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Baldo Lupetina

Lupetina, nato da nobile famiglia albonese. Da giovane era entrato nell'Ordine dei Conventuali e ben presto si era fato notare per le sue doti e capacità, tanto che fu fatto Provinciale dell'Ordine. Ma abbracciato le dottrine dei protestanti tedeschi, si diede a diffondarle anche dal pulpito. Denunziato presso il Santo Officio [di Venezia] da un certo Jacopo Curzola da Cherso, dove il Lupetina aveva predicato la Quaresima del 1540 e aveva parlato contro un giubileo surrettizio di quei frati, dovette comparire dinnanzi al tribunale per scolparsi delle accuse che gli venivano mosse. Risulto dal processo che Fra Baldo ammetteva la predestinazione, negava l'esistenza del Purgatorio ed il libero arbitrio, sosteneva che Cristo ci ha redenti per i Suoi meriti e quindi che erano inutili le buone opere.

In base alle risultanze del processo il Lupetina venne condannato nell'anno 1543 al carcere perpetuo e al pagamento di 100 ducati all'arsenale di Venezia. Ma nemmeno in carcere il frate albonese desistette dalla propaganda delle sue dottrine. Per cui nel 1547 fu sottoposto ad un processo, in seguito al quale venne condannato al rogo. Risparmiato anche questa volta dalla degradazione e dalla decapitazione grazie alla clemenza del Doge e del Consiglio dei Dieci intercedenti il Duca di Sassonia ed altri principi tedeschi, la condanna gli fu commutata in quella di carcere fino a quando il Lupetina non si fosse ravveduto ed avesse abiurato.

Si deve notare qui, che durante il secondo processo, il procuratore fiscale aveva presentato al Lupetina 16 articoli in forma di domande, alle quali l'accusato doveva dare una risposta scritta, con un semplice si o no. Ma poiché gli inquisitori vennero a sapere che per Venezia circolavano gli articoli proposti al Lupetina con il suo commento, istituirono un nuovo processo, dal quale apparve che Fra Baldo aveva continuato la sua propaganda nel carcere ed aveva conservato tutte le opinioni manifestate nei due primi processi, negando specialmente la superiorità del Papa sui Vescovi. Non volendo egli abiurare neanche questa volta alle sue dottrine, fu condannato nel settembre del 1556 alla morte per annegamento. Così dopo 20 anni di carcere sostenuto con sprezzante fierezza e dignità, ricusando di subire l'umiliazione dell'abiura, che forse gli avrebbe salvato la vita, Fra Baldo Lupetina nell'anno 1556 finiva miseramente i suoi giorni affogato nelle acque della laguna. La condanna sollevò grande rumore, tanto che si tentò di liberarlo.

Nel luglio del 1553 il Duca Cristoforo del Wurtenberg, su esortazione del Vergerio, scrisse al Doge chiedendo la liberazione di Fra Baldo ma il Doge rispondeva: "nostrum omnino non est eorum (qui eius generis causas discreptant) decretum aliqua ex parte immutare", (Schott Veregers Briefwechsel, p.87)

 

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