La vita e il tempo di Pietro Martire Vermigli, riformatore italiano


vermigli.jpg (6667 byte)Fra i teologi riformati del XVI secolo, che possono essere considerati padri della Riforma protestante, si ricordano generalmente quelli francesi, svizzeri, e tedeschi. Non molti sanno, però, che fra di essi si possono ricordare anche molti italiani, figure niente affatto marginali nella storia del movimento protestante e che anzi hanno esse stesse influito sull’opera dei "grandi Riformatori". Fra questi è importante ricordare Pier Martire Vermigli, di cui ricorre nel 1999 il 500° anniversario della sua nascita e che ha riscontrato un rinnovato interesse fra gli studiosi proprio in questi ultimi decenni. Non che essi abbiano improvvisamente scoperto la sua esistenza, ma essi hanno cominciato ad apprezzare il suo significato vitale per comprendere il ramo riformato del Protestantesimo e la teologia riformata. Qualcuno, anzi, è giunto ad affermare che Pier Martire Vermigli sia stato ancora più influente che Calvino.

Pier Martire Vermigli incarnò una rara combinazione nell’Europa del 16° secolo: un teologo cattolico-romano italiano che divenne uno dei maggiori riformatori protestanti del suo tempo. Nessun altro teologo del 16° secolo si distinse in modo così marcato in entrambi i campi. La sfera di influenza del Vermigli si estese ad alcuni fra i maggiori centri del movimento di Riforma: la Strasburgo di Bucero, l’Oxford dell’arcivescovo Cranmer (dove fu regio professore di teologia dal 1547 al 1553) e la Zurigo del Bullinger.

La sua importanza fu tale che uno dei suoi contemporanei protestanti, Giuseppe Giusto Scaligero, poteva dire: "I due più eccellenti teologi dei nostri tempi sono Giovanni Calvino e Pietro Martire". Oltre a Calvino e a pochi altri, Vermigli è ora riconosciuto come uno dei "codificatori" della teologia riformata.

Infanzia e gioventù

Pier Martire Vermigli nacque a Firenze l’8 settembre 1499. Il fatto che il suo nome comprenda il termine "martire", non è da intendersi nel significato corrente della parola, benché le tribolazioni a cui dovette sottostare nei conflitti religiosi del suo tempo lo possano far considerare anche tale. Il nome "Pier Martire", abbastanza comune fra gli agostiniani, lo assunse egli stesso nel 1518, quando entrò nell’ordine dei Canonici lateranensi.

Si sa poco dei suoi primi anni della sua vita, eccetto il suo persistente attaccamento alla Bibbia. Riflettendo sulla sua gioventù, nella sua prolusione inaugurale a Zurigo nel 1556, Vermigli rivela: "Persino nella mia gioventù, quando vivevo in Italia, c’era una sola cosa alla quale io prestassi attenzione, oltre ad ogni arte ed ordinanza umana se non primariamente imparare ed insegnare le Sacre Scritture, né io ebbi altro proposito di conseguire".

Seguendo questa convinzione, sebbene andasse contro la volontà del padre, Vermigli si associò nel 1514 alla Congregazione Lateranense dei Canonici Regolari di S. Agostino.

Accademicamente precoce, il giovane fiorentino fu mandato a studiare all’università di Padova, dove visse una duplice esistenza intellettuale. Da un canto, nella facoltà di teologia all’università, era sommerso da Aristotele; d’altro canto, nel suo monastero di S. Giovanni di Verdara si era impregnato di umanesimo rinascimentale. I suoi anni di studio a Padova culminarono nella sua ordinazione sacerdotale ed in un dottorato in teologia (1526) e fu nominato predicatore agostiniano.

Vermigli come eminente teologo cattolico

Durante la fase italiana della sua carriera egli si distinse come eminente teologo, eloquente predicatore e riformatore della morale. In tutte le città che visitava l’uditorio ammirava l’efficacia della sua eloquenza. Già allora Vermigli credeva nella forza educatrice della Parola. Non sorprende, perciò, l’insistenza con cui lamenta, già nel primo scritto, proprio questo aspetto: "La predicazione è oggi messa da parte, benché questo sia il principale ufficio apostolico… onde il gregge di Cristo o muore di fame o è solo stentatamente e mal pasciuto. Si predica solo il breve e picciol tempo della Quaresima… ma poi tutto il rimanente dell’anno si pensa solo a passeggiare, gridare, cantare, sonare, senza udir parola che possa il misero popolo edificare".

Divenne il confessore di potenti prelati sotto Papa Paolo III, probabilmente pure consulente del "Consilium de emendanda ecclesia" del 1537 e fu incaricato dal cardinale riformista Contarini, alla prima delegazione che cercò la riconciliazione con i protestanti al Colloquio di Worms nel 1540. Erano infatti quelli, anni di tensione e di rivolgimento all’interno della Chiesa. Nell’Europa centrosettentrionale, da oltre un decennio, clero e laici si trovavano in aperto dissidio con Roma. E in seno alla stessa Curia molti auspicavano una riforma che emendasse i costumi, pur senza toccare la dottrina. A queste forze rinnovatrici Vermigli si ricollegava, come predicatore prima e come abate e priore poi.

Nel frattempo aveva studiato a fondo il greco e, cosa piuttosto rara a quei tempi, l’ebraico, completando il bagaglio culturale che gli permetteva l’accesso diretto all’Antico e al Nuovo Testamento.

Il periodo a Napoli

La trasformazione teologica del Vermigli iniziò durante il periodo trascorso in un’abbazia di Napoli sotto l’influenza del riformatore spagnolo Juan Valdés. Fu nel circolo napoletano del Valdés che Vermigli incontrò il movimento italiano di riforma, e dove lesse per la prima volta riformatori protestanti come Martin Bucero e Zwingli. Questo contribuì a riorientare in senso evangelico-riformato le sue convinzioni e lì abbracciò per la prima volta la dottrina fondamentale della giustificazione per sola fede.

Il periodo a Lucca

Evidenze del suo riorientamento teologico si manifestarono a Lucca, dove, nominato priore del convento di S. Frediano, in cui avevano già attecchito le idee della Riforma, egli contribuì a farne, anche se solo per breve tempo, "la più protestante città d’Italia" e dove stabilì, secondo Philip McNair, "la prima ed ultima facoltà teologica riformata nell’Italia pre – tridentina". Non si limitò, infatti, a richiamare i canonici all’osservanza della regola, ma si dedicò intensamente all’educazione dei novizi. La sua scuola, frequentata anche da eminenti cittadini laici, divenne un seminario di predicatori evangelici e un centro di rinnovamento culturale.

L’urto con Roma divenne inevitabile. Dopo la bolla papale del luglio 1542 Licet ab initio fu ristabilita l’inquisizione romana sotto il pugno di ferro del Cardinale Caraffa. Accusato di eresia e invitato a discolparsi davanti al capitolo del suo ordine, piuttosto che rimanere stritolato dagli ingranaggi dell’Inquisizione, preferì fuggire a nord, oltre le Alpi, presso il nascente Protestantesimo

Strasburgo, Zurigo ed Oxford

Quasi immediatamente dopo la sua apostasia della dottrina cattolica nell’estate del 1542, fu catapultato in una posizione di preminenza come studioso della Bibbia e teologo riformato. Assunse stabilmente la funzione di teologo a Strasburgo e a Zurigo, ma i suoi quasi sei anni in Inghilterra furono i più fruttuosi della sua carriera. Preceduto dalla sua fama di professore erudito ed abile controversialista, accolse l’invito di trasferirsi ad Oxford, in Inghilterra. L’arcivescovo Thomas Cranmer incaricò il Vermigli ad assumere la cattedra di Regius Professor di Teologia all’università di Oxford (1547-1553). Sostenne vigorosamente la dottrina eucaristica protestante nella famosa disputa di Oxford nel 1549, si consultò con il vescovo Hooper nella controversia del 1550, assistette Cranmer nella revisione del Prayer Book del 1662, partecipò alla formulazione dei 42 Articoli di Religione nel 1553, ed ebbe parte prominente nel formulare le leggi ecclesiastiche inglesi, le cosiddette Reformatio Legum Ecclesiasticarum negli anni 1551-1553 contribuendo in modo decisivo alla riforma della Chiesa di Inghilterra. Numerosi allievi del Vermigli divennero più tardi vescovi anglicani e i suoi scritti divennero punti fondamentali di riferimento dei susseguenti teologi puritani.

Vermigli, teologo zurighese

Il nome di Vermigli sarebbe stato oggi meglio conosciuto se il suo soggiorno in Inghilterra non fosse stato troncato improvvisamente dall’ascesa di Maria Tudor al trono nel 1553. La reazione seguita alla restaurazione cattolica lo costrinse a fuggire a Strasburgo, dove giunse "come scampato dalle fauci del leone". Qui l’atmosfera era profondamente mutata. La corrente luterana aveva preso il sopravvento ed all’interno dell’università egli si sentì sempre più emarginato. L’invito a trasferirsi a Zurigo, nella primavera del 1556, gli parve una liberazione.

Zurigo rappresentò per Vermigli il suo punto di arrivo, l’ultima tappa del suo travagliato pellegrinaggio. Nel pieno della maturità, circondato dalla massima stima, Vermigli lasciò forse qui le tracce più profonde. Prossimo ormai ai 60 anni, malgrado la salute malandata, insegna all’Università, si occupa delle comunità riformate italiana e inglese, intrattiene un’intensa corrispondenza con Calvino e con i riformatori svizzeri, tedeschi, francesi e polacchi. La sua presenza a Zurigo portò ad un crescente ravvicinamento di questa chiesa con Ginevra, culminato nella Seconda Confessione Elvetica del 1566, nelle cui formulazioni riaffiora qui e là, il pensiero del Vermigli.

La sua influenza

La sua influenza non cessò con la sua morte, sopravvenuta nel 1562. Continuarono ad operare i suoi scritti, che per oltre un secolo conobbero una straordinaria diffusione. Si calcola che tra il 1533 e il 1656 siano apparse oltre 110 edizioni delle sue opere, che con l’eccezione del giovanile "Catechismo" sono tutte in latino, intese, cioè, potremmo dire, ad educare l’Europa. E continuarono ad operare gli allievi formatisi alla sua scuola, convinti dalla parola del predicatore o educati nel paziente, assiduo lavoro del maestro.

Mancò forse al Vermigli un punto focale sul quale concentrare la sua influenza, come l’ebbero Calvino a Ginevra o Bullinger a Zurigo. Benché non dotato di grande originalità, egli merita di figurare tra i grandi riformatori del XVI secolo come "il teorizzatore più sistematico e conseguente delle dottrine zwingliano-calviniste".

Di lui scrive lo storico Cesare Cantù: "Non ebbe il fuoco di un Farel, non contribuì quanto Lutero, Calvino o Bullinger a formare la Chiesa; ma… con la sua rara superiorità sviluppò l’insegnamento e rese grandi servigi per lungo tempo a tutte le chiese riformate, in ogni parte d’Europa":

Piccolo di statura, gracile di costituzione, viso rincagnato, carattere schivo, aveva tutti i punti per finire inosservato i suoi giorni, senza lasciare tracce nella storia. E invece ne ha lasciate, e profonde. Mite di carattere, amante della pace, gli eventi lo portarono a vivere in mezzo a controversie e conflitti. Ebbe il coraggio di non tirarsi indietro. Nel suo agire fu coerente e sincero. Soprattutto fu, come scrive di lui il Ruffini, "la testa teologica forse più forte di tutta l’emigrazione italiana".

Contributi alla teologia riformata

Possiamo citare in particolare: il suo ruolo nella formulazione della dottrina della giustificazione, della predestinazione e della Santa Cena, nel rapporto fra filosofia e teologia, la sua influenza nella revisione del Prayer Book anglicano, sulla teologia dell'Alleanza e sui susseguenti sviluppi del Puritanesimo.


Opere di riferimento (in inglese)

1. Early Writings.: M. Di Gangi, Joseph C. McLelland, Philip McNair
Early Writings-biographica1 essay by Philip M. J. McNair; The Apostles' Creed; Theses for Debate, propositions on the Pentateuch prepared for his students at Strasbourg, 1543-45; and The True Church (On Schism), an apologia for Martyr's 1542 flight into exile.
2. Dialogue on the Two Natures in Christ. John Patrick Donnelly, S.J.
Dialogue on the Two Natures in Christ--first Engligh translation of a polemical work from the Reformed-Lutheran debate on Ubiquity (vs. John Brenz).
3. Prayers from the Psalms. John Patrick Donnelly, S.J.
Prayers from the Psalms--Martyr's prayers on the Psalter display two sides, Old Testament scholar and spiritual director.
4. Philosophical Treatises.Joseph C. McLelland
Philosophical Treatises--scholia on knowledge of God, visions, human being, providence, and free will.
5. Justification and Predestination. Frank A. James, III
Justification and Predestination--show Martyr's place in the complex debates on both justification and predestination, particularly his debt to the schola Augustiniana moderna, e.g. Gregory of Rimini.
6. Letters and Sermons.John Patrick Donnelly, S.J.
Letters and Sennons-conespondence with other Reformers as well as political figures in England and Poland. Sermons and addresses on biblical and theological subjects.
7. Commentary on Aristotle's Ethics. Emidio Campi, L. Wysocki
Commentary on Aristotle's Ethics--his Strasbourg lectures on the Nicomachean Ethics illustrate the relation between philosophy and theology, and enlighten the debate on "Reformed Aristotelianism."
8. Commentary on Lamentations.Daniel J. Shute
Commentary on Lamentations--as Old Testament scholar, Martyr used Hebrew text and rabbinic commentary, providing a fresh look at a little explored area ofRenaissance and Reformation.
9. Commentary on Romans.Frank A. James, III
Commentary on Romans-an influential text in 16th and 17th centuries, with numerous scholia on disputed points of doctrine.
10. Oxford Disputation and Treatise.Joseph C. McLelland
Oxford Disputation and Treatise--the 1549 debate and the treatise written immediately after. Illustrative of the position guiding Cranmer in his Prayer Book revision.
11. Commentary on I Corinthians.Marvin W. Anderson, et al.
Commentary on I Corinthians--Martyr' s lectures at Oxford during the 1549 Prayer Book controversy. Key to his eucharistic exegesis.
12. Commentary on Judges. Robert C. Culley, Joseph C. McLelland
Commentary on Judges--significant for the typological exegesis and theology of history characteristic of covenant theology and Puritan developments.

Documenti di "E' sempre ...Tempo di Riforma" - E-Mail - Ritorno