Pier PaoloVergerio (1498-1565): nunzio pontificio, vescovo e riformatore


Studio presentato dal Prof. Emidio Campi in occasione del quinto centenario della nascita di Pier Paolo Vergerio (da "Voce Evangelica")

Pier Paolo Vergerio nunzio pontificio, vescovo di Capodistria e poi consigliere del duca Ulrico del Württenberg. Ma in questa presentazione si vuole soprattutto ricordare l'uomo che con la sua predicazione, con i sui numerosi scritti e con il suo impareggiato talento evangelistico contribui in maniera determinante all'introduzione della Riforma protestante nella Val Bregaglia.

Se si prescinde dal congresso internazionale organizzato dall'universita di Udine nell'ottobre del 1998 (Vergerio, un polemista attraverso l'Europa del Cinquecento) , questo e, a mia conoscenza, l'unico incontro in cui si cerca di fare uscire dall'oblio la figura del nostro personaggio. Se pero vogliamo essere davvero rispettosi della memoria di Vergerio, ci incombe l'obbligo di restare sul terreno della critica storica, anziche su quello delle motivazioni sentimentali o delle apologie confessionali.

C'e infatti una certa tendenza, fra gli storici di oggi, a dare un giudizio negativo sulla personalita 'polemica' e 'ambiziosa' del nostro personaggio. Talvolta si tratta di giudizi provenienti da ambienti protestanti: impegandosi tanto nella polemica contro la chiesa di Roma, Vergerio avrebbe perso alquanto di vista i veri problemi di teologici. Moltre altre volte, invece, si tratta di variazioni sul solito tema dell'Inquisizione romana. Che esagerato quel Vergerio - si dice - a prendersela tanto con l'Inquisizione romana. Tanto, lo si sa, l'inquisizione non e stata cosi cattiva come la si dipinge. Si, e vero che essa tento di assassinare il Vergerio con una schioppettata proprio qui a Vicosoprano. Ma i veri 'duri' non furono i prelati romani, bensi i principi. Confesso che questo modo di ragionare mi convince assai poco. La tendenza a svalutare l'opera di controversista del Vergerio mi sembra altrettanto offensivo verso la verita storica quanto quella che intende minimizzare le drammatiche responsabilita del Santo Uffizio. Entrambe non sembrano tenere conto della gravita della situazione religiosa e politica europea tra gli anni 40 e 60 del Cinquecento.

Noi ci scordiamo troppo facilmente che in Europa, dalla fine degli anni 30 e fino alla morte di Vergerio nel 1565, si visse in pratica in un clima di guerra di religione, che fu anche guerra aperta e sanguinosa nell'Impero, cruenta in Inghilterra e Francia, ma fu come minimo anche guerra fredda, a volte neanche tanto fredda, nella penisola italiana. Qui un quarto di secolo dopo la protesta di Lutero, quando divenne evidente che il dissenso religioso aveva assunto proporzioni tali da essere sentito come pericolo non solo dalla chiesa ufficiale, ma anche dal potere costituito, la gerarchia cattolico-romana inizio un\rquote azione sistematica di arginamento e di riconquista delle posizioni perdute. Decisiva fu in questo senso fu la costituzione del 'Santo Officio della Inquisizione' nel luglio 1542. In quello stesso anno, Pietro Martire Vermigli, forse il piu grande teologo protestante italiano di tutti i tempi e il cappuccino Bernardino Ochino, il piu celebre predicatore dell'epoca, abbandonarono la penisola e trovarono asilo in Inghilterra e a Zurigo. Anche l'umanista piemontese Celio Secondo Curione, nel 1542, si rifugio nella Confederazione elvetica, trovando ampia stima come professore di retorica all'universita di Basilea. Poco tempo dopo, l'ex eremita agostiniano Agostino Mainardi, originario di Saluzzo in Piemonte, l'ex canonico lateranense Girolamo Zanchi, originario di Bergamo, e l'ex francescano napoletano Scipione Lentolo si rifugiarono a Chiavenna, ove svolsero il loro ministero pastorale. Nel 1547 comparve nei Grigioni ex agostiniano eremitano Giulio della Rovere o Giulio da Milano, che trascorse il resto della sua vita come pastore a Vicosoprano e a Poschiavo. Da Lucca e Modena decine di famiglie appartenenti all'aristocrazia cittadina emigrarono verso Ginevra. A Ferrara e a Venezia si contano a centinaia le persone che abbanmdonarono la patria e si rifugiarono nei territori protestanti per essere liberi di professare la propria fede. La decisione di Pier Paolo Vergerio di ritirarsi nei Grigioni va vista quindi su questo sfondo molto piu ampio delle vicende drammatiche che il protestantesimo ha avuto nel secolo XVI in Italia.

Molti di coloro che fuggirono davanti all'Inquisizone romana si rifugiarono nella terra di Martin Lutero ma a Ginevra, Zurigo e soprattutto nei territori delle Leghe retiche. La 'Rhaetia' era allora uno stato federale comprendente i Grigioni propriamente detti (Graubünden), la Lega delle Dieci Giurisdizioni (Zehngerichten) e la Lega della casa di Dio (Gotteshausbund), nonche la Valtellina e i distretti intorno a Chiavenna e Bormio, che i retici avevano staccato al Ducato di Milano ed annesso nel 1512 alle proprie terre. Perche questa scelta? Innanzitutto per la relativa vicinanza all'Italia e per motivi linguistici, essendo l'italiano una lingua corrente in queste zone dati gli stretti legami commeciali esistenti. Ma anche e soprattutto perche nei territori sottoposti alle Leghe retiche vigeva dal 1526 (dieta di Ilanz) una relativa tolleranza religiosa, che permetteva ai singoli borghi, villagi e distretti di scegliere tra la fede cattolica o evangelica. Era una condizione davvero eccezionale per una regione che faceva parte della diocesi di Como.

Ma chi era Pier Paolo Vergerio? Diciamo subito che si tratta di un personaggio complesso e affascinate, la cui vita e degna di un eroe da romanzo. E non a caso Fulvio Tomizza ne ha fatto il pratoganista del suo romanzo: Il male viene dal Nord.. Un originale discendente della famiglia Vergerio, esatto omonimo del nostro personaggio, ha scritto prima di lui un altro romanzo, molto meno noto ma certo altrettanto avvincente: Il cavaliere della Riforma. Egli nacque a Capodistria, piccolo paese a pochi kilometri da Trieste allora sottoposto alla Repubblica di Venezia. Discendeva da una famiglia gentilizia impoverita che vantava tra i suoi antenati un celebre umanista, Pier Paolo Vergerio seniore (1370-1444). Compi gli studi giurdici a Padova, dove si lego d'amicizia con il circolo d'umanisti raccolto intorno al poeta e furturo cardinale Pietro Bembo. Entro nella magistratura veneziana e si sposo nel 1526 con Diana Contarini, morta meno di un anno dopo le nozze. Seguendo le orme del fratello maggiore Aurelio, segretario del papa Clemente VII, nel 1532 si mise al servizio della chiesa. Clemente VII lo invio prima come diplomatico a Venezia e poi l'anno successivo come nunzio pontificio a Vienna, presso la corte di re Ferdinando, fratello dell'imperatore Carlo V. Nel 1535 il nuovo papa Paolo III lo invio presso i principi tedeschi per convincerli a partecipare al concilio che avrebbe dovuto avere luogo a Mantova. Qui visito le principali corti germaniche ed ebbe occasione di incontrare personalmente Lutero a Wittenberg.

Al suo rientro in Italia nel 1536, i servigi resi nell'esercizio della nunziatura vennero ricompensati con la nomina a vescovo di Modrus in Croazia e, poco dopo, di Capodistria, una sede vescovile povera di risorse economiche e sulla quale gravava per giunta una pensione pagabile ad un favorito del cardinale Alessandro Farnese, nipote del papa Paolo III. Disilluso da tale trattamento, si mise a cercare protettori: accetto l'ospitalita di vari principi e prelati, visito le corti di Francia e partecipo per incarico del re Francesco I al colloquio di religione di Ratisbona nel 1541, conoscendo personalita di spicco del protestantesimo come Melantone, Bucero, Sturm. In questo periodo entro in contatto con gli 'spirituali', esponenti del riformismo cattolico che desideravano un rinnovamento interiore della chiesa ma evitando gli scismi: Contarini, Pole, Fregoso, Eleonora Gonzaga, Vittoria Colonna. La lettura di scritti dei riformatori transalpini e l'incontro con la cerchia degli 'spirtuali' provocarono in lui una crisi religiosa. Ritornato nel 1541 nella sua diocesi di Capodistria, vi inizio una riforma dottrinale, morale e disciplinare. I suoi sforzi vigorosi e talvolta imprudenti di combattere gli abusi del clero e dei frati gli procurarono l'accusa di eresia. Mediante abili manovre legali e appellandosi a personalita influenti, tra cui i prelati raccolti al concilio di Trento, riusci a sfuggire al processo. Ma era ormai braccato dall'inquisizione, sicche il 1 maggio 1549, come gia Vermigli e Ochino prima di lui, si decise a prendere la via dell'esilio per non essere costretto a rinnegare la sua fede protestante.

Due settimane dopo la fuga dall'Italia Vergerio era a Chiavenna, accolto calorosamente dal pastore del luogo, Agostino Mainardi, egli stesso esule per causa di religone. Si sposto poi a Coira per conoscere i dirigenti delle chiese retiche, i pastori Commander e Gallicius, e da li si reco a Poschiavo. La meta non era casuale, perche qui vi era l'unica tipografia di lingua italiana della regione, fondata da Dolfin Landolfi. Qui Vergerio si mise a pubblicare molti scritti che aveva portato con se dall'Italia. Nel novembre del 1549 si trasferi a Basilea, dove nel giro di due o tre mesi pubblico una decina di trattati, alcuni dei quali di notevoli proporzioni, come i 'Dodici trattatelli' o le 'Otto defensioni'. Ancora in dicembre scrivendo al riformatore di Zurigo, Heinrich Bullinger, manifestava l'intenzione di fermarsi in quella citta. Ma nel gennaio 1550 accetto invece l'invito della comunita di Vicosoprano di diventare pastore. La ragione principale del trasferimento fu certamente la possibilita di risiedere a poca distanza dal ducato di Milano e dei domini veneziani con un incarico preciso e onorevole, e quindi d'intrattenere rapporti con diplomatici, influenti viaggiatori di passaggio. Inoltre Vicosoprano gli permetteva di mantenere contatti con gli altri grandi centri della Riforma: Zurigo, Basilea, Berna, Losanna.

A Vicosoprano il capodistriano rimase fino alla primavera del 1553, quando accolse l'invito del duca Cristoforo del Württemberg di trasferirsi a Tubinga come consigliere in materia religiosa. Nei tre anni e pochi mesi trascorsi a Vicosoprano, Vergerio svolse un ministero pastorale esemplare mettendo la sua cultura eccezionalmente vasta e i suoi doni al servizio del popolo di montanari che lo ospitava, scrivendo sia trattatelli divulgativi sia opere controversistiche molto documentate. Scrisse non meno di quaranta opere, tra cui quella con la quale acquisto fama europea, la 'Historia di M. Francesco Spiera' (1551). Spiera era un giurista veneto che avendo abiurato nel 1548 la fede protestante, fu tormentato da gravi dubbi e rimorsi e mori subito dopo. Il caso Spiera divenne nel mondo protestante un'epitome, una specie di monito divino a guardarsi dal rinnegare la fede.

Della sua attivita di questo periodo siamo bene documentati attraverso la sua corrispondenza con i teologi zurighesi Theodor Bibliander, Konrad Pelikan, Josias Simler, con Rudolf Gwalther, che egli ebbe modo di conoscere personalmente nel corso di vari soggiorni a Zurigo. Nella favolosa ricchezza di documenti dell'AStZ e della ZBZ/Fondo Hottinger c'e pero qualcosa di ancora piu significativo: la corrispondenza tra Vergerio e Bullinger che si estende dal 1549 al 1564, cioe dal momento del suo arrivo in Svizzera fino a pochi mesi prima di scendere nella tomba. Allo stato attuale delle nostre conoscenze, disponiamo di '145 lettere di Vergerio a Bullinger e 7 di Bullinger a Vergerio'. Un carteggio cosi imponente da da pensare. Tanto piu che non c'e niente di equivalente nell'emigrazione italiana 'i religionis causa'. Un'occhiata a questo epistolario, in massima parte ancora inedito, serve a mettere meglio a fuoco la personalita di Vergerio. Ovviamente, questa non e la sede per riferire dei risultati di questo studio. Per forza, dovra limitarmi a tracciare un abbozzo molto alla buona, a guisa di esemplificazione di quello che si puo dedurre da una tale lettura.

Per cominciare, balza subito agli occhi l\rquote interesse di Vergerio e Bullinger per la seconda fase del 'concilio di Trento' (1 maggio 1551-28 aprile 1552). E' impressionante vedere come Vicosopraano, la Valtellina furono per Vergerio un eccellente luogo di osservazione dell'assemblea tridentina. Per es. una lettera del 7 gennaio 1551 informa Bullinger della avvenuta consegna all'imperatore della bolla d'indizione del concilio, nonche di un'altra bolla papale con la quale si fa divieto ai vescovi di leggere libri evangelici. Con feroce umorismo Vergerio, blatera contro i padri conciliari bollandoli per 'asini, ignoranti ed empi ignari delle nostre cose'. D'altra parte, informa Bullinger di avere in stampa un libello che aprira gli occhi all' Europa intera sui misfatti e le imposture di quei demoni' (ivi). Un'altra volta irride ostentatamente alla gustosa vicenda di un vescovo spagnolo arrestato a Bergamo sulla via del ritorno per contabbando di tessuti (30.4.1552). E naturalmente, con la cronaca del concilio agita il fantasma sanguinolento dell'intolleranza papista che colpisce gli aderenti alla nuova fede in Italia. Le lugubri notizie che egli comunica a Bullinger costituiscono forse la critica piu implacabile verso la chiesa romana: oggi e l'arresto del vescovo Vittore Soranzo di Bergamo; domani e la morte di due fratelli nelle carceri di Firenze e Venezia; un'altra volta e la fuga di Celso Martinengo dall'Italia ; un'altra volta ancora e la colorita narrazione di un attentato ad un fratello italiano ma che in realta era rivolto a lui stesso (7.5.1551; 30.4.1552; 1.6.1551; 13.12.1551). Nella presentazione dei decreti dottrinali sui sacramenti, sul significato sacrificale della celebrazione eucaristica la sua polemica contro quella che egli definisce la 'tridentina synagoga' resta sempre entro gli angusti confini di un acre commento alle notizie del giorno, senza mai assurgere alla discussione teologica vera e propria (10.11.1551).

Ma anche se le lettere del Vergerio sul concilio non raccontano nulla di gran che originale, sono a loro modo un documento di un certo interesse. Ci si domanda quale possa essere stato il risultato dell'intrecciarsi di tali lettere tra Vicosoprano e Zurigo ed il contraccolpo di questa informazione su Bullinger. Viene, per esempio, da chiedersi se questa cronaca minuta, queste piccole cose che fanno atmosfera e spingono a confronti stimolanti non debbano essere maggiormente considerate, di quel che sinora sia stato fatto, per comprendere la successiva posizione di irrigidimento di Bullinger nei riguardi del cattolicesimo tridentino. Penso qui in particolare alla sua opera 'Gegensatz und kurzer Begriff der evangelischen un päpstlichen Lehre' (lat. Antithesis et compendium evangelicae et papisticae doctrinae) del 1551, ma anche all'altra del 1561 'Von den Concilien'. Per lo meno leggendo il 'Diarium' di Bullinger, nel quale egli annotava gli eventi piu significativi, si ha la sensazione tangibile che i contatti epistolari avuti con Vergerio abbiano lasciato una qualche traccia. L'evento ecclesiastico piu significativo dell'anno 1551 e per Bullinger la convocazione del concilio di Trento. Tra le cose degne di memoria risulta la seguente: 'Petrus Paulus Vergerius demonstrationem nostram de eo scriptam, quod concilium Tridentinum institutum sit ad opprimendam veritatem, non editam sed manu scriptam, convertit in Italicam et auctam aedidit in Rhaetia'.

Un ampio spazio dell'epistolario e dedicato all'Inghilterra. Sappiamo tutti che sotto il breve regno di Edoardo VI (1547-1553) si attuo la riforma della chiesa d'Inghilterra in senso riformato, o meglio ancora, il passaggio di un intero regno alla corrente riformata del protestantesimo A motivo della sua giovane eta e della sua precoce pieta, Edoardo VI fu subito riconosciuto come il nuovo Giosia da Thomas Cranmer, Bullinger, Calvino, Bucero, Vermigli, Laski, Ochino e dai tanti altri teologi che contribuirono a compiere questo trapasso teologico, cosi come la regina Maria, detta la Sanguinaria per violenta repressione del protestantesimo, fu in seguito vista come la nuova Izebel. Cio che viceversa e poco noto - e che tra Vicosoprano e Zurigo si forgiavano progetti riguardo a quel regno. Tra il 13 dicembre 1550 e il 2 gennaio1553 (cioe durante il regno di Edoardo) Vergerio scriveva 11 lettere al Bullinger nelle quali si trattava di affari inglesi, o nel latino di Vergerio, 'de Angliae negotio'. Cosi si apprende del proposito dell'ex-vescovo di Capodistria di ottenere, attraverso i buoni uffici dello zurighese, un sussidio economico per il suo lavoro nei territori delle Tre Leghe (12.3.1551; 6.7.1551;13.12.1551, 27.2.1552). Addirittura Vergerio matura l'idea di un trasferimento in Inghilterra (3.3.1552; 20.6.1552). E non si tratto solo di un sogno sognato nella solitudine delle montagne della Bregaglia. L'epistolario riferisce di colloqui con l'ambasciatore inglese Richard Morysine, latinamente Ricardus Morusinus, nei quali deve essere stata evocata la possibilita di una sua successione al Bucero, che era morto nel febbraio 1551. Tuttavia in una lettera a Bullinger del 10 luglio 1552 Vergerio afferma chiaramente di non ambire a tale impiego, sibbene a quello di pastore della chiesa italiana di Londra, adducendo come spiegazione che 'in hoc genere diutius sum versatus et plus possem praestare'. Il 22 agosto 1552 prega Bullinger di annunziare il suo arrivo imminente in Inghilterra e il 15 settembre dello stesso anno chiede a Bullinger di perorare il suo caso presso l'ambasciatore Morysine, con cui asserisce di voler viaggiare verso l'Inghilterra. Ma la guerra e la peste rendono impossibile il viaggio, sicche come si esprime Vergerio nella lettera al Bullinger del 2 gennaio 1553, 'tum ob hanc causam, tum ob alias multas haerebo nunc apud meos Rhaetos'. Il progetto di un trasferimento Inghilterra venne abbandonato quando al Vergerio giunse l'offerta del duca Cristoforo del Württemberg. Non cesso viceversa, l'interessamento del Nostro per le vicende inglesi, che non fu modesto affatto. Nel settembre del 1554 Vergerio annunziava Bullinger l'invio di fondi da parte del duca Cristoforo per i rifugiati inglesi sul continente (28.9.; 6.10.; 30.10.). Insomma, attraverso queste lettere scambiate tra Vicosoprano e Zurigo scopriamo un aspetto inedito del Vergerio, il fascino cioe che ha esercitato su di lui, come su tanti altri teologi contemporanei da Calvino a Bullinger, dell'adesione al protestantesimo del regno d'Inghilterra.

Dalla Bregaglia Vergerio guarda non solo a Londra, ma anche a Ginevra. Cosa scrive nelle sue lettere a Bullinger su Calvino? Faccio, tra i tanti possibili, l'esempio del 'caso Serveto', l'eretico condannato a morte a Ginevra, la cui drammatica fine ha fornito materia per controversie mai concluse. Vergerio prende posizione in due lettere a Bullinger del 3 e dell' 8.10.1553. Nella prima afferma di "aborrire le ideee di Serveto e di tale genere di mostri, tuttavia non ritiene che si debba usare contro di lui ferro e fuoco". Nella seconda dichiara di essere "terrificato dalla tragedia servetiana". Egli ha la sensazione che non si possa dire nulla, che non esagiti sia i papisti sia i veri fedeli. Col pretesto di riformare le chiese, se ne scuotano le fondamenta. Egli e a conoscenza del parere che Zurigo ha inviato a Ginevra e lo condivide (= sane placet!). Anche se gli zurighesi non dicono apertamente che l'eretico debba essere privato della vita, tuttavia si puo facilmente intuire che questa e la loro opinione. Ti ho scritto - continua Vergerio - come la penso io; affido a Dio questa faccenda. Odio questi perturbatori, ma preferirei vederli incarcerati piuttosto che messi al rogo o passati per la spada. E' spiacevole che dei dotti e delle persone che non solo hanno aderito alla fede evangelica ma che si fanno passare anche per colonne parteggino per questi fanatici. Inoltre, certamente preoccupato delle ripercussioni per la causa evangelica in Italia del rogo di Serveto, annunzia il 14.10. 1553 di aver trascritto il parere di Bullinger al consiglio ginevrino e di averlo mandato in Italia a "molte persone", nel convincimento che "servira alla [loro] edificazione".

La conclusione che se ne ricava non puo essere che questa: l'antistes zurighese gli sembra essere il corrispondente piu accettabile. Come minimo - per tornare al punto da cui siamo partiti, cioe dalla vastita dell'epistolario di Vergerio con Bullinger e con i teologi raccolti intorno a lui, - il modello di Riforma zurighese gli appare preferibile rispetto al modello ginevrino.

Questo interesse del Vergerio per le vicende del protestantesimo europeo non deve farci dimenticare la sua intensa "attivita pastorale in Val Bregaglia e in Valtellina", di cui l'epistolario ci da ampia testimonianza. La sua eloquenza, la fama delle cariche di nunzio e di vescovo, di cui si era volontariamente spogliato per abbracciare la fede evangelica attraevano a lui una quantita di persone dai villaggi vicini e facilitarono l\rquote evangelizzazione della Valtellina e dell'Engadina. Qui va subito menzionato che qui egli scrisse alcuni brevi catechismi ad uso dei fedeli, come "Uno brieve et semplice modo per informar li fanciulli nella religione christiana fatto per uso delle chiese di Vicosoprano ed degli altri luoghi di Valle Bregaglia" (giugno 1551) oppure i "Fondamenti della religione christiana per uso della Valtellina" (1553). I metodi di propaganda religiosa del Vergerio non andavano tanto per il sottile. Cosi certi atti di vandalismo quali la distruzione di una cappella, il gettare via l'ostia, il distruggere le statue nella zona di Bondo, Soglio, Casaccia, oppure le perturbazione delle funzioni cattoliche a Chiavenna, di cui riferisce con descrizioni pittoresche a Bullinger, non devono essere stati fatti isolati. Cio appariva estraneo alla mentalita di una regione dove la pacifica convivenza di confessioni diverse era una regola di vita. Allo stesso tempo il suo stesso zelo lo porto a voler assumere una posizione di premineza. Agiva come un vescovo, stabilendo nuovi parroci nelle localita evangelizzate, si ingeriva come 'visitatore', come egli si autodefini - nella vita delle chiese di lingua italiana nei Territori retici, provocando l'irritazione non solo degli altri pastori ma anche dei dirigenti delle chiese riformate, a cominciare dall'influente pastore di Coira, Gallicius. Il caso piu celebre fu quello della disputa tra Camillo Renato e Agostino Mainardi a Chiavenna, che produsse straschichi interminabili e procuro al Vergerio molti avversari. La sua posizione diventava via via sempre piu isolata: rischiava di apparire come uno straniero che si ingeriva, senza esserne richiesto, in delicate questioni di competenza dei capi ecclesiastici e delle autorita politiche. Vergerio non si trattenne piu a lungo in questo campo di lavoro che fu certo fecondo, anche se non privo di dolorose esperienze. L'invito del duca Christoforo del Württemberg di trasferirsi a Tubinga rappresento dunque una onorevole via d'uscita da una situazione divenuta insostenibile.

Nella primavera del 1553 Vergerio accetto l'invito e si trasferi a Tubinga come consigliere del duca. Qui, a cinquantacinque anni suonati, quest'uomo indomabile conservo tutta la sua inauseribile energia. Ritorno alla sua vocazione politica, ma con lo spirito del missionario evangelico, sulle strade d'Europa che lo avevano visto giovane nunzio al servizio della chiesa di Roma. Intraprese vari viaggi in Germania, Austria e fino in Polonia, per missioni affidategli dal duca, cioe portare un po' di pace in seno al protestantesimo polacco, travagliato dai dissensi suscitati dagli esuli italiani. Ne meno intensa fu la sua attivita di pubblicista, che ebbe anzi un ulterore sviluppo grazie all'incontro con l'esule sloveno Primus Trubar, con il quale organizzo una tipografia e un istituto biblico per la traduzione, la pubblicazione e la diffusione della Bibbia in sloveno e in croato, oltre che di numerosi testi della Riforma, tra cui il Piccolo Catechismo di Lutero, la Confessione Augustana e il Beneficio di Cristo, il gioiello teologico della Riforma italiana.

Pier Paolo Vergerio mori il 4 ottobre 1565, all'eta di 67 anni. Personalita complessa e controversa, egli fu uno degli esponenti di rilievo de movimento riformatore italiano. Nella sua fondamentale opera 'La Riforma protestante nell'Italia del Cinquecento', Salvatore Caponetto scrive di quest'uomo, per il quale la chiamata evangelica fu cosa tanto seria da fargli abbandonare beni e dignita ed affrontare l'incognita della vita di esule: "Non fu un teologo della statura di Pietro Martire Vermigli, ne un predicatore dell'efficacia di Ochino, ma un grande divulgatore, un 'giornalista' pronto a cogliere gli aspetti della realta quotidiana e di sfruttarli con una non comune capacita di comunicazione. Vergerio non scrisse nulla per i dotti, ma si rivolse alla parte piu umile e modesta della popolazione. A chi gli rimproverava la superficialita, e talora la volgarita della polemica, rispondeva che i suoi 'piccioli libretti' non erano cibo sodo di dottrina, ma 'latte da nutrire et erudire quegli che ancora deboli sono'. Non c'e dubbio che tale giudizio puo significare cose l'una dall'altra estremamente diverse, secondo come si distribuiscono gli accenti. Non e la "vis polemica" del Vergerio, che per altro egli condivideva con la maggior parte dei teologi del suo tempo che fa problema, ne tantomeno il fatto che egli abbia voluto scrivere 'per la parte piu umile della popolazione', quanto piuttosto la sua vistosa carenza di nozioni teologiche, compensata soltanto parzialmente da un'abile retorica e da uno stile letterario scintillante. Cio nonostante la sua predicazione non e stata vana.. Egli ha gettato un seme, che e cresciuto e continua a crescere in mezzo a tante tribolazioni. Desidero quindi concludere la nostra celebrazione di Pier PaoloVergerio con una speranza: che davanti alle sfide del nostro tempo, la telogia possa riuscire a superare la tradizionale divisione tra la teologia intesa come riflessione indispensabile alla fede cristiana e la teologia intesa come divulgazione al livello delle comunita - divisione che nel nostro capodistriano trova un esempio cosi eloquente. Insomma diciamolo chiaramente, senza mascherarci dietro una cortina di belle parole: una teologia biblicamente e intellettualmente un po' piu solida di quella del Vergerio ma, come la sua, legata agli aspetti della vita quotidiana e soprattutto capace 'di nutrire ed erudire queli che ancora deboli sono'.

Emidio Campi

 

Tempo di Riforma - sezione storica

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