Teologia/Attributi di Dio/Attri01

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Indice generale

Gli attributi di Dio, di A. W. Pink

CapitoliPrefazione - 1 La solitudine di Dio- 2 I decreti di Dio - 3 La conoscenza di Dio - 4 La precognizione di Dio - 5 La signoria di Dio - 6 La sovranità di Dio - 7 L’immutabilità di Dio - 8 La santità di Dio - 9 Il potere di Dio - 10 La fedeltà di Dio - 11 La bontà di Dio - 12 La pazienza di Dio - 13 La grazia di Dio - 14 La benignità di Dio - 15 La tenerezza di Dio - 16 L’amore di Dio - 17 L’amore di Dio verso di noi - 18 L’ira di Dio- 19 La contemplazione di Dio-  

1. LA SOLITUDINE DI DIO

Il titolo di questo articolo forse non è del tutto adeguato per indicarne il tema. Questo è dovuto in parte al fatto che pochi oggi sono abituati a meditare sulle perfezioni spirituali di Dio. Comparativamente pochi fra coloro che occasionalmente leggono la Bibbia sono coscienti della grandiosità del carattere divino, il quale ispira riverente timore e porta a renderGli culto. Che Dio sia somma sapienza e maestosa potenza, ma al tempo stesso sia misericordioso, è un dato che molti sono pronti a dare per scontato. Nutrire però una concezione di Dio che anche solo di poco si avvicini a quanto le Sacre Scritture presentano del Suo essere, della Sua natura, dei Suoi attributi, è qualcosa a cui, in quest’epoca degenerata, sono giunte solo pochissime persone. Dio è solo nella Sua eccellenza. «Chi è pari a terra gli dei, o Eterno? Chi è pari a te, mirabile nella santità, maestosi nelle lodi, o operatore di prodigi?» (Es. 15:11).

«Nel principio Dio» (Ge. 1:1). C’era un tempo, se “tempo” può essere chiamato, quando Dio, nell’unità della Sua natura (sebbene sussistente ugualmente in tre Persone divine), dimorava assolutamente solo. «Nel principio Dio». Non c’era un cielo, nel quale ora particolarmente si manifesta la Sua gloria. Non c’era alcuna terra che potesse occupare la Sua attenzione. Non c’erano angeli a cantare lodi alla Sua gloria, nessun universo ad essere sostenuto dalla parola della Sua potenza. Non c’era niente e nessuno, soltanto Dio, e questo non per un giorno, un anno, od un’era, ma “dall’eternità”. Durante un’eternità passata Dio era solo: bastante a Sé stesso, autosufficiente, soddisfatto di Sé stesso, di nulla bisognoso. Ci fosse stato un universo, ci fossero stati angeli, ci fossero stati esseri umani a Lui necessari in qualche modo, anch’essi sarebbero stati chiamati all’esistenza dall’eternità. Quando Dio li creò, non avevano essenzialmente aggiunto nulla a Dio. Egli non muta (Ma. 3:6), e quindi la Sua gloria essenziale non può essere né aumentata né diminuita.

Dio non era stato costretto, od obbligato per necessità a creare. Il fatto che abbia scelto di farlo, da parte Sua era un atto della Sua pura sovranità, non determinato da alcunché al di fuori di Sé stesso se non il Suo proprio beneplacito; perché Lui «opera tue le cose secondo il consiglio della sua volontà» (Ef. 1:11). Che Egli di fatto avesse creato era semplicemente per la manifestazione della Sua gloria. Forse a questo punto qualche lettore immagina che siamo andati oltre a ciò che la Scrittura ci permette di dire. Allora faremo appello diretto alla Legge ed alla Testimonianza: «Alzatevi e benedite l’Eterno, il vostro Dio, d‘eternità in eternità. Si benedica il nome tuo glorioso, che è esaltato al di sopra di ogni benedizione e lode» (Ne. 9:5). Dio non “ci guadagna” nulla, nemmeno quando Gli rendiamo il culto. Egli non aveva alcun bisogno di quella gloria esterna alla Sua grazia che sorge dai Suoi redenti, perché Egli è già abbastanza glorioso in Sé stesso anche senza di questa. Che cos’era che Lo aveva spinto a predestinare i Suoi eletti alla lode della Sua gloria e della Sua grazia? Era, come Efesini 1:5 ci dice: «il consiglio della sua volontà».

Siamo ben coscienti quanto gli “altipiani” su cui stiamo camminando siano terreno nuovo e strano per la maggioranza dei nostri lettori: è per questa ragione che ci muoveremo lentamente. Facciamo ancora appello alle Scritture. Al termine di Romani 11, dove l’Apostolo conclude la sua argomentazione sulla salvezza per pura e sovrana grazia, egli si chiede: «Chi ha infatti conosciuto la mente del Signore? O chi è stato il suo consigliere? O chi gli ha dato per primo, si che ne abbia a ricevere la ricompensa?» (Ro. 11:34,35). La forza di questa affermazione è: impossibile portare l’Onnipotente ad obbligazione alcuna verso la creatura. Dio non guadagna nulla da noi. «Se sei giusto, che cosa gli dai, o che cosa riceve dalla tua mano? La tua malvagità può solamente nuocere ad un uomo come te, e la tua giustizia può solamente giovare a un figlio d’uomo» (Gb. 35:7,8), essa certamente non può influire su Dio, il quale in Sé stesso è pienamente benedetto. «Così anche voi, quando avrete fatto tutte le cose che vi sono comandate, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto ciò che dovevamo fare» (Lu. 17:10). Dio non ha tratto vantaggi dalla nostra obbedienza.

Anzi, osiamo dire di più: il nostro Signore Gesù Cristo non ha aggiunto nulla a Dio nel Suo essere e gloria essenziale, sia per quanto ha vissuto che per quanto ha sofferto. Certo, è gloriosamente vero che Egli ha manifestato la gloria di Dio a noi, ma Egli non ha aggiunto nulla a Dio. Egli stesso lo dichiara espressamente, e le Sue parole sono incontestabili: «Non ho alcun bene all’infuori di te» (SI. 16:2),o “la mia bontà non si estende fino a te”. L’intero Salmo è un Salmo messianico. La bontà o giustizia di Cristo viene rivolta «agli uomini santi ed onorevoli che sono sulla terra» (Sl. 16:3), ma Dio era al di sopra ed al di là di tutto questo. Dio solo è il Benedetto (Mr. 14:61).

E’ perfettamente vero che possiamo onorare o disonorare Dio; ma non lo facciamo nel SUO essere essenziale, ma per quanto riguarda la Sua reputazione sulla terra. E’ ugualmente vero che la creazione, la provvidenza e la redenzione danno gloria” a Dio, non vogliamo per un solo momento contestare questo. Tutto questo, tuttavia, ha a che fare con la manifestazione della Sua gloria e il riconoscimento che di essa siamo spinti a dare. Ciononostante, se Dio avesse così ritenuto, Egli avrebbe potuto continuare ad essere solo per tutta l’eternità, senza far conoscere la Sua gloria ad alcuna creatura. Che Egli lo facesse oppure no era stato determinato dalla Sua propria volontà. Egli era perfettamente benedetto in Sé stesso prima ancora che la prima creatura fosse stata chiamata all’esistenza. E ora, invece, che cosa sono per lui tulle le creature che la Sua mano ha plasmato? Lasciamo ancora che la Scrittura risponda: «Ecco, le nazioni sono come la goccia in un secchio, sono considerate come il pulviscolo della bilancia; ecco egli solleva le isole come un piccolissimo oggetto. Il Libano non basterebbe a provvedere il combustibile per il fuoco, né i suoi animali basterebbero per l ‘olocausto. Tutte le nazioni sono come un nulla davanti a lui e sono da lui ritenute un nulla e vanità. A chi vorreste assomigliare Dio e quale immagine gli mettereste a confronto?» (Is. 40:15-18). Quello è il Dio della Scrittura, e, ahimè, Egli è ancona «un Dio sconosciuto» (AL 17:23) per moltitudini distratte. «Egli è colui che sta assiso sul globo della terra, i cui abitanti sono come cavallette; egli distende i cieli come un velo e li dispiega come una tenda in cui abitarvi. Egli riduce lo principi a un nulla e rende inutili i giudici della terra» (Is. 40:22,23). Quanta differenza c’è fra il Dio della Scrittura e il “dio” delle predicazioni oggi più comuni.

La testimonianza del Nuovo Testamento non differisce in alcun modo da quella dell’Antico: come lo potrebbe visto che hanno un unico ed un solo autore? Anche là leggiamo: «che a suo tempo manifesterà il beato ed unico sovrano, il Re dei re e il Signore dei Signori, il solo che ha l‘immortalità e abita una luce inaccessibile che nessun uomo ha mai visto né può vedere, al quale sia l’onore e il dominio Eterno. Amen» (1 Ti. 6:15,16). Un tale Dio deve essere riverito e adorato. Egli è solo nella Sua maestà, unico nella Sua eccellenza, senza pari nelle Sue perfezioni. Egli sostiene ogni cosa, ma Lui stesso è indipendente da ogni cosa. Egli dona a tutti, ma non può essere arricchito da alcuno.

Un tale Dio non può essere trovato cercandolo, ma può essere conosciuto solo nella misura in cui Egli si rivela al cuore per mezzo dello Spirito Santo attraverso la Parola. E’ vero che la creazione dimostra così apertamente la presenza del Creatore tanto da lasciare gli uomini “inescusabili”, ciononostante ancora dobbiamo dire con Giobbe: «Ecco, questi sono solamente le frange delle sue opere. Quale debole sussurro di lui riusciamo a percepire! Ma chi potrà mai comprendere il tuono delta Sua potenza?» (Gb. 26:14). Il cosiddetto “argomento dal disegno” di bene-intenzionati “Apologeti” ha dato, così noi crediamo, molto più danno che varitaggio, perché ha tentato di abbassane Dio al livello della limitata nostra comprensione, e quindi ci ha fatto perdere di vista la Sua solitaria eccellenza.

E’ stata fatta un’analogia con un uomo primitivo che trova nella sabbia un orologio, e che, dopo averlo attentamente esaminato, ne conclude che esista un orologiaio. Fino a questo punto nulla da eccepire. Cercate però di immaginare quello che ne potrebbe seguire: supponete ora che quell’uomo primitivo cerchi di formarsi un’idea su chi sia questo orologiaio, i suoi sentimenti, disposizione, successi, e carattere morale - tutto ciò che potrebbe descrivere la sua personalità, potrebbe mai quest’uomo giungere mai a pensare di essersi ormai familiarizzato con questo orologiaio? Farsi domande come queste sembra banale, ma forse che il Dio Eterno ed infinito potrebbe essere più vicino di questo alla capacità della ragione umana? Certo No. Il Dio della Scrittura può solo essere conosciuto da colono ai quali Egli si compiace di rivelarsi.

Dio non può essere nemmeno conosciuto attraverso l’intelletto. «Dio è Spirito» (Gv. 4:24), e può quindi essere conosciuto solo spiritualmente. Fintanto che una persona non sia rigenerata, fintanto che non sia spiritualmente portata dalla morte alla vita, miracolosamente trasportata fuori dalle tenebre fino alla luce, essa non potrà neppure vedere le cose di Dio (Gv. 3:3) né tanto meno comprenderle (1 Co. 2:14). Lo Spirito Santo deve prima brillare nel nostro cuore (non nel nostro intelletto) al fine di «illuminarci nella conoscenza della gloria di Dio, che rifulge sul volto di Gesù Cristo» (2 Co. 4:6). E anche allora quella conoscenza spirituale non sarà che frammentaria. L’anima rigenerata dovrà crescere nella grazia e conoscenza del Signore Gesù (2 Pi. 3:18). La preghiera principale e l’obiettivo del cristiano dovrebbe essere: “perché camminate in mezzo degno del Signore, per piacergli in ogni cosa, portando frutto in ogni opera buona, e crescendo nella conoscenza di Dio”.