Storia/Aristide Marciano

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Lui la società dell'antica grecia la conosceva bene e per questo l'ha rinnegata per Cristo

Aristide Marciano o Aristide d'Atene era un filosofo greco convertito al Cristianesimo, padre della Chiesa e apologeta vissuto ad Atene intorno al 140.

Aristide era un filosofo molto ammirato; la lettura delle Sacre Scritture lo porta al Cristianesimo, nel quale continua a sviluppare la filosofia dalla prospettiva cristiana. Aristide era ben noto ad Eusebio e anche a Girolamo, che lo menziona nel De Viris Illustribus 20 e nell'Ep. 70, dove scrive: "Aristides philosophus, vir eloquentissimus, eidem principi (Hadriano) Apologeticum pro Christianis obtulit, contextum philosophorum sententiis, quem imitatus postea Justinus, et ipse philosophus". La tradizione vuole che abbia subito il martirio.

L'Apologia di Aristide Marciano (la sua opera principale che ci è giunta) si compone di 17 capitoli. Nell'introduzione (capitolo I) l'autore adduce prove per l'esistenza di Dio e della Provvidenza divina dal moto e dalla bellezza dell'universo e determina i principali attributi della natura divina. Nei capitoli da 12 a 16 esamina le varie religioni in quattro classi: Barbari, Greci, Giudei, e Cristiani. Secondo Aristide, i barbari adorano gli elementi di cui si compone la natura visibile (cielo, terra, acqua, fuoco, uomo) e, quindi, si rivolgono alle opere di Dio e non a Dio stesso. I greci attribuiscono agli dèi comportamenti simili a quelli degli uomini, con le loro debolezze e le loro colpe. I giudei adorano il vero Dio, ma il loro culto apprezza molto più l'esteriorità che la spiritualità. Soltanto il cristianesimo afferma l'idea e l'esistenza di Dio tramite la vita pura e l'armonia con il prossimo.

Per quanto riguarda i cristiani (capp. 15-16), dice che prendono origine da Gesù Cristo. Egli è "il Figlio di Dio", "disceso dal cielo per la salvezza degli uomini e nato da una vergine ebrea", Cristo, dunque "de gente Hebreorum natus", ebbe 12 discepoli, fu crocifisso dai Giudei, morì, fu sepolto e dopo tre giorni risuscitò ed ascese al cielo. I suoi discepoli si dispersero nelle province dell'universo e predicarono la sua dottrina.

I cristiani sono i soli, scrive, fra tutte le genti, che abbiano trovato la verità per intero. Difatti, scrive:

  • essi riconoscono "Deum rerum omnium conditorem et architectum in Filio unigenito, et Spiritus Sancto... nec praeter cum ullum alium Deum venerentur" (cap. 15:3).
  • essi portano scolpiti nel loro cuore i comandamenti di Cristo, ed aspettano "mortuorum resurrectionem et futuri vitam (15:3). Intanto "vitam suam Christi causa profundere parati sunt... praecepta... observant... sancte e iuste... viventes".

Quali poi siano i precetti che i Cristiani osservano, Aristide espone brevemente, cioè: non commettono adulterio, non dicono il falso, non desiderano la roba altrui, onorano il padre e la madre, amano il prossimo, soccorrono i poveri, le vedove, i pupilli, alloggiano i pellegrini, seppelliscono i morti, aiutano i Cristiani che vengono carcerati "propter nomen Christi" e fanno quanto è in loro potere per liberarli; digiunano finanche, per soccorrere i bisognosi; si allietano nella morte dei giusti e dei bambini e si rattristano per la morte dei peccatori (15:3-12). "(I cristiani) non adorano dei stranieri; sono dolci, buoni, pudichi, sinceri, si amano fra loro; non disprezzano la vedova; salvano l'orfano; colui che possiede dà, senza mormorare, a colui che non possiede. Allorché vedono dei forestieri, li fanno entrare in casa e ne gioiscono, riconoscendo in essi dei veri fratelli, poiché così chiamano non quelli che lo sono secondo la carne, ma coloro che lo sono secondo l'anima (...). Osservano esattamente i comandamenti di Dio, vivendo santamente e giustamente, così come il Signore Iddio ha loro prescritto; gli rendono grazie ogni mattina e ogni sera, per ogni nutrimento o bevanda e ogni altro bene (...). Queste sono, o imperatore, le loro leggi. I beni che devono ricevere da Dio, glieli domandano, e così attraversano questo mondo fino alla fine dei tempi: poiché Dio ha assoggettato tutto ad essi. Sono dunque riconoscenti verso di lui, perché per loro è stato fatto l'universo intero e la creazione. Di certo questa gente ha trovato la verità »".

Aristide sottolinea come i cristiani soiano giusti e santi (17:2), "il loro insegnamento è divino", la loro dottrina è "la porta della luce" (17:7). Le accuse che ad essi vengono rivolte, altro non sono se non i delitti che i Greci commettono ed attribuiscono ai Cristiani.

Interessante notare come Aristide contrapponga chiaramente il modo di vivere dei cristiani con quanto allora facevano i greci, e, fra il comportamento dei Greci, indica come "cose turpi" ed "immondizia" il fatto che essi praticassero apertamente l'omosessualità, la pedofilia e l'incesto: "Graeci... quod turpia faciunt in concubitu masculorum et matris et sororis et filiae risum immunditiae sue in Christianos vertunt" (17:2) [¹]. Quando oggi i "cristiani liberali" vorrebbero giustificare l'omosessualità, non è infrequente che citino l'antica Grecia come la loro "società ideale", tacendo sul fatto che quella società ammetteva anche ben altre turpitudini e non aveva alcuno scrupolo morale. Oltre a non conoscere la storia e a pervertire la dottrina cristiana, la loro conclamata "evoluzione dei costumi" non è altro che involuzione e, come dice nella Bibbia l'apostolo Giuda, sono: "empi che volgono in dissolutezza la grazia del nostro Dio" (4). Di Aristide oggi alcuni direbbero che fosse: "chiaramente omofobo". Il problema è che allora tutta la fede cristiana storica dovrebbe considerarsi così, salvo le moderne "versioni rivedute e corrette".

Aristide, volgendo alla fine, esprime una duplice speranza, cioè: che tacciano ormai le lingue malefiche, le quali vessano con calunnie i Cristiani (cap. 17:6) che, prima del ritorno di Cristo Giudice, si convertano alle dottrine cristiane coloro i quali non conoscono Dio (cap. 17,18).

Nota

[1] La traduzione in inglese di quel testo dice: "The Greeks, then, O king, because they practise foul things in sleeping with males, and with mother and sister and daughter, turn the ridicule of their foulness upon the Christians; but the Christians are honest and pious, and the truth is set before their eyes, and they are long-suffering; and therefore while they know their error and are buffeted by them, they endure and suffer them: and more exceedingly do they pity them as men who are destitute of knowledge: and in their behalf they offer up prayers that they may turn from their error. And when it chances that one of them turns, he is ashamed before the Christians of the deeds that are done by him: and he confesses to God, saying, In ignorance I did these things: and he cleanses his heart, and his sins are forgiven him, because he did them in ignorance in former time, when he was blaspheming and reviling the true knowledge of the Christians. And truly blessed is the race of the Christians, more than all men that are upon the face of the earth."


Bibliografia sommaria