Storia/La Riforma e la reazione

Da Tempo di Riforma Wiki.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

Ritorno


LA RIFORMA E LA REAZIONE

Nel 1500 la supremazia papale sul mondo cristiano sembrava sicura. Le chiese d'Oriente, che erano state a lungo il centro della cristianità, avevano ricevuto un colpo tremendo con la conquista di Costantinopoli da parte dei turchi (1453). Il «conciliarismo», ovvero la dottrina secondo cui il concilio generale è la suprema autorità nel mondo cristiano, al di sopra anche del papa, parve soccombere sotto il peso di numerose condanne. Ma le fondamenta della potenza papale non erano sicure.

Entro breve tempo, infatti, sarebbero state scosse dal terremoto della Riforma protestante, e alcuni avrebbero addirittura profetizzato che al papa sarebbe rimasto il controllo soltanto dell'Italia e della Spagna. Furono diversi i fattori che spianarono la strada alla Riforma. Da una parte, il papato del tardo Medioevo esemplificava ampiamente il detto secondo cui "il potere assoluto corrompe in modo assoluto"; dall'altra, si era andato diffondendo un notevole sentimento antipapale. La figura di Wyclif sta a dimostrare come un attacco agli abusi possa trasformarsi in una critica alle dottrine. La chiesa si trovava nella vulnerabile condizione di chi, pur possedendo ricchezze favolose, manca però palesemente delle qualifiche morali necessario per giustificare i propri stesso Lutero. Di lì a poco, il Protestantesimo fu diviso in due correnti — quella luterana e quella riformata (o svizzera). Zwingli morì giovane, e il suo posto di principale teologo riformato fu preso dal francese Giovanni Calvino, con il risultato che la fede riformata è spesso conosciuta come Calvinismo.

Luterò e Zwingli furono dei riformatori classici (per distinguerli dall'ala radicale) — introdussero, cioè, una riforma sostenuta dalle autorità ufficiali o magistrati o governatori delle città. Il loro intento non era quello di spezzare il legame fra chiesa e stato. Miravano infatti non tanto a fondare una chiesa nuova, ma piuttosto a riformare quella vecchia. Finché si trattava di una riforma dottrinale, l'ideale della chiesa di stato, a cui appartenevano tutti i cittadini, rimaneva intatto. Ma vi erano alcuni per i quali questa non sarebbe stata che una riforma a metà. I riformatori radicali volevano andare ben oltre i riformatori classici. E lo fecero in diversi modi. Alcuni erano "razionalisti": mettevano cioè in dubbio le dottrine cristiane fondamentali, come la Trinità. Altri erano "spiritualisti": disprezzavano la Bibbia e tutte le forme esteriori, e sottolineavano invece l'importanza dello Spirito Santo che parla all'anima dell'individuo, la cosiddetta "luce intcriore". Alcuni erano "rivoluzionari": credevano cioè che la battaglia finale descritta nel libro dell'Apocalisse stesse per avere luogo, e i giusti avrebbero stabilito il regno di Dio con la forza. Ma gli "evangelici" costituivano il gruppo più numeroso e importante. Essi, alla luce della Bibbia, desideravano una riforma più profonda. Rifiutavano l'idea di una chiesa di stato e il battesimo dei bambini, che inevitabilmente l'accompagnava. I loro oppositori presero di mira la loro consuetudine di "ribattezzare" coloro che erano stati già battezzati da piccoli, e li chiamarono «anabattisti» o «ribattezzatori». Era un'etichetta molto comoda, questa, dato che ribattezzare era considerato un reato molto grave. Gli anabattisti furono quindi perseguitati in modo spietato e sterminati in lungo e in largo, ma le loro idee sopravvissero e divennero progressivamente più influenti.

La Riforma trovò la Chiesa di Roma notevolmente impreparata. Ma tale situazione non durò a lungo. Intorno alla metà del secolo fu convocato infatti il *Concilio di Trento, per definire la dottrina cattolica romana in una prospettiva antiprotestante e presentare un programma di riforma cattolica. I Gesuiti (un ordine religioso fondato da Ignazio di Loyola) costituivano le truppe d'urto della Riforma cattolica e guidarono il contrattacco al Protestantesimo. Il retaggio della spiritualità medievale non era morto nella Chiesa cattolica romana, come si può vedere dai grandi mistici spagnoli Giovanni della Croce e Teresa d'Àvila.

I primi 50 anni della Riforma furono anni ricchi di nuove idee. Ma i movimenti viventi e creativi del periodo iniziale finirono in breve tempo per essere codificati in dettagliati sistemi dogmatici. Le tre principali confessioni (Cattolicesimo romano. Luteranesimo e Calvinismo), sempre più affannate a definire in maniera precisa e complicata le proprie dottrine, spendevano enormi energie in controversie interne. Si trattava di questioni riguardanti soprattutto il rapporto fra la grazia di Dio e il libero arbitrio dell'uomo. Lo sviluppo di queste nuove ortodossie non si realizzò senza sfide. Il movimento pietista del XVII secolo, capeggiato fra gli altri da Spener, mise l'accento sull'importanza della vita pratica del credente, piuttosto che su discussioni intorno a questioni teologiche secondarie. Il XVIII secolo vide il sorgere del razionalismo in opposizione alla fede cristiana. Per alcuni, esso fu sinonimo di ateismo; per molti altri, invece, rappresentò una nuova religione basata sulla ragione più che sulla rivelazione. Il «deismo» fu considerato una religione della ragione in contrasto con le superstizioni del cristianesimo tradizionale. Il razionalismo, però, sferrando al cristianesimo un attacco dall'esterno della chiesa, influì soltanto limitatamente sulla dottrina cristiana, anche se cominciò di fatto a minare il consenso cristiano nell'Europa occidentale. Una forza che si mosse nella dirczione opposta al razionalismo fu quella del "risveglio" evangelico, che ebbe origine in Inghilterra con i fratelli *Wesley e alcuni altri, per diffondersi poi in tutto il mondo anglofono e oltre. La Riforma inglese presenta delle peculiarità interessanti. Nel breve spazio di venticinque anni vi sono non meno di sei risoluzioni di tipo religioso.

Fino al 1534 l'Inghilterra era un Paese cattolico romano.

Nel 1534 Enrico vili fece di sé stesso un papa in Inghilterra, autoproclamandosi «capo unico e supremo in terra» della Chiesa inglese. Ma, a parte l'abolizione del papa, Enrico vili continuò ad attenersi alla quasi totalità delle dottrine cattoliche — egli era in fin dei conti un "anglo-cattolico" del xvi secolo.

Nel 1549 fu pubblicato il primo libro di preghiere del regno di Edoardo VI. D'ispirazione protestante e in lingua inglese, il libro era stato tuttavia redatto in maniera tale da non recare inutile offesa ai cattolici romani.

Nel 1552 vide la luce il secondo libro di preghiere del regno di Edoardo VI. Questa volta si trattava di un libro apertamente e inequivocabilmente protestante.

Sotto Maria Tudor (1553-1558) vi fu un ritorno a una forma dogmatica di Cattolicesimo romano.

La "Soluzione Elisabettiana" del 1559 ripresentò un librò di preghiere molto simile a quello del 1552. La Soluzione Elisabettiana fu a lungo contestata dai "puritani", i quali desideravano una forma più radicale di Protestantesimo, ma nel 1662 divenne norma definitiva. Questa risoluzione è spesso descritta come una via di mezzo, e in fin dei conti è così, ma non nel senso che spesso intendiamo noi oggi — cioè, una via di mezzo fra Protestantesimo e Cattolicesimo romano. La Soluzione Elisabettiana era una sorta di compromesso fra Elisabetta i, che voleva una forma più conservatrice di Protestantesimo, e coloro che ne volevano invece una più radicale; sotto certi aspetti, la Soluzione potrebbe essere intesa come un compromesso fra Calvinismo e Luteranesimo. Difatti, la dottrina espressa dai •«Trentanove Articoli» era un Calvinismo moderato, ma il mantenimento dei vescovi, della liturgia e di altre forme cerimoniali cattoliche era in linea con il pensiero luterano.

A tempo debito, la Riforma inglese sfociò nell'Anglicanesimo, un ramo distinto del Protestantesimo che si è dimostrato più consenziente all'insegnamento cattolico rispetto alle chiese riformate o a quelle luterane. La Scozia invece divenne, e tuttora rimane, decisamente riformata e presbiteriana. I tentativi da parte degli inglesi di imporre dei vescovi e il Book of common prayer (Libro della preghiera comune) agli scozzesi servirono soltanto a rafforzare le convinzioni presbiteriane della "kirk" (cioè, la chiesa scozzese).