Predicazioni/Matteo/Dalle tenebre alla luce

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Dalle tenebre alla luce

Il mondo moderno si vanta di essere "figlio dell'Illuminismo" e quando noi rileviamo come la concezione giudeo-cristiana del mondo e della vita abbia dato un contributo fondante alla civiltà occidentale, di solito non manca mai chi lo contesta a viva voce rilevando "gli orrori" dei "secoli bui" dominati, a suo dire dallo "oscurantismo" della religione (ignorando naturalmente gli innumerevoli orrori causati dall'ideologia di cui essi si vantano). L'incoerenza di alcuni settori del cristianesimo storico e la negatività di certa religione, però, non pregiudica il fatto che solo il Signore e Salvatore Gesù Cristo è l'unica e vera "luce del mondo" e quindi di una vera civiltà "illuminata" ed umana. E' quello che annuncia il testo biblico di questa domenica, Matteo 4:12-23.

Leggiamolo e poi contuiamo la nostra riflessione.

"Quando Gesù seppe che Giovanni il Battezzatore era stato arrestato e messo in prigione, si recò in Galilea. Non rimase a Nàzaret, ma andò ad abitare nella città di Cafàrnao, sulla riva del lago di Galilea, nei territori di Zàbulon e di Néftali. Così si realizzò quel che Dio aveva detto per mezzo del profeta Isaia: Terra di Zàbulon e terra di Néftali, strada che va dal mare al Giordano, Galilea abitata da gente pagana: 'il popolo che vive nelle tenebre vedrà una grande luce. Per chi abita il buio paese della morte è venuta una luce'. Da quel momento Gesù cominciò a predicare il suo messaggio. Egli diceva: 'Ravvedetevi, perché il regno di Dio è vicino!'. Un giorno, mentre camminava lungo la riva del lago di Galilea, Gesù vide due pescatori che stavano gettando le reti nel lago: erano Simone (che poi sarà chiamato Pietro) e suo fratello Andrea. Disse loro: 'Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini'. E quelli, subito, abbandonarono le reti e lo seguirono. Poco più avanti, Gesù vide altri due fratelli: erano Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo. Essi stavano nella barca con il padre e riparavano le reti. Quando li vide, Gesù li chiamò. Essi lasciarono subito la barca e il padre, e seguirono Gesù. Gesù percorreva tutta la regione della Galilea: insegnava nelle sinagoghe, annunziava il regno di Dio e guariva tutte le malattie e le infermità della gente" (Matteo 4:12-23).

La metafora della luce contenuta nel termine "Illuminismo", o "secolo dei lumi" (fr. Âge des lumières; ingl. Enlightenment; ted. Aufklärung) deriva dalla secolarizzazione e laicizzazione dell’idea di provvidenza o di progresso, intesa come attività storica esclusivamente umana. Come al solito il mondo si impadronisce di quello che appartiene solo a Dio! Si contrapponeva il concetto di ‘luce di natura’ alla rivelazione cristiana in quanto possesso originario della mente umana e solo di quella; così pure la scoperta delle leggi naturali sembrava una più piena rivelazione o ‘illuminazione’. Confluivano con questi due motivi le conclusioni ottimistiche del dibattito sulla natura umana e di Dio, e l’idea della superiorità dei moderni rispetto agli antichi, l’ideale continuità con la rivoluzione scientifica e con la rinascenza, lasciando emergere la caratteristica immagine del trionfo della ragione contro le tenebre del fanatismo e della superstizione, cosa che divenne corrente verso la metà del XVII secolo.

Il furto, l'appropriazione, che il mondo secolare ha fatto di valori giudeo-cristiani risulta evidente quando si leggono senza pregiudizi le Sacre Scritture dell'Antico e del Nuovo Testamento. Esaminiamo il testo di oggi.

Il ministero pubblico di Gesù inizia nella "terra di Zàbulon e terra di Néftali, strada che va dal mare al Giordano" vale a dire la Galilea, allora abitata da una popolazione mista di ebrei e gente di altre nazioni, dalle credenze e dallo stile di vita impostato al paganesimo. Non si trattava per Gesù di una scelta casuale, ma che era già indicativa di ciò che le antiche profezie d'Israele avevano annunciato: la luce dell'Evangelo avrebbe raggiunto non solo ebrei, ma anche gente di altre nazioni. Si tratta di quanto annuncia il profeta Isaia e che è riportato nel capitolo nove del suo libro.

Notate come vengono descritti gli abitanti di questi posto. Com'era la loro posizione prima che l'Evangelo li raggiungesse? Era un popolo che, letteralmente, "sedeva nelle tenebre" ("ὁ λαὸς ὁ καθήμενος ἐν σκότει"), giaceva, stava, viveva, era "immerso" nelle tenebre, nell'oscurità. Nella Bibbia il termine "tenebre" indica l'ignoranza al riguardo delle cose di Dio e dei doveri dell'uomo, accompagnati da empietà ed immoralità, insieme alla miseria che ne consegue per il tempo e l'eternità. Coloro che sono privi del Cristo, che è il Salvatore ed il Maestro per eccellenza, sono all'oscuro, anzi, essi sono le tenebre stesse. Era la condizione in cui si trovava il creato prima che Dio lo mettesse in ordine: "La terra era informe e vuota e le tenebre coprivano la faccia dell'abisso" (Genesi 1:2 ND).

Di più, essi abitavano "nella contrada e sotto l'ombra della morte", il che denota non solo grande oscurità, ma grave pericolo. Una persona che sia disperatamente ammalata e verosimilmente non guaribile, vive "nella valle e nell'ombra della morte". Non è ancora morta, ma alla morte ci è vicina. Non erano ancora caduti nell'abisso della dannazione, si trovavano sul suo bordo. Quel che era peggio è che si erano seduti proprio lì, "giacevano" proprio lì. Sedere o giacere è una posizione statica. Dove sediamo intendiamo rimanerci; erano al buio si aspettavano di rimane così. Non avevano speranza di uscirne; forse anche credevano che quella era "la normalità", che non ci fosse altro in cui sperare. Quella era una posizione in cui si erano accomodati. Erano nelle tenebre e, in fondo amavano quel buio, avevano scelto di stare lì piuttosto che alla luce; erano volontariamente ignoranti. Era una condizione ben triste, e rimane la condizione di tanti oggi, una condizione veramente da commiserarsi. Tanti vi si rintanano compiacenti, nelle tenebre, nel loro agnosticismo. Dicono che "non sanno", ma neppure vogliono sapere se vi sia luce perché, per loro, conoscere le cose ultime della vita "non è possibile". Quindi neanche ci provano. Una posizione davvero irrazionale e persino suicida. Coloro, però, che sono nell'oscurità, perché è notte, possono essere sicuri che presto il sole sorgerà, ma coloro che sono al buio perché sono spiritualmente e volontariamente ciechi, non avranno così presto gli occhi aperti.

Che straordinario privilegio per loro, così, che Gesù passi, con il suo Evangelo di parole e potenza, nella loro regione. Presso di loro risuona la voce di Gesù che dice: "Ravvedetevi, perché il regno di Dio è vicino!". Si, ravvedersi, "cambiare vita", o meglio, "cambiare modo di vedere le cose" e quindi di vivere, dopo aver constatato il fallimento dell'antropocentrismo. Come dice il vangelo di Luca, è "come l'aurora che risplende dall'alto per risplendere su quelli che giacciono in tenebre e in ombra di morte, per guidare i nostri passi verso la via della pace" (Luca 1:78,79).

Molti allora avrebbero accolto la persona e il messaggio di Cristo, e sarebbero essi stessi "diventati luce", come dice l'Apostolo per I cristiani di Efeso: "Un tempo infatti eravate tenebre, ma ora siete luce nel Signore; camminate dunque come figli di luce" (Efesini 5:8). Altri, però, si sarebbero ancor più ritirati nel profondo delle loro tane, e da soli si sarebbero condannati, come dice la Parola: "Il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo e gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie" (Giovanni 3:19) Sì, la luce è venuta dal cielo nel mondo, ma gli hanno preferito il buio alla luce, per fare i loro sporchi comodi.

Noi, però, per grazia di Dio, abbiamo abbandonato il pensiero e il modo di vivere dell'incredulità o delle religioni contraffatte e false di questo mondo, le reti che ci avvinghiano - e che proprio non è il caso di "riparare", "le barche dei nostri padri" ed abbiamo seguito Gesù e, seguendolo, abbiamo fatto esperienza di guarigione dalle nostre infermità e malattie, quelle che ci affliggevano nelle tenebre di questo mondo. Che possa essere così per tutti coloro che hanno ascoltato o letto iggi questa riflessione. Che possano far proprie di tutto cuore, perché ne hanno fatto esperienza, delle parole del Salmo 27.

"Il Signore è mia luce e mia salvezza, di chi mai avrò paura? Il Signore protegge la mia vita, di chi mai avrò timore? Se i malvagi mi assalgono e si accaniscono contro di me, saranno loro, nemici e avversari, a inciampare e finire a terra! Se anche un esercito mi assedia il mio cuore non teme; se contro di me si scatena una battaglia ancora ho fiducia. Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io desidero: abitare tutta la vita nella casa del Signore, per godere la bontà del Signore e vegliare nel suo tempio. Egli mi offre un rifugio anche in tempi difficili; mi nasconde nella sua tenda, sulla roccia mi mette al sicuro. Posso andare a testa alta di fronte ai miei nemici. Nella sua tenda con grida di gioia offrirò sacrifici, canterò e suonerò al Signore. Ascoltami, Signore, io ti invoco: abbi pietà di me, rispondimi. Ripenso alla tua parola: 'Venite a me'. E vengo davanti a te, Signore. Non nascondermi il tuo volto. Non scacciare con ira il tuo servo: sei tu il mio aiuto. Non respingermi, non abbandonarmi, mio Dio, mio Salvatore. Se anche mio padre e mia madre mi abbandonassero, il Signore mi accoglierebbe. Insegnami, Signore, la tua volontà, guidami sul giusto cammino perché mi insidiano i nemici. Non lasciarmi nelle loro mani: mi attaccano con calunnie e minacce. Sono certo: godrò tra i viventi la bontà del Signore. 'Spera nel Signore, sii forte e coraggioso, spera nel Signore'" (Salmo 27).