde nella barca, tanto che questa già si riempiva" (37). Il lago, infatti, è circondato da vallate che scaricano i loro torrenti in esso, e attraverso le quali si formano, soprattutto di sera, forti ed improvvise correnti d'aria che possono smuovere l'acqua anche violentemente, rendendo molto difficile la navigazione. Infatti, già imbarcano acqua e rischiano di rovesciarsi, finire in acqua e annegare. Potete immaginare l'ansia di questi uomini che freneticamente cercano di togliere l'acqua che vi era entrata. La loro vita è sicuramente in pericolo e temono il peggio: la fine violenta missione loro e di Gesù.

Dalle loro reazioni pare che fossero anche molto arrabbiati per l'imprudenza, mostrata da Gesù, di voler partire di sera con questi potenziali pericoli, eppure bisognava allontanarsi da quella folla, i cui bisogni la rendevano importuna. Che fa, però, Gesù? Lo aveva colto la stanchezza, e, coricatosi a poppa della barca ed appoggiata la testa su un cuscino di cuoio usato dai rematori, cade un sonno profondo, apparentemente inconsapevole di ciò che sta accadendo. Ecco così che i discepoli svegliano Gesù, richiamandolo, per così dire, alle Sue responsabilità… Che si dia anche Lui da fare…che aiuti, che faccia qualcosa: come si può dormire in simili circostanze? Così, Lo svegliano, ed il loro tono non è certo fra i più gentili: «Maestro, non t'importa che noi moriamo?» (38).

Potete ben comprendere come, in frangenti come questi, ci sia veramente da perdere la calma: Gesù non solo dormiva, ma svegliatosi, si guarda intorno, vede i discepoli spaventati e disperati, vede la tempesta, scuote la testa senza rispondere loro e con voce forte ordina al vento, anzi, "lo sgrida", e dice: «Taci, calmati!» (39 a). Il risultato? Con gran loro stupefazione, "Il vento cessò e si fece gran bonaccia" (39 b). Poi Gesù, rivoltosi ai discepoli, non ancora ripresisi dallo choc, sia della tempesta d'aria sia dall'ancor più sorprendente reazione ed azione di Gesù, dice loro: «Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?» (40), in altre parole: "Voi non avete ancora imparato ad affidarvi a Dio" e, per Gesù, la cosa è ancora più sorprendente! Davvero una gran lezione per questi discepoli!

Le Sue lezioni anche per noi

Il racconto di questo avvenimento presenta, indubbiamente numerosi insegnamenti anche per noi. La tempesta sul lago non era stata, di fatto, una sorpresa per Gesù, perché nulla accade senza che Egli lo sappia eì abbia disposto. Essa faceva parte del suo efficace "metodo didattico".

1. L'identità di Gesù. Esso ci parla ancora una volta dell'identità di Gesù. Esso non è che un nuovo indizio, un'ulteriore dimostrazione di chi Egli sia: il nostro destino, temporale ed eterno, dipende da Lui. Gesù ha poteri e privilegi che solo a Dio potrebbero appartenere. Gesù aveva autorità sulla terra di perdonare i peccati (2:10); Egli è interprete ultimo ed autorevole della legge di Dio (2:28); il Suo insegnamento dimostra grande autorevolezza perché non parla "per sentito dire" o citando altri, ma per l'esperienza diretta di un'autentica ed eterna comunione con Dio (1:22); Egli ha autorità sulle forze del male, che sfida e disarma (1:27). Ora Egli dimostra la Sua autorità sulla stessa natura. Questo calmare la tempesta assomiglia, di fatto, ai Suoi esorcismi, in cui Egli contrasta efficacemente l'espressione demonica di quella violenza che tutto vorrebbe rovinare e distruggere, ed ostacolare e boicottare ogni impresa di liberazione, compreso il proseguimento del ministero di Gesù e dei Suoi discepoli. Chi è, infatti, in fondo, che vorrebbe "far affondare" e fallire la missione che il movimento cristiano porta avanti? Quante volte, di fatto, l'Avversario prova, in tutti i modi, di "fermare" Gesù e di impedirgli la realizzazione dei Suoi progetti di salvezza! Non c'è, però, modo di farlo. Nemmeno la morte violenta di Gesù sulla croce lo blocca, anzi, essa stessa diventa strumento di salvezza. 

Notate il comando "Calmati" rivolto al vento, e la calma che ne risulta (5:15). Gesù reclama il creato alla Sua autorità. E' lo stesso comando dato ai dèmoni per togliere loro potere (1:25). La loro rabbia, come quel vento che sbatte la navicella di Gesù su quelle onde, è davvero furiosa. Al comando di Gesù, però, le "forze dell'opposizione" sono ridotte al silenzio! A chi dobbiamo rivolgerci quando le forze del male, in tutte le loro espressioni, ci terrorizzano e vorrebbero pregiudicare il successo del bene? Dobbiamo fare come quei discepoli: rivolgerci a Gesù!

2. La barca. Notate poi quell'imbarcazione che porta Gesù e i Suoi discepoli all'espletamento della loro missione di guarigione, liberazione e salvezza: non è forse essa il simbolo dell'opera del movimento cristiano? Il mare, spesso agitato e burrascoso, potrebbe rappresentare il mondo in cui il movimento cristiano, che "porta Cristo" deve appunto muoversi. A volte, allo stesso modo, potrebbe sembrare davvero "un'impresa disperata" annunciare l'Evangelo e compiere le opere di Dio in un mondo come questo che potrebbe prevalere sulla gran fragilità di quella imbarcazione. Quante difficoltà ha dovuto affrontare il movimento cristiano nel corso della storia, e quante difficoltà ancora deve affrontare oggi in tutto il mondo, eppure non c'è nulla che possa prevalere definitivamente su di esso. E' vera la promessa che Gesù fa a Pietro, la cui confessione di fede lo rende tipo della Chiesa: "Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia chiesa, e le porte dell'Ades non la potranno vincere" (Matteo 16:18). Disperiamo noi del movimento cristiano che esso non riesca a portare avanti il suo compito e che possa essere del tutto sopraffatto? Non dovremmo. Il Cristo che essa porta vigila e la porterà al porto desiderato, forse malconcio per le prove, ma alla fine vittoriosa. 

Notate come prima l'imbarcazione su cui sale Gesù diventi un vero e proprio "pulpito" da cui risuona la Parola di Dio. Quante difficoltà deve oggi affrontare la predicazione per far giungere l'Evangelo di Gesù Cristo agli orecchi di questa generazione e così diventare strumentale alla conversione di uomini e di donne! A volte alcuni suggeriscono di ridurre al minimo la predicazione, tanto… oppure di trasformarla in altro, o persino di eliminarla. La predicazione, però, è un preciso dovere, perché è attraverso di essa che Dio sceglie di operare per la conversione a Cristo delle anime. Se Dio l'ha comandata, non la sosterrà forse Egli pure? Anche oggi fedelmente i cristiani predicano l'Evangelo, fiduciosi, come dice il Signore Iddio attraverso il profeta Isaia: ...la mia parola … non torna a me a vuoto, senza aver compiuto ciò che io voglio e condotto a buon fine ciò per cui l'ho mandata" (Isaia 55:10,11).

3. La mancanza di fiducia. Notate, nel racconto, che cosa poi Egli dica ai Suoi discepoli, dopo aver calmata la bufera: «Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?» (40). L'insicurezza, la paura, l'apprensione, la preoccupazione, di fronte al pericolo, allo sconosciuto, sono caratteristiche molto naturali, in cui anche come credenti, possiamo incorrere. Quanto spesso, per un motivo o per un altro, abbiamo paura di essere quel che Iddio si aspetta da noi. Quanto spesso ci lasciamo intimidire dalle circostanze avverse, dagli avversari, dalla potenza apparentemente invincibile delle forze spirituali della malvagità che legano e condizionano anche la gente del nostro tempo, rendendola impermeabile ed ostile all'annuncio dell'Evangelo! Quante volte ci sorgono dubbi sull'effettiva capacità di Dio di vincere il male dal quale siamo circondati? Quante volte al nostro orizzonte sembrano addensarsi le nubi nere che minacciano di scaricarsi tutte su di noi e di distruggerci? Certo, Iddio non ci promette di eliminare dalla nostra vita anche temibili bufere, ma Egli ci promette di accompagnarci attraverso di esse al porto desiderato. Se davvero e consapevolmente, nella nostra "barca" portiamo il Cristo, non dobbiamo temere.

E' vero che spesso il Cristo sembra dormire. E' vero che Dio sembra talvolta da noi lontano, ed allora gridiamo a Lui per svegliarlo, come quei Suoi discepoli, e Gli diciamo, magari anche noi arrabbiati: "Maestro, non t'importa che noi moriamo?" (38), "Signore, dove sei? Ti sei accorto della situazione in cui mi trovo?". Egli, però, ci dice: «Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?». Io vi ho dato la fede, vi ho fatto capire chi sono io e che cosa ho fatto e faccio per voi. Ancora siete così paurosi?". Anche alle nostre "acque mosse" Egli dice: "Taci, calmati", stai tranquillo, ci sono io, ho tutte le cose sotto controllo. Quante volte anche a me stesso io devo dire, di fronte alle mie preoccupazioni, ai miei pensieri negativi: "Tacete, calmatevi. Il Signore è fedele, e non ti abbandonerà. Il Signore ti conosce, ti comprende, ti ama. Ti sei affidato a Lui, pensi forse che Egli ti lasci improvvisamente andare? Il Signore ha dato tutta la Sua vita per te: pensi che non ti dia anche tutto il resto? Gesù, ai Suoi discepoli spesse volte li esortava a non preoccuparsi, a stare lontano dalle sollecitudini ansiose.

Gesù "dorme", o almeno, così sembra! Egli, però, è a poppa dell'imbarcazione, cioè al posto di comando, e, possiamo dire, sicuramente "dorme con un occhio solo". Per colui o colei che ha affidato consapevolmente la sua vita al Signore e Salvatore Gesù Cristo, sono preziose e vere le parole del Salmo 121 che dicono: "Il mio aiuto vien dal SIGNORE, che ha fatto il cielo e la terra. Egli non permetterà che il tuo piede vacilli; colui che ti protegge non sonnecchierà. Ecco, colui che protegge Israele non sonnecchierà né dormirà. Il

SIGNORE è colui che ti protegge". Quante volte, così, Gesù deve dire ai credenti: «Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?» (40). Egli non è indifferente alla nostra situazione, mai. Quei discepoli, su quella barca anche se lo chiamavano maestro, facevano fatica a comprendere il Suo Insegnamento. E' vero che Dio spesso "ritarda" il Suo aiuto fino all'ultima ora, ma per metterci alla prova e rafforzare il nostro rapporto con Lui. Non è forse vero che una situazione particolarmente difficile, in cui siamo capitati una volta, ci ha richiamato alla fede, ci ha fatti di nuovo mettere in ginocchio davanti a Lui, come avevamo trascurato di fare, e tutto questo ci ha maggiormente avvicinato a Lui, rafforzandoci?

Conclusione 

Ecco dunque una lezione molto importante che Gesù, nel Suo inimitabile metodo didattico, impartisce ai Suoi discepoli ed a noi. Una tempesta sembra pregiudicare la tenuta dell'imbarcazione dei Suoi discepoli, fragile e debole, ma Lui pure, però, è presente. Credete che questa Sua presenza sia indifferente per la situazione e che non possa nulla contro le difficoltà che incontra quella navicella? No, il Signore e provvidente e fedele: se quell'imbarcazione è il movimento cristiano nel suo insieme oppure la nostra persona, se davvero "portiamo" in noi Cristo, non dobbiamo certamente temere. Conosciamo la Sua identità e potenza, e credete che Egli dorma, venga meno alle Sue promesse, oppure sia sopraffatto dalle forze del male che hanno la meglio su di Lui e su di noi? No di certo.

E' inevitabile che ci siano difficoltà per la navigazione del cristiano in questo mondo, ma il mondo ha mai potuto sopraffare definitivamente il movimento cristiano, o il figliolo di Dio che in Lui ha riposto tutta la sua fiducia? Certo No. Anzi, tutto questo accade non senza che Cristo sappia ed abbia così disposto (non era per Lui una sorpresa), ma affinché potesse essere un'occasione per mettere alla prova la fede dei Suoi discepoli, e manifestare la Sua divina potenza. 

Che ciascuno di noi, allora possa udire nella sua vita ripetutamente quel forte comando di Gesù che "sgrida il vento" e gli dice: "Taci, calmati!" e possa così vincere la nostra paura, timidezza, codardia. Tutto il potere di Dio, è infatti, presente in Gesù, e se Gesù è in noi, di che cosa dobbiamo temere? Come il vento e le onde avevano ubbidito a Gesù, anche la situazione peggiore in cui possiamo capitare di trovarci verrà "calmata". Che questa possa essere la nostra persuasione.

Paolo Castellina, riduzione di una mia predicazione del 30.01.2003.