La stria

II ricordo dei processi alle streghe, celebrati nel 17° secolo, si e mantenuto vivo a lungo. Nel 1875 si rappresentò per la prima volta la tragicommedia La stria (La strega) di Giovanni Andrea Maurizio. Scritta in dialetto bregagliotto, La stria conquistò il cuore della popolazione. Venne rimessa più volte in scena (l’ultima nel 1979) con la partecipazione di numerosi dilettanti locali. Giovanni Andrea Maurizio nacque a Vicosoprano nel 1815. Studiò teologia a Zurigo, ma dovette interrompere gli studi per motivi di salute. Durante un soggiorno a Cracovia imparò polacco e russo. Dopo ulteriori studi a Firenze insegnò in vari istituti, fra l’altro alla Scuola evangelica di Schiers. Sempre per motivi di salute dovette però lasciare l’insegnamento. Si ritiro allora nella valle nativa, dedicandosi all’agricoltura. Fu nominato landamano di Bregaglia. Nel 1865 pubblicò uno scritto polemico “Zeitgeist” (Spirito del tempo), un attacco all’atteggiamento materialistico e mercantile che si accompagnava al progresso tecnico. Dopo aver ripreso l’insegnamento per qualche anno, morì a Vicosoprano nel 1885. G. A. Maurizio era profondamente legato alla tradizione riformata e nel contempo convinto fautore della tolleranza fra le confessioni.

L’epilogo di La stria e costituito da una voce celeste che esorta all’umiltà sia i cattolici che i riformati e li incita a fare pace fra loro. Maurizio ritiene che anche la credenza alle streghe sia frutto dei tempi bui dell’intolleranza e l’ossessione possa essere superata dalla forza dell’amore. L’opera e intessuta di molte scene che rappresentano vita, tradizioni e parlata dei diversi villaggi. La trama si può cosi riassumere:

Tumee, giovane di buona famiglia, ama Anin, una fanciulla povera. Questo suscita la gelosia della giovane Menga che, per distogliere Tumee dalla rivale, la calunnia di essere una strega. Anin e arrestata ed interrogata. Sotto tortura la poveretta confessa e viene condannata a morte. Tumee perdura però nel suo amore e tenta di farla evadere dal carcere. Nel contempo Menga, rosa dal rimorso, smaschera la sua calunnia e Anin viene graziata.

Anche se nel 16° secolo non vi furono processi alle streghe in Bregaglia, Maurizio ambienta la vicenda nell’epoca della Riforma. Questo gli da l’opportunità di mettere in scena i riformatori della Valle Bartolomeo Maturo e Pier Paolo Vergerio, come pure i difensori della “vecchia fede” e di dare voce ai loro messaggi. La liberazione di Anin e la sua felice unione con Tumee sono d’auspicio per una più vasta unione oltre i confini confessionali, nella tolleranza e nell’amore.

 

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