Teologia/Per tutto il mondo?

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Per tutto il mondo?

“Egli è il sacrificio propiziatorio per i nostri peccati, e non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo”(1 Giovanni 2:2).

L’ostinato ed infondato preconcetto, frutto di una “pia illusione” - vale a dire credere che la salvezza possa essere universale o condizionata dall’autonoma “decisione” umana, porta molti a leggere testi come questo come se potessero essere usati a conforto delle loro tesi, e questo ignorando sia il suo contesto e finalità, che il complesso del messaggio del Nuovo Testamento.

Intendere questo testo in modo universalistico, come se dicesse che Gesù è morto in croce come sacrificio propiziatorio per i peccati di ogni singolo individuo del mondo, non tiene conto, infatti, né del contesto di questo brano, né del messaggio del Nuovo Testamento, che palesemente lo contraddirebbe. Inoltre, non considera i diversi modi in cui nello stesso Nuovo Testamento viene usato il termine “mondo”, spesso in maniera iperbolica e non da intendersi letteralmente. “Perciò i farisei dicevano tra di loro: «Vedete che non guadagnate nulla? Ecco, il mondo gli corre dietro!»”(Giovanni 12:19).

Giovanni qui sta parlando a Giudei e dice loro: Cristo non è morto solo per i Giudei, ma anche per “il mondo”, cioè per i Gentili, le Genti. Era piuttosto comune per gli ebrei (e Giovanni lo era) chiamare i popoli non ebrei “le genti”, “le nazioni”, “le nazioni del mondo”, “il mondo”. È pure il questo senso che, rivolgendosi all’ebraicissimo Nicodemo, Gesù (in Giovanni 3:16) parli di Dio che “ha tanto amato il mondo”. Qui egli si contrappone polemicamente all’idea allora diffusa che l’amore di Dio si rivolgesse solo al popolo di Israele. No, l’amore di Dio è rivolto a gente di ogni nazione. Coloro che Gli appartengono e che Egli ama in Cristo, perché a Lui sono stati affidati affinché ricevano la grazia della salvezza, si trovano in tutte le nazioni del mondo. Sono persone di diversa nazionalità, classe e condizione. Coloro che Dio ha eletto a salvezza ed i cui peccati sono coperti dal sacrificio propiziatorio di Cristo, sono sparsi per il mondo intero e, a suo tempo, giungeranno al ravvedimento ed alla fede in Cristo: “Dio lo ha prestabilito come sacrificio propiziatorio mediante la fede nel suo sangue, per dimostrare la sua giustizia, avendo usato tolleranza verso i peccati commessi in passato” (Romani 3:25). Intenderne qui la corrispondenza esatta (sacrificio - mondo) sarebbe assurdo.

Il ministero di Gesù, secondo le Sue stesse parole, sarebbe stato di raccogliere non solo le “pecore” di Israele, ma anche oltre la nazione di Israele: “Ho anche altre pecore, che non sono di quest'ovile; anche quelle devo raccogliere ed esse ascolteranno la mia voce, e vi sarà un solo gregge, un solo pastore” (Giovanni 10:16). Egli non sarebbe andato, attraverso la predicazione apostolica, per raccogliere “tutto il mondo” in uno stesso “ovile”, ma coloro che dal mondo intero Gli appartengono, sono stati affidati a Lui dall’eternità.

A Corinto, dove l’apostolo Paolo era stato avversato, Dio lo rassicura dicendo: “...perché io sono con te, e nessuno ti metterà le mani addosso per farti del male; perché io ho un popolo numeroso in questa città” (Atti 18:10). Non tutta la città era oggetto dell’amore di Dio, ma coloro che Egli aveva eletto a salvezza in Cristo, che vi si trovavano, e che a suo tempo, secondo i Suoi proponimenti, per l’azione efficace dello Spirito Santo, sarebbero giunti alla fede in Lui.

Nella prima lettera di Giovanni è chiaro come “Noi sappiamo che siamo da Dio, e che tutto il mondo giace sotto il potere del maligno” (1 Giovanni 5:19). Qui il mondo è una categoria chiaramente distinta dai santi, “noi”, quelli che Dio ha efficacemente chiamato al ravvedimento ed alla fede in Cristo, e che vi sono giunti (e che non sono più, essendone stati strappati, sotto il potere del maligno, ma sotto il potere di Cristo).

Il “mondo” per il quale è fatto il sacrificio propiziatorio di Cristo, non può dunque essere inteso come “tutti gli esseri umani senza distinzione”. Tale distinzione si trova nel testo stesso. I “peccati di tutto il mondo” sono messi in contrapposizione con “i nostri peccati”, i peccati dell’apostolo e degli altri ai quali si associa e che quindi non appartenevano, né erano parte dell’intero mondo, i peccati dei quali Cristo è propiziazione come lo è per i loro. Questo testo, quindi, non può fornire un argomento in favore della redenzione universale.

Oltre a questo, si può pure osservare che coloro per i quali Cristo è propiziazione, i loro peccati sono perdonati, le loro persone giustificate da ogni peccato, e saranno certamente glorificate, il che non è palesemente ciò che accadrà al mondo intero, per ogni essere umano (che è un’umanità condannata e perduta e che come tale sarà giudicata - salvo coloro ai quali Dio ha concesso la grazia immeritata della salvezza secondo il Suo beneplacito. Cristo è una propiziazione attraverso la fede nel Suo sangue. Il beneficio del Suo sacrificio propiziatorio è solo ricevuto e goduto per fede, coloro ai quali Dio concede la grazia della fede (e non tutti). Cristo è propriziazione dei peccati solo dei credenti, cosa che non coincide con l’umanità nel suo insieme.

Oltretutto, coloro per i quali Cristo è propiziazione, Egli è pure avvocato (1 Giovanni 2:1), ma Egli non è Avvocato di ogni singola persona nel mondo. Gesù, poi, nemmeno prega “per il mondo” “Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per quelli che tu mi hai dati, perché sono tuoi” (Giovanni 17:9). Gesù prega per coloro che Gli sono stati affidati dal Padre, non per altri, non per tutti.

Quello che si propone Giovanni in questa epistola è di confortare coloro che chiama “figlioli miei”, “figlioli”, “ragazzi”, i quali hanno in Cristo un Avvocato ed un sacrificio propiziatorio, e che potrebbero cadere in peccato per la loro debolezza e negligenza. Che conforto potrebbe essere per una mente turbata sentirsi dire che Cristo è propiziazione non solo per i peccati degli apostoli e dei santi, ma anche per quelli di ogni individuo che vi sia al mondo, magari anche di quelli che sono destinati all’inferno? Non sarebbe forse naturale per persone in quelle circostanze disperare di sé stessi, e concluderne che, nonostante il sacrificio propiziatorio di Gesù, potrebbero essere comunque condannati?