Dopo l'espressione di fede di Abramo nella
ricompensa che solo Dio gli avrebbe dato (14:22,23), Dio certifica la Sua promessa di una
discendenza per Abramo (1-6), e di una terra, stipulando con lui un patto (cfr. Ne. 9:8)
secondo le modalità dell'epoca. Le due scene notturne (5, 17) sono parallele: l'Eterno
promette una ricompensa (1, 7); Abramo pone delle domande al sovrano Signore sull'eredità
che egli deve attendersi (2-3, 8). Iddio risponde con un atto visivo (4-5, 9-21); la fede
di Abramo gli è accreditata come giustizia (6).
Il v. 6 "Ed egli credette all'Eterno, che glielo mise in conto
di giustizia", fornisce la più antica testimonianza diretta della dottrina
biblica cardinale della giustificazione per fede, e non per opere (Ga. 3:6-14). Abramo
crede alla promessa della nascita da lui di un erede, sebbene già sia un uomo anziano
(Ro. 4:17-21; Eb. 11:11,12), e, sulla base di questa sua fede, Dio considera Abramo uomo
che corrisponde ai Suoi criteri di giustizia. Con questa sua fede, Abramo adempie a ciò
che il patto stipulato fra Dio e lui esige.
La giustificazione per fede di Abramo è modello di che cosa significa
per noi credere nella risurrezione di Gesù Cristo, nel sacrificio di Dio che espia il
peccato, e nel fatto che Dio ci accrediti la Sua giustizia (quello che Lui compie, non
quello che noi compiamo) attraverso la fede (Ro. 4:22-25). Questa fede è la fiducia che
Dio sa ciò che sta facendo, e che lo faccia bene, accompagnata alla rinuncia ad ogni
nostra pretesa, anzi, solo dall'ammissione che "sono senza figli" (2),
cioè privo di qualsiasi risorsa. Il credente è perciò colui che, considerando la sua
impotenza, si abbandona a ciò che solo la misericordia di Dio potrebbe fare per lui.
Possiamo anche noi, davanti a Dio, dire il nostro "Sono incapace di produrre alcun
frutto" e di ricevere con umiltà e gratitudine ciò che Dio stesso opera in Cristo
per noi. "Senza di me non potete far nulla" diceva il Signore Gesù.