Storia/I colloqui di Marburgo

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I Colloqui di Marburgo 

Di Domenico Iannone

“Tempo presente e tempo passato sono forse presenti nel tempo futuro, ma il tempo futuro è contenuto nel tempo passato.” (T. S. Eliot, Burnt Norton)

“La storia intellettuale dell’umanità, si può considerare una lotta per la memoria. Non a caso la distruzione di una cultura si manifesta come distruzione della memoria, annientamento dei testi, oblio dei nessi” (Jurij Michajlovic Lotman e Boris Andreevic Uspenskij, Tipologia della cultura, Bompiani, Milano 1975).

“Mi rivolgo dunque a te, o secolo venturo, perché tu, giudicando in modo disinteressato, voglia emettere una giusta sentenza. Noi non dubitiamo che un’eco di questa lotta giungerà fino a te e che non ti farai impressionare dalle passioni dell’uno o dell’altro… Tu, o secolo futuro, valuta con scrupoloso esame i risultati certi della questione e guardati dall’essere così cieco come siamo noi di quest’epoca in tale dibattito, noi che forse in tutto il resto abbiamo occhi per vedere. Noi ti abbiamo offerto la fiaccola. Addio”. (U. Zwingli)

I riformatori, cercarono una nuova comprensione sacramentale della Cena del Signore e composero la prima serie di trattati polemici che criticavano i rituali tardo medievali, come la pratica di sottrarre il calice ai laici, e le opinioni della chiesa sulla transustanziazione e il sacrificio ripetuto di Cristo. Nella “Cattività Babilonese della Chiesa” (1520), Martin Lutero criticò i teologi scolastici, affermando che i Padri della Chiesa, non parlarono mai di transustanziazione.

Nell'ottobre del 1524, due stampatori di Basilea pubblicarono diversi opuscoli di Andreas Bodenstein von Karlstadt, che si opponevano alla presenza del corpo di Cristo nel pane e nel vino della Cena del Signore. Questi opuscoli diedero vita a un aspro dibattito, all'interno del movimento evangelico, che sarebbe continuato fino alla fine del decennio. Al dibattito parteciperanno anche autori cattolici, sia difendendo la dottrina della transustanziazione, sia indicando il disaccordo tra i riformatori come prova della loro indecisione a proposito dell’interpretazione delle Sacre Scritture. Proprio come il rifiuto dell'autorità della sede papale, separò i cattolici romani, da quelli che in seguito sarebbero stati chiamati protestanti, così il rifiuto della presenza corporea di Cristo negli elementi del pane e del vino, iniziò il processo di divisione dei protestanti, in luterani e riformati.

I Colloqui di Marburgo (1-4 ottobre 1529), furono voluti dal Langravio Filippo d’Assia, personalmente favorevole alla dottrina di Zwingli, allo scopo di compattare il fronte protestante di lingua tedesca, a proposito del significato biblico della Cena del Signore. Il Langravio, vedeva chiaramente la necessità di ampliare l'unione tra protestanti a scopo difensivo, dopo le decisioni ostili della seconda Dieta di Spira del 1529, che annullava la tregua del 1526 e ripristinava pienamente l'Editto di Worms, per combattere definitivamente il luteranesimo e costringere principi elettori ad imporre il cattolicesimo nell'Impero Romano Germanico, a quel punto i luterani presentarono una lettera di protesta, in cui negavano ildiritto del potere secolare di imporre la sua autorità in materia di fede. Il re ferdinando I, fratello dell’imperatore, respinse la lettera, che fu allora stampata e distribuita pubblicamente. Gli evangelici si opposero, “protestando”, ossia “testimoniando” pubblicamente al cospetto dell’imperatore, che non si poteva acconsentire a nulla di contrario alla Parola di Dio. E’ significativo che in questa protesta contro l'ineguaglianza dell'accordo, che chiedeva la libertà per i cattolici e la negava ai protestanti, gli Zwingliani e i luterani risultassero concordi.

«Protestiamo [testimoniamo] attraverso questo scritto, davanti a Dio, nostro solo Creatore, Conservatore, Redentore e Salvatore, e che un giorno sarà nostro Giudice supremo, come pure davanti a tutti gli uomini e tutte le creature, e per fare questo, che noi, nel nostro nome, e per il nostro popolo, non daremo il nostro consenso né la nostra adesione in alcun modo al decretoproposto, in tutto ciò che è contrario a Dio, alla Sua Santa Parola, ai diritti della nostra coscienza, e alla salvezza delle nostre anime.»

La deliberazione mperiale, costrinse, principi e città protestanti tedesche, a ricercare intese con Zurigo, Berna e le altre città protestanti svizzere. Va altresì ricordato che alla Dieta di Spira del 1526, l’imperatore aveva dato assenso al principio di diritto che “ciascuno Stato potrà vivere, governare e credere come gli si confà, rispondendone davanti a Dio e a sua Maestà Imperiale”. Si trattava di un armistizio religioso, durante il quale veniva sospeso l'editto di Worms, che proibiva il luteranesimo.

Filippo d'Assia credeva che i protestanti dovessero coalizzarsi, adottando preliminarmente una comune confessione ed una comune confederazione. Suo desiderio era unire i luterani, glisvizzeri e gli straburghesi, che avevano assunto una posizione intermedia sulla Cena del Signore. Tuttavia, Lutero si oppose all'idea di una qualsiasi confederazione politica, composta da fazioni protestanti tanto eterogenee.

Lutero dichiarò: “Non possiamo in coscienza, approvare una tale lega in quanto lo spargimento di sangue o altri disastri potrebbero esserne il risultato, e potremmo trovarci così coinvolti da non poterci ritirare, anche se lo volessimo. Meglio essere dieci volte morti, piuttosto che le nostre coscienze fossero appesantite dal peso insopportabile di un tale disastro, e che il nostro Vangelo fosse causa di spargimento di sangue, quando invece dovremmo essere come pecore da macello e non vendicarci o difenderci.” [1]

Nonostante le intenzioni di Carlo V, il decreto della Dieta del 1529, non riuscì ad avere le conseguenze che quet’ultimo desiderava, ossia che nei territori cattolici non ci fosse libertà religiosa per i luterani, mentre al contrario, il privilegio di culto doveva essere esteso ai cattolici nei territori controllati dai luterani.

Tutte le alleanze fatte dopo il 1524, erano basate sull'accordo nella dottrina religiosa. Una comune comprensione delle Scritture interpretate dai teologi della Franconia (Ansbach e Norimberga) e dai Wittenberger nel 1525, fu la base dell’alleanza Gotha-Torgau. Sebbene l'accordo Gotha-Torgau non fosse una confessione comune, costituiva sicuramente un consenso.

La “Istruzione per i visitatori” di Melantone, i catechismi di Lutero e altri scritti preparati per le visite alle chiese in Sassonia, rafforzarono e intensificarono il consenso tra luterani. Tuttavia, Filippo d'Assia si chiedeva se fosse possibile, creare una base confessionale più ampia che consentisse l'inclusione delle città della Germania sud-occidentale e della Svizzera riformata. Il colloquio religioso, aveva sostituito il sinodo confessionale come strumento per raggiungere un accordo confessionale. I colloqui religiosi nei secoli XVI e XVII, ebbero un ruolo importante, come quelli tra luterani e cattolici (Lipsia 1519, Hagenau e Worms 1540, Regensburg 1541), tra zwingliani e cattolici (Zurigo 1523, Baden 1527, Berna 1528), tra luterani e zwingliani (Marburgo 1529), tra luterani e calvinisti (Montbeliard 1584, Lipsia 1631), tra gnesio-luterani e filippisti (Weimar 1560), tra cattolici, calvinisti e luterani (Thorn 1645).

Nato dalla disputa accademica, il colloquio diventa il modo più importante di discutere questioni dottrinali. Presieduti dai principi, come lo erano i sinodi ecumenici dagli imperatori, o a Zurigo dal consiglio comunale, i colloqui erano considerati dal popolo come grandi eventi e dietro questo interesse, vi era un profondo desiderio di verità religiosa, anche se quasi tutti i colloqui avevano un aspetto politico o erano motivati da interessi politici.

Inoltre la cristianità stava affrontando ancora un'altra minaccia; i turchi erano alle porte di Vienna. La trepidazione di Lutero è evidente nel suo inno “Forte Rocca è il nostro Dio” pubblicato in questo periodo critico:

“Il nostro potere è finito. Presto saremo perduti. L'uomo giusto combatte per noi, Colui che Dio stesso ha scelto.”

Filippo di Hesse e gli svizzeri, misero in dubbio la soluzione proposta da Lutero nel proprio inno, per salvare la causa della Riforma. Lutero non aveva assolutamente intenzione di difendere la causa evangelica con la forza, indipendentemente dal fatto che l'accordo teologico su tutte le questioni potesse essere stabilito o meno con gli Zwingliani. Solo il fatto che la delegazione di Wittenberg fosse stata istruita a raggiungere la completa unità dottrinale prima di considerare l'unione politica, spinse il colloquio alla discordia teologica.

Prima del colloquio, Lutero aveva ripetutamente sottolineato che dall'incontro non sarebbe derivato nulla di buono, non necessariamente a causa della sua intransigenza dottrinale, ma sopratutto a causa del proprio rifiuto di prestare sostegno agli sforzi militari contro Roma, esercitati o meno per autodifesa. Sebbene i cattolici non fossero presenti ai colloqui, non erano certamente ignorati, e qualunque cosa Lutero avesse fatto con riferimento agli svizzeri, ciò era destinato a influenzare ciò che poteva essere e sarebbe stato fatto nei confronti dei cattolici.

Filippo Melantone, sempre speranzoso nella riconciliazione con Roma, indicò la posizione dannosa in cui i luterani si sarebbero posti agli occhi delle autorità cattoliche, dell'imperatore e di suo fratello, il sovrano d'Austria, nel caso ci fosse stata un'unione con gli svizzeri. In realtà, il primo passo della Riforma verso l'ecumenismo protestante fallì, non a causa dello stallo riguardante le interpretazioni della Cena del Signore, ma perché Lutero, sebbene personalmente disposto a contrarre un'intesa cordiale con gli Zwingliani, fu persuaso da Melantone che così facendo avrebbero chiuso la porta alla ri-unione con i cattolici romani.

Il tema centrale dei colloqui di Marburgo, era stabilire se Cristo fosse presente in modo “corporeo” o “materiale” nel pane e nel vino. Lutero ne era convinto, mentre Zwingli lo negava e considerava tale concezione, un residuo di cattolicesimo medievale. Ciò fu sentito e giudicato, motivo sufficiente per dividersi, malgrado l’ampia base d’accordo su punti fondamentali della dottrina eucaristica (rifiuto della messa come sacrificio, i cui effetti salutari varrebbero per i vivi ed i defunti, rifiuto della dottrina cattolica della transustanziazione).

“Poiché tutte le volte che mangiate questo pane e bevete questo calice, mostrate la morte del Signore finché egli venga.” (1 Corinzi 11:26). Queste parole, riferite da Paolo e riguardanti l'Ultima Cena di Gesù, costituiscono il primo commento a quello che era conosciuto come il “Sacramento dell'Altare”. Questo brano, testimonia dello stretto legame tra l’osservanza della Cena e il Vangelo. Paolo sottolinea che Gesù Cristo ha voluto che il Vangelo fosse predicato a tutte le nazioni fino alla fine del mondo. Questo annuncio a sua volta, doveva essere accompagnato dall'osservanza del “sacramento” relativo alla morte del Signore. Questa innegabile dipendenza del Vangelo dal Sacramento, divenne per Lutero, molto più di una cerimonia religiosa.

Lutero aveva affermato nel “Grande Catechismo” (aprile 1529): “Domanda: Che cos’è dunque il sacramento dell’altare? Risposta: esso è il vero corpo e il vero sangue del Signore Cristo nel pane e nel vino e sotto di essi, come le parole di Cristo ordinano di mangiarlo e berlo. Il sacramento è pane e vino, ma non semplici pane e vino, quali si pongono sulla tavola, ma pane e vino ricompresi nella parola di Dio e ad essa legati. E’ la parola, affermo, ciò che costituisce questo sacramento e lo distingue, così che esso non è e non significa semplici pane e vino, ma corpo e sangue di Cristo. Si dice infatti: “Accedat verbum ad elementum et fit sacramentum” (citazione di Agostino) cioè quando la parola si aggiunge all’elemento, alla materia naturale, ne risulta il sacramento, cioè una realtà e segno santi e divini. [2]

Nella concezione di Lutero, sia il Vangelo che il Sacramento contengono lo stesso dono, il perdono dei peccati, ossia non solo un messaggio che afferma che vi è perdono per il peccatore, e non solo una cerimonia che illustrerebbe quel messaggio, quanto piuttosto la sostanza del perdono stesso, che nessuno può ministrare se non Colui che è morto come Agnello di Dio per i peccati del mondo, che tornerà nella gloria, e che è già presente nel suo Vangelo e nel suo Sacramento.

Questo strettissimo rapporto tra Vangelo e Sacramento, è sempre esistito nella storia della chiesa antica e medievale, stabilendo così l'Eucaristia come cuore del culto e della vita della Chiesa. La comunione ecclesiale è stata comunione dal sacramento dell’altare, sin dalla fondazione della Chiesa, non ammettendo nessuna persona non battezzata alla mensa, dove il corpo della Chiesa incontra di nuovo il suo Salvatore e Signore.

“Zwingli, freddo, cortese all’inizio, assunse ben presto un atteggiamento altero e sprezzante, e sebbene riuscisse a padroneggiarsi meglio di quanto facesse Lutero, seppe rendere colpo su colpo a quest’uomo ostinato, al nuovo dottor Eck, a questo adulatore di principi”. [3]

Lutero mise in chiaro preliminarmente che: “Non chiedo come Cristo possa essere Dio e uomo, e come le sue nature possano essere unite. Perché Dio è in grado di agire ben oltre la nostra immaginazione. Alla Parola di Dio bisogna cedere. Sta a te dimostrare che il corpo di Cristo non è lì quando Cristo stesso dice: ‘Questo è il mio corpo’. Non voglio sentire cosa dice la ragione. Respingo completamente gli argomenti carnali o geometrici, come ad esempio che un grande corpo non potrebbe riempire uno spazio piccolo. Dio è al di sopra e al di là di ogni matematica, e le sue parole devono essere adorate e osservate con stupore. Dio, invece, comanda: ‘Prendete, mangiate; questo è il mio corpo’. Chiedo quindi, una prova valida dalla Sacra Scrittura che queste parole non significano ciò che dicono.” [4]

Per Lutero, l’approccio “simbolico” e dunque “razionalistico” di Zwingli all'esegesi biblica, era da anatemizzare, specialmente quando pretendeva trattare con il pane ed il vino dell'Eucaristia.

Rifiutando il concetto medievale dell'Eucaristia, Zwingli affermava due punti di vista: in primo luogo, che la partecipazione alla sostanza del corpo risorto di Cristo fosse irrilevante per la fede cristiana, e secondo, che il sacro non potesse essere mediato da cose sensibili. Secondo Lutero, è la ragione non rigenerata dallo Spirito Santo, che non crede all’affermazione secondo cui il pane della Cena è allo stesso tempo “due cose diverse”: pane e corpo di Cristo.

Infatti per la ragione irrigenerata: “non è possibile che il pane sia corpo. Se è pane, è pane. Se è corpo, è corpo: una delle due, scegli quella che vuoi. Ora qui i sofisti hanno conservato il corpo e lasciato andare il pane (per cui con la transustanziazione non c’è più il pane, c’è solo il corpo)”. [5]

Al contrario per Lutero c’è l’una cosa e l’altra, ossia corpo di Cristo e pane (o per dirla aristotelicamente, sostanza e accidente); è questa la dottrina della consustanziazione: “non è necessario che uno dei due scompaia o si annulli, ma entrambi il pane e il corpo sussistono e, a causa dell’unità sacramentale, si dice con ragione: ‘Questo è il mio corpo’, indicando il pane con la parola ‘questo’. Non si tratta più ora infatti semplicemente del pane del forno, ma del pane-carne o del pane-corpo, cioè un pane che è divenuto un solo essere e una sola cosa sacramentale con il corpo di Cristo. Lo stesso accade al vino del calice…”.

Pane e corpo, anche se il pensiero di Lutero insiste tutto sul versante del “corpo”: che il pane resti pane è secondario, l’essenziale è che il pane sia anche corpo di Cristo. Secondo Lutero, la dottrina eucaristica di Zwingli, equivaleva ad una profanazione della Cena, che smetteva in tal modo, di essere un’opera di Dio e diveniva un’opera umana.

Zwingli, secondo Lutero, approderebbe al risultato di una Cena che non fortifica e nutre la fede, ma piuttosto ad una fede che “crea” la Cena. Non sarebbe più la Cena a “produrre” la fede, ma la fede “produrrebbe” la Cena. Questa inversione di rapporti e di ruoli promossa da Zwingli a Zurigo, da Ecolampadio a Basilea e da Bucero a Strasburgo, determinerebbe una radicale svalutazione della Cena.

Zwingli, nel suo trattato “De Vera et Falsa Religione Commentarius” (marzo 1525), dedicato a Francesco I, (al quale Calvino dedicherà le “Istitutioni”), fonda la propria comprensione della Cena del Signore, non sul racconto dell’istituzione, contenuto nei vangeli sinottici, ma sul Vangelo di Giovanni 6:63 “È lo Spirito che vivifica; la carne non è di alcuna utilità; le parole che vi ho dette sono spirito e vita.”

Secondo Zwngli: “La fede è l’alimento di cui il Cristo in tutto questo capitolo tratta con tanta importanza”. “Egli è cibo e bevanda dell’anima in modo che non gli manca nulla. Chi crede [6] nel Cristo, rimane in Dio.” [7]

Per Zwingli mangiare in senso “corporeo” è opinione “insensata”, “assurda” e “orrida” ammissibile solo “tra i cannibali”. [8] In breve per Zwingli le parole della Cena significano “Questo, vale a dire: quello che io vi offro da mangiare, è il simbolo del mio corpo immolato per voi, e quello che ora faccio, dovete farlo voi nel futuro in ricordo di me”. [9].

Per Lutero la posizione di Zwingli, non era una mera interpretazione della Cena, ma la sua negazione, tale interpretazione della Cena dovette sembrargli un atto di dissipazione del patrimonio cristiano, volatilizzando il “peso” del sacramento, e con esso la presenza stessa di Cristo.

In breve, la controversia si è concentrerà intorno a due brani fondamentali: quello dell’Ultima Cena in cui Gesù pronunciò le parole “Questo è il mio corpo” (Matteo 26:26; Marco 14:22; Luca 22:19 τούτό εστιν τό σώµά µου), e il brano giovanneo in cui Gesù afferma “E’ lo Spirito quel che vivifica, la carne non giova a nulla” (Giovanni 6:63 τό πνεύµά εστιν τό ζωποιουν, ή σάρξ ούκ ωφελεί ουδέν).

Tutta l’argomentazione teologica luterana si concentra sull’esegesi del brano “Questo è il mio corpo”. Zwingli interpreta lo “è” (est) del brano nel senso di “significa” (significat), tale interpretazione secondo Lutero rendeva evanescente la realtà e presenza di Cristo. L’evangelo è Dio con noi, l’Emmanuele, dunque una “presenza reale” di Dio in mezzo a noi, una presenza non reale è una mera illusione.

Zwingli per la propria esegesi in senso figurato si rifà ad un trattato sulla Cena scritto dall’olandese Honius. Prima di lui già Wyclif, nel “De Eucharistia”, aveva interpretato allo stesso modo le parole dell’istituzione: non a caso i primi tre dei 45 errori di Wyclif, condannati dal Concilio di Costanza, riguardano la Cena e contraddicono la dottrina della transustanziazione.

Riprendendo le argomentazioni di Honius, Zwingli osserva che nella Bibbia abbondano i discorsi figurati: le sette vacche grasse del racconto di Daniele in Genesi “significano” sette anni di abbondanza; il seme sparso dal seminatore della parabola di Cristo “significa” la Parola di Dio; Gesù afferma “Io sono la vera vite”, “io sono la porta”, ecc… La Bibbia conosce il linguaggio figurato e simbolico ed è questo tipo di discorso che Gesù adopera quando dice “Questo è il mio corpo”. In realtà egli vuol dire “Questo pane significa il mio corpo”, il corpo di Cristo dato dal Padre e offerto da Cristo stesso sulla croce.

Lutero non nega che nella Bibbia sia frequente il parlare figurato, ma esclude che Gesù lo abbia adoperato nel brano in questione. Non basta dire che lo “est” di Gesù possa essere inteso come “significat”, si deve dimostrare che deve essere inteso così, in breve è il senso simbolico che deve essere dimostrato.

Per Lutero le parole “Questo è il mio corpo” sono di una disarmante semplicità, sono più convincenti di una qualsiasi interpretazione. Lutero non vede la necessità di spiegare ogni singolo brano razionalmente “Il servo non indaga sulla volontà del Signore. bisogna chiudere gli occhi”. Ecolampadio lo rimprovererà: “Dove sta scritto, o mio dottore, che bisogna passeggiare nella Scrittura ad occhi chiusi?”. [10]

Per Lutero, però, la Scrittura non è sempre da spiegare, talvolta si deve accettare così com’è, non in ragionamento ma in ubbidienza. Inoltre Lutero considera la posizione di Zwingli come un salto indietro, nell’Antico Testamento, dove abbondano “simboli” delle cose future. Il Nuovo Testamento è invece il regno delle realtà, non delle figure. Cristo è venuto di persona, perciò anche nella Cena dev’esserci lui in persona, non un qualche suo simbolo. Secondo Lutero, Zwingli adotta l’interpretazione simbolica essenzialmente per tre motivi:

1. perché considera l’interpretazione letterale come razionalmente assurda;

2. perché la considera non necessaria (tanto l’interpretazione, quanto il fatto della presenza corporale di Cristo nella Cena);

3. perché la considera sconveniente, contraria all’onore di Dio.

Lutero è persuaso che non sia nè “assurdo”, nè “non necessario” e neppure “sconveniente”, che il corpo di cristo sia materialmente presente negli elementi del pane e del vino: a) “Absurditas”. Che Cristo sia presente corporalmente nel pane e nel vino non è assurdo per la ragione umana, l’anima è in tutto il corpo (è cioè consustanziale al corpo) Allo stesso modo Cristo è presente anche nel cuore dei credenti.

Tale presenza non è da spiegare tramite le leggi della fisica dei corpi e dello spazio: “Dio non è un essere così esteso, lungo, largo, spesso, alto, profondo, ma un essere soprannaturale e insondabile che è, allo stesso tempo, totalmente in ogni piccolo granello frumento, eppure è anche dentro, al di sopra e fuori di tutte le creature; perciò non si tratta in alcun modo di circoscriverlo come sogna Zwingli… Nulla è così piccolo che Dio non sia ancora più piccolo; nulla è così grande che Dio non sia ancora più grande; nulla è così corto che Dio non sia ancora più corto; nulla è così lungo che Dio non sia ancora più lungo… E’ un essere ineffabile al di sopra e al di fuori di tutto ciò che si può nominare o pensare”. [11]

b) “Nulla necessitas”. Il secondo motivo che induce Zwingli a rifiutare l’interpretazione letterale è che la presenza corporea di Cristo non sarebbe necessaria anche se Cristo fosse realmente presente nella Cena, poichè il rapporto con lui resta un rapporto di fede, dunque spirituale. La materialità del segno non è necessaria alla realtà del rapporto spirituale. Ma chi può obiettare a Dio ciò che è necessario e ciò che non lo è? Per la ragione umana perfino l’incarnazione potrebbe non essere necessaria, perché Dio avrebbe potuto salvarci in altro modo. E’ Dio, che nella Sua Parola stabilisce ciò che è necessario.

c) “Sconvenienza”. Secondo Zwingli risulterebbe contrario all’onore di Dio che Egli si faccia “cibo” (sia pure da “consumare” spiritualmente). Lutero risponde affermando, che Dio si è abbassato divenendo uomo. Il fatto che Dio si renda presente nella Cena secondo le parole “Questo è il mio corpo”, non solo non offusca l’onore di Dio, ma al contrario gli dona lustro.

La presenza nella Cena è perfettamente in linea con l’incarnazione, Cristo si fa Parola e si fa carne.

In conclusione, Lutero intende letteralmente le parole “Questo è il mio corpo” (τούτό εστιν τό σώµά µου), perché tutti gli argomenti contro un’interpretazione letterale e per un’interpretazione figurata sfociano nella tesi che  l’interpretazione figurata è possibile ma non dimostrano che è l’unica possibile.

L’altro passo biblico su cui Lutero e Zwingli divergono è la parola del Cristo “E’ lo Spirito quel che vivifica, la carne non giova a nulla” (Giovanni 6:63 τό πνεύµά εστιν τό ζωποιουν, ή σάρξ ούκ ωφελεί ουδέν). Zwingli considerava tale brano fondamentale per negare che nella Cena si riceva corporalmente il corpo e il sangue di Cristo. se infatti questi fossero i doni presenti nella Cena, Gesù non direbbe: “la carne non giova a nulla”.

Zwingli commenta: “Se il Cristo dice che la carne non giova a nulla, l’arroganza umana non deve discutere mai più sul ‘mangiare’ la sua carne. Se tu mi obietti che ci dev’essere un altro significato, dato che la carne di Cristo serve invece a qualcosa, poiché mediante essa siamo riscattati dalla morte, ti risponderò: la carne di Cristo è in effetti molto utile in ogni modo, anzi straordinariamente utile, ma – come ho detto – la carne uccisa (caesa), non la carne mangiata (ambesa). Quella ci salva dalla morte, ma questa non giova a nulla” [12].

Questo è un punto molto importante: è la carne crocifissa di Cristo, non la sua “carne sacramentale” che giova, è la storia di Gesù che aiuta. Il sacramento non ha valore in sé, ma solo in quanto rimanda alla storia di Gesù, che non è attualizzata dal sacramento ma dallo Spirito/memoria.

Zwingli riferisce il brano di Giovanni 6:63 all’eucaristia e lo usa per interpretare e spiegare il mangiare ed il bere della Cena in senso spirituale. Mangiare la carne di Cristo, bere il suo sangue non significa mangiare sacramentalmente il corpo di Cristo, ma significa credere in lui. il “pane” e “mangiare” significano “Evangelo” e “credere”. A questa esegesi di Giovanni 6:63, Lutero risponde sostenendo che tale brano non si riferisce in alcun modo all’eucaristia.

Questo punto di vista Lutero l’aveva sostenuto già nel 1520 nello scritto sulla “Cattività babilonese della Chiesa”, contro i teologi cattolici che fondavano su questo capitolo la dottrina secondo cui bastasse comunicare con una sola specie (il pane) per comunicare con tutto il Cristo (che sarebbe presente tutto in ciascuna specie), ma anche contro i teologi hussiti che, su questo capitolo, fondavano la propria rivendicazione della celebrazione sotto le due specie (utraquisti). Lutero boccia le due posizioni affermando che Giovanni 6:63 “dev’essere lasciato da parte perché neppure con una sillaba accenna all’eucaristia… esso è estraneo al nostro argomento”. [13]

In realtà la questione può essere risolta solo parzialmente sul piano esegetico. In buona sostanza gli argomenti esegetici tanto di Zwingli quanto di Lutero sono errati o parziali! Il brano di Giovanni 6:63, cavallo di battaglia di Zwingli, non ha realmente nulla a che fare con la Cena del Signore, viceversa i brani dei vangeli che affermano “questo è il mio corpo” che Lutero interpretava in senso letterale e Zwingli in senso simbolico, non possono essere interpretati a partire da loro stessi.

Ulteriore argomento di Zwingli è che dopo l’ascensione, il corpo di Cristo divenuto uomo è seduto alla destra di Dio, come è affermato nel Credo. Se è “alla destra di Dio” non può essere contemporaneamente nel pane della Cena. Il corpo divino di Cristo è contemporaneamente in molti luoghi, ma il suo corpo umano non può che essere - in quanto umano – circoscritto, delimitato e quindi presente in un solo luogo alla volta. La natura umana di Cristo, benché risorta, “lega” il corpo di Cristo alla destra di Dio. Secondo la sua divinità Cristo è presente sia in terra che in cielo. Ma secondo la sua umanità è presente solo in cielo alla destra di Dio. Non bisogna cercarlo, nel pane della Cena.

Zwingli: Ho dimostrato che Cristo era in un posto. Dimostri, al contrario, che Egli esiste senza spazio o in molti luoghi contemporaneamente.

Lutero: All'inizio hai cercato di dimostrare che era impossibile e che il nostro ragionamento era falso. Sei obbligato a dimostrarlo e non a richiederci prove, poiché non dobbiamo dimostrare la nostra posizione.

Zwingli: Sarebbe un peccato credere in una dottrina così importante, insegnarla e difenderla, e tuttavia non essere in grado o non voler citare un singolo passo della Scrittura per dimostrarlo.

Lutero (prendendo la copertina dall'iscrizione sul tavolo): "Questo è il mio corpo!" Ecco il nostro passaggio della Scrittura. Non ce l'hai ancora tolto, come avevi deciso di fare; non abbiamo bisogno di altro. Miei carissimi signori, poiché le parole del mio Signore Gesù Cristo stanno lì. Hoc est corpus meum, non posso passarvi sopra con verità, ma devo confessare e credere che il corpo di Cristo è lì.

Contro questa posizione Lutero sarà duro e intransigente:

1. Per Lutero, l’espressione “destra di Dio”, di cui parla la Scrittura, non deve essere intesa come indicante un luogo; essa piuttosto indica la presenza stessa di Dio. Dire che Cristo è seduto alla destra di Dio, non significa localizzarlo in qualche luogo, ma significa situarlo in posizione eminente e strategica nell’azione di Dio. Zwingli, pur ammettendo che fosse in potere di Cristo manifestare il proprio corpo in più luoghi, sosteneva che Lutero non poteva

conclusivamente provare che fosse così. Zwingli citava Ezechiele, Geremia e varie altre fonti bibliche, che limitavano il corpo di Cristo ad un solo luogo.

2. Per quanto concerne le due nature di Cristo, quella divina e quella umana, Lutero ritiene, contrariamente a quella che diverrà l’opinone calvinista, che esse si comunichino vicendevolmente gli attributi, pertanto le proprietà dell’una trapassano in quelle dell’altra (communicatio idiomarum). Ad esempio l’ubiquità, pertinenza della sola natura divina, viene trasmessa anche alla natura umana, per tale motivo, Cristo può essere presente corporalmente ovunque, e pertanto anche nel pane della Santa Cena.

3. Lutero aggiunge un ulteriore argomento, fondato sul fatto che la chiesa abbia creduto “ininterrottamente” in una presenza “corporea” del corpo di Cristo nel sacramento della Cena. In breve siccome la chiesa ha sempre ritenuta alquanto vera la dottrina della “transustanziazione”, essa non deve essere ritenuta falsa!

Le novità che Zwingli ha apportato al problema, anche se non adeguatamente supportate esegeticamente, sono importanti:

1. Per Zwingli, il “sacramento” non può essere concepito come “mezzo di grazia”. Così facendo Zwingli rifiuta secoli di teologia, di prassi ecclesiastica e di vita devozionale. Il sacramento non è più “un segno sensibile ed efficace della grazia”, ma al contrario un’opera completamente umana, che certifica la grazia e la fede. Non dunque un mezzo per ricevere la grazia, ma una testimonianza della grazia già posseduta dal credente.

2. Zwingli ritiene sia illusorio affermare, come fa Lutero, che si mangi o si riceva il corpo di Cristo, sotto le apparenze del pane e del vino. O hanno ragione i papisti con la loro transustanziazione (il pane si trasforma in corpo), o non si mangia materialmente il corpo di Cristo. la terza via di Lutero, è illusoria ed appare essere null’altro che un residuo di scolastica medievale, e di aristotelismo. [14]

3. Zwingli è persuaso che il “Fate questo in memoria di me” significhi “fate questo nella potenza dello Spirito Santo”. Lo Spirito e non il mangiare e il bere, ma piuttosto è Colui che mantiene vivo il ricordo di Cristo, in modo che Cristo stesso divenga presente nella vita del credente.

I Colloqui si conclusero con l’approvazione di un documento comune, articolato in 15 punti. 14 articoli esprimevano gli elementi essenziali della fede comune fede evangelica (rifiuto dell’idea di merito per la salvezza, fede come giustizia di Dio, pedobattismo, buone opere come espressione dell’azione dello Spirito Santo, confessione dei peccati fatta a Dio, partecipazione del cristiano alla gestione della società.

Il 15° articolo riguarda la Cena e stabiliva gli elementi di accordo:

1. che la Cena andasse celebrata “sub utraque”, ossia “sotto entrambe” le specie, ossia col pane e col vino offerto ai laici:

2. che essa potesse essere definita “sacramento” del vero corpo e sangue di Gesù Cristo, anche se al termne venivano dati significati differenti;

3. che ogni cristiano avesse bisogno di questo nutrimento spirituale, allo scopo di consolidare e confermare la coscienza nella fede, mediante l’opera dello Spirito Santo.

L’articolo concludeva affermando: “E quantunque in questa occasione non ci siamo potuti accordare sulla questione se il vero corpo e sangue di Cristo siano corporalmente nel pane e nel vino, nondimeno ciascuna parte mostrerà amore cristiano per l’altra, per quanto lo consentirà la coscienza di ciascuno, e le due parti pregheranno assiduamente Dio onnipotente perché voglia confermarci mediante il suo Spirito nella retta comprensione. Amen” [15].

Ciononostante Lutero rifiutò, alla fine dei colloqui, di stringere la mano a Zwingli in segno di amicizia cristiana. Non si trattava, nelle intenzioni di Lutero, del rifiuto di un gesto di cortesia, ma del tentativo maldestro, di non accettare una completa identificazione dottrinale. Lutero scrisse a sua moglie Katharina von Bora (4 ottobre 1529): “Grazia e pace in Cristo! Cara Kathie, la nostra amichevole conferenza a Marburg è quasi finita e abbiamo concordato quasi tutti i punti, tranne che i nostri avversari sostengono che solo il pane e il vino sono presenti nel sacramento, pur ammettendo la presenza spirituale di Cristo negli elementi. Oggi il Langravio [Filippo d'Assia] sta facendo ogni sforzo per unirci, o almeno per farci considerare gli uni gli altri fratelli e membra del corpo di Cristo. Sta facendo del suo meglio per riuscirci. Ma anche se ci opponiamo all'essere fratelli, desideriamo vivere in pace e in buoni rapporti. Immagino che partiremo domani o il giorno successivo e andremo dal nostro grazioso signore [Friedrich il Saggio di Sassonia] a Vogtland, dove Sua Grazia Elettorale ci ha convocati.

Dite a Herr Pommer che l'argomento di Zwingli era il migliore: ‘Corpus non potest esse sine loco, ergo Christi corpus non est in pane’ [Un corpo non può esistere senza un luogo in cui essere, quindi il corpo di Cristo non è nel pane]; quello di Oecolampadio era: ‘Sacramentum est signum corporis Christi’ [Il sacramento è un segno del corpo di Cristo]. Ritengo che Dio li abbia accecati, che non possano ottenere nulla di buono. Ho molto da fare e il messaggero aspetta. Buonanotte a tutti e pregate per noi. Stiamo tutti bene e vivaci, e viviamo come principi. Bacia Lenchen e Hanschen per me. Il tuo servo obbediente.” [16].

Note

[1] Roland H. Bainton, Here I Stand (Nashville, Tennessee Abingdon Press, 1950), pp.' 318--19.

[2] W.A. 26, 439,15-22.

[3] Lutero - Opere Scelte 1: Il Piccolo Catechismo - Il Grande Catechismo, a cura di Fulvio Ferrario, Claudiana 3 Torino 1998 n° 709, p. 309.

[4] Herman Sasse, This is My Body (Adelaide, South Australia: Openbook Publishers, 1977), pp. 186-187.

[5] W.A. 26, 445,7-13.

[6] U. Zwingli, “Scritti Teologici e Politici” ed. Claudiana, 3, 776, 30.

[7] U. Zwingli ZW 3, 782.16.

[8] U. Zwingli ZW 3. 789.

[9] U. Zwingli ZW 798, 37, s.

[10] G. May, Das Marburger Religionsgesprach 1529, Gutersloch 1970, p. 19.

[11] W.A. 26, 339, 33 – 340, 2.

[12] Zwingli, Commentarius de vera et falsa religione, III, 782, pp. 26-32.

[13] M. Lutero, De captivitate Babylonica Ecclesiae, in Scritti politici, a cura di L. Firpo, UTET Torino 1949, 13 pp. 235-236.

[14] Zwingli, Una chiara istruzione sulla Cena di Cristo, Zurigo 1526.

[15] H. Bornkamm, Martin Luther in der Mitte seines Lebens, Gottingen 1979, p. 575. Sintesi del contenuto degli articoli di Marburgo.

[16] Currie, Margaret A., ed. and trans. The Letters of Martin Luther. London: Macmillan and Company, Ltd., 16 1908, p. 196.