“L’abbiamo
già sentita questa storia”, dicono molti ai quali si ripropongono i racconti
della Bibbia. Non capiscono, però, che non si tratta di racconti qualsiasi, ma della
vivente Parola di Dio, che ci parla in modo sempre nuovo ogni volta che la
leggiamo. Tutti coloro che si avvicinano ad essa con cuore credente, consapevoli
di ciò che essa è, cioè vera Parola di Dio, possono testimoniare delle
ricchezze insondabili in essa contenute. Non si stancano i bambini piccoli,
quando, prima di addormentarsi, chiedono alla mamma di raccontare loro sempre la
stessa storia della buona notte. La mamma potrà essere anche infastidita dal
doverlo fare sempre di nuovo, ma per i bambini la cosa è significativa e
rassicurante: vogliono rivivere sempre di nuovo le emozioni di quel racconto.
Allo stesso
modo, c’è una sapienza mai abbastanza apprezzata, nel fatto che il calendario
cristiano ci riproponga ogni anno il racconto dei fatti fondamentali della
nostra fede: fra questi vi sono quelli che riguardano la sofferenza, la
morte e la risurrezione del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo e che sono
preceduti dal racconto sull’ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme, la
domenica precedente la Sua morte in croce, denominata “la domenica delle
palme”. Nell’istruzione catechistica dei nostri figli questi fatti vengono
loro presentati, ma guai se fosse l’unica ed ultima volta della loro vita!
Ci viene
chiesto, così, non solo di leggere il resoconto evangelico di questi
avvenimenti, ma di “contemplarli”, di meditarli, non solo perché essi sono
la chiave per comprendere la nostra salvezza eterna, ma perché sono racconti di
una vitalità interna senza pari. Contempliamo, allora, e riflettiamo
diligentemente, su quanto ci racconta l’apostolo Giovanni, al capitolo 12 del
suo vangelo.
"Il
giorno seguente, una grande folla che era venuta alla festa, udito che Gesù
veniva a Gerusalemme, prese dei rami di palme e uscì incontro a lui,
gridando: «Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re
d'Israele!». E Gesù, trovato un asinello, vi montò sopra come sta scritto:
«Non temere, o figlia di Sion; ecco, il tuo re viene, cavalcando un puledro
d'asina». Or i suoi discepoli non compresero sul momento queste cose, ma
quando Gesù fu glorificato, allora si ricordarono che queste cose erano state
scritte di lui e che avevano fatte queste cose a lui. La folla dunque, che era
con lui quando aveva chiamato Lazzaro fuori dal sepolcro e l'aveva risuscitato
dai morti, gli rendeva testimonianza. Perciò la folla gli andò incontro,
perché aveva udito che egli aveva fatto questo segno. I farisei allora
dissero tra di loro: «Vedete che non guadagnate nulla; ecco, il mondo gli va
dietro»" (Gv. 12:12-19).
Lui è venuto come un Re, un umile Re, un Re di pace, un Re mendicante a cavallo di un asino preso in prestito. Questo è il Gesù della Domenica delle Palme. Questo Re entra nella Sua capitale, Gerusalemme, per la Pasqua, l’ultima Pasqua dell’antica alleanza. Non passeranno che pochi giorni ed Egli avrebbe fatto della Pasqua qualcosa di nuovo – non l’occasione di sacrifici rituali, ma il sacrificio vero e supremo, quello del Suo Corpo e del Suo Sangue. Entro pochi giorni, Egli avrebbe dato la Sua vita come l’Agnello di Dio, il sacrificio pasquale del quale tutti i sacrifici precedenti erano la prefigurazione. Entro pochi giorni il Re avrebbe preso possesso del Suo regno, morendo e risorgendo dai morti.
Per tutta la settimana quella città era stata in fermento con voci che passavano di bocca in bocca e con domande. Gesù sarebbe venuto a Gerusalemme, quest’anno, per la Pasqua? Certo sarebbe stato comprensibile se Gesù avesse deciso di rimanersene a nord, in Galilea. C’erano state minacce contro la Sua stessa vita. I capi sacerdoti e i Farisei l’avevano fatto capire in modo inequivocabile. Chiunque avesse visto Gesù avrebbe dovuto subito informarli, affinché fosse arrestato.
Il giorno precedente Gesù era stato intravisto a Betania a casa di Maria, Marta, e Lazzaro, che Egli aveva risuscitato dai morti (Gv. 12:1ss). Vi era stato invitato per un convito, e Maria aveva fatto quel gesto simbolico di ungergli i piedi con un olio profumato molto costoso. Era una sorta di preparazione per la Sua sepoltura, così Gesù lo aveva interpretato. Si, Gesù sapeva che avrebbe ben presto dovuto affrontare la morte.
Una grande folla era venuta per vedere Lui e Lazzaro. Anche Lazzaro, infatti, era diventato una celebrità. Certo non si vede tutti i giorni uno che fosse stato morto per quattro giorni. C’erano perfino state minacce di morte contro Lazzaro! Povero Lazzaro: tutto quello che lui aveva fatto era di uscire dalla tomba quando Gesù aveva chiamato il suo nome, e per questo i leader religiosi stavano complottando di uccidere pure lui, perché, per la testimonianza di Lazzaro, la gente credeva a Gesù.
Una volta sparsa la voce che Gesù si trovava in
paese, non c’era davvero modo di fermare la folla e l’attenzione. La
tensione stava aumentando e tutti percepivano che qualcosa sarebbe ben presto
successo. Così, quando Gesù, il giorno seguente, sarebbe andato a
Gerusalemme, quello era il primo giorno della settimana, e l’avrebbe fatto
apertamente e pubblicamente. Chiede così ai Suoi discepoli di prendere a
prestito da qualcuno un asinello e, sedendo sul suo dorso, Gesù entra in
Gerusalemme come un re. L’evangelista Giovanni ci dice che la folla, presi
rami di palma per agitarli in segno di saluto e pubblico riconoscimento, aveva
formato una sorta di processione lungo la via. Agitando questi rami di palma
nell’aria, la folla cantava versetti dal Salmo 118: «Osanna! Benedetto
colui che viene nel nome del Signore, il re d'Israele!».
Si prepara così la scena, la Settimana Santa era iniziata. Gesù, il figlio
promesso del re Davide, il Re Messia, era venuto nella Sua città, e la sua città
Lo aveva accolto.
All’osservatore casuale questa sarebbe sembrata
più un’espressione spontanea di appoggio e simpatia, che una parata
preparata, ma che Gesù fosse apparso a cavallo di un asinello, era, in qualche
modo, cosa preparata da secoli. Cinquecento anni prima circa, il profeta
Zaccaria aveva già preparo il popolo per il Messia che sarebbe venuto: “Esulta
grandemente, o figlia di Sion, manda grida di gioia o figlia di Gerusalemme!
Ecco, il tuo re viene a te; egli è giusto e porta salvezza, umile e montato
sopra un asino, sopra un puledro d'asina” (Za.
9:9). I piani di questa processione erano dei “lavori in corso” già da
tempo. Erano radicati nella storia di Israele e nei riflessi della gente,
proprio come il saluto della bandiera o inchinarsi di fronte ad una croce. Il
popolo conosceva questa profezia, e conosceva il Salmo 118. Conoscevano la
liturgia e il protocollo di dare il benvenuto ad un re con rami di palma ed
osanna. I “bottoni” del grande evento messianico erano stati premuti.
I leader religiosi certo non erano stati tanto distratti da non accorgersene.
Una parata come questa avrebbe potuto inchiodare anche voi su una croce!
Ogni dettaglio di questa parata era importante: l’asinello, le palme, gli osanna.
1. L’asinello. L’asinello era un animale di pace, umile rispetto al cavallo, che era ciò su cui si montava per andare in guerra. Davide cavalcava asinelli. E’ un po’ come un capo di stato che arrivi su una lussuosa limousine oppure in una “cinquecento” con il tetto apribile. Gesù andava a Gerusalemme per far guerra, non contro la città, ma contro la morte e il diavolo. Non era il tipo di guerra che si combatte con le armi di questo mondo. Gesù avrebbe ben presto detto a Pietro di mettere via la spada. Egli andava a combattere il diavolo, e il nostro peccato, e la Legge che ci condanna all’inferno. La Sua unica arma era la Sua umile ubbidienza alla volontà del Padre celeste. “Trovato nell'esteriore simile ad un uomo, abbassò se stesso, divenendo ubbidiente fino alla morte e alla morte di croce” (Fl. 2:8).
Questo è il Re servitore che offre la Sua stessa vita per i Suoi sudditi. Ogni altro re avrebbe mandato i suoi soldati in battaglia per lui. Questo re, però, depone la Sua stessa vita per il Suo popolo. Entra da solo nel campo di battaglia, cavalcando un animale di pace. Il campo di battaglia è la città, Gerusalemme, il luogo dei sacrifici. Egli si dirige verso la croce per morirvi con il fardello dei peccati del mondo sulle sue spalle. Quest’uomo perfetto, questo perfetto Israelita, questo figlio del popolo di Dio, il quale aveva osservato l’intera Legge di Dio perfettamente, in ogni suo punto, fino all’ultima virgola, ora cavalca dentro Gerusalemme per prendere su di Sé la pena che quella stessa Legge commina per i peggiori suoi trasgressori. Questo immacolato Agnello di Dio entrava in Gerusalemme per il sacrificio pasquale per togliere i peccati del mondo. Colui che era privo di peccato va a morire la morte del peccatore per le mani di peccatori. Questa è la ricca umiltà di Gesù.
2. Per conseguire pace. Era venuto in pace per spezzare l’arco e le lance di guerra. La violenza di questo mondo, l’odio e l’ira che infuria in noi e si scatena in direzione di altri, era focalizzato su di Lui. L’ira di Dio contro la nostra ribellione si era scatenata su di Lui. “per le sue lividure noi siamo stati guariti” (Is. 53:5). Il Suo castigo ci guadagna la pace. La sua croce significa che Dio è per noi, dalla nostra parte, in pace con noi. Siamo riconciliati, ristabiliti in armonia con Lui. Noi abbiamo pace con Dio attraverso Gesù Cristo. E noi siamo in pace l’uno con l’altro. Non c’è motivo per tenerci il muso, non c’è ragione di non perdonare. Dio non ci accusa più di nulla, tutto è stato scaricato su Gesù, il nostro Re di pace,
3. Il prestito. L’asinello era stato preso in prestito. Erano stato i Suoi discepoli a trovarlo, a scioglierlo, e a dire al padrone: “Il Signore ne ha bisogno”, quando questi era corso a vedere che stava accadendo. Immaginate trovare qualcuno nella vostra auto che sta con la chiave aprendone la porta, che si siede dentro, e che ne accende il motore. E voi che, gridando, correte a vedere: ma che cosa fa quello? E’ un ladro? E lui che vi dice: “Il Signore ne ha bisogno”. Voi così lasciate che parta. Nel regno dei cieli, io vorrei incontrare il padrone di quell’asinello, quest’uomo che la cui semplice fiducia nella Parola di Dio giocò, dietro le quinte, un ruolo importante nella processione trionfale di Gesù in Gerusalemme. Egli prende Dio in parola, e fu onorato con Gesù che usa il suo stesso asinello. Mi domando se essi avessero poi restituito quell’asinello, o se importasse.
Il Signore del cielo e della terra, il Creatore dell’universo, deve prendere in prestito un veicolo! Mentre i re del mondo vanno in giro in grande splendore con i loro autisti personali, ecco un Re mendicante in una “cinquecento” presa in prestito. Colui che non aveva nemmeno un posto in cui andare a riposare, pure non possedeva nessun mezzo di locomozione che lo portasse con dignità ed onore. Colui che era ricco, divenne povero affinché noi diventassimo ricchi nel regno di Dio. Certo questo non è il profilo che ci aspetteremmo per uno che vanti grandezza. Noi cerchiamo i segni del successo e lo sfoggio di potere nei nostri leader. La grandezza nel regno di Dio, però, non si definisce in termini di surplus, ma in quelli del sacrificio, non nel potere, ma nella povertà, non nell’arroganza, ma nell’umiltà. Gesù è il re degli ultimi, dei perduti, degli umili – un Re mendicante in un regno di mendicanti.
4. I rami di palma. I rami di palma parlano di vittoria, di trionfo, di celebrazione, di gioia. Nella cultura del tempo di Gesù i rami di palma erano come gli striscioni colorati e i coriandoli, i fuochi artificiali ed i segni di vittoria. I rami di palma erano per i re vittoriosi che tornavano a casa dopo la guerra. Il nemico è stato sconfitto. I buoni hanno vinto. Organizziamo una parata! Un momento, però. La celebrazione qui sembra un po’ prematura, non è vero? La battaglia decisiva non è ancora stata combattuta. Per Gesù c’è la croce che sta alla fine della Sua strada. La festa della vittoria non sarebbe stato meglio celebrarla la domenica successiva, non questa domenica! Eppure è a questo punto che Gesù viene salutato come un eroe vittorioso, un Re trionfante, in anticipazione della Sua vittoria. Lasciate che il Signore celebri la Sua vittoria una settimana prima!
5. La via della fede. Nel Re Gesù troviamo pure qui la via della fede. Noi celebriamo la vittoria prima che la guerra sia conclusa, perché sappiamo già in partenza chi vincerà la guerra. “ringraziato sia Dio che ci dà la vittoria per mezzo del Signor nostro Gesù Cristo” (1 Co. 15:57). Ogni giorno noi affrontiamo l’incertezza e la morte. Ogni giorno che passa ci avvicina all’ultimo nostro respiro, come pure alla fine del mondo. Ogni giorno ci porta i suoi problemi e le sue sfide, i suoi disastri e le sue delusioni. Ogni giorno noi siamo tentati di dubitare della vittoria del Re Gesù, di vivere come se Gesù non avesse mai trionfato sulla morte, vivere negando che la Sua vita sia all’opera in noi!
Ogni giorno che passa porta sulla nostra via un
poco di morte. Eppure la fede è quella “follia” che ci viene data per
rallegrarci e per scuotere il nostro pugno in faccia alla morte! “Un grido di giubilo e di vittoria risuona nelle tende dei giusti; la
destra del Signore fa prodigi”
(Sl. 118:15). Noi sappiamo come andranno a finire le cose. Finiranno con il
ritorno di Cristo, di Colui che era morto, ma che ora vive nei secoli dei
secoli. Terminerà con il nostro risorgere dai morti in virtù della Sua
risurrezione. Terminerà con la vita eterna per tutti coloro che in questa vita
ripongono la loro fiducia in Gesù. Oggi noi abbiamo come dei rami di palma,
sapendo, attraverso l’annuncio che ce ne dà la Scrittura ed il segno del
battesimo, che la Sua morte è la nostra morte, che la Sua vita è la nostra
vita, che Egli è potente da salvarci, che Egli ha trionfato per noi su ogni
cosa, che, qualunque cosa ci succeda, noi abbiamo vita eterna nel Suo nome e che
nulla mai potrà separarci dall’amore di Dio in Cristo.
Nel regno di Dio ci saranno “rami di palma”. Di fronte a noi abbiamo un’eternità di domeniche delle palme. Nel libro dell’Apocalisse troviamo scritto: “Dopo queste cose vidi una grande folla che nessuno poteva contare, di tutte le nazioni, tribù, popoli e lingue; questi stavano in piedi davanti al trono e davanti all'Agnello, coperti di vesti bianche e avevano delle palme nelle mani. E gridavano a gran voce, dicendo: «La salvezza appartiene al nostro Dio che siede sul trono e all'Agnello». E tutti gli angeli stavano in piedi intorno al trono e agli anziani e ai quattro esseri viventi, e si prostrarono sulle loro facce davanti al trono e adorarono Dio,dicendo: «Amen! La benedizione, la gloria, la sapienza, il ringraziamento, l'onore, la potenza e la forza appartengono al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen!»” (Ap. 7:9-12).
La vittoria appartiene a Gesù. Ecco che cosa predicano i rami di palma. Ecco un re del quale vi potete fidare quando ogni altro re vi delude. Qui, su questo asinello c’è Colui che ha guarito ammalati e ha cacciato demoni, Colui che ha aperto gli occhi ai ciechi e ha restituito l’udito ai sordi, Colui che ha fatto parlare il muto e che ha ridato vita a morti. Ecco Colui che è stato appeso ad una croce per noi affinché noi potessimo vivere nel Suo regno con Lui. Non c’è nessun altro re come Gesù.
6. Le grida di osanna. Le grida di Osanna! Esse ci dicono che Gesù è il Salvatore Re. “Osanna” è una parola ebraica che è passata senza traduzione nella nostra lingua. Essa significa “Signore, salva!”. “Deh, o Eterno, soccorrici ora; deh, o Eterno, facci prosperare ora. Benedetto colui che viene nel nome dell'Eterno; noi vi benediciamo dalla casa dell'Eterno” (Sl. 118:25,26). La persona che sta annegando, grida: “Aiuto! Soccorso!”. La persona in pericolo fa il numero della polizia o dell’autoambulanza e dice: “Aiuto, salvatemi!”.
Salvarci da che cosa? Dal peccato, dalla morte, e dal diavolo – soltanto per citare la malvagia triade. Gesù ci salva dai nostri peccati diventando peccato per noi. Egli ci salva dalla morte e dall’inferno morendo per noi. Egli ci salva dal diavolo combattendo il diavolo per noi. Osanna! E’ il nostro inno di lode in autostrada, in casa, o in ospedale. Osanna! Lo gridiamo nel nostro vicinato e nella nostra nazione. Osanna! Lo cantiamo nelle nostre chiese e nel nostro intimo. Salvaci, Signore! Salvaci dal peccato che ci fa affondare e che ci impedisce a che noi riflettiamo il Tuo amore nella nostra vita. Salvaci dalla morte che ci insegue costantemente, e che ci fa temere, dubitare della Tua vittoria e della Tua bontà. Salvaci dal diavolo che si aggira sempre intorno a noi come un leone ruggente, pronto a sbranare. Salvaci soprattutto da noi stessi, perché lasciati a noi stessi, noi saremmo perduti per sempre.
Osanna è la preghiera del penitente, il grido di chi non ha nulla, le cui mani sono vuote, il cuoi cuore è infranto, il cui spirito è abbattuto e disperato. E questo umile Re che cavalca in Gerusalemme ode i nostri osanna della domenica delle Palme e li trasforma negli alleluia della domenica di Pasqua. Egli porta con Sé alla croce i nostri osanna e ce li inchioda lì! Osanna significa “Fa qualcosa”. E Gesù lo ha fatto. Egli è morto ed è risorto!
“Esulta grandemente, o figlia di Sion,
manda grida di gioia o figlia di Gerusalemme!”, canta
e solleva i tuoi rami di palma o Chiesa di Cristo. Ecco il vostro Re che
viene!”. Egli ancora viene a noi qui ed ora, sulla via della domenica delle
Palme. La Sua città è la Sua Chiesa, la figlia di Sion. Il Suo
asinello è la predicazione della Sua Parola, il pane ed il vino della Santa
Cena, che Egli prende a prestito da noi, per usarli. Essi sono i veicoli
che Lo portano a noi e che ci salvano. Con un'unica differenza, però, Egli non
viene oggi per morire di nuovo. Gesù lo ha fatto una volta per tutte quasi
duemila anni fa. Egli viene oggi per benedire, per nutrirci con i frutti della
Sua morte salvifica, il Suo corpo spezzato per noi, il Suo sangue, versato per
noi. Questi doni Egli ce li dà come vittorioso Re di pace, per regnare su noi
con la Sua morte e risurrezione. Fintanto che Egli non tornerà in gloria, noi
proclamiamo la Sua morte l’uno all’altro ed al mondo in cui viviamo,
annunciando la Sua Parola e celebrando le ordinanze del battesimo e della Cena
del Signore.
Nel culto noi siamo la
Gerusalemme che Lo ha accolto. Anche noi cantiamo Osanna! E’ il canto della
Chiesa che accoglie il suo Re che giunge nella predicazione e nei sacramenti.
Noi cantiamo ogni domenica la stessa identica cosa che la gente cantò a
Gerusalemme quando Gesù vi arrivò cavalcando su un asinello. I nostri osanna
confessano la fede che veramente Gesù viene a noi, che Egli veramente è
presente attraverso la predicazione e quando la chiesa si riunisce per celebrare
ciò che Cristo ci ha comandato. Oggi, mentre cantiamo Osanna! E il re giunge a
noi attraverso la predicazione ed i sacramenti, noi è come se prendessimo quei
rami di palma e li agitassimo in alto. Con rami di palma e canti dei salmi, noi
diamo il benvenuto al nostro Salvatore e Re, umile e come un mendicante, che
viene per salvarci.
«Osanna!
Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d'Israele! Osanna!
Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d'Israele!»”
Amen.
(Paolo Castellina,
sabato 15 aprile 2000. Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente indicato,
sono tratte dalla versione Nuova Diodati,
ediz. la Buona Novella, Brindisi, 1991).
1. “Esulta
grandemente, o figlia di Sion, manda grida di gioia o figlia di Gerusalemme!
Ecco, il tuo re viene a te; egli è giusto e porta salvezza, umile e montato
sopra un asino, sopra un puledro d'asina. Io farò scomparire i carri da Efraim
e i cavalli da Gerusalemme; gli archi di guerra saranno annientati. Egli parlerà
di pace alle nazioni; il suo dominio si estenderà da mare a mare, e dal Fiume
fino all'estremità della terra” (Za. 9:9,10).
2. Filippesi 2:1-13. “trovato
nell'esteriore simile ad un uomo, abbassò se stesso, divenendo ubbidiente fino
alla morte e alla morte di croce” (Fl. 2:8).
3. Giovanni
12:12-19. “…prese dei rami di
palme e uscì incontro a lui, gridando: «Osanna! Benedetto colui che viene nel
nome del Signore, il re d'Israele!»” (Gv. 12:13).