Teopedia/Guerra nelle opere di Giovanni Calvino

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Guerra nelle opere di Giovanni Calvino

Giovanni Calvino, riformatore protestante del XVI secolo, non era contrario in modo assoluto alla guerra, ma considerava l'uso della forza come un male necessario solo in determinate situazioni. In generale, il pensiero di Calvino era orientato alla promozione della pace, della giustizia e della riconciliazione tra i popoli.

In particolare, Calvino riteneva che la guerra dovesse essere giustificata solo per difendere il proprio paese o per proteggere i deboli dalla violenza e dall'oppressione. Inoltre, Calvino sosteneva che la guerra dovesse essere condotta in modo giusto e proporzionato, senza commettere eccessi o atti di crudeltà nei confronti degli avversari.

Il pensiero di Calvino sulla pace è presente in molte delle sue opere, ma alcune tra le più significative sono:

  • "Institutio Christianae Religionis", il suo magnum opus, in cui Calvino esamina le dottrine cristiane e la loro applicazione pratica nella vita quotidiana, compresa la questione della guerra e della pace.
  • "Commentarii in Epistolam Pauli ad Romanos", una serie di commentari scritti da Calvino sulla Lettera ai Romani di San Paolo, in cui affronta anche il tema della giustizia e della pace.
  • "De Officio Pastoris", un'opera in cui Calvino esamina il ruolo e le responsabilità del pastore nella guida della comunità cristiana, tra cui la promozione della pace e della giustizia.

In "Institutio Christianae Religionis", Giovanni Calvino dedica un intero capitolo (il libro III/8) alla questione della guerra e della pace. In questo capitolo, Calvino esamina la natura della guerra, le condizioni in cui può essere giustificata e il modo in cui deve essere condotta.

Nel libro IV, cap. 20, Calvino discute della legittimità della guerra e delle condizioni in cui può essere giustificata.

Ecco alcuni riferimenti precisi tratti dal libro IV, cap. 20 di "Institutio Christianae Religionis":

  • Sulla giustificazione della guerra: "La guerra è un male di sua natura, ma può essere giusta se è condotta per difendere la patria, proteggere i deboli e punire i malfattori" (IV, 20, 1).
  • Sulla conduzione della guerra: "La guerra deve essere condotta in modo giusto e proporzionato, senza attaccare gli innocenti o commettere atti di crudeltà contro i nemici; deve essere limitata alle sue finalità legittime e non usata per fini di conquista o di potere" (IV, 20, 2).
  • Sulla pace come valore cristiano: "La pace è un dono di Dio e un valore cristiano fondamentale, che va promossa e difesa con ogni mezzo possibile; la guerra deve essere evitata, se possibile, attraverso la diplomazia e la mediazione" (IV, 20, 9).

In generale, Calvino considerava la pace come un valore cristiano fondamentale e cercava di promuoverla attraverso la diffusione della fede, la formazione delle coscienze e la creazione di leggi e istituzioni giuste e equilibrate.

Riferimenti:

"12. Si potrà obiettare che nel Nuovo Testamento non si trova alcuna testimonianza né alcun esempio che dimostri la legittimità della guerra per un cristiano; risponderò in primo luogo che permangono tuttora valide le motivazioni esistenti anticamente e non vi è all'opposto alcun motivo per cui un principe non debba tutelare i propri sudditi. In secondo luogo sono d'avviso che non si debbano cercare dichiarazioni concernenti questo problema nella dottrina degli apostoli, considerando che la loro intenzione è stata quella di insegnare in che consista il Regno spirituale di Cristo e non quella di fornire regolamenti di governo terreni. Penso infine che si possa ricavare dal Nuovo Testamento il fatto che Gesù Cristo non ha, al riguardo, cambiato nulla con la sua venuta. Se infatti la disciplina cristiana, come dice sant'Agostino, condannasse ogni guerra, san Giovanni Battista, ai soldati che vennero a lui per interrogarlo sulla loro salvezza, avrebbe consigliato di abbandonare le armi e rinunciare in modo assoluto a quella vocazione. Egli ha invece soltanto proibito loro di commettere violenza o torto ad alcuno e ha loro ordinato di accontentarsi del loro salario (Lu 3.14). Ordinando loro di accontentarsi del proprio salario non ha proibito di guerreggiare. I magistrati debbono però evitare di dar corso, sia pure in forma minima, alla loro cupidigia. Anzi, all'opposto, dovendo eseguire una condanna evitino l'ira, l'odio e una severità eccessiva, avendo, come afferma sant'Agostino, compassione di colui che puniscono a causa dei suoi misfatti. E quando occorra prendere le armi contro un nemico, cioè contro briganti armati, non assumano l'iniziativa in modo frettoloso ma, anzi, quando si presenti l'occasione cerchino di evitare questo provvedimento se proprio non sono costretti da impellenti necessità. Dovendo infatti agire meglio dei pagani, fra cui esisteva il detto che la guerra non deve tendere ad altro scopo che procurare la pace, bisogna ricercare tutte le soluzioni prima di ricorrere alle armi. Ogniqualvolta insomma vi sia effusione di sangue i magistrati non debbono lasciarsi trascinare da sentimenti particolaristici ma debbono essere animati da un senso di responsabilità per il bene pubblico; in caso contrario commettono abuso pericoloso della loro autorità, conferita non in vista di un vantaggio personale ma di un servizio reso agli altri. deriva altresì la legittimità delle guarnigioni, delle alleanze e di altre difese civili. Definisco "guarnigioni "le truppe dislocate nelle città limitrofe per la tutela del paese; definisco "alleanze "le federazioni che prìncipi vicini costituiscono in vista dl un aiuto reciproco, qualora scoppiasse qualche disordine nel loro territorio o per resistere insieme a comuni nemici del genere umano. "Difesa civile "è ogni provvedimento che concerne le azioni militari" (Istituzioni 4:20:12)