Storia/Una filosofia cristiana della storia: principi teocentrici

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Ritorno


Una filosofia cristiana della storia: principi teocentrici

L'insegnamento della storia oggi è in crisi. Nelle scuole pubbliche essa viene sempre di più sottovalutata. Sono però spesso gli stessi storici a non sapere quale possa essere lo scopo di insegnarla. Essi non sono convinti che la storia che essi presentano valga la pena di insegnarla o persino di impararla.

Per i cristiani che intendono essere fedeli alla Parola di Dio ed alla dottrina della divina provvidenza, la storia è colma di significati. La storia ha valore e significato, per un cristiano, ma solo quando è compresa dalla prospettiva di Colui che ne ha stabilito il corso.

Desideriamo, perciò, presentare qui, sommariamente, quali sono i parametri di una filosofia teocentrica della storia.

In primo luogo una filosofia cristiana della storia mette in rilievo il fatto che Dio è il Creatore. Dio è il Signore della storia: Egli ne ha dato principio e la dirige secondo i Suoi propositi sovrani. Gli approcci non teistici alla storia presumono che essa sia diretta da forze naturalistiche, umanistiche, o irrazionali. Lo storico non cristiano, per essere coerente con i suoi presupposti anti-religiosi, deve escludere Dio dalla dinamica della storia. I cristiani, d'altro canto, concordano di tutto cuore con la grande Confessione Battista di Londra, del 1689, che afferma: „Dio ha decretato in Sé stesso, da ogni eternità, con il saggio e santo consiglio della Sua volontà, liberamente ed immutabilmente, ogni cosa, qualunque cosa accada“.

In secondo luogo, una filosofia cristiana della storia mette in rilievo la sovranità onnicomprensiva di Dio, il quale „compie ogni cosa secondo la decisione della propria volontà“ (Ef. 1:11), e governa e dirige la storia. Come nota R. J. Rushdoony in La filosofia biblica della storia, „Il cristiano accetta un mondo che è totalmente portatore di un significato ed in cui ogni avvenimento si muove nei termini dei predestinati propositi di Dio e, quando l'uomo accetta Dio come proprio Signore e Cristo come proprio Salvatore, ogni avvenimento coopera per il suo bene, perché ora egli è in armonia con quel destino significativo (Ro. 8:28)“. La lezione della sovranità onnicomprensiva di Dio è presentata chiaramente dalle Scritture. Daniele benedice Dio, affermando: „Egli alterna i tempi e le stagioni; depone i re e li innalza, dà la saggezza ai saggi e il sapere agli intelligenti“ (Da. 2:21). Anche il re Nebucadnezzar apprese questa lezione ed affermò: „l'Altissimo domina sul regno degli uomini e che egli lo dà a chi vuole, e vi innalza il più misero degli uomini" ... Tutti gli abitanti della terra sono un nulla davanti a lui; egli agisce come vuole con l'esercito del cielo e con gli abitanti della terra; e non c'è nessuno che possa fermare la sua mano o dirgli: «Che fai?»“ (Da. 4:17,35). In particolare, le sezioni sul Servo dell'Eterno in Isaia, sono testimonianza di come Dio governi sovranamente la storia umana: „Io annunzio la fine sin dal principio, molto tempo prima dico le cose non ancora avvenute; io dico: Il mio piano sussisterà, e metterò a effetto tutta la mia volontà“ (Is. 46:10).

In terzo luogo, una filosofia cristiana della storia mette in rilievo la provvidenza particolare di Dio nel trattare con gli individui. Gli interventi di Dio non sono limitati al „quadro generale“ di nazioni e di regni. Nel Salmo 139, per esempio, dopo aver parlato dell'onnipresenza ed onniscienza di Dio, Davide descrive la provvidenza misericordiosa di Dio nell'averlo formato fin dal seno di sua madre: „I tuoi occhi videro la massa informe del mio corpo e nel tuo libro erano tutti scritti i giorni che mi eran destinati, quando nessuno d'essi era sorto ancora“ (Sl. 139:16). I cristiani, quindi, hanno grande fiducia che la loro vita individuale abbia significato. Dio ha prestabilito i giorni della nostra vita, Egli ha scritto tutti quei giorni „nel Suo libro“. Nel Salmo 56:8, Davide dice: „Tu conti i passi della mia vita errante; raccogli le mie lacrime nell'otre tuo; non le registri forse nel tuo libro?“ . Che grande consolazione questa può essere in tempi di afflizione! Le prove che dobbiamo sopportare non sono prive di significato. Le afflizioni ed il travaglio del credente, sono prestabilite da Dio e sono scritte nel Suo libro, dove esse sono conservate dal nostro Signore e considerate preziose.

In quarto luogo, una filosofia cristiana della storia è prudente nel valutare particolari avvenimenti del passato. Laddove la Scrittura spiega i propositi di Dio nella storia, i cristiani potranno parlare con autorità e fiducia. Dove però la Scrittura tace, i cristiani dovranno essere circospetti ed umili.Gli esseri umani sono limitati e non possono comprendere la pienezza dei propositi di Dio. Per questo i credenti non devono aver fretta di identificare particolari propositi di Dio nella storia o nella propria vita. Se leggiamo, per esempio, il libro di Giobbe, possiamo leggere, già nei primi due capitoli, e comprendere, il significato cosmico delle prove di Giobbe. Giobbe ed i suoi amici, però, speculano troppo in fretta sui propositi di Dio e sul significato delle sofferenze di Giobbe. A Giobbe pare di essere stato trattato in modo ingiusto e chiede a Dio spiegazioni di quello che gli avviene. Dio non risponde mai alle particolari questioni che gli sottopone Giobbe, ma mette in evidenza il Suo potere e perfetta provvidenza (Gb. 38-41). Verso la fine del libro, un Giobbe ravveduto può solo affermare: „Io riconosco che tu puoi tutto e che nulla può impedirti di eseguire un tuo disegno“ (Gb. 42:2).

In quinto luogo, una filosofia cristiana della storia esige che il passato sia valutato secondo i criteri di Dio. Una delle lezioni che Giobbe apprende è che noi dobbiamo misurare gli eventi della vita secondo il criterio di Dio, non secondo il criterio od il metro umano. „Quando l'uomo fa di sé stesso e della sua ragione, un dio sulla creazione,“ scrive Rushdoony, egli automaticamente distrugge ogni significato nella creazione e rende sé stesso un idiota incatenato e farfugliante, che siede terrorizzato su una sedia elettrica nel mezzo di un vasto universo pieno di nulla“.

Disastri

In sesto luogo, una filosofia cristiana della storia è vissuta dal credente come una sfida a livello personale e deve muoverci a ravvedimento e fede. Luca 13 fornisce un eccellente esempio di come Gesù interpretasse gli avvenimenti del giorno, e di come noi dovremmo valutare la storia. I seguaci di Cristo si erano posti delle domande su due avvenimenti disastrosi del loro tempo, uno naturale (la caduta di una torre) ed uno umano (un massacro ordinato da Pilato, e si erano chiesti quali propositi avesse Dio in tali avvenimenti. Gesù, però, li esorta a non trarre, da queste catastrofi, conclusioni troppo affrettate. Gesù non spiega mai il perché fossero avvenuti i fatti di Luca 13. Semplicemente non è impoortante né per loro, né per noi, comprendere il proposito meta-storico di Dio in quei disastri. Gesù ne trae, però, un'applicazione personale ed evangelistica, e dice: „se non vi ravvedete, perirete tutti allo stesso modo“ (3,5). Ogni disastro ed ogni avvenimento provvidenziale dalla mano di Dio, è un segnale che ci deve rammentare la nostra mortalità e debolezza, ed è un'occasione per l'introspezione ed il ravvedimento: dovrebbe sempre, alla fine, portarci ad una maggiore fede in Dio. La cadura della torre in Luca 13 presenta un buon paradigma per comprendere il significato dell'attacco alle Torri gemelle di New York, l'11 settembre 2001. Crediamo che anche quel disastro fosse sotto il governo sovrano di Dio, ma noi non comprendiamo i propositi complessivi di Dio in questi fatti. L'attacco, però, dovrebbe essere un'opportunità per un'introspezione personale e nazionale, finalizzata al ravvedimento e ad una rinnovata consacrazione a Cristo.

In conclusione, i cristiani hanno l'obbligo di leggere la storia da una prospettiva teocentrica e cristiana. E' lo stesso approccio alla storia che l'apostolo Paolo usa per discutere con gli eruditi di Atene in Atti 17. Paolo predica un Dio trascendente e sovrano, Creatore e sostenitore di ogni cosa attraverso la Sua provvidenza (v. 24ss). Mette in rilievo la creazione, notando come Dio abbia tratto gli uomini da uno solo o „da un sangue“ (v. 26a). Mette in evidenza come Dio determini sia storia che geografia, notando che Dio: „ha tratto da uno solo tutte le nazioni degli uomini perché abitino su tutta la faccia della terra, avendo determinato le epoche loro assegnate, e i confini della loro abitazione“ (26). Paolo nota come Iddio muova la storia verso una conclusione fissa, specificatamente verso il grande giorno del giudizio (v. 31). Egli pure dà importanza cruciale alla risurrezione di Cristo, elemento critico della proclamazione dell'Evangelo, cosa sgradita agli ateniesi. Il punto culminante del messaggio, però, è al vers. 30, dove Paolo proclama: „Dio dunque, passando sopra i tempi dell'ignoranza, ora comanda agli uomini che tutti, in ogni luogo, si ravvedano“.

Per Paolo, allora, in Atti 17, la storia aveva un significato vitale. Sebbene si rivolgesse ad un uditorio ostile, egli presentò loro una lettura teocentrica ed evangelistica della storia. La storia rammenta loro la creazione da parte di Dio, dimostra il Suo sovrano controllo sulle nazioni, sottolinea l'importanza del Cristo risorto, ammonisced gli uditori del prossimo giorno del giudizio, mette in rilievo come sia necessario il ravvedimento e la responsabilizzazione.

Coloro che sfidano Dio e negano la Sua presenza nella storia, sono lasciati nella loro vacuità. Sono come degli „idioti farfuglianti“ in „un universo pieno di nulla“. I cristiani, però, hanno grandi responsabilità nello studiare il passato. La storia ha sigmificato. Il suo corso fu determinato da Dio per i Suoi propositi e per la Sua gloria. Attraverso di essa Iddio governa le nazioni, e in essa Egli ha mandato Suo Figlio per essere il nostro Salvatore.

(Roger Schutz, decano della facoltà di storia alla Liberty University di Lynchburg, Virginia, USA. Articolo pubblicato in inglese su: Chalcedon Report, n. 446, novembre 2002, p. 12).