Impressioni durature


I. Impressioni

1. La fotografia. Come possiamo descrivere la fotografia? La fotografia è l'arte o la tecnica di fissare, per mezzo della luce, su lastre o su pellicole, chimicamente preparate, le immagini delle cose o delle persone poste dinanzi alla lente di una macchina fotografica. I raggi luminosi, entrando nella camera oscura, producono una trasformazione dei sali d'argento della lastra o della pellicola e danno luogo a quella che viene chiamata "immagine latente", la quale viene poi sviluppata e fissata in laboratorio: si ha così l'immagine negativa da cui si ricava, con ulteriore procedimento, quella positiva. La fotografia è quindi l'impressione duratura che qualcosa o qualcuno produce, tramite la luce, su un materiale sensibile.

Anche noi come creature sensibili possiamo venire durevolmente impressionate in senso positivo o negativo da qualcosa che abbiamo visto o da un avvenimento a cui abbiamo partecipato. Di questo diciamo che "ci ha impressionato". Qualcosa o qualcuno lascia così una traccia indelebile sulla nostra coscienza e ci trasforma, ci cambia, ci scuote.

2. Più che curiosità. Se ci fossero stati apparati fotografici al tempo di Gesù, certamente il giorno in cui Egli entrava trionfalmente a Gerusalemme la domenica che noi conosciamo come "la domenica delle palme", sarebbe stato tutto un clic clic clic e un flash flash flash di fotografie! Quei giorni a Gerusalemme, in occasione delle celebrazioni di Pasqua, era piena di gente, non solo di devoti ebrei, ma anche di stranieri (pellegrini e "turisti"), attirati dalla spiritualità e dalla storia di questo grande popolo. Indubbiamente in quel tempo, Gesù di Nazareth faceva grande notizia e che cosa sarebbe successo dopo questo ingresso trionfale? L'apparizione di quest'uomo, così, sia pure umile e sul dorso di un asinello, se non lastre fotografiche, aveva senza dubbio impressionato il cuore e la mente di molta gente, anche di molti stranieri presenti quel giorno. Non era, la loro, semplice curiosità, come quella oggi dei proverbiali turisti giapponesi che fotografano qualunque cosa. Anche questi stranieri avevano cominciato ad intuire come Gesù di Nazareth non fosse tanto una figura "folcloristica" locale, ma davvero un personaggio di portata universale.

II. Il testo biblico

Nel testo biblico che ci viene proposto quest'oggi troviamo proprio degli stranieri, dei Greci, che, impressionati da questo Gesù di Nazareth, chiedono ad alcuni Suoi discepoli di poterLo conoscere da vicino. Leggiamolo facendo particolare attenzione alla reazione del Signore Gesù.


"Ora tra quelli che erano saliti ad adorare durante la festa c'erano alcuni Greci. Costoro dunque, accostatisi a Filippo, che era di Betsaida di Galilea, lo pregarono dicendo: "Signore, vorremmo vedere Gesù". Filippo andò a dirlo ad Andrea; a loro volta, Andrea e Filippo lo dissero a Gesù.

Ma Gesù rispose loro, dicendo: L'ora è venuta, in cui il Figlio dell'uomo deve essere glorificato.

In verità, in verità vi dico: Se il granel di frumento caduto in terra non muore, rimane solo; ma se muore, produce molto frutto. Chi ama la sua vita la perderà, e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna.

Se uno mi serve, mi segua; e là dove sono io, là sarà anche il mio servo; se uno mi serve, il Padre l'onorerà" (Gv. 12:20-26).


III. Il magnetismo di Gesù

1. Non solo un modo di dire. "Il mondo intero gli va dietro" (12:19), così commentavano frustrati i capi religiosi ebrei di quell'epoca che, preoccupati di perdere il loro potere e i loro "membri di chiesa", assistevano alla sempre più grande popolarità di Gesù senza che potessero in alcun modo impedirlo. Il fatto di cui ora stiamo trattando, e che Giovanni riporta, ne è in un certo senso l'illustrazione. "Il mondo intero gli va dietro" non è solo un modo di dire, ma un dato di fatto che perdura ancora oggi, duemila anni dopo, in tutto il mondo, e possiamo chiedercene il perché.

2. Prefigurazione della Sua gloria. Si, dopo aver assistito ai Suoi miracoli e dopo aver udito le Sue parole di grazia e di verità, impressionati dalla sia pure umile apparenza di Gesù, degli stranieri si interessano a Lui manifestando il loro apprezzamento ed il loro desiderio di conoscerLo meglio. Nel nostro testo, questo è senza dubbio una sorta di prefigurazione della gloria di Cristo, del Suo innalzamento "magnetico". Gesù infatti dirà poco più avanti: "Ed io, quando sarò innalzato dalla terra, attirerò tutti a me" (Gv. 12:32).

3. Una lezione da apprendere. Quello che però è importante notare nella risposta di Gesù, e che i Suoi discepoli dovevano, e debbono tuttora apprendere bene è che questo "magnetismo" avrebbe potuto essere genuino, salutare, qualificante, solo dopo l'"abbassamento" della Sua morte sacrificale. Alla vera gloria, infatti, non vi potevano essere scorciatoie.

IV. L'interesse degli "stranieri"

1. Attratti, ma non da una "religione". "Or tra quelli che erano saliti ad adorare a durante la festa c'erano alcuni Greci". Che interesse potevano avere degli "stranieri" nella persona di Gesù? E' vero che questi Greci non erano "gente qualunque" che passava di lì per caso. Era gente sinceramente attratta ed interessata alla fede ebraica benché non-ebrei, e che avevano rinunciato all'idolatria. Convertiti da un paganesimo di cui erano stufi e delusi, erano attratti dalla grande rivelazione di cui gli ebrei erano portatori e dell'unità di Dio. A loro era permesso offrire sacrifici nella corte del tempio, e partecipare al culto ed ai rituali delle feste: eppure non era di nuovi riti religiosi che essi avevano bisogno, perché certamente nel loro mondo ce n'era già per tutti i gusti, ma volevano ed avevano bisogno di incontrare il Dio vero e vivente, cosa di cui non avevano mai fatto ancora esperienza. Essi intuiscono che in quel Gesù di Nazareth c'è davvero qualcosa di nuovo e di diverso che potrebbe veramente soddisfare la loro ricerca.

2. Una speranza per le genti. Ecco che "Costoro dunque, accostatisi a Filippo, che era di Betsaida di Galilea, lo pregarono dicendo...". Forse erano parenti o conoscenti di Filippo, discepolo di Gesù. Il nome "Filippo" non era ebraico ed egli era originario di un territorio, la Galilea, dove risiedevano molti non-ebrei. Ed è proprio in Galilea che - adempiendo alle profezie - era iniziata la missione di Gesù. Una grande luce ora brilla sulle tenebre e sull'angoscia del mondo pagano: "Ma le tenebre non dureranno sempre su colei che ora è nell'angoscia. ...oltre il Giordano, la Galilea dei gentili. Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano nel paese dell'ombra della morte, si è levata una luce" (Is. 9:1,2). Gesù è questa grande luce e le teste di coloro che abitano "nell'ombra della morte" si rialzano piene di speranza: ecco Uno che finalmente può guidare davvero i nostri passi della nostra vita, ecco Uno che non ci deluderà e su quale riporre con fiducia i nostri sentimenti.

3. "Vederlo" non solo con gli occhi. Questi Greci chiedono così a Filippo di tutto cuore di fare loro un favore, e lo fanno con grande rispetto, gentilezza e speranza. Gli chiedono: "Signore, vorremmo vedere Gesù". Essi pregano Filippo di presentarli a Gesù per avere una conversazione con Lui. Non intendevano solo guardarlo com'era, ma goderne per un poco la compagnia. EsaminarLo più da vicino per comprenderne maggiormente. Non sono persone superficiali, vogliono averne esperienza diretta, "approfondire la cosa". A molti di noi piacerebbe "vedere Gesù", e di Gesù se ne sono fatte molte rappresentazioni nel corso dei secoli. Come fosse stato veramente Gesù non sappiamo. Non è questo però ciò che dovrebbe interessarci. Dio non ha voluto che noi avessimo una descrizione dell'aspetto esteriore di Gesù e neanche volle che noi Lo adorassimo attraverso un'immagine.

4. Cogliere il Suo segreto. Non possiamo dire come fosse, ma possiamo conoscere ed apprezzare a) lo Spirito, la grazia e la verità che traspariva attraverso il Suo corpo terreno. Neanche per quei Greci era importante "vederlo" esteriormente: probabilmente lo avevano già visto passare... b) Essi volevano cogliere il segreto del Suo splendido carattere: amore, sapienza, forza, pietà, serenità, determinazione, cose quanto mai importanti per ogni essere umano. Non avrebbero forse colto subito la Sua divinità: questo sarebbe venuto dopo. c) In Gesù essi avevano colto quanto splendido fosse il Suo insegnamento morale. Il Suo non era un'ideale astratto, non parole al vento: da Gesù emanava una forza tale da trasformare il cuore di chiunque si affidava a Lui. Molti concordano anche oggi sul fatto che la dottrina di Gesù sia superiore e molti filosofi e fondatori di religioni hanno attinto da Lui: nessuno però è mai riuscito come Lui a ispirare non solo il principio, ma anche la capacità di metterlo in pratica. d) Questi Greci avevano intravisto in Gesù l'autentica via per la quale l'essere umano può essere riconciliato con Dio ed in comunione con Lui. Gesù allora non aveva ancora dato la Sua vita in sacrificio per espiare ciò che ci separa da Dio, ma già ne avevano percepito le premesse. e) In Gesù avevano visto non un politicante fra i tanti, ma qualcuno che avrebbe potuto stabilire un regno spirituale ed universale diverso da quelli proposti dalla religione e dalla politica. f) In Gesù avevano visto autentica forza per trasformare la realtà ed i cuori. Tutto ciò che toccava non si trasformava in oro come faceva il mitico Re Mida, ma veniva autenticamente rigenerato.

5. Sensibilità. Peccatori sensibili desiderano avere una visione spirituale di Gesù, delle glorie della Sua persona e della pienezza della Sua grazia. Si interessano di Lui, vogliono avere comunione con Lui. Non c'è nulla di più bello e soddisfacente per loro. Vogliono ricevere da Lui ed essere simili a Lui. La mia ardente preghiera è che molti e voi stessi che mi udite possiate avere lo stesso desiderio di questi Greci.

V. La risposta di Gesù: i necessari preliminari del successo

1. Un'ulteriore lezione. Come viene accolta questa richiesta? "Filippo andò a dirlo ad Andrea; a loro volta, Andrea e Filippo lo dissero a Gesù". A questa richiesta Filippo è titubante e chiede in merito un parere a Andrea, che era della stessa città, e che forse pure conosceva questa gente. Si consultano perché Gesù aveva un tempo loro proibito di rivolgersi a non-ebrei. Alla fine decidono di sì, affinché Gesù poi agisca come crede meglio, e la risposta di Gesù è una nuova lezione che essi devono imparare.

2. Un Evangelo per il mondo intero. "E Gesù rispose loro, dicendo: L'ora è venuta, in cui il Figlio dell'uomo deve essere glorificato". Gesù non risponde direttamente alla loro domanda, ma accetta tacitamente manifestando il Suo compiacimento per il fatto, interpretandolo come segno che si stava avvicinando il tempo della Sua glorificazione, il giorno in cui Egli stesso sarebbe stato oggetto dell'interesse e della fede dei popoli del mondo intero: cosa a quel tempo ancora per loro impensabile. La glorificazione di Cristo, infatti, sarebbe avvenuta risorgendo dalla morte, ascendendo al cielo, sedendo alla destra di Dio Padre e riversando il Suo Santo Spirito sui Suoi discepoli, i quali sarebbero andati dovunque a predicare l'Evangelo. Essa avrebbe avuto come risultato la conversione di innumerevoli non-ebrei. La Sua gloria futura era quindi prefigurata nell'interesse che per Lui avevano avuto questi stranieri.

3. Prima la croce! "Che bello, che meraviglia!" avrebbero magari esclamato i discepoli di Gesù. Essi però ancora non comprendevano che la gloria sarebbe dovuta però passare attraverso lo scandalo di una morte in croce. Difatti Gesù dice: "In verità, in verità vi dico: Se il granel di frumento caduto in terra non muore, rimane solo; ma se muore, produce molto frutto". Si, non vi sarebbe stato albero con buoni frutti da cogliere, se prima non si fosse semina e quel seme non fosse morto! E non seminare solo delle parole, ma una vita intera data in sacrificio! La morte di Cristo non doveva essere considerata dai Suoi discepoli uno scandalo. La natura stessa, o meglio, la voce di Dio attraverso il creato, dice Gesù, insegna che il frutto viene preceduto da molte faticose operazioni, non ultima la morte del seme originale! Tutto questo è assolutamente necessario. Siete voi pronti a entrare in quest'ottica? L'attenzione di Gesù e del nostro testo si sposta dalla richiesta di quei Greci (dei quali il testo non parlerà più) alla "lezione" che i discepoli stessi devono apprendere sui necessari preliminari del successo!

4. Una "semina" significativa. Il sacrificio di Gesù poteva essere assomigliato così ad una semina: a) il granello originale muore, viene sacrificato dalle mani dell'uomo, ma è causa di ben maggiore raccolto, diventa radice di una fruttuosa nuova pianta. b) Il granello di frumento può conservarsi inutilmente anche mille anni in un granaio. Là non si riproduce e non serve da cibo. E' solo quando cade nel terreno e si dissolve che porta frutto. c) Il granello di frumento è seme nobile di una pianta sommamente utile per la nutrizione umana, così Gesù diventa, come Lui stesso dice: "Io sono il pane della vita chi viene a me non avrà mai più fame e chi crede in me non avrà mai più sete" (Gv. 6:35). d) Il seme è buono, puro e pulito, così l'essere di Gesù, puro e senza peccato. e) Il seme ha in sé stesso potenza di crescita, così Gesù "produce" nuove creature, "vedrà una progenie", ed è causa di fecondità spirituale nel Suo popolo. f) Il frumento deve essere schiacciato, lavorato ed infornato, così Gesù deve essere "schiacciato". g) Il seme è piccolo così la Persona di Gesù "non ha apparenza e forma", eppure... h) Il seme è uno, come unica è la Persona di Cristo per la salvezza umana. i) La semina del granello di frumento nel terreno significa la morte di Cristo perché essa non fu accidentale, ma determinata dal preciso proposito di Dio. l) Il seme viene messo nel terreno e decade, ma da esso sorge una nuova pianta, così dalla sepoltura di Cristo sorge una nuova realtà.

5. Solo, senza il Suo sacrificio. Con questa similitudine Gesù pure indica che se non fosse morto, il seme sarebbe rimasto solo. A lui non si sarebbero associati per morire e risorgere a nuova vita i credenti, non sarebbero stati giustificati, il peccato non sarebbe stato espiato, né essi sarebbero stati rigenerati. Cristo sarebbe stato in cielo senza di loro, per questo scelse piuttosto di morire per loro, affinché essi potessero essere per sempre con Lui. La Sua morte sarebbe stata produttiva di molto frutto, la conversione di innumerevoli persone in ogni dove, le benedizioni della grazia, della redenzione, della giustificazione, della pace, del perdono e della vita eterna.

VI. L'impegno della sequela

1. La triplice lezione. Tre sono dunque gli insegnamenti che da questo testo si rivelano particolarmente significativi anche per noi nella nostra epoca. a) Il nostro qualunquismo viene contestato duramente dalla riaffermazione dell'universalità e dell'unicità della Persona ed opera di Gesù. b) La nostra superficialità e faciloneria viene ripresa dall'esempio di questi Greci che vogliono conoscere da vicino chi è questo Gesù, approfondendone la conoscenza. c) La nostra pigrizia e presunzione del "tutto subito e con poco sforzo" viene attaccata proprio dalle parole conclusive di Gesù che rappresentano una lezione che Gesù, non a caso, ripete e ripete finché non ci entri finalmente in testa.

2. Un investimento a rischio. "Chi ama la sua vita la perderà". Chiunque ama così tanto l'attuale vita nel tempo tanto da prendersene ansiosa ed esclusiva cura, prendendo ogni precauzione per conservarla, piuttosto che investirla e "rischiarla" per ciò che più vale, e esporla al pericolo, sceglie di negare la fede di Cristo e abbandona la "via stretta" di Cristo, come tale, la sua vita, non se la goderà a lungo, perché si priverà della sua dimensione eterna. Ma: "chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna". Si, chiunque investa la sua vita nella causa di Cristo, agli occhi del mondo parrà come se la sua vita la buttasse via, la sprecasse, ma un giorno da questo raccoglierà un frutto eterno. Egli sarà preservato nella sua vita temporale fintanto che avrà compiuto la volontà e l'opera di Dio manifestando di avere in sé qualità di vita spirituale di portata eterna. Il sacrificio di Cristo torna a vantaggio dei Suoi discepoli, ed esso stesso - oltre al valore suo proprio - stabilisce un modello, uno stile di vita autenticamente produttivo.

3. La risposta ai "Greci". La risposta ai Greci che vorrebbero conoscerlo da vicino, Gesù la dà così con l'ultimo versetto di questo testo: "Se uno mi serve, mi segua; e là dove sono io, là sarà anche il mio servo; se uno mi serve, il Padre l'onorerà", vale a dire: "Se uno desidera conoscerMi veramente, essere Mio seguace autentico, mi segua nell'esercizio dell'amore, dell'umiltà, della pazienza, nella negazione di sé, nell'abbandono a compiere la volontà di Dio, nell'adempimento di ogni suo dovere, nella via della sofferenza. Come il maestro, così saranno anche i Suoi discepoli, come il capo anche le membra. "In questo è glorificato il Padre mio, che portiate molto frutto, e così sarete miei discepoli" (Gv. 15:8).

Com'è Lui ed insieme a Lui saranno anche i Suoi discepoli, nella sofferenza si, ma pure nella conseguente gloria. Dio Padre onorerà generosamente chi Lo avrà onorato in Cristo. La risposta ai Greci è dunque questa: "Sono onorato del vostro interesse, ma potrete veramente comprendermi quando continuerete a stare con me ed a seguire fattivamente le mie orme". Siamo invitati noi tutti ad accogliere questa stessa sfida.

[Paolo Castellina, sabato 8 marzo 1997. Tutte le citazioni, salvo diversamente indicato, sono tratte dalla versione Nuova Diodati, edizioni La Buona Novella, Brindisi, 1991].

Ritorno


This page hosted by Get your own Free Home Page