Teologia/Attributi di Dio/Attri11

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Indice generale

Gli attributi di Dio, di A. W. Pink

CapitoliPrefazione - 1 La solitudine di Dio- 2 I decreti di Dio - 3 La conoscenza di Dio - 4 La precognizione di Dio - 5 La signoria di Dio - 6 La sovranità di Dio - 7 L’immutabilità di Dio - 8 La santità di Dio - 9 Il potere di Dio - 10 La fedeltà di Dio - 11 La bontà di Dio - 12 La pazienza di Dio - 13 La grazia di Dio - 14 La benignità di Dio - 15 La tenerezza di Dio - 16 L’amore di Dio - 17 L’amore di Dio verso di noi - 18 L’ira di Dio- 19 La contemplazione di Dio-  

11. La bontà di Dio

«La benignità di Dio dura per sempre» (Sl. 52:1).Quando la Bibbia si riferisce alla “bontà” o “benignità” di Dio, essa fa riferimento alla perfezione della Sua natura. «Dio è luce, e in lui nonviè tenebra alcuna»(1 Gv. 1 ~5).C’è una tale assoluta perfezione nella natura e nell’Essere di Dio che in essa non c’è nulla di difettoso o di carente, nulla può esservi aggiunto per renderla migliore.

Egli è originalmente buono, buono in Sé stesso, il che null’altro può essere, perché tutte le creature sono buone nella misura in cui partecipano alla bontà di Dio e da Lui la derivano. Egli è essenzialmente buono, anzi, non solo buono, ma è la bontà stessa. Il bene della creatura è una qualità che le è sopraggiunta., in Dio è la Sua stessa essenza. Egli è infinitamente buono; il bene della creatura non è che una goccia, ma in Dio vi è un oceano infinito di bene raccolto insieme. Egli è eternamente ed immutabilmente buono; perché Egli non può essere meno buono di quanto non lo sia, allo stesso modo in cui a Lui nulla può essere aggiunto e nulla Gli può essere sottratto (Thomas Manton).

Dio il summum bonum,il bene più alto. Dio non è solo il più grande fra tutti gli essèri, ma il migliore. Tutta la bontà che c’è nella creatura gli è stata impartita dal Creatore, ma la bontà di Dionon può essere derivata, perché è l’essenza della Sua eterna natura. Tanto come Iddio è infinito quanto a potere dall’eternità, prima che ce ne fosse manifestazione alcuna, o qualunque espressione della Sua onnipotenza, così Egli era eternamente buono prima che ancora venisse fatta comunicazione alcuna della Sua bontà, o qualun­que creatura verso la quale essa potesse manifestarsi. In questo modo, la prima manifestazione di questa divina perfezione era nel donare l’essere ad ogni cosa. «Tu sei buono e fai del bene»(Sl. 119:168): Dio ha in Sé stesso un tesoro inesauribile ed infinito di ogni benedizione, sufficiente per riempire ogni cosa.

Tutto ciò che Dio emana - i Suoi decreti, la Sua creazione, le Sue leggi, i Suoi atti di provvidenza -non possono altro che essere buoni. Come sta scritto: «A flora Dio vide tutto ciò che aveva fatto, ed ecco, era molto buono» (Ge. 1:31). Si può quindi vedere la bontà di Dio, in primo luogo, nella creazione. Più attentamente studiamo la creatura, più diventa evidente quanto il Creatore sia beneficente. Prendete la più elevata fra tutte le creature terrestri l’essere umano. Ha ragioni più che sufficienti per poter dire: «Io ti celebrerò, perché sono stato fatto in modo stupendo; le tue opere sono meravigliose, e io lo so molto bene» (Sl. 139:14). Tutto quel che riguarda la struttura del nostro corpo attesta della bontà dei suo Fattore. Quanto sono adatte le mani per compiere il lavoro che ci è assegnato. Quanto è stato salutare che il Creatore avesse previsto il sonno per ristorare il corpo affaticato! Con quanta sapienza Egli ha fatto si che avessimo palpebre e ciglia per proteggerci gli occhi. Potremmo continuare - in questo modo a lungo.

La bontà del Creatore non è limitata all’essere umano: essa viene esercitata verso tutte le creature. «Gli occhi di tutti guardano a te con -aspettazione, e tu dai loro i! cibo a suo tempo. Tu apri la tua mano ed appaghi i! desiderio di ogni essere vivente» (Si. 145:15,16). Si potrebbero scrivere interi volumi, anzi, sono già stati scritti interi volumi, per descrivere questo fatto: Sia che si tratti degli uccelli del cielo, che delle bestie della campagna, o dei pesci del mare, Dio ha provveduto a tutti quanto necessario per la loro vita. «Egli dà il cibo ad ogni carne, perché la sua benignità dura in eterno»(Sl 136:25).Davvero: «la terra è piena della benignità dell’Eterno»(Si. 33:5).

Possiamo vedere la bontà di Dio nella varietà dei piaceri naturali che Egli ha provveduto alle sue creature. Dio avrebbe potuto - compiacersi di soddisfare la nostra fame senza che il cibo soddisfacesse il nostro palato -quanto però la Sua benevo­lenza appare nella varietà dei - gusti che Egli ha assegnato a carne, verdura e frutta! Dio non solo ci ha fornito di sensi, ma pure ciò che li gratifica: anche questo ci rivela la Sua bontà. La terra avrebbe potuto essere altrettanto fertile senza che la sua superficie fosse così deliziosamente variegata. La nostra vita fisica sarebbe stata ugualmente sostenuta senza che dei meravigliosi fiori rallegrassero i nostri occhi con i loro colori, e senza che Sentissimo i loro soavi profumi. Avremmo potuto benissimo passeggiare nei prati senza che le nostre orecchie venissero blandite dalla musica degli uccelli. Da dove proviene, però, tutta questa amabilità, questo fascino, diffuso così generosamente attraverso il volto della natura? Davvero? -«L’Eterno è buono verso tutti e pieno di compassione per tutte le sue opere»(Sl. 145:9).

Possiamo vedere la bontà di Dio nel fatto che, quando l’uomo aveva trasgredito la legge del suo Creatore, non fosse stato colpito subito e inesorabilmente dall’ira di Dio. Dio avrebbe ben potuto privare le Sue decadute creature di ogni benedizione, di ogni conforto di ogni piacere. Al contrario, Iddio aveva subito stabilito un regime “misto” fatto sia di misericordia che di giudizio. Se noi consideriamo bene questo fatto non potremmo che stupirci, e più consideriamo questo regime, più ci apparirà come: «la misericordia-trionfa sul giudizio»(Gm. 2:13). Nonostante tutti i mali a cui andiamo incontro a causa della nostra condizione di caduta, il peso della bilancia pende molto più dalla parte del bene. Con eccezioni comparativamente rare, uomini e donne vivono molti più giorni di salute che di malattia e di dolore. C’è molta più felicità creaturale che miseria creaturale nel mondo. Anche le nostre pene possono essere considerevolmente alleviate in questo mondo, e Dio ha conces­so alla mente umana tanta flessibilità da adattarsi alle circostan­ze e da trame spesso il meglio.-

La benevolenza di Dio non può essere nemmeno messa in questione quando consideriamo quanta sofferenza e quante afflizioni vi siano nel mondo. Se l’uomo pecca contro la bontà dì Dio, se egli disprezza: «le ricchezze della sua benignità, della sua pazienza e longanimità, non conoscendo che la bontà di Dio lo spinge al ravvedimento»accumulandosi così « per la sua durezza ed il cure impenitente.... un tesoro d’ira per il giorno dell’ira e della manifestazione del giusto giudizio di Dio»(Ro 2:4,5), chi dovrà biasimare se non sé stesso? Dovrebbe Dio essere “buono”e non dovrebbe punire coloro che abusano delle -Sue benedizioni e della Sua benevolenza, e che calpestano la Sua benevolenza? Questo non sarebbe un riflesso della bontà di Dio, ma piuttosto la più chiara esemplificazione d’essa, quando Egli la farà finita per sempre con coloro che hanno infranto le Sue leggi, sfidato la Sua autorità, messo in ridicolo i Suoi messaggeri, scacciato Suo Figlio, e perseguitato coloro per i quali Egli è morto.

La bontà di Dio è apparsa nel modo più grande quando «è venuto il compimento del, tempo, Dio ha mandato suo Figlio, nato da donna; sottoposto alla legge, perché riscattasse quelli che erano sotto la legge, affinché noi ricevessimo l’adozione» (Ga. 4:4,5). Fu allora che una moltitudine dell’esercito celeste aveva lodato il suo Fattore dicendo: «Gloria a Dio nei luoghi. altissimi e pace in terra sugli uomini su cui si posa il suo favore» (Lu. 2:14). Si, nell’Evangelo, la grazia (parola che in greco comporta l’idea di benevolenza e di bontà) di Dio «è apparsa a tutti gli uomini»(Tt. 2:11). E non possiamo mettere in questione nemmeno la benignità di Dio per il fatto che Egli -non abbia voluto sottoporre alla Sua grazia redentrice ogni creatura peccatrice. Egli non l’ha impartita agli angeli decaduti. Se avesse lasciato perire tutti, questo non sarebbe stato un riflesso della Sua bontà.A chiunque metta in questione questa affermazione, vorrei. rammentare la sovrana prerogativa del nostro Signore: «Non mi è forse lecito fare del mio ciò che voglio? O il tuo occhio è cattivo, perché io sono buono»(Mt. 20:15). «Celebrino l‘Eterno per la sua benignità e per le sue meravi­glie in favore dei figli degli uomini»(Sl. 107:8). Da chi è stato oggetto della Sua benevolenza, il minimo che gli viene richiesto è la sua gratitudine. Ciononostante, essa non viene elevata verso di Lui semplicemente perché la Sua bontà è così costante e così abbondante. Essa passa spesso inosservata perché ci viene impartita nel corso ordinario degli avvenimenti. Non la sentia­mo, perché ogni giorno noi ne facciamo esperienza. «Disprezzi le ricchezze della sua bontà» (Ro. 2:4). La Sua bontà viene “disprezzata”quando non viene usata come mezzo per condurre al ravvedimento ma, al contrario, essa serve per persuaderli a che non suppongano che Dio trascuri del tutto il loro peccato. La bontà di Dio è la vita del credente che in Dio ripone la sua fiducia. E’ Questa l’eccellenza del carattere di Dio che maggiormente fa appello al nostro cuore. Proprio perché la sua benignità dura per sempre, noi non dovremmo permetterci di essere scoraggiati. «L’Eterno è buono, una fortezza nel giorno dell’avversità; egli conosce quelli che si rifugiano in lui»(Na. 1:7).

Quando altri si comportano male verso di noi, questo dovrebbe soltanto spingerci a ringraziare Dio di tutto cuore, perché Egliè buono; e quando noi stessi abbiamo coscienza di essere molto lontani dall’essere buoni, dovremmo benedire ancora più in modo riverente Colui che è buono. Non dobbiamo tollerare in noi stessi il minimo dubbio che Dio sia buono, qualunque altra cosa potrem­mo mettere in questione. Questo è assolutamente certo: Jahweh èbuono. Potrà variare la misura di ciò che Dio dispensa, ma la Sua natura è sempre la medesima (C. H. Spurgeon). -