Teopedia/Teonomia/Radici Ricostruzione/Fallimento degli Uomini

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20. Il Fallimento degli Uomini

La radice di ogni crisi culturale risiede nelle crisi personali. Non varrà additare il sincretismo religioso di Bergoglio, o il multiculturalismo imposto dalla politica a suon di clandestini. Il fallimento di una cultura è il fallimento degli uomini in essa. Una società non può essere vitale e in possesso di un vigore duraturo se gli uomini che ne fanno parte sono identificati da una perdita di fede, da fuga dalla responsabilità, e da una mancanza di volontà di far fronte ai problemi personali. Una cultura perde la sua voglia di vivere e di conquistare se i suoi membri manifestano uno spirito di ritirata e di resa.

Nella crisi culturale dei nostri tempi, il ruolo degli uomini è particolarmente significativo. Quando diciamo “uomini” in questo contesto intendiamo i maschi, non l’umanità nel suo insieme. Quanta poca vera mascolinità essi posseggano in generale è manifesto nella loro predilezione per la recita di ruoli. Nella speranza che almeno la moda maschile attuale che è esplicitamente femminile non attecchisca,  l’immagine del macho è stata ed è ancora coltivata nell’abbigliamento, nel linguaggio e nell’atteggiamento, nell’orologio, nell’auto potente, negli sport da esibizione di muscoli: la facciata di un uomo sostituisce l’uomo stesso. Recitare un ruolo, una parte, è basilare per il nostro tempo; la gente recita una parte, mette in scena un carattere perché la realtà della loro esistenza è molto meno importante della loro immagine pubblica. Le radici della messa in scena di ruoli vanno profonde nella mentalità moderna. I matrimoni si sgretolano subito proprio perché la sposa si accorge immediatamente che c’è un abisso tra l’uomo che ha creduto di avere e l’uomo che invece ha. La realtà non corrisponde all’immagine.

I fondamenti della moderna filosofia si trovano in Cartesio. Il suo pensiero ha fatto della consapevolezza individuale la realtà basilare del mondo e il punto di partenza di tutta la filosofia. “Io penso, dunque sono”. L’ego dell’uomo, l’ “Io” ha assunto la precedenza su Dio e sul mondo. Non sorprende che questa logica  abbia poi condotto a Hume che ha accantonato Dio e il mondo come fenomeni secondari, e perfino la mente era erosa al punto che costituiva solamente momentanei stati di consapevolezza piuttosto che una realtà. Kant fece un passo ulteriore; le cose in se stesse, cioè le realtà, sono inconoscibili e solo i fenomeni possono essere conosciuti. Il mondo reale in questo modo non è una valida area di conoscenza perché noi possiamo conoscere solo le apparenze. Come lo definisce Schopenhauer, il mondo è volontà e idea.

In questo modo la filosofia prepara il palcoscenico per la sostituzione dell’uomo vero, la cosa in se stessa, la realtà, con la recita di una parte immaginaria, cioè con  i fenomeni, fenomeni in senso filosofico. Si potrebbe pertanto dire che l’abito fa il monaco o la monaca, e che una buona facciata è essenziale; le apparenze diventano tutto.

Le apparenze cominciano sostituire la realtà nelle relazioni personali quanto nelle politiche nazionali, sia interne che estere. I risultati sono stati devastanti. La recita di una parte a teatro termina comunemente con una chiamata davanti al sipario e un bonifico. Nella vita reale e in politica la recita di una parte porta invece al disastro.

Il risultato è il fallimento degli uomini, dei maschi. Molto presto, nell’epoca moderna, gli uomini hanno abbandonato la famiglia e le loro responsabilità alle loro mogli, e similmente la religione fu relegata alle donne come una faccenda loro. Gli uomini scelsero l’irresponsabilità, e la doppiezza divenne un modo di vivere. Naturalmente, gli uomini insistettero nel voler mantenere tutta l’autorità biblica data ad un uomo mentre ne rifiutavano le responsabilità, dimenticando che nelle Scritture ogni autorità umana è condizionale all’obbedienza a Dio. Nessuna autorità assoluta è data all’uomo in alcuna sfera e ogni autorità ha come scopo il servizio a Dio e all’uomo, non la promozione di sé o il proprio ingrandimento.

Il movimento di liberazione femminile è semplicemente stato il tentativo fatto dalle donne di reclamare per sé le stesse irresponsabilità che oggi costituiscono per il maschio diritti acquisiti, e ci sono quasi riuscite. Lo scopo del movimento di liberazione dei bambini è di reclamare gli stessi privilegi d’irresponsabilità per i giovani.

Logicamente, uomini che non sono in grado di governarsi non saranno capaci di governare con successo le loro famiglie, le loro vocazioni lavorative o le loro nazioni. Il presidente americano più famoso del XX Secolo non era capace di amministrare il proprio denaro né i propri affari, ma cercò di governare il mondo. Le notizie, poche, che abbiamo appreso degli uomini che ci governano mostrano uomini incapaci di governare la spesa, la propria bambinaia, la moglie, i figli,  la cameriera, o la propria cupidigia eppure sono inclini a cercare di governare l’universo! Non sorprende che la nostra crisi culturale di portata mondiale sia radicata nel fallimento dei maschi. Il fatto sorprendente della nostra epoca non è che abbiamo avuto un movimento di liberazione femminile a volte aggressivo, ma che la grande maggioranza delle donne hanno pazientemente sopportato la volontaria immaturità degli uomini.

Da giovane giocai un po’ a a calcio, poi non ebbi il tempo per guardare più di qualche partita. Da allora, ho avuto interesse occasionale per qualche sport. Ciò che mi stupisce è che uomini che non hanno mai giocato una partita mentre erano a scuola, né dimostrato molto o alcun interesse per lo sport  a quel tempo, dimostrino adesso una sorprendente devozione agli sport teletrasmessi. Sembra quasi che desiderino qualsiasi rifugio dalla maturità e dalla realtà, e gli sport da spettatori siano un buon sostituto per il mondo reale ed i suoi problemi. Gli uomini si immedesimano con i loro beniamini sportivi, proiettano su di essi la loro voglia di vittoria senza il sacrificio per ottenerla.

I piaceri della maturità e della realtà si trovano nella famiglia e nel lavoro, nell’adorazione e nella crescita nella fede. Se maturità e realtà non sono desiderate e viste come realizzazione, allora la recita di una parte che evidenzi l’immagine pubblica e la perpetua giovinezza (o perpetua immaturità) saranno basilari al modo di vivere dell’uomo. (Da quando ho il mio blog una delle reazioni più sgradevoli e ostili che ho ricevuto fu per un riferimento di una sola frase circa la patetica assurdità di una donna di più di 80 anni vestita in bikini! Mi fu detto che era stato cattivo da parte mia mettere in discussione il suo “diritto” di recitare la parte di una giovane!)

Benché recitare una parte sia comune a uomini, donne e bambini, è il fallimento dei maschi, a motivo del loro recitare una parte, quello che ha radici più profonde e conseguenze più tragiche. L’abdicazione degli uomini dalle loro responsabilità come mariti e padri sta avendo tristi risultati nella vita della famiglia.

Questa abdicazione non termina nella famiglia. Come ex imprenditore la mia esperienza è stata che  ho avuto troppi uomini che in sede di prova hanno messo su una facciata di serietà, laboriosità e perfino intraprendenza e immediatamente dopo l’assunzione hanno mostrato una totale immaturità come uomini e come operai.

Ho sentito poi uomini dire che hanno accolto con gioia regole sindacali che rendono sempre più difficile il licenziamento di qualsiasi persona. La responsabilità di dire ad un uomo che manca di competenze è qualcosa che non vogliono. Alcuni hanno dovuto chiudere un particolare reparto e licenziato due o tre uomini in gamba per potersi sbarazzare di uno incompetente che era stato assunto prima di quelli competenti. Un ingegnere in un impianto che tratta appalti con lo stato ha detto che le assunzioni vengono fatte in blocco con i nuovi contratti; sarebbe presto diventato evidente che molti ingegneri sarebbero stati solo dei passacarte ma che nulla sarebbe stato fatto per licenziarli perché tanto i contratti sarebbero scaduti in un anno. Alla fine dell’anno, un altro reparto avrebbe assunto con un nuovo contratto gli stessi incompetenti mai messi alla prova; nessuno era mai stato accompagnato da una nota di discredito. Che sia negli affari, nella comunità accademica o nel governo civile, niente che sia decisivo viene mai fatto. I candidati all’esecutivo del governo promettono tagli, pulizie e semplificazioni e da eletti non fanno nulla.  Essendo uomini che mettono in scena un personaggio, o se lo fanno mettere in scena da Casalino, sono buoni candidati ma esecutori molto scarsi.

L’approccio da Red Carpet ha trionfato; pubblicizzare un’apparenza e mettere in scena una parte ha rimpiazzato la realtà. Per la nostra cultura, nelle sue manifestazioni popolari, la mascolinità è ora una facciata, non una realtà. La mascolinità è popolarmente definita, non nei termini di Dio, della vocazione professionale e della famiglia, ma nei termini di denaro e condizione sociale, cioè nei termini dell’abilità di presentare la corretta immagine pubblica.

La chiesa ha fatto molto per far avanzare questa tendenza. Al posto di un’incrollabile insistenza sull’unità di fede e opere, professione ed azione, è stata pronta a mettere in rilievo il pio sentimentalismo e l’apparenza al posto della realtà della fede. Come risultato, pulpito e fedeli si danno al gioco delle parti. Oggi il gioco delle parti dei frequentatori delle chiese è prima di tutto un tentativo di abbindolare Dio, il più supremo degli atto d’arroganza. Purtroppo il vecchio proverbio è vero: “quale il prete tale la gente,” ed anche “quale la gente tale il prete”. I recitanti di una parte si trovano l’un l’altro, o, per citare un altro buon pezzo di saggezza proverbiale: Chi si somiglia si piglia.

Nostro Signore dice: “Li riconoscerete dai loro frutti” (Mt. 7:20), un’affermazione costantemente evasa quando i fabbricatori di scuse cercano d’offrire una professione di fede, cioè mettere in scena una parte al posto della realtà. Le etichette rimpiazzano la realtà. Se un uomo si etichetta come cristiano, ci è detto che dobbiamo prenderlo come tale. Se un uomo si definisce un avvocato cristiano o un politico cristiano ci è detto che è sbagliato richiamare l’attenzione sulla discrepanza tra la sua professione di fede e le sue azioni. Si sostiene che farlo è “giudicare” e peccato, la conseguenza pratica è che ad essere giudicati sono quelli che mettono in luce il peccato, non quelli che lo commettono!

Il risultato è uno strano clima religioso di fede superficiale. La chiesa è piena di milioni di persone che professano questa fede di facciata, persone che Paolo descrive come “Avendo l’apparenza della pietà, ma rinnegandone la potenza” (II Tim. 3:5). Abbiamo così persone che non vogliono interferenze con la loro religione mentre rifiutano di permettere che la loro religione interferisca con loro! Uno dei fatti più ovvi di Dio, comunque, è che fa molto più che interferire con noi! Egli ci spezza per ricrearci.

La nostra crisi culturale risiede nella ritirata del genere maschile dalle responsabilità e dai doveri dell’essere maschi. La fede è stata ridotta a sentimento e una fede sentimentale non è capace di produrre più che del pio sentimentalismo. La ricchezza delle sfere della vita e di tutta la varietà di responsabilità istituzionali è stata erosa. Gli uomini non si considerano sacerdoti, profeti e re sotto Dio. La legge biblica enfatizza le origini locali e personali del governo. Tutti gli uomini devono essere anziani, governanti sotto Dio, governanti sulle famiglie, vocazioni e istituzioni di cui fanno parte. Sopra dieci famiglie ci deve essere un anziano, poi uno sopra cinquanta, cento, mille così via. Il centinaio era una volta la forma basilare della legge e della struttura del tribunale. Tutti gli uomini dovevano esser uomini o pagare un prezzo per il loro rifiuto. Nelle Scritture, l’uomo che sceglieva di vivere di sussidi doveva farsi forare l’orecchio (e portare l’orecchino come una donna. De. 15:17 N.d.T.) come testimonianza pubblica del suo rifiuto della responsabilità e libertà  in favore della sicurezza.

L’ironia del fatto è che quando gli uomini cessano d’essere uomini comunemente fanno finta di esserlo o, più spesso, cercano di fare la parte di Dio. Il peccato originale dell’uomo è cercare d’essere come Dio, ogni uomo il proprio dio, conoscendo, o determinando da se stesso ciò ch’è bene ciò ch’è male (Ge. 3:5). Alcuni scienziati cercano d’usare la scienza per raggiungere questo risultato. Oggi qualcuno di loro sostiene che entreremo nell’era post-umana, un’era nella quale la scienza creerà, attraverso l’ingegneria genetica, l’uomo super-umano, l’uomo-dio, che non avrà  nessuna delle infermità dell’uomo di oggi. La scienza sarà capace di riprodurre organi difettosi come il fegato o il cuore, un utero sarà impiantato nel corpo maschile per produrre un bambino e molto di più. A motivo del rispetto per la posizione di tali scienziati, le loro fantasie non sono soggette al ridicolo che meritano.

Supponiamo per un attimo che questi sogni assurdi siano possibili. La condizione umana sarà migliorata? L’abbandono morale dell’uomo sarà risolto, o non sarà piuttosto potenziato a produrre un ordine mondiale demonico? 

In più, gli uomini che fanno queste cose  e gli uomini cui sono fatte, saranno persone più responsabili? È evidente che la nostra comunità scientifica non dimostra d’essere superiore al resto della popolazione in integrità, responsabilità, e una capacità di funzionare come mariti e padri! I sogni di questi scienziati non risolvono i problemi, li evadono o peggio li moltiplicano.

Una ragione per il disagio di molti uomini davanti alla sfida femminista è che l’accusa colpisce nel segno. Comunque, cedere alle femministe non può sostituire la responsabilità ma ne è una ulteriore abdicazione.

Margaret Wade Labarge, nel suo studio di Enrico V (n. 1387), commenta lo stato delle cose in quell’epoca. La religione era diventata una superstruttura data per scontata da tutti. Ognuno era dedito alle pratiche religiose convenzionali senza impegno né molto interesse. Il clero era dedito a un “decente formalismo.” Enrico V forse prendeva la propria fede un po’ più sul serio dei più e, come amministratore, cercò di mantenere tutte le cose funzionanti al loro proprio ordine e collocazione. Si dovrebbe dire che funzionò meglio della maggior parte dei capi di stato odierni e che la società era più centrata sulla giustizia allora che ora.

Ci fu, comunque, una silenziosa e crescente erosione, l’erosione della fede e perciò degli uomini. La crisi, nella società inglese fu differita, non risolta.

La crisi al nostro tempo non può più essere differita. Guardate l’aspetto economico, come esortavo due episodi fa o cambieremo stile di vita volontariamente o ci verrà cambiato dall’alto, lo chiamano il Grande Reset. Forse verremo costretti a nuovi stili di vita.  È venuto il tempo che gli uomini si fondino su tutto il consiglio di Dio, siano responsabili, maturi e avventurosi. Non ci può essere soluzione alla nostra crisi mondiale senza una soluzione della crisi di responsabilità  dei maschi. Dare la colpa a cospirazioni, per quanto reali alcune possano essere, a problemi speciali, al passato ed altre, sono tutte evasioni se gli uomini non assumono oggi le loro responsabilità come un privilegio e un dovere sotto Dio.   

Ottobre 2020