SE C'E' QUALCOSA CHE PROPRIO NON SOPPORTO E'

L'INTOLLERANZA

La maggior parte della gente oggi considera la tolleranza come una virtù. Viva e lascia vivere...

Eppure, come qualunque virtù, la tolleranza può diventare un vizio, quando viene esagerata. La tolleranza è una buona servitrice, ma una cattiva padrona. Portata all'eccesso, la tolleranza diventa arbitrio. Questo può essere bene sintetizzato nel popolare slogan moderno: "Non importa ciò in cui credi, basta che tu sia sincero".

Il risultato è la dottrina postmoderna del relativismo: l'idea errata che ogni credenza personale che si abbia vada bene, che sia, in qualche modo, ugualmente valida. Non c'è spazio per affermazioni come: "la verità di Dio è...", non vi sono assoluti, solo la mia prospettiva e la tua prospettiva (l'ironia è che quest'idea centrale del relativismo è in sé stessa un'affermazione assoluta).

Il relativismo è esistito fin dal tempo di Adamo ed Eva, ma vi è un senso in cui è oggi che esso sta diventando più serio e prevalente quasi dovunque. I tribunali sono sempre meno sicuri su ciò che è giusto e sbagliato. Si parla di perdonare gli assassini sulla base di "invidia del genere" o di possedere il gene della violenza. Si sta ridefinendo il linguaggio stesso: la colpevolezza è "un'auto-stima negativa", la corruzione è "una sfida della moralità al comportamento", e coloro che rubano nei supermercati sono "compratori non tradizionali"!

Anche il cinema sta cambiando. Una volta i buoni vestivano di bianco ed i cattivi di nero. Oggi non si sa più molto bene chi siano i cattivi: i tutori dell'ordine o i criminali, o da quale parte ci si aspetta che noi, gli spettatori, si debba stare.

Nella sfera privata, il relativismo trova espressione nell'affermazione che spesso si ode che il mio stile di vita sia vero sull'unica base che "va bene per me", indipendentemente da criteri oggettivi.

Dal punto di visto del Cristianesimo, questo appoggio prevalente del relativismo, che pare così gentile ed attraente a molti, "fa acqua" da tutte le parti.

Quando viene portato alle sue logiche conclusioni, il relativismo diventa oltraggioso. Per esempio, gli assassini di bambini innocenti in Ruanda e i Bosnia in questo decennio è stato creduto sinceramente utile e giustificato: questi omicidi "erano giusti" per chi li commetteva. Significa però forse che le loro persuasioni si sarebbero dovute tollerare e lasciare libere?

Oppure, se un uomo abbandona moglie e figli, rifiutandosi di pagare loro gli alimenti e privandoli di qualsiasi appoggio, questo potrebbe "essere giusto per lui" perché è innamorato della sua segretaria. Questo, però, lo renderebbe accettabile? Forse che il relativismo, a questo punto, è poi così ancora "gentile"?

Il relativismo comporta non solo un equivocato senso di conquista della tolleranza, ma pure una reale perdita di valori come l'amore, il coraggio, e l'impegno.

Douglas Coupland, l'inventore dell'espressione "Generazione X" discute di questo nel suo libro Vita dopo Dio, in cui tristemente ne conclude che "il prezzo da pagare (nella perdita della fede in Dio) è la nostra incapacità di credere pienamente nell'amore". Il relativismo non è veramente l'ideologia con la quale uno vorrebbe convivere.

In termini biblici, la pecca più grossa del relativismo è la sua incapacità a prendere seriamente in considerazione la realtà assoluta di Dio, nella persona di Gesù Cristo. E' a questo punto che la fede cristiana trova il suo punto forte: Gesù è l'unico criterio sicuro di ogni cosa.

Al cuore stesso della concezione biblica del mondo vi è l'unicità di questo straordinario Dio-Uomo, e la sfida che pone a ciascuno di noi. La Bibbia insegna che Gesù è unico nella Sua identità di Figlio di Dio - un'affermazione ardita, ma bene comprovata dai fatti. Egli rappresenta una ruga nel tempo unica nel suo genere, un'enigma, una sfida, Colui che uno non può fare a meno di venirne alle prese.

Le implicazioni delle affermazioni della fede cristiana sono enormi. Se "Gesù uguale Dio" è la verità un una persona, significa che esiste una concezione del mondo universalmente valida, cioè il cristianesimo. Significa che non tutte le credenze sono ugualmente vere. Significa che Dio non parla attraverso ogni ideologia e religione, ma solo attraverso il Suo Figlio, Gesù Cristo. Significa che noi possiamo - anzi, dobbiamo - scegliere di vincolarci ad assoluti contro ogni relativismo.

La verità sulla tolleranza è che, alla fine della giornata, noi non solo dobbiamo rendere conto a noi stessi, ma anche a Dio.


GESU' DISSE:

"Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me".


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