Teopedia/Cattolicesimo

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Cattolicesimo

Il termine cattolico deriva da due termini greci: kata, cioè secondo/riguardante, e holos, cioè totalità. Ha dunque il significato di universale ed evoca ciò che include tutto. Lo spirito del cattolicesimo si esprime nella totalità anziché nella parzialità, nell'universale anziché nel particolare. La cattolicità è l'attributo del cristianesimo inteso nella sua completezza. In qualche modo può essere collegato al fatto che Gesù è Signore e Re sopra tutta la realtà, il Signore dei Signori (1 Tm 6,15) e la chiesa può quindi essere compresa come una realtà universale sotto la Sua giurisdizione. Mentre molte religioni s'accontentano di limitare la propria influenza ad un luogo, il cristianesimo insiste sulla sovranità universale di Gesù Cristo. Egli è considerato Signore in campo religioso, ma anche famigliare, artistico, etico, sociale e politico, e anche per questo la chiesa primitiva si scontrò assai presto con le pretese dell'Impero Romano che aspirava ad un dominio universale.

Origini e caratteristiche

Da un punto di vista storico, si può dire che i Padri della chiesa ritenevano che dove vi era Gesù, là vi fosse la chiesa cattolica (Ignazio, Smyrn. 8,2). Quando in seguito il termine figurò nel Credo apostolico (ca. 450), "cattolico" evocò l'universalità della chiesa e quindi la sua unità.

Accanto a questo significato si trovò anche quello di "ortodosso". Verso la fine del secondo secolo infatti, quando le eresie divennero una crescente minaccia, il termine cattolico divenne l'equivalente di giusto. Il Canone Muratori (ca. 170) fa riferimento a certi scritti "che non possono essere ricevuti nella chiesa cattolica, perch‚ il fiele non può essere mescolato al miele". Anche Vincenzo di Lerino finì col combinare il tema dell'universalità con quello dell'ortodossia (Commonitorio, 434).

Nell'undicesimo secolo col grande scisma tra Occidente ed Oriente (1054) divennero ancora più chiari alcuni aspetti teologici che permisero di parlare più precisamente di teologia cattolica.

Al tempo della Riforma il termine finì con l'identificare coloro che si riconoscevano nel papa in contrasto con le tesi del protestantesimo. L'espressione "cattolico romano" emerse poi nella controversia con la chiesa anglicana per indicare la continuità della chiesa di Roma con la chiesa primitiva.

Il cattolicesimo romano si presenta oggi come una realtà assai precisa anche se multiforme, e quindi si può cercare d'indicare alcuni dei suoi tratti principali. Anche se al suo interno si possono discernere componenti diverse (teologia agostiniana, tomista, gesuita) e contrastanti, il cattolicesimo romano possiede alcuni elementi unificanti favorito in ciò dall'autorità papale. Dato lo spazio limitato di questa scheda si offriranno solo alcuni spunti.

Sul piano teologico le nozioni di rivelazione e di mediazione possono rappresentare una pista di riflessione per le idee di chiesa, di sacerdozio, di papato e di sacramenti.

Per quanto concerne la nozione di rivelazione il cattolicesimo romano afferma l'esistenza di una rivelazione naturale in grado di provare l'esistenza di Dio su base razionale e una rivelazione più specifica che consente alla fede di accedere ai misteri attraverso la guida della chiesa che li ha ricevuti in deposito. La fede apostolica di cui la chiesa cattolica sarebbe depositaria è costituita dalla Scrittura e dalle tradizioni per cui la Bibbia non costituisce l'unica norma per il pensiero e l'azione.

Per quanto concerne la nozione di mediazione, pur riconoscendo il carattere unico della mediazione di Cristo, il cattolicesimo non esclude e anzi assume che vi siano anche mediazioni secondarie che traggono da Cristo il loro valore. Si afferma che il Figlio, volendo assumere l'umana natura per redimerla e nobilitarla e stringere un mistico connubio col genere umano, cercò il consenso della Vergine (DS 3274). I sacerdoti stessi sono così considerati ministri del vero mediatore e sono in grado di conferire nel nome di Cristo i sacramenti della salvezza. La chiesa istituzionale è concepita come il prolungamento dell'incarnazione di Cristo dando luogo ad una sorta di fusione.

Sul piano pratico il cattolicesimo mostra una notevolissima capacità di dialogo che gli consente di avvicinarsi alle più disparate esperienze religiose e di porsi come un punto di riferimento privilegiato. Conserva molti elementi della morale tradizionale o naturale e non esita a farsene portatrice nella società secolare. La continua attenzione per il mondo circostante gli consente di esercitare una forte autorità morale.

La riforma liturgica, il ritorno alle fonti, il dialogo ecumenico e via via le tante altre attività della chiesa cattolica si possono comprendere in un'ottica d'attenzione per il mondo per valorizzare gli elementi naturali.

Osservazioni

Come valutare questi vari aspetti? Si può scegliere un taglio fenomenologico. In questa ottica si cerca di essere attenti agli innegabili cambiamenti che la realtà cattolica offre e quindi ad orientarsi in base ad essi. Geograficamente si noterà come in certe regioni o in certi paesi ci siano manifestazioni altrove assenti (per esempio in taluni paesi latini). Storicamente si farà molta attenzione a ciò che è accaduto in un certo periodo della storia (inquisizione, ecc.). Contenutisticamente si combineranno gli elementi geografici e storici per tenere conto di certe aperture o chiusure (Concilio Vaticano II, ecumenismo, rivalutazione di Lutero o movimenti come "Comunione e liberazione", "Opus Dei", Lefevre, o nelle scelte cattoliche verso teologi dissidenti come H. Kung).

In altri casi si può scegliere un taglio dogmatico per studiare le convinzioni dogmatiche del cattolicesimo e verificarne la legittimità. Sul piano analitico si studierà la mariologia, il papato, il sacerdozio, i sacramenti, ecc. e poi si cercherà di discutere questi aspetti alla luce delle proprie convinzioni. Su di un piano più generale, anzich‚ vedere un aspetto alla volta, si cercherà un qualcosa cui possano essere collegati tutti i vari aspetti e discernere così un "fuoco" da cui far discendere tutti i vari temi.

Questi metodi hanno evidentemente certi limiti. Se non si tiene infatti conto delle varie componenti si rischia di cogliere solo aspetti frammentari. Una comprensione del cattolicesimo esige sicuramente grande attenzione per i documenti ufficiali, ma questi vanno inseriti nel contesto più ampio della stessa prassi cattolica che, combinandosi col magistero, dà luogo ad un fenomeno di straordinaria complessità che sarebbe ingenuo semplificare.

Sicuramente ci sono molti elementi del cattolicesimo romano che sono comuni alla visione cristiana, ma ce ne sono altri che la differenziano in maniera sostanziale e che rimangono come motivi di profondo dissenso. L'ampiezza delle questioni non consente che qualche pista critica per quanto concerne le nozioni di rivelazione e di mediazione.

L'idea di rivelazione del cattolicesimo non tiene sufficientemente conto dello spessore del peccato. Dopo la rottura dell'alleanza, la ragione dell'uomo è stata compromessa e non può accedere, né cooperare con la rivelazione di Dio se non in forza dell'opera di redenzione di Cristo. L'epistola ai Romani mostra chiaramente come la ragione naturale possa comprovare la colpevolezza dell'uomo, ma non la sua capacità di collaborare con Dio.

L'idea di rivelazione del cattolicesimo dilata la portata della norma ponendo la chiesa con la propria tradizione su di un piano di uguaglianza con la Scrittura. Quest'ultima viene così privata della sua funzione di giudizio sulla chiesa stessa. La Parola di Dio attribuisce invece il diritto di definizione dogmatica esclusivamente agli apostoli e con la chiusura del canone biblico ha posto fine al processo della rivelazione fondamentale rappresentata dalla norma biblica.

L'idea di mediazione del cattolicesimo costituisce una forma d'antropolatria, perché tende a sopprimere la distanza tra testa e corpo e si risolve così in un culto dell'uomo. Se la gloria di Dio consiste nel comunicarsi alla creatura affinché collabori alla propria salvezza, si compromette il carattere esclusivo della gloria di Dio. Una mediazione di Cristo intesa come diffusione della sua divinità riduce e demolisce la gloria stessa del Figlio. Anche donandosi, Dio rimane Colui che non dà la propria gloria ad altri.

L'idea di mediazione del cattolicesimo si risolve in secondo luogo in un'addomesticazione di Dio. La dissociazione tra persona ed opera di Cristo fa dell'incarnazione in quanto tale un elemento privilegiato. L'incarnazione stessa diventa il mezzo per la salvezza, ma ciò lascia da parte gli aspetti umani della persona di Cristo richiedendo così Maria in quanto figura accessibile all'uomo.

L'idea di mediazione del cattolicesimo manifesta infine una tendenza monofisita. A causa dell'incarnazione continuata che si realizza nel sacrificio della messa, è la distanza tra Creatore e creatura che viene cancellata. L'incarnazione continuata risucchia il ruolo dello Spirito Santo e impone la chiesa in quanto mediatrice tra Dio e l'uomo. Il Mediatore viene così mutilato in favore della chiesa che finisce per rappresentare e sostituirsi a Colui che ha ogni potere in cielo e sulla terra.

In pratica il riconoscimento di elementi di verità nelle varie religioni da parte del cattolicesimo romano s'innesta in una lunga tradizione (Giustino: logos spermatikos) che attribuisce alla natura una fisionomia diversa rispetto a quanto afferma la Scrittura dopo la rottura dell'alleanza (Gn 3). Il fatto che il cattolicesimo romano tenda ad assorbire e a trasformare le realtà più diverse, esprime in fondo la sua più genuina ed intima natura, ma prescinde dall'insegnamento biblico relativo alle conseguenze del peccato.

Concependosi come qualcosa di "naturale" e quindi inglobante ed inclusivo, il cattolicesimo mira ad integrare e divinizzare tutto. In questo senso finisce per racchiudere tutto ed il contrario di tutto dando luogo ad una formidabile complexio (da complector, abbraccio) oppositorum. La complessità romana, che si riflette nei dosaggi e nei correttivi della sua teologia, affascina per la completezza cui inequivocabilmente mira. C'è il dogma, ma anche la pietà; l'autorità centrale, ma anche quella periferica; il cattolicesimo, ma anche il romanesimo; la Scrittura, ma anche la tradizione; la grazia, ma anche la natura.

Si deve allora ammettere che il cattolicesimo si avvicina a tutti senza veramente approssimarsi ad alcuno. Interagisce con tutti rimanendo sostanzialmente ciò che è sempre stato. La forma appare aperta, ma la sostanza è chiusa. Allarga quanto già lo caratterizza, ma non lo cambia. Dilatando i propri confini il cattolicesimo non fa altro che realizzare una sintesi tra universalità ed immobilità che sposa in pieno il suo concetto di natura. Ad esso va associato l'aggettivo "romano" nel senso che la religione è interpretata nella forma della cultura imperiale romana che gestisce le varie dinamiche annettendole a sé.

Da un punto di vista biblico invece la chiesa non è coestensiva alla natura, ma una rottura da essa o, se si vuole, una realtà redenta da essa. Ecco perché ciò che conta non è la totalità, ma l'autenticità; non è la pienezza, ma la purezza. La pienezza non risiede d'altro lato nella chiesa cattolica, ma nel Cristo autorivelato nella Scrittura. Egli è l'unico in cui risiede la pienezza della divinità.
Certamente si pone agli antipodi dalla semplicità della Riforma (i vari sola) e della Scrittura stessa. La Riforma fu una reazione monoteista alla diffusione del sacro propria al cattolicesimo e la Scrittura stessa presenta Dio come colui accanto al quale non può sussistere alcun altro. Solo Lui è capace di conciliare l'uomo con sé senza compromettere la propria santità.

BIBLIOGRAFIA

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