QUESTA SI CHE E' VITA!
(1 Giovanni 1:1-4)
Introduzione
Mentre chi ne ha i mezzi cerca di fare "la bella vita", mentre altri sperimentano quella che in francese si chiama "la joie de vivre", ma con mezzi discutibili e con dubbi risultati, altri, considerando la propria esistenza di tutti i giorni, tristemente e con rabbia dicono: "Questa non è vita".
"Questa è forse vita?" si chiede l'anziano immobilizzato fisicamente in un ospedale, i cui sensi deteriorati gli impediscono un rapporto significativo con l'ambiente circostante, mentre la sua mente, ancora giovane, lo vedrebbe ancora pieno di voglia di fare.
"Questa è forse vita?", si chiede l'operaia che deve passare gran parte della sua esistenza a svolgere un lavoro ripetitivo, frustrante, faticoso, e per giunta mal pagato con la preoccupazione della famiglia e degli affitti sempre più cari.
"Questa è forse vita?" si chiede il drogato, imprigionato nella dipendenza ineluttabile a sostanze che lo costringono ad una vita d'inferno e senza prospettive, dopo aver cercato in esse qualche conforto da un'esistenza già prima priva di senso.
Queste sono solo tre delle innumerevoli situazioni in cui può trovarsi un essere umano, situazioni in cui vivere pare non avere più alcun senso, essere solo una tragica crudeltà.
Intorno a noi è ben manifesto, infatti, ciò che è miseria e morte e ne abbiamo continue evidenze nella cronaca di tutti i giorni. Quante persone desiderano solo morire perchè la loro esistenza non offre più nulla che valga la pena d'essere vissuto!
Questa è manifestazione di morte, ...ma la vita, quella vera, che cos'è, come si manifesta, chi ne ha fatto esperienza?
1. La vita è stata manifestata
Se quello a cui solo abbiamo accennato è la nota dominante dell'esistere quotidiano in questo mondo, troviamo nel nostro testo un'affermazione a dir poco sconcertante: "la vita è stata manifestata e noi l'abbiamo vista e ne rendiamo testimonianza" (v. 2). Si, l'evangelista Giovanni dice: "Nel quadro consueto della morte io ho sperimentato cosa veramente significa vita!".
Quando udiamo con invidia della "bella vita" di qualche riccone, e diciamo "beato lui!", come chi ha vinto recentemente i milioni del lotto svizzero, sappiamo bene che, se scaviamo a fondo nella sua esistenza, ci inganniamo spensando che quella persona sia veramente felice e realizzata o che questo possa realizzare in permanenza: in realtà non è veramente felice. Egli sa benissimo che anche le sue ricchezze sono effimere e che causano solo altri problemi, come quello sceicco arabo che recentemente ha volontariamente sperperato milioni di dollari al casinò, perchè preferiva sperperarli piuttosto che lasciarli a ...Saddam Hussein.
Qui però c'è qualcuno che ha udito, che ha visto, che ha contemplato, che ha "toccato con mano" la vera vita, che ha sperimentato che cosa voglia dire una vita che valga veramente la pena di viverla.
"Io ho conosciuto qualcuno", pare dire Giovanni, che, in carne ed ossa, è l'espressione ultima di ciò che significhi vera vita, anzi, Uno che è l'espressione stessa, dell'energia vitale, della fonte della vita, della Parola della vita. Ne sono testimone e ve lo voglio comunicare affinchè anche voi ne siate partecipi: è la straordinaria persona di Gesù Cristo, il nostro personale Signore e Salvatore l'ho visto, l'ho udito, ho toccato con mano la verità di ciò che Egli dice di essere.
a. Vi parlo di "Quel che era dal principio" (1a).
"Noi siamo stati partecipi di ciò che abbiamo compreso non essere altro che la potente Parola, il pensiero creatore, la presenza efficace di Dio, artefice dell'intero creato.
Il segreto dell'universo stava senza veli davanti ai suoi occhi, la veritâ intima delle cose, la verità che sottosta all'apparenza; egli tocca la sorgente di ogni vita, il principio che domina la creazione dal granello di sabbia sotto i nostri piedi alla stella più lontana, dall'angelo più meraviglioso al verme che striscia. Quella che ora in Cristo è sorgente di ogni vita spirituale, di ogni vita più vera e significativa, è la stessa che è stata sorgente di vita naturale a tutte le creature, come dice il prologo dell'Evangelo: "... Egli (la Parola), era nel principio con Dio, tutte le cose sono state fatte per mezzo di Lui (la Parola)... in Lui era la vita, e la vita era la luce degli uomini... e la Parola si è fatta carne ed ha abitato con noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, come gloria dell'unigenito proceduto dal Padre, piena di grazia e di verità" (Gv. 1:3,4,14).
b. Vi parlo, dice, di quella potenza creatrice e risanante che è Cristo Gesù, l'abbiamo vista all'opera, nel mondo e soprattutto in noi stessi, ne abbiamo fatto esperienza diretta, ne siamo testimoni. Perchè "Dio ha unto di Spirito Santo e di potenza Gesù di Nazaret, il quale andò attorno facendo del bene e sanando tutti coloro che erano oppressi dal diavolo, perchè Dio era con lui, e noi ne siamo testimoni..." (Atti 10:38). Vi parlo di Colui che andava, con grande compassione, verso tutti coloro che avevano fame e sete, per soddisfarli, da coloro che erano forestieri ed emarginati, per accoglierli, da coloro che erano senza vesti e senza tetto, per dare loro riparo, da coloro che erano infermi, per sanarli, da coloro che erano in prigione, per visitarli o liberarli.
Gesù che disse: "Lo Spirito del Signore è su di me, perchè mi ha unto per evangelizzare i poveri; mi ha mandato per guarire quelli che hanno il cuore rotto, per proclamare la liberazione ai prigionieri, e il recupero della vista ai ciechi, per rimettere in libertà gli oppressi" (Lc. 4:18). Quello stesso Gesù che disse ancora: "Venite a me voi tutti, che siete travagliati ed aggravati, ed io vi darò riposo" (Mt. 11:28).
c. Voglio condividerlo con voi. Giovanni dice: Gesù ha beneficato me, e io vorrei che anche voi poteste conoscere questo Gesù. Noi "ve lo annunziamo" (3b). Si, ve lo vogliamo dire: una vita che abbia senso, è possibile, non è solo una chimera. Questa vita esiste: non siamo stati abbandonati nel più cupo pessimismo. Una vita di tal fatta, la vita alla quale giustamente aspirate è stata in mezzo a noi.
2. Una vita che desidera essere condivisa
a. Una notizia di prima mano. "Noi ve lo annunziamo", dice Giovanni. "Io non posso fare a meno di annunziarvelo...".
Molti di noi sono "giornalisti" (o pettegoli) per natura, e quando accade qualcosa che "fa notizia" non possiamo fare a meno di raccontarlo a destra ed a manca.... e la notizia fa molta più presa emotiva se è qualcosa che noi stessi abbiamo vissuto, della quale noi stessi siamo testimoni. Lo dimostrano il successo delle trasmissioni televisive dal vivo, dove vengono fatti parlare i protagonisti stessi di un fatto, oppure la tecnica pubblicitaria detta il "testimonial", dove è un consumatore stesso, meglio se famoso, che dice che il tal prodotto lava davvero più bianco, è più buono o pulisce meglio i denti...
Così è della fede cristiana: raccontare qualcosa che è successo ad altri, è cosa fredda e di poco valore, ma raccontare di ciò che noi stessi abbiamo vissuto è qualcosa di caldo che perviene al cuore di chi ascolta. Una semplice descrizione della fede e delle benedizioni che comporta lascia il tempo che trova, ma quando un credente sincero racconta della propria esperienza della fedeltà del Signore, lo troviamo affascinante.
Noi preferiamo udire le esperienze di un viaggio da quello stesso che ha fatto il viaggio, come bella è quella trasmissione televisiva che mostra quell'inglese che ha rifatto il percorso del famoso "Giro del mondo in 80 giorni" e che ci racconta le sue esperienze, ed è bello seguirlo, perchè pare d'essere anche noi con lui.
In un tribunale non ci si accontenta del sentito dire: Il giudice dice: "Non ci racconto che cosa ha visto il suo vicino, ma ciò che ha visto lei personalmente".
Se noi diamo personale evidenza del potere della grazia questo avrà una forza di convincimento straordinaria sulle coscienze. Questo ha molto da dire a chi deve predicare, insegnare, o semplicemente spiegare a qualcuno il contenuto della fede cristiana. Se non è nostra esperienza vissuta, non avrà effetto alcuno ....e può veramente essere una esperienza straordinaria!
b. Un'esperienza ripetibile. Se pure il testimone parla di un'esperienza che ha fatto lui, si tratta di qualcosa della quale non solo dobbiamo essere informati, ma qualcosa che può diventare per noi pure esperienza diretta. L'evangelista dice: "...ve lo annunziamo, affinchè anche voi abbiate comunione con noi" in quanto stesso noi abbiamo vissuto. Si, dice l'evangelista Giovanni: "Noi vogliamo che in questa esperienza sia anche la vostra".
Certo, a Giovanni e agli altri discepoli era stato dato di potere godere dell'esperienza "fisica" di Gesù. Ma, se pure è vero che Cristo non è presente fisicamente, Egli continua ad esserci disponibile spiritualmente, come una realtà che possiamo incontrare tramite la meditazione della Parola di Dio, tramite la preghiera, tramite un cosciente ricevere in noi di quel Gesù che, lasciando questo mondo, pur aveva promesso: "Io sono con voi in ogni tempo, fino alla fine dell'età presente" (Mt. 28:20).
Giovanni dice: Non vogliamo tenerci questo solo tutto per noi: si tratta veramente di una buona notizia della quale voi potete essere appieno partecipi per illuminare la vostra vita, per renderla significativa ed eterna. Tutti devono avere l'opportunità di ricevere quello che solo Cristo può dare. Forse è presunzione da parte di Giovanni? No. Qualcuno ha scritto che evangelizzare è come un uomo povero ed affamato che dice ad altri pezzenti come lui dove sia possibile trovare cibo in abbondanza per tutti.
c. Un'espressione di comunione. Ma quel "affinchè voi abbiate comunione con noi". è pure una lezione nel condividere. La chiesa primitiva metteva tutto in comune, ogni bene materiale e spirituale, affinchè nessuno rimanesse nel bisogno, e come potremmo mai onestamente e a cuor leggero godere di qualche bene pur sapendo che altri ne sono privi? La vera chiesa del Signore Gesù è una comunità che condivide, una vera comunione, e persino una comunione universale che travalica il tempo, che ci rende un tutt'uno con lo stesso Giovanni e con tutti gli autentici credenti che vi sono stati fin qui nel corso della storia.
Condividere infatti le ricchezze che vi sono in Cristo è il vincolo più stretto che possa unirci e questo è difficilmente comprensibile per chi non ho ha mai sperimentato. I credenti infatti si sentono vicini l'uno all'altro in un modo che il chiamarsi "fratello" e "sorella" può essere solo un'approssimazione linguistica di comodo.
Qualcuno ha persino giustamente affermato che l'unità della chiesa, il cosiddetto ecumenismo, non lo dobbiamo cercare. Nonostante le differenze storiche la chiesa degli autentici discepoli di Gesù è già unita: bisogna solo darle espressione. Non importa a quale denominazione cristiana si appartenga, chi ha fatto la stessa esperienza che ha fatto l'evangelista Giovanni, chi veramente ha Cristo come Signore e Salvatore della sua vita, chi assume la Bibbia come unica regola di fede e di condotta, si sente strettamente in comunione, anche se prima non conosceva quel dato credente. E' qualcosa di spontaneo che percepisci subito.
d. E' comunicazione di vera gioia. "Vi scriviamo queste cose affinchè la vostra gioia sia completa" (v.4). Si, ricevere la testimonianza di Giovanni e farla nostra significa, lui dice, trovare vera gioia.
La qualità della vita che in Cristo si riceve per grazia di Dio, infatti, non solo la rende utile, significativa ed eterna, ma anche gioiosa. "Ve lo diciamo per darvi gioia, gioia autentica" dice Giovanni, la gioia che si ha quando si può essere vicini, in comunione con la persona più importante e benefica che esista "...e la nostra comunione è col Padre, e con il Figlio".
Già è fonte di grande gioia essere in comunione ed in armonia l'uno con l'altro, ma la vera gioia prende le mosse dal fatto che Gesù ristabilisce la nostra comunione perduta con Dio, il nostro Creatore, fonte di ogni bene più autentico.
Come si sperimenta una grande gioia nel riconciliarci con la persona con cui eravamo in lite, nel dimenticare i torti subiti, nel tornare a parlarci con fiducia, nel stringerci la mano con un sincero sorriso e con le lacrime agli occhi, così avviene quando Gesù Cristo ci riconcilia con Dio.
Nasciamo e viviamo estranei a Dio, a lui siamo avversi e desideriamo fare solo ciò che ci aggrada, non quello che legittimamente Egli ci comanda. Dio per molti è un fastidio, come pure lo è la Sua santa Parola. Siamo in lite con Dio, il nostro peccato ci separa da Lui. Quando però nella nostra vita interviene Cristo, egli opera come Mediatore fra noi e Dio, Egli paga il prezzo del nostro peccato, e torniamo ad essere accettevoli a Dio, non avendo una giustizia nostra, ma "vestendo" quella che Cristo, per amore, ci ha dato. Ora, in una comunione ristabilita con Dio, le porte sono aperte per ogni benedizione che Dio possa darci. "In Cristo siete stati benedetti di ogni benedizione spirituale nei cieli" dice la lettera agli Efesini, e come non divenire per questo pieni di gioia? Una gioia profonda che dà sapore a tutta la nostra vita!
E' stato scritto: "Dio offre di riempire le nostre case ed i nostri cuori con gioia e con la felicità se solo glielo lasciamo fare. Noi non possiamo creare dei canarini, ma acquistarli e predisporre delle gabbie da mettere in casa e riempirla così della loro musica. Allo stesso modo non possiamo produrre da noi stessi i doni celesti che Gesù offre, ma saranno nostri se daremo loro spazio. I "canarini" della pace, della contentezza, della gioia e della lode verso Dio arriveranno presso di noi veloci in volo, se solo invitiamo Gesù Cristo ed apriamo le finestre della nostra anima per la sua venuta" (T.C.Cuyler).
Conclusione
L'evangelista Giovanni allora, punta il dito verso il Signore Gesù, e dice: "Ecco la vita!" La vita è stata manifestata ed è stata toccata con mano. Se ci si domanda spesso: "Ne vale veramente la pena vivere?" la risposta dipende molto dal tipo di vita che intendi vivere. Se intendi una vita spesa egoisticamente per compiacere solo a te stesso, la risposta è decisamente: No, non ne vale la pena di vivere. O una vita di mondanità e di lusso? No, non ne vale la pena. Una vita di avarizia e di avidità? No, perchè questo modo di vivere ti lascia solo delusioni e il suo esito finale è terribile da contemplare. Se pensiamo alla vita solo come un tempo per ammassare denaro, se pensiamo alla vita solo come un tempo per acquisire stima e fama, oppure per cercare piaceri, non vedremo la vera vita.
La vita però è stata manifestata, l'unica vita che valga la pena vivere, e questa la si trova nel Signore Gesù Cristo.
Si tratta di una vita nuova che potrà scoprire anche chi è oppresso dalla malattia o angustiato dalla vecchiaia, perchè anche in quella condizione troverà in Cristo, senso, prospettiva e serenità.
Si tratta di una vita che può manifestarsi anche in situazioni di sofferenza sociale, perchè Cristo crea comunione, Cristo crea cuori che sanno essere sensibili agli altri, solidali, pieni d'amore: questa è la Sua vita in noi!
Quella di Cristo era sostanzialmente una vita orientata verso Dio, verso il compiere la volontà di Dio, una vita orientata a beneficare gli altri. L'apostolo dice: questa vita l'abbiamo gustata, e possiamo testimoniare che essa è la vita più dolce, che è la vita che più vale la pena di vivere, e desideriamo che in essa voi abbiate comunione con noi. Volete voi accogliere il dono di Dio in Gesù Cristo al quale l'apostolo Giovanni testimonia?
(fine)
Istruzioni per la vita eterna
Introduzione
Nella serie di nostre predicazioni basate sulla 1 lettera dell'apostolo Giovanni, la seconda la potremmo intitolare: "Istruzioni per la vita eterna".
Nella prima nostra riflessione avevamo visto l'anziano evangelista Giovanni come se puntasse il dito verso Gesù Cristo e dicesse: Ecco la vita, ecco colui che può darvi vita significativa ed eterna, noi ne abbiamo fatto esperienza concreta, e vogliamo comunicare anche a voi quella che pure può essere la vostra esperienza.
Il fatto però che la vita può essere trovata in Cristo Gesù soltanto non è però un'esperienza soggettiva di Giovanni, come se lui dicesse: "Beh, io ho trovato vera vita in Gesù, ma voi potreste trovarla anche altrove, magari in Maometto o in Buddah". No, Giovanni è molto preciso e categorico e non ammette compromessi di sorta: solo Cristo. Che vi piaccia o meno, che sia da voi giudicato esagerato non importa, io vi annunzio Gesù Cristo come il solo che vi possa dare vita eterna. Non troverete i doni di Cristo altrove, non vi illudete. Provate per credere!". E' il messaggio stesso della Riforma protestante: solo Cristo, e chi oggi dice altrimenti ha tradito il punto fondamentale di tutto il cristianesimo riformato.
Giovanni, nella sua lettera, specifica ulteriormente il suo messaggio, che pure è messaggio di Dio per noi, e che dice:
"Se accettiamo la testimonianza degli uomini, maggiore è la testimonianza di Dio; e la testimonianza di Dio è quella che egli ha resa circa il suo Figliolo.
Chi crede nel Figliol di Dio ha quella testimonianza in sè; chi non crede a Dio, l'ha fatto bugiardo, perchè non ha creduto alla testimonianza che Dio ha resa circa il proprio Figliolo.
E la testimonianza è questa: Iddio ci ha dato la vita eterna, e questa vita è nel suo Figliolo. Chi ha il Figliolo ha la vita; chi non ha il Figliolo di Dio, non ha la vita.
Io vi ho scritto queste cose affinchè sappiate che avete la vita eterna, voi che credete nel nome del Figliolo di Dio" (1 Gv. 5:9-13).
1. Una precisa testimonianza di Dio
La prima cosa da osservare in questo testo è appunto quella che potremmo definire la chiarezza dogmatica delle sue affermazioni.
Dio ha parlato in modo chiaro e preciso ed ha testimoniato che Gesù Cristo è il Suo unico Figliolo, il solo strumento al mondo in grado di impartire salvezza, una vita dal valore eterno.
"La matematica non è un'opinione" dice il proverbio. Non si può dire "Io penso che due più due faccia cinque". Non si può dire: "...beh, io, personalmente credo che due più due faccia quattro, però sarebbe arrogante dire che solo io ho ragione. Se uno pensa che due più due faccia cinque, se un altro dice che due più due fanno sei, benissimo, c'è libertà di pensiero!". La matematica però, non è un'opinione: che due più due facciano quattro è un assioma, un dato preciso e indiscutibile. E' vero che c'è chi mette in questione anche questo, ma evidentemente si sposta su un altro sistema di interpretazione più complessa della realtà.
La fede cristiana ortodossa afferma allo stesso modo che la religione pure non è questione di opinioni o di gusti, o di scelte. La verità è una sola, ben precisa e indiscutibile, che ci piaccia o meno ascoltare questo.
Se è vero che gli uomini cercano Dio come a tastoni ed essi hanno elaborato diverse e contrastanti teorie su chi Lui sia e su quale sia la Sua volontà,
la fede cristiana ortodossa afferma che Dio ha posto termine ad ogni discussione e ad ogni incertezza. Egli ha difatti rivelato in modo chiaro ed indiscutibile la verità su sè stesso, su di noi, sulle cose che ci circondano e sulla Sua precisa volontà. Tutto questo è contenuto in modo chiaro ed infallibile nella Bibbia. Si, me ne rendo conto, dire questo non è forse di moda oggi, e discorsi così vengono facilmente considerati con sufficenza da chi si ritiene saggio ed illuminato, magari anche "con le idee aperte"... ma è necessario avere il coraggio su queste cose anche di essere dogmatici, non importa quello che altri possano dire. Noi dobbiamo affermare chiaramente, costi quello che costi il dato chiaro, preciso, inequivocabile ed indiscutibile della rivelazione biblica e contraddire i professionisti del dubbio e del relativismo, cavillatori e sofisti.
Dobbiamo essere chiari se vogliamo essere fedeli alla nostra professione di fede e non fare di Dio un bugiardo.
Dio ha costituito il Suo Figliolo Gesù Cristo come l'unica persona tramite la quale è possibile trovare salvezza, trovare vita eterna: Lui e nessun altro.
2. La vita eterna, che cos'è?
In secondo luogo una domanda è d'obbligo: che cosa intende Iddio quando dice che solo nel Suo Figliolo Gesù Cristo possiamo trovare vita eterna.
Nella Bibbia il termine "vita eterna" non si riferisce tanto alla lunghezza che questa vita avrebbe. Le obiezioni quindi di chi dice che non desidera affatto una vita che non finisse mai, perchè sarebbe solo una tortura... non hanno senso.
Vita eterna è innanzitutto una vita di qualità.
L'animale vive una vita d'animale e, nel contesto delle migliori condizioni di vita in cui esso può esplicitare quelle che sono le funzioni sue proprie, esso è realizzato, felice e non gli passa nemmeno per la mente di aspirare a cose maggiori di queste.
La pianta vive una vita da pianta ed è felice se può realizzare tutte le funzioni che le sono proprie, ...e l'uomo deve poter vivere una vita "umana", deve potere realizzare pienamente il suo essere uomo.
Che cos'è però una vita "umana" pienamente realizzata come tale? Per capirlo bisogna specificare che cosa sia umano e la Bibbia designa l'uomo come una creatura fatta ad immagine e somiglianza di Dio. Solo quando essa realizza questo dato che le è proprio, solo quando è in cosciente ed attiva comunione ed armonia con Dio, suo fondamento, l'uomo potrà essere veramente realizzato.
Vita eterna è dunque la condizione esistenziale in cui la stessa vita di Dio, alla cui immagine e somiglianza eravamo stati creati, pulsa attraverso ogni nostra facoltà, portandoci in affinità di amore, di propositi e di aspirazioni con l'Eterno stesso, con Dio. E se una vita è vissuta in modo pienamente soddisfacente ed impegnato, non ci poniamo più questioni di "lunghezza". Non è forse vero che il tempo non conta più, il tempo passa più in fretta, se facciamo le cose che più ci aggradano?
3. Le modalità per ricevere vita eterna
In terzo luogo il nostro testo ci specifica come e dove sia possibile ottenere la vita eterna. E' chiaro dalla Parola di Dio che vita eterna è qualcosa che otteniamo in questo mondo, e non nell'aldilà. Non si va in Paradiso per ottenerla, ma si va in paradiso perchè la si è ottenuta in questa vita. Capire questo è importante, perchè se è vero come è vero che è così, allora sarebbe folle ogni nostra negligenza, ogni nostra dilazione: la vita eterna la cercheremmo oggi come il bene più prezioso in assoluto. Altro che giocare ogni settimana nella speranza di vincere al lotto! Questo vale di più di tutti i milioni che potremmo mai guadagnare.
a. Un dono. La prima cosa che dal nostro testo risulta è che si tratta di un dono, un dono che Dio ci vuol fare.
Non è qualcosa che potremmo mai perseguire con i nostri sforzi o i nostri meriti. Se dovessimo meritare la vita eterna, oppure conquistarcela, essa veramente sarebbe una chimera irraggiungibile.
L'essere umano, come la Bibbia ci rivela, è una creatura decaduta, completamente priva delle forze necessarie per risalire alla condizione primigenia in cui era stata creata.
E non è nemmeno questione di ricevere una spinta o un piccolo o grande aiuto che sia che integri i nostri sforzi o i nostri meriti.
Ricordate la spada fiammeggiante posta in mano all'arcangelo che serviva per impedire l'accesso all'albero della vita ad Adamo ed Eva?
Quella umana, non è tanto una "debolezza", un "handicap", un'"incapacità". L'accesso all'albero della vita è espressamente proibito dall'inappellabile giudizio di Dio e anche se ne avesse le forze, all'albero della vita l'uomo non potrebbe neppure avvicinarsi. L'essere umano è corrotto, inadatto a presentarsi "come se niente fosse" davanti al cospetto di Dio.
E' Dio che, nella sua misericordia, decide di far accostare alla vita uomini e donne tramite precise precondizioni.
b. Qualcosa di localizzato. Ed ecco così specificata la precondizione. Se è vero come è vero che l'accesso all'albero della vita ci è precluso, Dio ha deciso di porre la vita di cui l'uomo ha bisogno in un luogo preciso, e in quella collocazione trasportarla alla disponibilità dell'uomo.
L'albero della vita non ciè più accessibile, ma la vita eterna è stata caricata su un "trasportatore", ed Egli dal giardino dell'Eden l'ha portata in questo mondo. Ora, in questo mondo, è Lui che la custodisce. Se vogliamo avere vita eterna, dobbiamo cercare questo "recipiente", questo "portatore" e fare si che Egli ce la dispensi. Questo portatore di vita eterna, nel quale essa è collocata è il Signore Gesù Cristo.
c. Qualcosa di personificato. Notate poi come la vita eterna sia personificata: non basta dire che Gesù Cristo porta la vita eterna. Egli è vita eterna.
Se fosse solo un "portatore", Gesù potrebbe essere solo un uomo santo e saggio, solo un profeta, un maestro, un amministratore di beni celesti, un angelo, un filosofo, un profeta, un leader religioso, un amministratore incaricato di beni che non sono suoi. Nulla di male in questo, certo, ma la Bibbia dice di più.
Gesù non è solo un portatore, Gesù è la sorgente di vita in persona. Gesù non è altri che "Dio con noi". Egli è vita in sè stesso, Gesù è fonte della vita stessa. Gesù è l'espressione della misericordia di Dio stesso, il quale scende fra di noi per donarci ciò che noi non avremmo forza o possibilità di raggiungere, nè meriteremmo.
E questo è significativo anche da un altro punto di vista: per poter avere vita eterna, è necessario stabilire un rapporto vivo e personale con lui.
Egli ci viene a cercare, è vero, ma per avere un rapporto di intima comunione con lui, per amarlo, per ascoltarlo, per ubbidirgli sempre, per seguirlo dovunque vorrà andare.
d. Qualcosa che dobbiamo possedere. Interessante un ulteriore accento che il nostro testo pone. Gesù Cristo lo dobbiamo "avere". Non basta infatti, essere alla ricerca della vita eterna, non basta avvicinarci incuriositi, non basta averci parlato una volta insieme. Nulla garantisce che il dono della vita ci sia dato salvo che quando Gesù debba essere un possedimento costante della vita.
Lui deve essere in me, lui deve accompagnarsi a me ogni tempo, lui deve vivere tramite me, cioè io debbo esserGli continuamente disponibile. "Non più io, ma Cristo", dice Paolo."
Io debbo avere Cristo, e questo non significa essere formalmente battezzati o confermati, nè che il nostro nome sia scritto su qualche registro di chiesa.
Questo non conterà alla prova del giudizio di Dio. Allora io dovrò "essere trovato in Cristo, non con una giustizia mia", dovrò essere trovato come uno che è stato consapevolmente discepolo di Cristo, in ogni fede ed obbedienza. Io devo "possedere" Cristo, come posso dire mia la persona che si ama, come io debbo "appartenere", in modo fedele ed indiviso, alla persona che mi ama.
e. Un dato certo. Allora non ci saranno più dubbi. "Vi ho scritto perchè voi sappiate di avere la vita eterna, voi che credete nel nome del Figliolo di Dio". Se siamo in questa prospettiva non potremo più dire "speriamo che sarò salvato", "spero di avere un giorno vita eterna".
Non ci sono più "magari" e "forse", per chi si è posto nella certezza delle promesse di Dio. "Se voi ricevete Gesù Cristo, nel quale ho posto vita eterna, se voi aderite con tutto voi stessi a lui, lasciandovi coinvolgere esistenzialmente da Lui, ebbene, voi potete essere certi di avere vita eterna, come un dato dogmatico, categorico ed assoluto. Non perchè questo sia risultato dei vostri meriti, ma perchè l'ho detto io. Così ho stabilito, così ho sancito, così ho decretato".
Chi dubita della certezza delle promesse di Dio, è come se dichiarasse che Dio è bugiardo. Osereste tanto? Anche se i miei sentimenti mi suggerissero il contrario, io debbo negare quello che essi mi dicono, e affermare con forza la veracità delle precise affermazioni di Dio. E' una questione di principio.
4. Il ruolo della fede
Voi che credete... dice il testo, voi che avete investito tutta la vostra esistenza in Cristo Gesù, siatene certi: voi avete la vita eterna, non dubitatene punto.
Se voi però, in negativo, siete fuori da Cristo, fuori dalla fede e dall'obbedienza diligente a Lui, se voi non prendete seriamente queste precise dichiarazioni che Dio ha fatto, non illudetevi in alcun modo. Voi siete privi di vita. Voi non avete quella vita significativa ed eterna che deve essere propria di ogni essere umano. Voi sarete sempre insoddisfatti, ed oltre questa vita, nel mondo dell'evidenza e non più della fede, vi ritroverete solo, come si dice, "con un pugno di mosche".
Oggi, se udite questo messaggio, sia ben chiaro a tutti voi che esso corrisponde alla precisa volontà di Dio, che Egli vi mette davanti con chiarezza una volta per tutte.
Oggi una possibilità vi è offerta, sfumata questa, la vita vi sarà possata accanto come un treno che si perde, ma non ce ne sarà più un'altro più tardi che sia possibile per noi il prendere.
Oggi vi è stato rivolto questo annuncio, rifiutando il quale non potrete più accampare alcuna scusa: in Cristo c'è vita eterna e solo in Lui. Volete voi riceverla?
Chiamati a vivere
in giustizia e santità(1 Gv. 1:8-2:2)
Introduzione
Uno dei motivi per cui l'apostolo Giovanni scrive la sua prima lettera, lettera che stiamo considerando attraverso varie prediche in questi ultimi tempi, è, secondo le sue stesse parole "affinché non pecchiate", per promuovere cioè santità di vita.
Ascoltiamo un brano di questa lettera:
"Se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità. Se diciamo di non aver peccato, lo facciamo bugiardo, e la sua parola non è in noi. Figlioletti miei, vi scrivo queste cose affinché non pecchiate; e se pure qualcuno ha peccato, noi abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto. Egli è l'espiazione per i nostri peccati; e non solo per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo" (1 Gv. 1:8-2:2).
Il peccato: oggi non esiste parola che come questa sia più lontana dalla sensibilità e dalla mentalità moderna. Il peccato: è una parola dal sapore antico, di un mondo passato che si vuole dimenticare per sempre. Il peccato: una parola che si vuole cancellare dal vocabolario e dalle preoccupazioni della nostra vita, e che persino assume connotazioni del tutto diverse dagli originali presso certo "cristianesimo" riveduto e corretto che oggi si promuove, un cristianesimo compromesso ed adattato a quella che oggi si chiama "sensibilità moderna".
Eppure, che ci piaccia o meno, il concetto di peccato, rettamente inteso, è essenziale per il messaggio della Bibbia, messaggio universale e immutabile attraverso i tempi.
J.I.Packer ha scritto in proposito: "L'argomento del peccato è di vitale importanza, e va conosciuto a fondo. Dire che il nostro bisogno primario della vita è quello di apprendere il significato di 'peccato' può sembrare strano da udirsi, ma nel senso inteso è profondamente vero. Se non hai mai appreso cosa sia il peccato, non potrai mai comprendere né te stesso, né il mondo in cui vivi, né la fede cristiana", e nemmeno potrai mai raccapezzarti a comprendere la Bibbia. La Bibbia, infatti, è l'esposizione della risposta che Dio dà al problema del peccato umano, e fintanto che non avrai ben chiaro davanti a te quel problema, continuerai a farti sfuggire il significato di quel che vuol dire".
I. La sua definizione
Giovanni offre due definizioni di peccato fra le diverse che la Bibbia propone, cioè: violazione della legge e iniquità.
1. Violazione della legge (3:4). "Il peccato è violazione della legge", letteralmente "anomia", cioè essere "senza legge", "fuori legge".
Interessante che la Bibbia definisca il peccato proprio ciò che oggi sempre di più viene considerato un progresso, una conquista dell'essere umano!
La cultura attuale, scrive L. Serenthà, "è tesa ad affermare la libertà dell'uomo e a proclamare la sua vittoria su tutte le proibizioni e tutti i comandi, a magnificare la sua conquista di regioni dianzi inesplorate perché proibite e dichiarate tabù. Il pensiero attuale perciò rifugge da un concetto di giudizio morale e giunge alla negazione del bene e del male e li considera come categorie superate; ancora, a parole, si ammette il male come ciò che lede i diritti altrui, ma questi medesimi vengono così assottigliati da non esistere più".
Si, il nostro tempo è caratterizzato dalla radicalizzazione del liberismo, e la gente sembra sempre più allergica a qualsiasi norma morale che nega e rende relativa, a qualsiasi disciplina ed etica. Certo, rivendicano validità universale i diritti fondamentali, il comportamento imposto dal gruppo o dal sistema. All'occasione possono anche essere chiamati in causa i comandamenti della Bibbia come orientamento generale, ma senza però più riconoscerne Dio che li ha dati, senza considerare più che fondamentalmente il peccato è un'offesa contro Dio, un crimine contro il Suo giusto ordinamento.
Sembra che si faccia per esempio a gara per abbattere ogni scrupolo morale per quanto riguarda la sessualità, dove ogni perversione sembra sempre più ammessa, oppure per quanto riguarda i diritti dei lavoratori e dei cittadini. La moralità della politica e dell'economia poi, è sempre più labile. Onestà ed integrità sembrano essere diventate cose da ridere in un mondo dove sempre di più la corruzione e la criminalità organizzata intaccano e condizionano i centri di potere. Ormai si giustifica qualunque cosa, il commercio scriteriato di armi, e presto forse verrà anche tollerato "ufficialmente" il commercio della droga o il riciclaggio di denaro "sporco".
Qual è poi, per esempio, la norma che deve regolare l'aborto, l'eutanasia, la manipolazione genetica, la preservazione dell'ambiente? Chissà. Tutto ormai è considerato relativo e lasciato all'arbitrio.
Che piaccia o meno, però, Iddio c'è ed Egli ha posto da sempre chiare ed immutabili linee di comportamento come la norma da seguire. Poco importa che sia di moda: ma ancora oggi vale la regola che per i cristiani riformati è la Bibbia ad essere autorevole regola di fede e di condotta. Quanti riformati però ancora vi pongono mente? Quanti riformati ancora verificano il proprio comportamento con la misura posta in modo infallibile ed autorevole dalla Bibbia?
Siamo diventati "senza legge", o "fuorilegge", ma peccato rimane il trasgredire, l'attraversare i limiti consentiti da Dio, peccare è vivere senza alcuna sottomissione alla legittima autorità, la negazione di una qualsiasi obbedienza a Dio. Peccato è violare la legge chiaramente stabilita da Dio per trasgressione o negligenza; non essere più regolati dai comandi e dalla volontà di Dio.
2. Iniquità (5:17). Ed ecco che la "semplice" anomia, diventa palesemente iniquità, ingiustizia, misfatto, malvagità, la seconda definizione che Giovanni dà. "Ogni iniquità è peccato", egli dice, e l'iniquità è tutto ciò che fa gridare di dolore ed invocazioni di vendetta tutte le vittime dell'andazzo dei "senza legge", vittime, si, perché questo sfrenato liberalismo -se da una parte può parere attraente- dall'altra è altamente distruttivo e crea milioni, miliardi di vittime, private di una vita che valga la pena di vivere. Quanta iniquità, quanta ingiustizia, quanta malvagità "grida vendetta" dalle strade di questo mondo, e chi risponde all'appello che la giustizia venga imposta, che la vita venga fatta prevalere per tutti i singoli ed i popoli deboli ed indifesi schiacciati ogni giorno e privati dei più elementari diritti dalla logica del più forte e del più intelligente che sembra prevalere nel nostro mondo?
Prima del giudizio del diluvio universale: "Dio vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra, e che tutti i pensieri dei disegni del loro cuore non erano altro che male in ogni tempo... ora la terra era corrotta davanti a Dio; la terra era ripiena di violenza. E Dio guardò la terra, ed ecco, era corrotta, poiché ogni carne aveva corrotto la sua via sulla terra" (Ge. 6:5,11).
Oppure le parole dell'apostolo Giacomo: "Ecco, il salario dei lavoratori che hanno mietuto i vostri campi, e del quale li avete frodati, grida; e le grida di quelli che hanno mietuto sono giunte alle orecchie del Signore degli eserciti" (Gm. 5:5).
E' necessario che io esemplifichi ulteriormente ciò che significa "operare iniquità e cattiverie"? No, la coscienza di ognuno sa benissimo di che cosa qui si parla. Iniquità è tutto quello che facciamo contro la volontà di Dio un comportamento non corrispondente alle norme morali, le azioni ingiuste fra gli uomini.
II. La sua universalità.
Dopo avere dato la definizione del peccato, la lettera di Giovanni passa a descriverne l'ampiezza: "Se diciamo di essere senza peccato, noi inganniamo noi stessi e la verità non è in noi... lo facciamo bugiardo e la sua parola non è in noi" (1:8,10). Se diciamo di non avere il peccato... Se rifiutiamo di ammettere d'essere peccatori, ci perdiamo da soli, e la verità che l'Evangelo insegna non è nel nostro cuore. Ovvio, non ci è comodo ascoltare la diagnosi che Dio fa della causa delle nostre malattie, e allora preferiamo negarne l'evidenza.
Si, la dottrina biblica del peccato non ci fa complimenti, è poco lusinghiera, anzi, è spietata, e noi tendiamo naturalmente a scartare la verità che non ci piace sentire. L'istinto di trovare sempre delle scuse per il nostro operato è naturale, è prodotto dallo stesso peccato. Ecco perciò da dove sorge il tentativo di annacquare la dottrina biblica del peccato.
Non ci piace più ascoltare la dottrina che la riforma protestante proclamava: la radicale corruzione dell'uomo, la sua totale depravazione. Diciamo che è esagerata, ma sappiamo che è vera.
E' necessaria la grazia e l'illuminazione spirituale per credere che il peccato è veramente una faccenda seria davanti a Dio, tremendamente seria, come dice la Bibbia.
E poi la retta coscienza del nostro peccato emerge solo quando conosciamo l'eccezionale santità di Dio, una conoscenza questa che ai giorni è quantomai rara. La coscienza del peccato, rettamente inteso dall'interno, cioè come lo troviamo in noi stessi, sorge quando noi ci confrontiamo con la grande santità e purezza di Dio, come fa il profeta Isaia quando gli si presenta la sconvolgente visione della purezza di Dio ed esclama: "Ahi, lasso me, che io sono perduto! Poiché io sono un uomo dalle labbra impure, ed abito in mezzo ad un popolo dalle labbra impure, e gli occhi miei hanno veduto il Re, l'Eterno degli eserciti (Is. 6:5).
Nel "cristianesimo" moderno, però, sebbene ancora possa essere compreso un Dio di buona volontà e di compassione: la santità e la purezza di Dio dicono poco. Scrive J.I.Packer: "il lievito del liberalismo nella nostra religione, più l'indifferentismo morale della nostra cultura, più un'apatia desensibilizzante e tiepidezza nelle cose spirituali, il tutto contribuisce a "sdrammatizzare" la concezione che abbiamo del peccato".
Allora, dice il nostro testo è come se dichiarassimo Dio un bugiardo quando fa una spietata analisi della nostra situazione, perché non abbiamo accolto la verità dell'Evangelo.
III. La sua distruzione
Qualcuno ha scritto che la straordinaria gravità è serietà del peccato umano è evidente anche da un altro fatto: che per salvarci dalle sue conseguenze temporali ed eterne era necessario nientemeno che l'eterno Figliolo di Dio venisse fra gli uomini e morisse su una croce. Si, perché se qualcuno come Lui non avesse preso su di sé per misericordia la condanna che il peccato meritava, ebbene nessuna "spalla" umana ne avrebbe potuto sopportare il peso!
Difatti il nostro testo si fa questa precisa domanda: Perché Gesù è stato manifestato? e risponde: "Per togliere via i nostri peccati" (3:5), si, per portare via su di sé i peccati. "Vedete quale amore il Padre ha profuso su di noi" (3:1) immeritatamente, e ancora Giovanni precisa: "In questo è l'amore, non che noi abbiamo amato Dio, ma che lui ha amato noi ed ha mandato il suo Figlio per essere l'espiazione per i nostri peccati" (4:10).
In italiano "espiare" significa: "riparare ad una colpa scontandone la pena", "emendare con la pena una colpa commessa", come infatti si dice: "espiò il suo delitto con lunghi anni di carcere".
Si, Dio è amore, ma pure egli è sommamente giusto: se avesse "semplicemente perdonato" avrebbe banalizzato, relativizzato, reso vana la serietà e l'importanza della Sua santa Legge. L'ordine morale che Egli ha posto nell'universo, però, è cosa tremendamente seria e da esso dipende tutto l'equilibrio delle cose. Chi infrange la legge deve pagare. Quale essere umano, avrebbe però potuto scontare, con piena soddisfazione della giustizia di Dio, il crimine mostruoso del peccato?
La teologica cattolica-romana si illude, erra grandemente e contraddice la Bibbia quando afferma che sia possibile riparare al torto fatto a Dio, con il peccato, compiendo opere di carità ed accettando penitenze e mortificazioni.
Iddio, nella sua misericordia, nel quadro dell'impotenza e della condanna che grava sull'essere umano, decide di fare grazia ad un numero scelto di persone, indipendentemente dai loro meriti, ma questa grazia è possibile perché qualcuno paga per loro, qualcuno sconta la pena che loro avrebbero dovuto subire. Quel qualcuno è Gesù Cristo, Dio con noi, che viene a versare il suo sangue ed a morire per rendere la grazia assolutamente giusta ed equa, ad espiare egli stesso, a prendere su di sé la condanna degli eletti a salvezza.
Dio riconcilia il mondo a sé stesso per mezzo di uno scambio giudiziario. Lo afferma l'apostolo Paolo: "Poiché egli ha fatto essere peccato per noi colui che non ha conosciuto peccato, affinché noi potessimo diventare giustizia di Dio in lui" (2 Co. 5:21).
Riconciliazione con Dio significa la non-imputazione della loro colpa ai colpevoli, ma questo è possibile perché la colpa del loro peccato viene imputata a Cristo, il quale accetta di far gravare su di sé la santa reazione di Dio contro di loro.
Galati 3:13 "Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge, essendo diventato maledizione per noi".
La ragione per cui il credente non deve più pagare la pena del suo peccato è perché Cristo l'ha espiata per lui. Ecco il significato di "espiazione vicaria", sostitutiva.
E' stato perciò a causa di un sacrificio propiziatorio, sostitutivo da parte del Figlio di Dio, il giusto, che viene conseguita la nostra riconciliazione con Dio. Tanto gli è costata la salvezza, e questo prezzo è stato pagato per gente che era nemica di Dio. "Perché mentre eravamo ancora senza forza, Cristo, a suo tempo, è morto per gli empi... ma Dio manifesta il suo amore verso di noi in questo che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi" (Ro. 5:6,8). Dio ha spento la sua giusta ira contro di noi mandando il Suo proprio Figlio ad espiare la pena del nostro peccato nelle tenebre del Calvario. Ecco la misura ed il significato del fatto che Dio sia amore.
Per questo Giovanni dice: "il sangue di Gesù Cristo, suo Figlio, ci purifica da ogni peccato" (1:7), si è questo sangue che ci lava e "ci mantiene puliti da ogni peccato" in tutte le sue forme e manifestazioni.
Conclusione
La Bibbia perciò ci rivela chi siamo noi e quanto grave sia la nostra condizione a causa del nostro peccato, e ci mostra l'unica possibile via di uscita: il Salvatore Gesù Cristo. Per questo essa fa verso di noi questo urgente e pressante appello: affidate la vostra vita a Cristo, solo lui potrà liberarvi dalle conseguenze temporali ed eterne del peccato, solo lui potrà purificarvi. Comprendete questo?
E Giovanni ci indica i passi da fare: "Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità" (1:9). Si, "se confessiamo il nostro peccato", e confessare significa proprio dare il nostro assenso, concordare con l'immagine che Dio fa di noi. Riconosci come verità quello che Dio dice su di te, sul tuo peccato, sulla via della tua salvezza? Se ammettiamo di aver peccato, dice Giovanni, egli rimane fedele alla sua natura e promesse ed eliminerà la nostra "illegalità" in Cristo, ci ripulirà sempre da tutto ciò che non è conforme alla volontà di Dio in propositi, pensiero ed azione.
"Figlioletti miei, vi scrivo queste cose affinché non pecchiate (violiate la legge di Dio); e se pure qualcuno ha peccato, noi abbiamo un avvocato (uno che intercede per noi), presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto" (2:1). Si, perché non solo è possibile essere salvati dalle conseguenze temporali ed eterne del peccato, ma pure è possibile vivere in modo puro, santo e giusto. Come? Impostando la nostra vita al seguito di Cristo. Gesù infatti si conforma alla volontà del Padre in ogni proposito, pensiero ed azione (2:1) e il segreto di una vittoria costante sul peccato è "dimorare in Cristo" (3:6), cioè vivere e rimanere in comunione ed in obbedienza a lui) e "preservare sé stessi" (5:18), perché la divina presenza di Cristo nel credente lo preserva contro il male ed il maligno non può fare presa su di lui.
Tutto questo è ciò che autorevolmente la Bibbia, Parola di Dio, afferma su di te, e questo è l'appello alla salvezza ed ad una vita santa e giusta che Dio, tramite essa, pressantemente, per amore, ti rivolge. Incontrerà il tuo "si" fiducioso? Non rimandare più la tua risposta.
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