Il titolo di questo mio intervento è
“introduzione ai problemi della bioetica”. Mi propongo di realizzare una
sorta di “sensibilizzazione”, una “presa di coscienza” sulla grande
rilevanza che questi problemi hanno sulla nostra vita, sulla vita umana e per il
nostro essere cristiani oggi, in particolare.
Mi rivolgo oggi a cristiani evangelici, e, in
particolare a responsabili di comunità evangeliche, ma sono sicuro che anche
altri potranno senz’altro esserne interessati. Mia intenzione è stimolare su
queste questioni un dibattito, un ulteriore approfondimento a livello locale ed
a precise e ponderate prese di posizione. Esse dovranno poi giungere ad essere
pubblicate e praticate a diversi livelli. Il nostro, infatti, non vuole
assolutamente essere un “semplice interesse accademico” (come potrebbe,
visto che è in gioco la nostra vita stessa), ma un interesse del tutto pratico.
Dividerò il mio intervento in questo modo: (1)
Delineerò in primo luogo lo scenario contemporaneo che sta davanti ai nostri
occhi e che riguarda o riguarderà ciascuno di noi; (2) Metterò in rilievo la
rilevanza, l’importanza, che questi argomenti hanno per noi cristiani; (3)
parlerò della concezione cristiana della realtà, di che cos’è per noi la
vita e la vita dell’essere umano in particolare, della dignità umana e dei
suoi fondamenti biblici, come pure della necessità di promuoverla e difenderla
ad ogni livello; (4) accennerò alle applicazioni di questi principi per quanto
riguarda le scelte della nostra vita e della nostra testimonianza a livello
sociale.
1. Lo scenario contemporaneo
Nel 1818 la scrittrice inglese Mary Shelley scrive un libro
intitolato Frankenstein, un racconto di stile “horror” che porta come
sottotitolo “il moderno Prometeo”. Racconta di uno studente di filosofia
naturale che scopre il segreto di animare la materia senza vita. Con materiali
presi da un ossario e da laboratori di anatomia egli crea un mostro a cui dà
vita; con orrore, però, questi riesce a fuggire. Reso disperato dalla
solitudine e dalla miseria, la creatura uccide coloro che il suo creatore più
ama. Spinto nelle regioni artiche da coloro che gli danno la caccia, esso
scompare dopo la morte di Frankenstein. Questa storia è sta ripresa diverse
volte dal cinema, ed è entrata nell’immaginario popolare. Come spesso
succede, gli scrittori, in particolare di fantascienza, spesso ed in modo
sorprendente, assumono il ruolo di autentici profeti sugli scenari che
caratterizzano e caratterizzeranno il presente e il futuro.
Oggi molti hanno la sensazione che la scienza e la
tecnologia medica, in rapido progresso e sempre di più dotata di straordinarie
capacità, quasi “giochi ad essere Dio”, come si dice, pretendendo sempre
di più la libertà di intervenire sulla vita umana a diversi livelli. E’
giusto? Non è giusto? Fino a che punto può pretendere questa liberta?
L’essere umano è un tabù intoccabile? Quando, come e a che condizioni? Ma
poi, chi è l’essere umano, e quali sono i suoi diritti in questo campo? Come
possono essere salvaguardati questi diritti e chi e come può farli rispettare?
Sono i problemi sempre più pressanti, che non solo in
campo religioso, ma anche in quello non religioso, vanno sotto la categoria
della bioetica, quello di cui vogliamo sommariamente occuparci noi oggi.
Di questi problemi vorrei farne una carrellata
introduttiva, e certamente quelli che citerò non sono “tutti” quelli di cui
si occupa la bioetica.
Procreazione. Nel campo della procreazione umana si
parla oggi di ingegneria genetica, della capacità, cioè, di intervenire
sull’ovulo concepito alterando i caratteri di chi dovrà nascere (ad es.
scegliendone il sesso), oppure identificandone potenziali malattie e
malformazioni (eugenetica). Si interviene così su di esso impedendo lo sviluppo
della malattia oppure sopprimendo “il prodotto” affinché non nasca un
individuo la cui vita sarebbe solo fatta di sofferenze o comunque sarebbe
qualitativamente inaccettabile, un peso umano ed economico per la famiglia e per
la società. Nello stesso ambito, poi, si parla di procreazione assistita e di
inseminazione artificiale, dando alla possibilità alla coppia sterile di
generare dei figli con diverse varianti: ad esempio: facendo crescere l’ovulo
fecondato artificialmente fuori dal corpo materno, oppure nel corpo di
un’altra donna, oppure fecondando artificialmente l’ovulo della donna con il
seme di terze persone prelevato da una “banca del seme”. Si parla poi oggi
di clonazione umana, cioè della possibilità di costruire un essere umano
identico ad un dato soggetto, da usarsi, eventualmente, come “deposito di
organi” da trapiantare in caso di bisogno. Lo stesso campo include
le tecnologie contraccettive (i diversi metodi per impedire la gravidanza), come
pure l’aborto (il se, il come ed il quando della volontaria soppressione di un
essere umano nelle prime fasi della sua formazione e, naturalmente il discorso
se e quando sia da considerarsi di fatto un essere umano titolare, come tale, di
diritti indipendenti da quelli della madre). Possiamo includere nella categoria
che stiamo trattando la questione delle sperimentazioni, manipolazioni e cure su
embrioni e feti (generati in quantità e destinati ad essere conservati
congelati per un uso futuro, oppure eventualmente distrutti).
Sessualità. A livello della sessualità umana
abbiamo i problemi inerenti ad es. l’omosessualità e transessualismo, quello
della pornografia e della prostituzione, quello della sterilizzazione volontaria
e di handicappati mentali. Certamente incluso in questo campo, anche se qui non
parliamo di tecnologie mediche, è il problema della sessualità dei minori, dei
rapporti sessuali extraconiugali, dell’esibizionismo e del nudismo.
Trapianti. Un altro settore è quello del trapianto
di organi e della problematica relativa (da chi, come e quanto prelevarli) ed il
commercio di organi umani. La questione delle trasfusioni di sangue e di
manipolazione di suoi derivati; la questione dei trapianti di midollo osseo e
della dialisi e della sperimentazione umana.
Terapie. Possiamo parlare, poi, della condizione e
delle cure da effettuarsi (o non effettuarsi) ad esempio, su malati di cancro, o
di AIDS (malattie terminali). In questa categoria potremmo porre la questione
dei vari tipi di droga (il loro uso o non uso, liberalizzazione o controllo), la
questione sull’uso di psicofarmaci, o
di anabolizzanti e doping nello sport; la questione delle vaccinazioni
preventive; delle tecnologie di rianimazione; della morte cerebrale.
Bioetica sociale. Nel campo della bioetica sociale
possiamo includere la questione della legittimità o meno del suicidio, quello
della legittima difesa, dell’omicidio, del razzismo e della pena di morte, la
distribuzione nel mondo delle risorse sanitarie e la loro commercializzazione, e
quindi il problema dell’economia e degli affari nella pratica medica.
Geriatria e morte. La bioetica si occupa
delle questioni inerenti la geriatria e la gerontologia. L’essere umano
decade fisicamente e mentalmente: fino a che punto si può e deve curare
impedendo questo decadimento? Come bisogna comportarsi con l’anziano di fronte
alla possibilità di tecnologie mediche altamente costose che potrebbero curarlo
ed allungarli la vita? E’ necessario sfuggire alla decadenza fisica e mentale
ed alla morte a tutti i costi? Non è forse questo negare la nostra finitudine?
Qualcuno ha detto: “Non aggiungere anni alla vita ma vita agli anni”. Gli
anziani nei paesi più fortunati godono di maggiore salute, maggiore vigore,
assenza di decadimento e demenza. Ma fino a che punto bisogna operare in questo
senso? Vi è, poi, il problema dell’eutanasia, cioè della possibilità o meno
di sopprimere una persona anziana o comunque malata terminalmente o afflitta da
atroci dolori o in coma irreversibile (privandola del suo sostentamento
alimentare o farmacologico oppure causandone appositamente la morte) per
liberarla dalla sua tragica situazione senza via d’uscita. C’è anche però
il problema di chi è morto, la possibilità di usare o meno i suoi organi, la
questione della cremazione, ecc. La questione della morte tocca il problema
della nascita quando, come vi sono stati diversi casi recenti, equipe mediche,
di fronte ad una donna incinta morta in seguito ad un incidente stradale (una
donna con encefalogramma piatto), si è trovata a dover decidere se conservare
artificialmente in vita il corpo di quella donna per permettere lo sviluppo e la
nascita del bambino che aveva in lei: una reale possibilità, già avvenuta.
E’ giusto?
Bioetica animale ed ambientale. Possiamo infine
parlare di bioetica animale che riguarda questioni come chi sono gli animali e
quali siano i loro diritti, la questione degli zoo, della caccia, quella
dell’allevamento e dell’industria degli animali, quello della ricerca
scientifica sugli animali, e l’ingegneria genetica sugli animali e sulle
piante. C’è anche la bioetica ambientale che riguarda tutto ciò che ha a che
fare con l’ecologia, le mutazioni climatiche, la salute ambientale, le
sostanze tossiche ed i rifiuti pericolosi, la sopravvivenza delle specie in
pericolo, la bio-diversità, le politiche alimentari, le armi chimiche e
biologiche ecc.
2. Questioni ineludibili
Non avrei certo finito l’elenco di tutto ciò che
riguarda la bioetica, ce n’è da farsi venire il mal di testa… Una cosa però
è chiara: tutto questo riguarda la fede cristiana, e noi che la
professiamo.
La fede cristiana ha, infatti, a che fare con la nostra,
intesa nel senso più ampio, non solo “l’aldilà” o i cosiddetti
“problemi spirituali”, ma anche “l’aldiquà”. La bioetica ha a che
fare con la nostra vita, e spesso con la nostra stessa sopravvivenza in quanto
umanità. Parliamo dunque di vita, della nostra stessa vita (è una componente
del significato del termine stesso “bioetica”).
Bioetica, infatti, riguarda la vita e riguarda anche l’etica, cioè di come
noi dovremmo comportarci di fronte ai problemi postici dallo sviluppo della
scienza e della tecnologia medica, proprio quando essa tocca sul vivo non solo
la nostra vita, ma anche l’essenza stessa della nostra umanità.
Sarebbe del tutto irresponsabile dire che tutto
questo non ci riguardasse o non ci competesse, perché, di fatto dobbiamo sempre
chiederci: come intendiamo seguire il nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo di
fronte ai problemi che incontriamo nella nostra vita in questo mondo e, in
particolare, di fronte ai problemi specifici ed unici che ci pone il nostro
tempo?
Come cristiani evangelici confessiamo che la Bibbia, le
Sacra Scrittura è Parola di Dio, regola ultima della nostra fede e della nostra
condotta, criterio informatore unico delle nostre scelte. Di fronte a tutti i
problemi che abbiamo citato, ci dobbiamo chiedere, in che modo la Bibbia guida
il nostro comportamento e le nostre decisioni? Deve essere infatti questo il
criterio fondamentale su cui si deve muovere la bioetica dalla nostra
prospettiva. Come cristiani evangelici riteniamo che la Bibbia sia vera Parola
di Dio, rivelazione data da Dio a persone da Lui scelte ed ispirate, e che
descriva autorevolmente e veracemente non solo la realtà dei fatti, ma come noi
si debba rapportarci a questi fatti. E’ la Bibbia che deve fornirci il
paradigma, i parametri, i modelli, i principi di base su cui dobbiamo muoverci.
Non abbiamo e non possiamo avere altre autorità che questa. Certo,
l’enunciazione di questi valori non risolvono automaticamente i dilemmi di
fronte ai quali sempre di più ci troviamo, e non intendiamo neppure farlo, ma
essi devono costituire il nostro necessario quadro di riferimento.
Nessuno deve illudersi che sia facile, che ci siano a
queste questioni risposte semplici – guai ad essere, al riguardo, superficiali
ed ingenui - perché tutti questi problemi ci pongono di fronte a
“grattacapi” e “mal di testa” non indifferenti, a perplessità e scelte
di non facile soluzione, ad ambiguità e contraddizioni fonte di grande
disorientamento. Non possiamo però evitare di confrontarci con i problemi della
bioetica: essi ci interrogano molto seriamente, e, di fronte ad essi dobbiamo
porci, dunque, con grande senso di responsabilità.
3. La vita e la dignità umana
Parliamo dunque della vita, di chi è l’essere umano e
della sua dignità. E’ questo che sta alla base dei problemi della bioetica,
il suo fondamento biblico, teologico e filosofico. Evidentemente non potrò in
questa sede delineare tutta l’antropologia biblica ed evangelica, ma indicarne
i punti fermi.
a. Dio è la fonte della vita e ne è sovrano.
Il nostro presupposto di base quando trattiamo di questi
problemi, è che Dio è il Creatore della vita. Come l’unico essere che non ha
cause al di fuori di Sé stesso, Dio è “il Dio vivente”: “Ma l'Eterno
è il vero DIO egli è il DIO vivente e il re eterno” (Gr. 10:10). La Scrittura Lo
contrappone agli idoli muti ed immobili, ma con questa frase indica pure il Suo
costante intervento nella realtà creata. Come Dio vivente Egli: “non è
servito dalle mani di uomini come se avesse bisogno di qualcosa, essendo lui che
dà a tutti la vita, il fiato e ogni cosa” (At. 17:25; cfr. Ge. 2:7)).
E’ Dio, dunque, Colui che crea ed anima. Ogni vita, tutta la vita, qualunque
ne siano le espressioni, ha, di conseguenza, fonte in Lui. In negativo, è Dio
solo che ha il diritto di togliere la vita, se, come e quando vuole. Giobbe
dice: “«Nudo sono uscito dal grembo di mia madre e nudo vi ritornerò.
L'Eterno ha dato e l'Eterno ha tolto. Sia benedetto il nome dell'Eterno»”
(Gb. 1:21); “Se Dio dovesse decidere in cuor suo di ritirare a sé il suo
Spirito e il suo soffio, ogni carne perirebbe assieme, e l'uomo ritornerebbe in
polvere” (Gb. 34:14,15). La vita è frutto di un cieco destino, ma dei
Suoi decreti. La vita procede tutta da Dio e procede dal nulla (ex nihilo).
Viene da Dio non per necessità, ma perché così Egli ha sovranamente disposto,
e lo ha fatto per amore. Essa ha una sua dignità: è buona.
Suo Figlio, Gesù Cristo condivide con Dio Padre la facoltà
di avere vita in sé stesso e di comunicare vita: “Il ladro non viene se
non per rubare, uccidere e distruggere; ma io sono venuto affinché abbiano la
vita e l'abbiano in abbondanza” (Gv. 10:10). Egli lo dimostra nel
restituire vita (in ogni suo aspetto: vita fisica, salute e alta qualità di
vita, temporale ed eterna) proprio là dove la vita
è stata negata, repressa, oppressa, emarginata, debilitata, frustrata, corrotta
e degenerata.
b. La vita umana. Dio il Creatore della specie
umana. L’essere umano non è uno stadio superiore della vita animale, ma una
creatura speciale, fatta ad immagine e somiglianza di Dio, a cui Dio si è
compiaciuto di dare caratteristiche e facoltà speciali che la accostano a Dio
stesso, anzi, che è destinata ad uno speciale rapporto con Lui: “Poi DIO
disse: «Facciamo l'uomo a nostra immagine e a nostra somiglianza, ed abbia
dominio sui pesci del mare, sugli uccelli del cielo, sul bestiame e su tutta la
terra, e su tutti i rettili che strisciano sulla terra»” (Ge. 1:26).
Iddio proclama la creatura umana come “molto buona” (Ge. 1:31). La
Bibbia considera la persona umana come una persona completa. E’ Dio che forma
l’essere umano e la sua vita è dovuta al Suo “soffio” (Ge. 2:7).
Spirito, anima e corpo sono per Lui inscindibili (1 Ts. 5:23).
Questa unità è infranta solo dalla morte e quindi solo temporaneamente
fintanto che l’unione naturale intesa viene ristabilita alla risurrezione (2
Co. 5:8;
1 Ts. 4:13-17). La Bibbia proibisce la
soppressione illecita della vita, e la chiama omicidio perché l’essere
umano è creato all’immagine di Dio (Ge. 9:5,6)
e va rispettato in quanto tale e senza alcuna discriminazione, al di sopra di
qualsiasi altra creatura. L’essere umano è reso da Dio responsabile per la
preservazione della vita dei suoi simili e dovrà rendere conto di ogni
infrazione a questo principio. L’immagine di Dio viene preservata anche nella
prole generata (Ge. 5:1-3),
benché, a causa del peccato, essa sia stata sfigurata.
c. Diversi termini la descrivono. L’essere umano
ha hayyim (esistenza attiva, dotata di movimento,
difatti la vita sorge là dove lo Spirito di Dio si muove e la muove (Ge. 1:2;
2:7). L’opposto di questo movimento è l’inerzia. Come essere vivente la
creatura umana ha nephesh (il
“respiro” della vita. Sebbene comune a uomini e bestie (Gb. 12:10), nephesh
nell’essere umano esprime la sua esistenza come essere vivente a parte da
Dio.
L’essere umano è un essere integrato, completo, un’unità vivente
psicosomatica. La vita è supremo dono di Dio, è “benedizione” in contrasto
con la “maledizione”, la morte (De. 30:19). In quanto buona, la vita ha
“una connotazione morale e spirituale” (Orr). Vivere veramente significa
bene oprare nell’amore e nel timore di Dio. Il Nuovo Testamento usa tre
termini per “vita”: zoé, (lo stato di vitalità, d’essere
animato). Questo termine incorpora ogni concetto di ciò che costituisce la vita
e così ricorre costantemente nella frase: “vita eterna”.
Psyché (corrisponde a nephesh, il principio animatore della vita
(At. 20:10), e corrisponde all’io umano.
E bios (vita come stato presente di esistenza e le risorse necessarie
al suo mantenimento).
d. Una vita in affidamento. Gesù considera la vita
come qualcosa di sacro che ci è stato affidato e l’essere umano trova proprio
in questo la sua ragione d’esistere. “L’umanità è responsabile, sotto
l’autorità di dio, della sua preservazione e protezione”.
Gesù non è venuto per distruggere la vita, ma per salvarla (Lu. 9:56) e per
renderla sovrabbondante (Gv. 10:10). La vita appartiene solo a Dio: l'uomo ne è
custode e amministratore. E' un talento prezioso da trafficare. Dio ce ne
domanda conto. L'uomo non può attentare alla vita (propria o altrui). E'
oggetto della sollecitudine e dell'amore di Dio. La vita è un bene
indivisibile, intangibile, indisponibile. E' sempre un bene, anche quando
precaria.
e. Dio provvede ad essa. La vita non è un assoluto,
può essere sacrificata per finalità sublimi. Non dobbiamo preoccuparci
eccessivamente dei mezzi di sussistenza (Mt. 6:25), perché è Dio a metterceli
a disposizione. Vera vita non è
questione solo di cibo materiale, ma d’ubbidienza alla Parola di Dio (Mt. 4:4)
e di donazione agli altri. Perseguire egoisticamente la nostra vita
trascurandone la dimensione spirituale, significa perdere la vita, mentre
perderla per la causa di Cristo significa salvarla.
f. Qualità
della vita. Nell’insegnamento di Gesù ricorre il termine “vita
eterna”
ed intende molto più che il perdurare della vita nel tempo. Indica una vita
“di qualità”, una vita significativa, sensata. Essa può essere tale solo
quando è vissuta nella prospettiva di Dio. Una vita vissuta a parte da Dio è
qualcosa di vuoto, e prelude alla distruzione etica dell’anima, il
pregiudicare il vero destino umano come figliolanza di Dio. La vita eterna di
cui Cristo è personificazione e suo datore è comunione con Dio che, per
natura, trascende i limiti dello spazio e del tempo. La vita è qualcosa che il
credente ha.
Questa vita, comunicata da Cristo è essenzialmente divina,
mentre la fede, l’affidarsi, è la sola condizione soggettiva dell’essere
impartita. L’Apostolo Paolo si
avvale dello stesso concetto. Di questa vita Cristo è sia fonte che mediatore,
anzi, Cristo si identifica con la vita,
la vita eterna. Questa vita non viene
imposta, ma bisogna afferrarla e la si ottiene per fede.
Le evidenze esterne di questa vita sono delineate in Romani 6 3 2 Corinzi 4.
Corrispondono a “vita eterna” le espressioni: “novità di vita”,
“nuova vita nello Spirito” e “vita in Cristo Gesù”.
g. Non è solo terrena. La vita terrena, per la
creatura umana è relativa: è bene penultimo e non ultimo. Possiede dimensioni
eterne. Non può essere ridotta a materia. Ha un destino eterno. La vita eterna
comporta dimensiono di realizzazione futura. L’Apostolo Paolo mette in
evidenza l’aspetto futuro della vita e lo coordina con l’immortalità
contrastandolo con la morte (Ro. 6:23) e la corruzione (Ga. 6:8). Dice: “ora
è stata manifestata con l'apparizione del Salvator nostro Gesù Cristo, che ha
distrutto la morte e ha fatto risplendere la vita e l'immortalità per mezzo
dell'evangelo” (2 Ti. 1:10). La speranza della vita eterna è dunque
legata a Cristo. Cristo è la vita del
credente sia nel presente che nel futuro,
“poiché io vivo, anche voi vivrete” (Gv. 14:19), perché al Suo
ritorno la “tenda” che è questa nostra dimora terrena, sarà trasformata in
dimora celeste,
e così: “Noi infatti che siamo in questa tenda gemiamo, essendo aggravati,
e perciò non desideriamo già di essere spogliati ma rivestiti, affinché ciò
che è mortale sia assorbito dalla vita” (2 Co. 5:4).
h. Dignità della vita umana. La
persona umana è dunque centrale dei propositi di Dio, ed ha dignità
intrinseca. La dignità di ogni essere umano si fonda in Dio,
Creatore e Redentore della specie umana. Tutti gli esseri umani possiedono una
propria inerente ed inalienabile dignità. Essa deriva dal fatto che ogni essere
umano sia stato creato ad immagine e somiglianza di Dio. Questa immagine e
relativa dignità permane anche se, a causa del peccato, essa sia stata
sfigurata e corrotta.
La dignità umana non si fonda su ciò che gli esseri umani
possano realizzare in termini materiali, sociali o spirituali (le loro capacità
o potenzialità), ma sulla roccia dell’amore che Dio le ha manifestato. Di
conseguenza essa è sempre fondata su ciò che gli individui sono agli
occhi di Dio, e mai su ciò che essi possano fare o realizzare per
l’umanità e/o per Dio. L’essere umano, cioè, non vale in quanto sia più o
meno utile, ma per sé stesso. Da questo ne consegue che coloro che non sono di
valore funzionale per la società (invalidi di vario tipo), conservano sempre
una dignità loro propria, dato che rimangono importanti agli occhi di Dio e nei
Suoi propositi.
Dignità ed onore deve essere pure attribuita alle creature
umane in stato nascente ed in formazione (il feto) dato che essi hanno alte
probabilità di diventare uno di noi, come pure dignità ed onore deve essere
attribuita ai resti ed alla memoria di coloro che sono morti. La dignità degli
esseri umani, quindi abbraccia l’essere umano in tutte le fasi della sua
esistenza.
i. Una vita che si dona. Dio, attraverso le
esperienze storiche di Israele e nella Persona di Cristo, si è rivelato come il
Redentore dell’umanità. La dignità inerente di ogni essere umano è stata
confermata nel fatto che Dio, in Cristo, ha dato Sé stesso in modo completo per
la nostra redenzione.
Dio, in Cristo, lo ha dimostrato nella cura e nell’interesse che ha per ogni
essere umano, per quanto disprezzato ed insignificante sia agli occhi della
società (bambini, donne, anziani, invalidi, malati, emarginati, criminali,
persone di diversa razza, cultura e religione, nemici, gente “senza nome” né
valore, dei “numeri”), fino al sacrificio ultimo di Sé stesso sulla croce e
così ha insegnato a fare ai Suoi discepoli.
La nozione teologica di dignità umana è implicita nella
stessa nozione evangelica di servizio, mediante il quale noi diamo noi stessi
agli altri, servendoli sacrificando noi stessi, e mettendo i loro interessi
prima dei nostri. Siamo chiamati a servire gli altri proprio perché ogni essere
umano, qualunque sia la sua condizione, ha un valore implicito: è simile a noi
ed ha valore agli occhi di Dio. In termini teologici, questi “altri” non
sono semplicemente i nostri amici e coloro che possono in qualche modo ripagarci
per ciò che facciamo per loro, ma questo include pure i nostri nemici, coloro
che non sono in grado di proteggere i loro interessi, e coloro che si trovano ai
margini della condizione umana.
4. Conseguenze per la bioetica
Se questi sono, come sono, i parametri, i punti di
riferimento che, come cristiani, del nostro essere e del nostro comportamento,
è chiaro che tutto questo ha precise conseguenze su come noi viviamo e ci
rapportiamo al mondo in cui siamo inseriti. Evidentemente ogni singola
problematica riguardante la bioetica necessiterebbe di una trattazione specifica
Non potrò, in questa sede che sollevare delle domande per stimolare la
vostra ricerca, il vostro approfondimento, e la vostra azione. Torniamo a
passare in rassegna i campi della bioetica menzionati all’inizio.
Procreazione. Nl
campo della procreazione ci possiamo chiedere se e fino a che punto ci sia
concesso di intervenire sull’ovulo fecondato per ottenere la nascita di un
individuo secondo le caratteristiche desiderate. Se potrebbe essere accettabile
intervenire “redentivamente” per impedire l’insorgere di malattie,
malformazioni o deficienze, intervenire per causare la nascita di un individuo
con particolari caratteristiche significherebbe interferire con la sovranità e
provvidenza di Dio, assumerci un compito che non ci compete. Allo stesso modo
deve essere giudicata l’intenzionale soppressione di un individuo che sulla
base di un nostro discutibile giudizio “sarebbe meglio che non vivesse”.
Vorremmo forse il completo controllo genetico? Questo sfida la nostra concezione
di che cosa significa essere umani, potremmo nel processo perdere la nostra
identità. Controllo totale sulla vita umana?
Nel caso della sterilità dell’uomo o della donna, la
procreazione assistita che implicasse l’intervento di seme o di ovuli estranei
alla coppia, non significherebbe l’utilizzo di una sostanza “neutrale”, ma
l’intervento di caratteri genetici esterni che violerebbero l’identità e
l’integrità familiare della coppia. Aberrante dal punto di vista cristiano
sarebbe poi l’utilizzo da parte di una coppia omosessuale di artifici per
rendere fecondo un rapporto che Dio non ha voluto ed al quale non ha dato il
privilegio della fecondità.
Si viola l’integrità ed il diritto alla vita di una
persona umana l’utilizzo di ovuli fecondati o addirittura della clonazione
come “deposito organi” ed equivarrebbe a depredare popolazioni povere e
deboli da parte di persone benestanti, sfruttandole a proprio uso e consumo,
senza riguardo alcuno alla loro identità e dignità. Difatti: “Secondo la
Sacra Scrittura come per i dati scientifici attualmente disponibili, il
concepimento costituisce l’inizio dell’esistenza individuale. La vita
cominciata esige l’utilizzo dei mezzi convenienti alla sua preservazione e al
suo sostegno fino alla fine”.
Le tecnologie contraccettive che implicassero la
soppressione (diretta o indiretta) di una persona umana potenziale, come pure
l’aborto, significherebbe farsi colpevoli d’omocidio. Per la fede cristiana l’aborto è un delitto che assume una
particolare gravità anche proprio perché viene soppresso un essere umano che
si affaccia alla vita, il più innocente tra tutti, che non può essere
considerato un aggressore e tanto meno un ingiusto aggressore. Questo essere
umano è debole, inerme, privo anche di quella minima forma di difesa che è
data dal pianto del neonato. E’ totalmente affidato alla protezione e alle
cure di colei che lo porta in grembo. Eppure spesso è proprio lei, la madre, a
chiederne la soppressione o a procurarla. Ecco così che: “Si deve
provvedere ad un aiuto efficace per le future madri, affinché le difficoltà
materiali e psicologiche non spingano alcuna di esse a sopprimere il proprio
bambino. Si deve sviluppare una politica sociale, educativa e culturale che
abbia di mira la valorizzazione dell’istituto famigliare, cellula primaria di
una sana società e far si che sia riscoperta la benedizione dei figli a casa
anche se dovessero soffrire di seri handicap”
Sessualità. Per quanto riguarda la sessualità, la
fede cristiana ci spinge a vivere e promuovere un uso responsabile del rapporto sessuale. La Bibbia considera il rapporto
sessuale come una funzione della coppia sposata, che così consolida, promuove
ed allarga la famiglia. Seppure il rapporto sessuale non sia finalizzato solo
alla procreazione
ma anche alla propria gratificazione, essa condanna il rapporto sessuale fine a
sé stesso al di là dell’impegno e delle responsabilità matrimoniali:
“Sia il matrimonio tenuto in onore da tutti e il letto coniugale sia
incontaminato, poiché Dio giudicherà i fornicatori e gli adulteri” (Eb.
13:4). Anche per questo l’aborto
come “soluzione” del frutto indesiderato di un rapporto sessuale è cosa
abominevole. La responsabilità degli aborti si allarga a coloro che hanno
favorito il diffondersi di una mentalità di permissivismo sessuale e disistima
della maternità, che non hanno promosso politiche familiari e sociali a
sostegno delle famiglie, soprattutto di quelle numerose o con difficoltà
economiche ed educative, alle istituzioni internazionali, fondazioni e
associazioni che si battono con ogni mezzo per la legalizzazione e la diffusione
dell’aborto nel mondo.
Trapianti. Per quanto riguarda i trapianti i
cristiani si pongono seri interrogativi su quello che potrebbe essere lo
sfruttamento dell’essere umano che perde così la sua identità e “nome”.
L’essere senza nome può avvenire quando cadaveri di adulti e feti vengono
trattati come poco più che depositi d’organi, quando i feti vengono
considerati come impedimento per la propria realizzazione personale, quando le
persone mentalmente invalide e anziane sono considerate poco più che
costosi ed indesiderati sottoprodotti della medicina altamente
tecnologica, e quando vengono generate creature umane solo per servire ai
bisogni medici altrui.
Terapie e malattia. Per quanto riguarda le terapie e
le malattie i cristiani si pongono il problema di difendere i diritti del
malato. Quali sono? I malati negli ospedali sono solo “numeri”, “cavie”,
strumenti di profitto o impedimento al profitto di medici, ospedali e industrie
farmaceutiche? Le persone diventano prive di nome quando nessuno si prende cura
di loro. Questa trasformazione nel perdere il nome si accompagna frequentemente
alla malattia. Quando la malattia porta a perdere dignità, specialmente quando
la malattia è debilitante e catastrofica, è necessario uno sforzo enorme per
mantenere la propria identità e personalità. Per coloro che sono privi di nome
i rapporti si interrompono, dato che i rapporti con un individuo senza nome
cessano di essere significativi. Chi è senza nome diventa ben presto privo di
relazioni, l’antitesi di qualsiasi valutazione morale che voglia impartire
dignità, speranza, e significato ad esseri umani fatti ad immagine e
somiglianza di Dio.
Dobbiamo porci il problema dell’accanimento terapeutico.
Quando e come assicurare a tutti i costi la sopravvivenza fisica di una persona
o lasciare che muoia “naturalmente”? Come agire nel caso del malato
terminale?
Per quanto riguarda l’eutanasia, dovremmo
“facilitare” la morte di chi chiede di morire, oppure terminare la vita di
persone anziane, invalide, in coma quando giudicassimo che per loro la vita
“non ha più senso”. E su che base prendiamo noi queste decisioni? Per
“misericordia” del malato o dell’anziano o perché ci è più comodo e
conveniente che non viva più?
I diritti dell’anziano e del morente sono un campo in cui
il cristiano deve intervenire per difendere la vita e la dignità umana. Il
decadimento e la morte sono un dato di fatto della nostra esistenza da accettare
e non da combattere ad ogni costo. Dobbiamo tenere conto dei costi della salute
e se e quando ne vale la pena spendere in questo modo per prolungare
artificialmente un’esistenza che da sola non avrebbe più risorse naturali per
vivere. “Le risorse della tecnica devono essere impiegate non tanto per
abbreviare la sofferenza, ma per alleviarla. I vari testi legislativi come pure
gli accordi internazionali dovranno tradurre tale concezione”.
“La privazione di acqua e nutrimento con lo scopo di provocare o di accelerare
la morte è una violazione del carattere sacro della vita … Affermiamo che è
essenziale, poiché i progressi tecnologici della medicina attenuano i confini
esatti tra la vita e la morte, valutare ciascun ‘caso terminale’ con la più
grande prudenza al fine di rispettare il carattere sacro della vita”.
Pensiamo al ruolo della scienza e della tecnologia nella
nostra vita. Ho voluto introdurre la nostra conversazione con l’esempio
del racconto “Frankenstein” per sottolineare come la scienza possa diventare
arrogante. La sua potenziale arroganza non dovrebbe però spingerci a rifiutare
in blocco la scienza come se essa non fosse un dono di Dio, una Sua
“concessione”. Davvero la
scienza sarebbe da combattere e limitare perché pensa di poter fare tutto in
totale autonomia e giocare ad essere Dio essa stessa, priva di valori da
rispettare e da controlli? Potrebbe essere così in molti casi. La bioetica
laica,
se da una parte respinge l’accusa di hybris, cioè di arroganza
pretendendo completa libertà, benché non priva di valori, dall’altra rifiuta
di sottomettersi a criteri e valori che provengano “dall’esterno” e che le
si debbano imporre, assumendo solo quei valori che le provengono dal “consenso
sociale”. Spesso la bioetica laica considera quella religiosa un’imposizione
e un attentato al “progresso”? E’ vero? Come cristiani, è necessario
ammettere che, non importa quanto la nostra somiglianza con Dio sia stata
pregiudicata e sporcata dal peccato e dalla ribellione, rimaniamo immagine di
Colui che ci ha creato, sebbene immagini più o meno sfigurate. Di conseguenza,
come tali, dimostriamo molto della Sua creatività e capacità di introspezione.
Di conseguenza gli umani come scienziati sono umani come immagini di Dio, i
quali sondano la creazione e si immergono in essa, cercando di comprenderla e di
usarla come gerenti del mondo che Dio ci ha affidato. Nel campo medico il
desiderio è quello di esercitare almeno un minimo controllo sul male come
malattia, male che solo farebbe scempio e distruggerebbe tutto ciò che di bello
e di degno c’è nel mondo di Dio. Potremmo certo con la genetica scimmiottare
il potere di Dio cercando di produrre creature con poteri superlativi, ma
fintanto che scopo della terapia sui geni è alleviare le malattie umane, essa
ha il potenziale di elevare le immagini di Dio Una concezione più equilibrata
della scienza e della tecnologia medica è quella che accetta la sua opera
esortandola a trattare i processi biologici solo con grande attenzione ed umiltà.
Esistono più cose che non sappiamo che quelle sulle quali pensiamo di
esercitare un controllo. Dobbiamo imitare Dio, ma sempre con intelligenza e
compassione.
Qual è, come cristiani, la nostra responsabilità sociale?
Dio crea e regola la comunità
umana, la società nel suo insieme, e dà a ciascun suo componente delle precise
responsabilità sociale. Noi crediamo sia dovere del magistrato civile fare uso
dell’autorità che Dio gli ha conferito per cercare di proteggere ogni vita
umana – inclusa la vita delle creature umane non ancora venute alla luce.
Uso qui la frase “cercare di proteggere” perché non penso che le autorità
civili debbano essere ritenute responsabili per tutti gli attentati alla vita
umana di cui potrebbero non essere a conoscenza. Responsabili sono pure i medici
e il personale sanitario, quando mettono a servizio della morte la competenza
acquisita per promuovere la vita. La responsabilità è anche dei legislatori
che hanno promosso e approvato leggi che attentano all’integrità umana sulla
base di principi utilitaristici e degli amministratori delle strutture sanitarie
utilizzate per sopprimere la vita umana, nella misura in cui la cosa dipende da
loro.
Umiltà. In ultima analisi il professionista della
salute deve avere un atteggiamento umile. Questo è il senso religioso della
dipendenza da Dio, in cui riconosciamo che non apparteniamo a noi stessi, ma
apparteniamo a Dio per essere usati secondo i Suoi propositi. L’umiltà non è
fatalismo, non nega la corruzione di questo mondo e le sue contraddizioni, non
identifica qualsiasi incidente automaticamente con le intenzioni di Dio, non
spegne la passione. Ci chiama piuttosto a condividere la passione di Cristo.
Dispone le persone a sopportare la frattura, la tristezza, la tragedia del
nostro mondo in speranza, fede, ed amore. La tecnologia di per sé stessa non
eliminerà mai sofferenza e tragedia, né creerà speranza. La qualità delle
vite umane proviene dal riconoscimento del posto che occupiamo nel mondo di Dio,
dalla nostra disponibilità ad imparare da Lui, dalla nostra capacità a
crescere in sapienza ed in comprensione. Solo in questo modo i valori umani e la
società umana potrà essere arricchita.
Conclusione
Ecco così che, senza pretendere di esaurire il discorso
sulla bioetica dal punto di vista cristiano, che implicherebbe molto di più (ci
sarebbero, infatti, molte altre questioni da trattare), ho voluto introdurvi a
queste problematiche e incoraggiarvi così ad approfondirle.
Ho delineato lo scenario contemporaneo che sta davanti ai
nostri occhi e che riguarda o riguarderà ciascuno di noi; ho messo in rilievo
la rilevanza, l’importanza, che questi argomenti hanno per noi cristiani; ho
parlato della concezione cristiana della realtà, di che cos’è per noi la
vita e la vita dell’essere umano in particolare, della dignità umana e dei
suoi fondamenti biblici, come pure della necessità di promuoverla e difenderla
ad ogni livello; ho infine accennato alle applicazioni di questi principi per
quanto riguarda le scelte della nostra vita e della nostra testimonianza a
livello sociale.
In ogni caso sarebbe segno di irresponsabilità e di
superficialità ignorare tutte queste questioni o affidarci semplicemente a
degli “specialisti”, perché abbiamo visto come di fatto ogni specialista
non operi nel vuoto, ma sulla base di presupposti che spesso sono contrapposti
ai principi che caratterizzano la nostra fede e che riteniamo, perché
d’origine divina, gli unici che possano meglio proteggere la vita umana,
speciale agli occhi di Dio, e la vita stessa, sulla quale Dio solo è sovrano.
Certo Iddio ci ha fatto a Sua immagine e somiglianza, e proprio perché siamo
così possiamo esercitare quella creatività che ci accosta a Dio stesso.
Sappiamo però che anche la nostra intelligenza e creatività è stata corrotta
dal peccato. Come potremo allora promuovere le possibilità umane come dono di
Dio e dall’altro canto difenderci contro gli abusi che è possibile perpetrare
usando queste capacità non in armonia con la volontà di Dio? E’ una domanda
che intendo lasciare aperta.
Paolo Castellina,
sabato 19 maggio 2001
Il
termine “bioetica” è molto recente. Usato da V. R. Potter
nel 1971, questi definisce la bioetica come “la scienza della
sopravvivenza”, concentrandosi sull’uso delle scienze biologiche per
migliorare la qualità della vita, da cui i termini “
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