Quando l’autorità costituita viene messa in questione...

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Una sfida all’autorità di Mosè

Non c’è nulla di nuovo sotto il sole... Nell’Antico Testamento, libro dei Numeri, al capitolo 16, troviamo il racconto emblematico in cui l’autorità di Mosè sul popolo di Dio viene messa radicalmente in questione da una ribellione guidata da alcuni personaggi che portano il nome di Core, Datan, e Abiram. Il testo dice che questi: "insorsero contro Mosè con 250 israeliti autorevoli nella comunità, membri del consiglio, uomini rinomati; e, radunatisi contro Mosè e contro Aaronne, dissero loro: ’Basta! Tutta la comunità, tutti, dal primo all’ultimo, sono santi, e il Signore è in mezzo a loro; perché dunque vi mettete sopra all’assemblea del Signore?’" (2, 3). Sembrano dire: "Siamo tutti uguali davanti a Dio, l’autorità di Mosè ed Aaronne è illegittima, è un abuso. Le cose da ora in poi le decidiamo insieme". Sembrano gli antesignani, i precursori, delle rivoluzioni socialiste, egualitaristiche e democratiche dei tempi moderni, ma non sono qui certo degli eroi positivi. Mosè ed Aaronne erano stati scelti da Dio come i leader di un processo di liberazione di un popolo di schiavi che avrebbe avuto successo, ma sarebbe stato lungo e difficile. Il Signore Iddio aveva fatto loro riportare grandi vittorie sugli oppressori egiziani, ma ora la marcia nel deserto verso la terra promessa sembrava interminabile, tanto lunga da far dubitare che in effetti vi fosse una terra promessa. I ribelli vengono richiamati all’ordine ed alla fede che aveva ispirato fin dagli inizi il loro movimento di liberazione, ma essi insistono e protestano: "Noi non verremo più dietro di te. Ti sembra poco l’averci fatto uscire da un paese dove scorre il latte ed il miele, per farci morire nel deserto? Vuoi elevarti su di noi come un capo? E poi, non ci hai davvero condotti in un paese dove scorra il latte ed il miele e non ci hai dato possesso di campi né di vigne! Credi forse di poter bendare gli occhi di questa gente? No, non ti seguiremo più" (12-14). Mosè viene così accusato di ambizioni personali, di incompetenza, di non aver mantenuto le sue promesse, di istupidire la gente con belle ma vuote parole. E’ la sua stessa autorevolezza che viene messa in questione. Il Signore Iddio, però, comproverà di aver veramente scelto come Suoi messaggeri e leader del popolo Mosè ed Aaronne, ed i ribelli verranno da Dio stesso duramente giudicati. Una rivoluzione egualitaria può apparire così anche sensata, ma può essere del tutto sbagliata perché la logica, i propositi, e i tempi scelti per noi da Dio sono spesso del tutto in contraddizione con ciò che, con i nostri criteri, riteniamo sensato.

I "figli di Core" di ieri e di oggi

Perché vi ho raccontato questo antico episodio della storia del popolo di Dio? Perché questo episodio è emblematico, rappresentativo, esemplare, e viene usato nel Nuovo Testamento stesso per descrivere un fenomeno ricorrente nella storia antica e moderna del popolo di Dio: mettere cioè in questione l’autorità di Mosè come portavoce dell’autentica Parola di Dio, mettere in questione l’autorevolezza, l’autorità ultima, della Parola di Dio fatta scrittura ed incorporata nella Bibbia, sulla fede del Suo popolo e sulla vita umana.

E’ molto di moda oggi mettere in questione l’autorevolezza della Bibbia come unica ed indiscutibile Parola di Dio. Lo fanno nel mondo i razionalisti, che vedono in essa una contraddizione della ragione, della logica e del "buon senso" umano. Lo fanno coloro che, a dir loro in modo molto "tollerante", vedono nella Bibbia solo un prodotto del suo tempo, atto, nella migliore delle ipotesi, ad "ispirare" buoni sentimenti e da mettere alla pari con altri "libri sacri" delle religioni mondiali. Lo fanno, anche fra coloro che insistono a definirsi "cristiani", quelli che mettono a fianco o al di sopra della Bibbia altre autorità umane atte ad "interpretare legittimamente" quello che la Bibbia, a dir loro, direbbe (come ad esempio il magistero della Chiesa cattolico-romana o il "corpo direttivo" dei Testimoni di Geova, non tanto "servo fedele", ma "padrone assoluto" della fede dei loro seguaci). Lo fanno i promotori del "metodo storico-critico" di lettura ed interpretazione della Bibbia, che "criticano", torcono e fanno a pezzi ciò che essa afferma, relativizzandone il contenuto, e riuscendo a farle dire il contrario di quello che dice...

Questi sono i moderni "figli di Core, Datan ed Abiram" che "insorgono contro Mosè", ma che vengono, e verranno, duramente giudicati da Dio.

Il fedele di fronte agli ...azzeccagarbugli

Davanti a tutte queste "ribellioni" quale però dev’essere il comportamento di chi vuole invece "rimanere fedele a Mosè e ad Aaronne", cioè fedele a Dio, rivelato attraverso la Bibbia, nonostante tutto? E’ ciò che ci insegna il testo biblico in evidenza quest’oggi per noi e che si trova nella seconda lettera dell’apostolo Paolo a Timoteo, e che dice così:

"14Ricorda loro queste cose, scongiurandoli davanti a Dio che non facciano dispute di parole; esse non servono a niente e conducono alla rovina chi le ascolta. 15Sforzati di presentarti davanti a Dio come un uomo fidato, un operaio che non abbia di che vergognarsi, che dispensi rettamente la parola della verità. 16Ma evita le chiacchiere profane, perché quelli che le fanno avanzano sempre di più nell’empietà, 17e la loro parola andrà rodendo come la cancrena; tra questi uomini sono Imeneo e Fileto, 18uomini che hanno deviato dalla verità, dicendo che la risurrezione è già avvenuta, e sovvertono la fede di alcuni. 19Tuttavia il solido fondamento di Dio rimane fermo, portando questo sigillo: ‘Il Signore conosce quelli che sono suoi’ e ‘Si ritragga dall’iniquità chiunque pronuncia il nome del Signore’" (2 Ti. 2:14-19).

Sono parole che l’apostolo rivolge al discepolo Timoteo e, con lui, ai responsabili delle comunità cristiane di ogni tempo, ma indirettamente a tutti coloro che come lui, vogliono rimanere fedeli alle ordinanze di Dio.

Nel capitolo 2 di questa lettera, l’Apostolo esorta Timoteo ad essere forte e a farsi carico affinché sia preservata fedelmente della tradizione apostolica attraverso una successione di insegnanti consapevoli del loro mandato e delle responsabilità che hanno verso Dio, che li ha chiamati. Timoteo dovrà affrontare le difficoltà che incontrerà come buon "soldato di Cristo" perché i fatti dell’Evangelo e l’esperienza dell’Apostolo provano che il resistere sotto tali sofferenze è il necessario preludio a regnare nella gloria con Cristo.

Nel verso 14 l’Apostolo prima di tutto "scongiura" i suoi lettori a considerare cosa nefasta la polemica fine a sé stessa, a non raccogliere la sfida degli avversari "parolai", non scendendo sullo stesso terreno di coloro che, abili nella dialettica e nell’uso della parola, vorrebbero, con ragionamenti e cavilli, smontare e distruggere la loro fede, perché sono discussioni inutili che fanno soltanto alterare chi le fa e confondere ed alienare chi le ascolta. Dopodiché l’Apostolo dà, da parte del Signore, delle indicazioni prima in positivo e poi in negativo sul comportamento che deve tenere il cristiano fedele, per concludere poi con un’incoraggiante parola di consolazione.

L’operaio onesto e diligente

A. Il testo dice: "Sforzati di presentarti davanti a Dio come un uomo fidato" (15a).

"Sforzati", cioè, fa tutto quello che ti è possibile, con la massima diligenza, per essere davanti a Dio un uomo per Lui di fiducia, consideralo come un tuo punto di onore.

"Davanti a Dio", cioè: abbi Dio come unico tuo punto di riferimento, non la popolarità che puoi ottenere dal mondo o l’approvazione che puoi avere presso i tuoi colleghi. Questo è importante: quanto spesso, infatti, si cerca di compiacere agli altri più che compiacere a Dio. L’uomo di Dio dice: "Non importa se non riscuoto l’approvazione di ‘chi conta’, nella chiesa o nel mondo: quel che più importa è l’approvazione di Dio e della mia coscienza".

Sii "un uomo fidato", cioè un uomo di cui Dio si possa fidare, un uomo che Dio, dopo averlo messo alla prova, ha verificato che in ogni caso Gli sarà fedele. ...come un’auto che, passando al suo periodico controllo, è risultata essere perfettamente funzionante ed affidabile. Già è difficile trovare un uomo o una donna completamente affidabile nella professione che svolge. Dio lo pretende da ogni cristiano nei Suoi confronti.

B. Sii davanti a Dio come: "un operaio che non abbia di che vergognarsi" (15b), cioè un operaio che rendendo conto al suo datore di lavoro del lavoro svolto non ha nulla di cui vergognarsi della qualità di ciò che avrà prodotto. Un operaio che non udrà dal suo datore di lavoro alcun rimprovero circa un’eventuale sua negligenza od imperizia. Lo sottolinea il Signore Gesù nella parabola dei talenti: un uomo affida ai suoi servitori i suoi beni da investire. Al momento del rendiconto egli dice ad uno: "Va bene, servo buono e fedele... entra nella gioia del tuo signore" (Mt. 25:23), ma ad un altro dice: "Servo malvagio e fannullone... gettatelo nelle tenebre di fuori" (Mt. 25:25,30). E’ la testimonianza del cristiano la cui vita ed opera onorano Cristo e l’Evangelo. Una vita pura ed un lavoro onestamente compiuto.

C. Sii davanti a Dio uno che "dispensi rettamente la parola della verità" (15c). Questa esortazione è rivolta a chi predica e/o insegna la Parola di Dio. Che vuol dire "dispensare rettamente" la parola della verità? Ciò che qui viene tradotto con "dispensare" significa: "tagliare" o condividere nel modo giusto la Parola di Dio, come fa il ristoratore che in cucina prepara del buon cibo nel modo giusto e poi lo serve ai suoi clienti in modo appropriato, appetitoso ed elegante. E’ la responsabilità di chi deve "servire il buon cibo" della Parola di Dio, parola che va prima letta, studiata ed interpretata con perizia ed attenzione e che va quindi comunicata in modo altrettanto efficace, ben applicata alla situazione di chi la riceve ed esteticamente attraente.

E’ l’azione di chi deve costruire una strada e che la traccia nel modo più rettilineo possibile, ben segnalata, che porti il viandante sicuramente a destinazione, senza confonderlo. E’ l’azione dello scalpellino che prepara le pietre da costruzione della misura giusta per l’uso che se ne deve fare con colpi precisi e netti. E’ l’azione del contadino che ara il campo creando solchi diritti e regolari. E’ l’azione del sarto che taglia il tessuto della forma esatta per confezionare un vestito.

Qui il pensiero è quello di presentare la verità con chiarezza, veracemente, senza errori, con un’esattezza che non possa essere confutata, il che purtroppo non può dirsi di tutte le prediche e le lezioni di scuola domenicale e di studio biblico a cui si assiste.

Vuoti esercizi vocali

Ecco così che l’Apostolo passa a delle esortazioni in negativo. Dice: "Ma evita le chiacchiere profane, perché quelli che le fanno avanzano sempre di più nell’empietà, e la loro parola andrà rodendo come la cancrena" (16,17).

A. Evita. "Sforzati di essere... ma evita...". Come in ogni comandamento di Dio ci sono cose da fare e da non fare. Qui troviamo cose da "evitare", cose che, vedendole, è meglio passarci oltre, fare finta di non averle viste, cose con le quali è saggio non intrattenersi. Di che cosa si tratta?

B. Evita "le chiacchiere profane" (16a). Qui non si tratta tanto di evitare i pettegolezzi, cosa in ogni caso riprovevole, ma l’espressione ha a che vedere con "il parlare tanto per parlare", il fare soltanto "esercizi vocali" come certe prediche che sono solo esercizi di retorica dei quali alla fine ti domandi solo che cosa il predicatore, in fondo, abbia voluto dire, come certi discorsi politici e di circostanza, fatti solo perché, in quei casi, "un discorso ci vuole".

Quante volte ho incontrato persone che mi hanno detto chiedendomi di celebrare un matrimonio, un battesimo, oppure di condurre un funerale: "...dica poi lei qualcosa... dica due parole...". Ma come "qualcosa"? Come "due parole"?! Io non sono qui per dire "qualcosa" non importa cosa, io sono qui per annunciare la Parola di Dio e quella soltanto, la quale, il più delle volte è una parola tagliente e scomoda. "...Certo, se vuole io prenderò la parola, ma vi avverto che non saranno banalità, ma cose che magari non vorreste ascoltare... e non so se vi conviene che io ‘dica qualcosa’!".

Per "chiacchiere profane", però, qui si intende ancora più che questo: sono le "conferenze" ed i "discorsi accademici" e "culturali" quelli che il nostro testo denuncia. Quante volte infatti certi "professoroni" parlano e parlano "sulla" Parola di Dio come se fosse un esercizio intellettuale senza che questa parola li tocchi minimamente a livello esistenziale! Quante volte gli "esperti" della Bibbia e della fede cristiana fanno "erudite considerazioni" come se fosse un oggetto qualunque da sezionare e analizzare, in modo empio e profano, non rendendosi conto che si tratta della vivente Parola di Dio? Quante volte questa parola la si "critica" mentre dovrebbe essa stessa essere quella che critica noi e la nostra vita! Il ministro di Dio, però, non è chiamato a fare "erudite conferenze" che in realtà spesso sono discorsi "senza alcun timore di Dio".

Le "chiacchiere" di cui qui si parla è il "gergo profano" che, secondo un commentatore, "non deve intendersi semplicemente come la filosofia secolare del tempo come viene praticata fuori dalla chiesa, ma agli sforzi filosofici e speculativi nella chiesa stessa che cercano di mettere in rapporto la fede con i concetti ed interessi tecnici e filosofici profani. Questo ha per risultato la reinterpretazione, l’aggiustamento della forma vera e tradizionale della fede nei termini della filosofia secolare dominante, ridurre il primato del cristianesimo, subordinarlo al pensiero secolare, sostituendo la fede con un altra, la fede secolarizzata ad una rivelata. Sotto le mentite spoglie di religione, tali persone si muovono progressivamente verso l’irreligione. La loro devozione alle ‘cose profonde’ si rivela come follia profonda".

L’apostolo Paolo nella prima lettera ai Corinzi, dice infatti, [qui secondo l’azzeccata traduzione interconfessionale]: "Infatti, che cosa hanno ora da dire i sapienti, gli studiosi, gli esperti in dibattiti culturali? Dio ha ridotto a pazzia la sapienza di questo mondo. Gli uomini, con tutto il loro sapere, non sono stati capaci di conoscere Dio e la sua sapienza. Perciò Dio ha deciso di salvare quelli che credono, mediante questo annuncio di salvezza che sembra una pazzia" (1 Co. 1:20,21).

C. Ecco così che coloro che si dilettano in queste "chiacchiere profane", "avanzano sempre di più nell’empietà"; esse sono pericolose perché promuovono sempre di più uno spirito profano ed irrispettoso della Parola di Dio.

Certa letteratura "critica" sulla Bibbia potrà apparentemente essere "innocua", ma spesso lo spirito che la informa non promuove l’idea che la Bibbia è Parola di Dio, e più senti parlare altrimenti, più ti convinci di avere di fronte un semplice scritto umano con il quale si possa fare quel che si vuole. "La loro parola andrà rodendo come la cancrena", che si diffonde e divora ogni sano principio. Come quella malattia repellente e fatale, se tollerata, giungerà a distruggere la chiesa erodendone le confessioni di fede.

Per non andare sul vago, ecco che Paolo "fa nome e cognome" di alcuni che a quel tempo stavano diffondendo questa cancrena nella chiesa. Non sappiamo oggi chi fossero esattamente questi personaggi, Imeneo e Fileto, ma sappiamo che avevano "deviato dalla verità" spiritualizzando la dottrina della risurrezione di Cristo, negando che fosse veramente avvenuta in senso materiale. Così facendo non solo confondevano la fede di molti, ma minavano alla base lo stesso specifico della fede cristiana, portavano la comunità dei credenti verso l’apostasia, verso l’alterazione della fede tradizionale trasformandola in qualcos’altro. Con questo gioco Paolo non ci sta e lo denuncia apertamente.

Di queste "reinterpretazioni" e "spiritualizzazioni" della fede cristiana oggi ce ne sono moltissime. Scritti di teologi "moderni" che considerano i racconti della Bibbia come "un mito" da leggere in modo figurato hanno ormai invaso i pulpiti delle chiese storicamente stabilite e il risultato è la distruzione e l’alterazione spesso radicale della fede cristiana. La crisi, infatti, delle chiese storiche oggi, non è tanto dovuta alla mancanza di "modernizzare" il messaggio, se questo fosse possibile, ma alla sua eccessiva modernizzazione, che fa perdere alla fede cristiana la sua identità, ne mina l’efficacia, ne annacqua i contenuti... Ovvio poi che la gente diserti sempre di più le chiese: che dovrebbe andarci a fare quando ode soltanto discorsi accademici e critici, pie chiacchiere che lasciano il tempo che trovano, banali generalizzazioni moraleggianti, e non l’Evangelo, potenza di Dio per la salvezza di chiunque ad esso si affidi?

Non tutto è perduto...

Quando dunque "l’autorità di Mosè", cioè l’autorità ultima della parola di Dio viene messa in questione e questi sovvertitori e ribelli sembrano aver la meglio dovunque, diffondendo la loro cancrena e distruggendo la fede del popolo di Dio, che fare? Non c’è più nulla da fare se non opporre la strenua resistenza di una testimonianza senza compromessi alla verità, ma che spesso si rivela patetica ed inefficace? Dobbiamo rassegnarci? No. L’Apostolo chiude questa sezione della lettera con una parola di rassicurazione e di conforto.

"Tuttavia...", si, non vi angustiate oltremisura dell’apparente forza dei "ribelli": il Signore rimane fedele alle Sue promesse e non permetterà che prevalga la sovversione. "I ribelli" verranno giudicati, e sono giudicati, anche dalla storia stessa. La vera chiesa rimarrà immota nonostante tutte le loro erudite chiacchiere, la sua inviolabilità è garantita dal suggello divino. E qual è questo "suggello divino" della natura inviolabile della verità? Sono le promesse del Signore riprese proprio dal contesto e dall’esempio della ribellione di Kore, Datan e Abiram, dei quali avevamo parlato all’inizio.

Il testo dice: "Tuttavia il solido fondamento di Dio rimane fermo, portando questo sigillo: ‘Il Signore conosce quelli che sono suoi’ e ‘Si ritragga dall’iniquità chiunque pronuncia il nome del Signore’". Non vi preoccupate, dice il Signore, il solido fondamento della Parola di Dio rimarrà fermo nonostante tutti i detrattori della Parola di Dio ed i ribelli. Ricordate ciò che accadde a Kore, Datan e Abiram?

Allora il Signore disse: "Questi ribelli non appartengono al Signore e saranno smascherati nonostante le loro pretese e giustamente puniti. Domani mattina il Signore farà conoscere chi è suo e chi è santo, e se lo farà avvicinare; farà avvicinare a sé colui che egli avrà scelto" (Nu. 16:5). Il Signore sa chi appartiene a lui e chi non gli appartiene. Così Mosè dice: "Separatevi da questa gente e io li consumerò in un attimo... allontanatevi dalla dimora di Core, di Datan e di Abiram" (Nu. 16:21,24). La conclusione esemplare di tutto questo? Ecco il racconto della Bibbia: "...appena egli ebbe finito di pronunciare tutte queste parole, il suolo si spaccò sotto i piedi di quelli, la terra spalancò la sua bocca e li ingoiò; essi e le loro famiglie, con tutta la gente che apparteneva a Core e tutta la loro roba. Scesero vivi nel soggiorno dei morti; la terra si richiuse su di loro, ed essi scomparvero dal mezzo dell’assemblea" (Nu. 16:31-33).

Questo episodio viene citato anche dall’apostolo Giuda quando minaccia i cristiani non ortodossi ed insubordinati alla Parola di Dio, dello stesso giudizio comminato a Core ed ai suoi. Si, la vera chiesa del Signore non verrà mai meno, e la testimonianza alla verità non cesserà mai del tutto anche nelle situazioni di maggiore corruzione. Il Signore rimane fedele alle Sue promesse e per grazia Sua un residuo fedele e ben riconoscibile, sempre prevarrà e noi siamo chiamati a farne parte.

Questa è la sfida che anche oggi ci viene rivolta come cristiani riformati, chiamati ad essere fedeli alla Parola del Signore ed a tenere duro anche nelle situazioni in cui peggiore è la corruzione della chiesa e grande è il tradimento e l’apostasia dai fondamenti inalterabili della fede. A Timoteo Paolo comanda di ritrarsi dall’iniquità, testimoniare coerenza con il mandato ricevuto, costi quello che costi, e di non temere perché il fondamento reggerà, la vera chiesa non verrà mai sconfitta, anzi, saranno alla fine svergognati coloro che si ritengono più saggi della stessa sapienza di Dio contenuta nella Scrittura. Egli fa eco così all’apostolo Giuda quando pure a noi scrive: "...mi sono trovato costretto a scrivervi per esortarvi a combattere strenuamente per la fede, che è stata trasmessa ai santi una volta per sempre" (Gd. 3).

(Paolo Castellina, sabato, 28. ottobre 1995. Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente indicato, sono tratte dalla versione "Nuova Riveduta", Società biblica di Ginevra, 1994).

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