Il titanismo


Non tutti gli errori e le eresie vengono chiaramente considerati tali. Alcune sono considerate delle virtù. Il titanismo è uno di questi.

Il nome titanismo deriva dalla mitologia greca. Gli dei dell’antica Grecia non erano che uomini deificati. Per esempio, diverse città vantavano la loro associazione con Zeus prima della sua morte, quando si diceva che egli avesse preso posto fra gli spiriti divini nel mondo superiore. I dodici titani, sei maschi e sei femmine, erano i figli e le figlie di Urano e di Gea. I titani, condotti da Crono, avevano deposto il loro padre e governavano l’universo. I titani erano più tardi stati deposti, a loro volta, da Zeus e condannati al Tartaro. Alcuni fra i discendenti dei titani portano nomi a noi familiari: Prometeo, Atlante, Ecate, Selene, ed Elios. Fu soprattutto nel movimento romantico che i titani e i loro figli vennero a simbolizzare gli eroici sforzi dell’uomo contro il fato e contro gli dei. Il poeta Shelley, che affermava avere "una passione per riformare il mondo", trasformò Prometeo in un eroe. Il suo "Prometeo scatenato" è pieno di magniloquenza idealistica contro il cielo e glorifica i tentativi di assalire ed invadere i cieli e sfidare il destino. Il titanismo, quindi, è sinonimo di auto-glorificazione e considera virtù ogni tentativo di realizzare l’impossibile.

Il titanismo ha molte facce nel mondo moderno, nella chiesa stessa, nei circoli umanistici, e fra la gioventù rivoluzionaria. E’ una fonte continua di "carne da cannone".

Vorremmo però ora concentrarci sul titanismo nella chiesa. Il nostro Signore pone stretti limiti a ciò che dobbiamo fare. Ci viene detto molto chiaramente che: "per Dio ogni cosa è possibile" (Mt. 19:26); ci viene pure detto che, sebbene la fede possa spostare montagne (Mt. 21:21), vi sono limiti definiti per ciò per cui ci è permesso di pregare. Non ci è permesso di ricevere conduttori di chiesa che insegnino false dottrine, perché così facendo, diventeremmo corresponsabili delle loro opere malvagie. Ci viene comandato di "guardarvi da quelli che fomentano le divisioni e gli scandali contro la dottrina che avete appreso, e ritiratevi da loro" (Ro. 16:17).

Questo, però, non è tutto. Il nostro Signore ci proibisce di sprecare il nostro tempo con coloro che comunque non udranno, ed in luoghi che ragionevolmente non promettono buoni risultati. Dobbiamo scuotere la polvere dai nostri calzari e muoverci in un luogo che sia più ricettivo per l’Evangelo. Questo non significa che Dio non possa convertire quella persona, luogo, città o nazione quando e come Egli vuole, ma significa che a noi stessi è proibito di sprecare il nostro tempo in sforzi futili e sterili. Dobbiamo rammentarci che, benché Dio sia onnipotente, noi non lo siamo. Dio, nella Sua opera, non conosce limitazioni di tempo, noi, però, si. "Dio può far sorgere dei figli di Abrahamo anche da queste pietre" (Mt. 3:9), ma noi non possiamo fare in modo che uno venga rigenerato.

Andare contro la Parola di Dio in queste cose, come troppi oggi fanno, è titanismo. Potrà anche essere un titanismo "battezzato", ma rimane un peccato. Una certa situazione potrà sembrarci una volta senza via d’uscita. In quel caso dobbiamo chiedere al Signore se persistere o rinunciare. La seconda potrebbe ben essere una possibilità, perché, in ogni caso, il successo di un’opera dipende solo dal Signore e Lui, certo, può fare a meno di noi, usare altri mezzi diversi dalla nostra persona od opera anche in un secondo tempo, quando Lui riterrà più opportuno.

Non tutti, però, sono disposti ad accettare questo. L’anno scorso una donna mi disse di darle una lista di tutti gli editori di libri scolastici che riflettono un punto di vista umanistico ed anti-religioso. Mi dichiarò perentoriamente che lei aveva "sempre" avuto successo quando si trattava di convertire qualcuno a cui testimoniava della sua fede. Suo progetto era quello di visitare ciascun editore, di convertirlo a Cristo, di fargli produrre libri cristiani, e di "risolvere" così il problema delle tendenze umanistiche ed anti-religiose dei libri di testo scolastici! Questo è titanismo, ed è pure una sorta di malattia mentale, sia che si trovi nel poeta Shelley o in questa donna. Ho udito di un uomo la cui pretesa missione era quella di salvare gli omosessuali, e l’ho udito raccontare innumerevoli storie di quanti ne abbia "salvati". Quando però gli chiesi quanti hanno cessato veramente d’essere omosessuali, l’unica risposta che ricevo è un altro racconto di "conversione" e l’accusa di essere un legalista!

In altri casi, laddove sono coinvolte persone incredibilmente malvagie, ho visto altri casi di titanismo. La gente tende a dire, di qualche mostro d’immoralità: "Pregherò per lui fintanto che sarà salvato". Nel tempo stesso i loro figli possono trovarsi sulla strada che conduce all’inferno, e la loro madre in un ospizio per vecchi, ma questa gente non vuole semplici responsabilità quotidiane, solo "cause titaniche". Essi presumono che, solo perché dicono di avere sul cuore un così grande fardello di preghiere, che questo solo fatto li renda persone straordinarie! Sono pronti ad indulgere in grandi effusioni di preghiera, nel raccontare quanto eroica sia la loro vita di preghiera, ma sono dei fallimenti nelle loro responsabilità di routine.

Il titanismo non conosce modestia. Come un giorno mi disse una donna: "Il Signore ed io abbiamo una tale dolce comunione! Insieme abbiamo visto accadere miracoli straordinari!". Il suo discorso era sempre inzuccherato, e mai umile. A causa della sua supposta "intima comunione con il Signore", questa novella Titano sentiva fosse suo dovere rimproverare un’intera schiera di pastori. (Una cosa alla quale in titanismo mai si converte è al buon senso! Sia esso nella chiesa, oppure fuori, il titanismo sente di avere una speciale vocazione a sfidare il buon senso!).

In questa vita il cristiano non sarà mai completamente santificato. Dimostrerà sempre le abitudini e i fallimenti del vecchio Adamo, per quanto grande sia la sua crescita nella grazia. Diversi anni fa mi raccontarono di un vecchio prete che una domenica segnalò ai suoi fedeli che non aveva mai udito in confessione una sola persona che avesse detto di essere taccagna, mentre la sua esperienza gli aveva insegnato che questo problema era del tutto comune alla più gran parte di loro! Si trattava di un’osservazione puntuale. Senza dubbio, tutte le persone taccagne nella sua parrocchia avrebbero considerato la loro avarizia una virtù provvidenziale, una saggia amministrazione e così via, in molti suadenti modi. Allo stesso modo gli stravaganti che sprecano il loro denaro hanno sempre delle "buone ragioni" per giustificare tutto ciò che fanno. Tutti sanno bene addurre più "buone ragioni" per i loro peccati che quanto facciano per le loro virtù.

Fra gli umanisti il titanismo chiama sé stesso passione per la giustizia, per le riforme sociali e così via. Il peccato ama coprire sé stesso con nobili cause. Alla base del titanismo, però, è il desiderio di giocare ad essere Dio, di essere colui che determina le cose e di togliere il governo dalle mani di Dio (Ge. 3:5). I greci chiamavano questo hybris, l’arroganza. Essi la temevano e la idealizzavano. Se aveva successo, questo rendeva una persona un dio e, anche quando fallivano, come per i titani, ancora lo consideravano un eroismo.

Molto presto i cristiani lo riconobbero come un peccato capitale. Ogni qual volta e dovunque esso ricorreva, essi la consideravano come un male e come una mortale forza corruttrice. Con il movimento romantico, il titanismo divenne romantico, eroico, un’indicazione di superiorità. Così nell’opera Manfred di Lord Byron, egli respinge il consiglio cristiano e la pazienza, e dichiara:

Pazienza, pazienza! Questa parola è fatta solo per molluschi e non per bestie da preda. Predicalo pure a mortali fatti di polvere come te, io non ti farò compagnia in questo!

Manfred vedeva sé stesso come semi-divino e al di sopra dei comuni mortali, come un rapace, un uccello predatore. Disprezzava "il gregge" degli uomini comuni e vedeva sé stesso come un leone, o il capo dei lupi. Di fronte alla morte Manfred negava che nella vita futura ci fosse alcun castigo, perché questo sarebbe stato un crimine, punire un crimine con un crimine! Byron, Shelley, ed altri esperti di titanismo, avevano inclinazione ad essere dei perdenti, delle vittime, delle persone ferite. I loro fallimenti provarono loro solo che essi erano tanto al di sopra del comune gregge dell’umanità che pochi avrebbero potuto apprezzare la loro grandezza!

Il titanismo romantico, da allora, è diventato endemico alla civiltà occidentale, soprattutto fra gli intellettuali, gli universitari e i politici di sinistra. E’ una bella ricetta per perdenti, perché il fatto stesso della sconfitta è visto come "prova" del fatto che essi sono titani, dei profeti visionari la cui grandezza e causa rimane spesso non abbastanza apprezzata. Per Byron Lucifero e Caino erano degli eroi, ed il suo Caino dichiara: "Maledetto sia Colui che ha inventato una vita che conduce alla morte!". La vita, infatti, nei termini del titanismo, deve essere descritta nei suoi termini, non in quelli di Dio.

In filosofia, naturalmente, il titanismo prevale. Nietsche, con la sua visione della vita al di là del bene e del male, fatta per super-uomini, era quello che più lo proclamava, ma non è stato meno prevalente in uomini come Bertrand Russell, Wittgenstein, ed altri. E’ stato implicito alla filosofia dai tempi di Cartesio ed il suo punto di partenza: "Penso, dunque sono". Negli Stati Uniti, il pastore trascendentalista ed unitariano Theodore Parker, ne trasse una logica conclusione: "Penso, quindi Dio esiste". Un titanismo forte, ma impostato in un linguaggio umile, era quello di Ralph Waldo Emerson.

Tutto questo ha avuto pure le sue conseguenze nei circoli teologici, e pure gli evangelicali hanno assorbito elementi del titanismo. Invece di esaltare la grazia sovrana di Dio nella salvezza, molti hanno iniziato ad esaltare la sovrana scelta dell’uomo. L’ordine di determinazione nell’universo è quindi stato capovolto, e la priorità nell’ordine della salvezza spetta all’uomo!

L’effetto che questo ha avuto nella preghiera è stato drammatico. Recentemente ho udito un pastore evangelico descrivere molta preghiera contemporanea in questi termini: "Dare istruzioni a Dio sul da farsi". Un tale modo di pregare è blasfemo. La preghiera è l’accesso al trono della grazia, il centro di governo dell’intera creazione. Gli antichi Persiani comprendevano il significato di sovranità, sebbene la attribuissero ai monarchi umani. Implorare il sovrano poteva avere una conseguenza negativa. Come disse Esther a Mardocheo: "Tutti i servi del re e il popolo delle sue province sanno che qualsiasi uomo o donna entra nel cortile interno per andare dal re, senza essere stato chiamato deve essere messo a morte, in base a una particolare legge, a meno che il re non stenda verso di lui il suo scettro d'oro; solo così egli avrà salva la vita. E sono già trenta giorni che non sono stata chiamata per andare dal re" (Et. 4:11). Come cristiani noi siamo chiamati alla presenza del Re, ma le richieste devono essere fatte nel Suo Nome, e secondo la Sua Legge. Ci è proibito di fare della preghiera uno spettacolo, oppure di usare vane ripetizioni (Mt. 6:2-7), e ci è proibito di sprecare la nostra vita e tempo in lavori futili e vani (Mt. 10:14). Noi non apparteniamo a noi stessi, siamo stati "comprati a prezzo" (1 Co. 6:20), la morte espiatrice di Cristo: per questo non possiamo sprecare il nostro tempo e vita facendo parata di "sforzi eroici" che risultano solo in poco o niente. La nostra vocazione non è al titanismo, ma al servizio.

(R. Rushdoony, giugno 1986), in "Roots of reconstruction", position paper no. 75)