Confessione di fede valdese del 1662

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Composta probabilmente dal moderatore Jean Léger, poco dopo il terribile massacro del valdesi, passato alla storia sotto il nome di «pasque piemontesi» (1655), questa confessione di fede venne pubblicata in francese (1655) e in italiano (1662). Consta di 33 articoli. Segue l'ordine della Confessione gallicana, ormai in uso in tutte le chiese riformate di Francia, ma tralascia cinque articoli e ne riassume altri. Raramente ricordata nel corso del XVIII secolo, questa confessione di fede viene confermata da due sinodi (1839 e 1855) e da allora vale come confessione ufficiale e viene sottoscritta da tutti i candidati al ministero pastorale prima della loro consacrazione. Il testo che segue è quello edito a Ginevra nel 1662: con il titolo “Apologia delle Chiese Riformate del Piemonte circa la loro confessione di fede... contra le cavillazioni e calonnie del Priore Marco Aurelio Rorenco di Lucerne”, pp. 1-96 e 102-106: riprodotto in V. Vinay, Le confessioni di fede dei valdesi riformati, con documenti del dialogo fra «prima» e «seconda» riforma, Claudiana, Torino 1976: pp. 189-204. Il testo dell'Atto dichiarativo del Sinodo del 1894 è tratto da Chiesa Evangelica Valdese, Sinodo 1894: Atti, art. 24. Revisione linguistica di Paolo Castellina.

 Ai molto reverendi e onorevoli fratelli nel Signore, i Pa­stori, gli Anziani, Agenti e altri Fedeli delle Chiese Evangeliche delle Valli del Piemonte.

La bontà e misericordia di Dio nostro celeste Padre, si è compiaciuta servirsi del mio Ministero nelle Chiese vo­stre parecchi anni e farvelo fruttar per sua santa benedizione. Poi, però, ben che da poi la Sua adorabile previdenza l'abbia trasferito altrove, non ho però diminuito né allentato l'amore sviscerato verso esse, al qual la mia nascita e prima vocazione e la vostra dilezione fraterna m'ha obbligato. Egli mi rammenta che tutti i Mi­nistri di Cristo devono imitare quel gran Pastore delle anime, e sommo sacerdote della nostra professione di fede, portando dietro a Lui non solo sul petto, per santa sollecitudine, ma pure sopra le spalle, per considerazione del carico impostone loro, i nomi di tutte le tribù di Israele. San Paolo ce n'ha dato l'esempio sentendosi nel suo cuore, perpetuamente seguito, cinto, e assediato dalla cura rodente di tutte le Chiese di Dio. Egli così partecipava, per intimo sentimento, a tutte le loro afflizioni, dando loro le consolazioni necessarie, combattendo con esse contro i loro nemici e per ardenti preghiere, correggendo i loro vizi con severe e paterne ammonizioni e confortandoli con sante esortazioni, infuocato del zelo di Dio. Certamente, carissimi fratelli, lo stato vostro, e nostro pericolosissimo, richiede che tutti insieme concorriamo, combattiamo e cooperiamo con santa vigilanza, non solo contro Satana, il mondo ed i vizi, ma pure contro gli errori, per proteggere le chiese nostre da una rovina totale, vedendo già il fuoco acceso e la desolazione deplorabile di tante altre Chiese in vari luoghi vicini e lontani, alle quali Iddio per suo giusto giudizio ha tolta la luce della verità salu­tare. Questo è avvenuto perché gli uomini trascurandola, l'oscuravano con opere. I nemici più pericolosi della Chiesa non sono quelli che cre­dono far servizio a Dio perseguitandola esteriormente con ferro e fuoco, ma gli errori e i vizi che appestano gli animi nel di dentro col soffio dell'antico serpente, padre della menzogna, e spirito immondo. Come disse San Paolo, infatti, il nostro combat­timento non principalmente contro la carne e il sangue, ma contro gli spiriti maligni. Per questo conviene vestire tutta l'armatura di Dio per poter star ritti e fermi contro le insidie del Diavolo. Questi nemici non solo vanno spadroneggiando di fuori con violenza, calunnie, imposture e false dottrine, ma, trave­stiti, sono sottentrati in diversi luoghi, seducendo gli uomini carnali, e nascono fra noi per la corruzione della nostra natura. Per questo conviene raddoppiare la vigilanza contro i mali del di fuori e del di dentro. Le calunnie delle lingue malefiche, che danno d'in­tender la libertà della nostra religione esser una licenza sfre­nata ad ogni scelleratezza, saranno meglio e più efficacemente rintuzzate e ribattute sia con atti che con parole, sia con il nostro santo comportamento che con la semplice dimostrazione della verità. Non è convenevole agli figli di luce di vivere come i figli di tenebre. «La notte è passata, il giorno è apparso; gettiamo via l'opere delle tenebre e siamo vestiti degli arnesi di luce ecc.»; cosi facendo, potremo turar la bocca agli stolti e ma­ligni che calunniano il nostro comportamento e muover quelli nei quali resta qualche sentimento d'equità a glorificar Iddio con esso noi per le buone opere che essi vedranno. E se pure vuole Iddio metterci più oltre alla prova della fornace delle af­flizioni e tribolazioni, non dobbiamo trovarlo strano, anzi ral­legrarci d'esser fatti degni di patire pel nome di Cristo, sicuri che questa santa dottrina per la cui professione noi siamo odiati e perseguitati dal mondo, essendo la verità eterna di Dio, Egli non abbandonerà la causa e chiesa sua. Come nel tempo di Geremia, se ben la castigò per che lo meritava per i suoi peccati, pure le fu rifugio, salvaguardia e santuario in mezzo di Babilonia, e poi la fece risorgere dall'avello, secondo che viene ripresentato in Ezechiele cap. 37. Cosi ha egli meravigliosamente fatto di tempo in tempo nel mezzo di voi, e farà ancora d'ora innanzi. La Confessione della fede nostra essendo tutta tratta dalle Sante Scritture, coloro che la combattono non fanno guerra a noi, ma a Dio; ben che i confessori di questa verità siano uccisi, essi risorgono il terzo giorno; anche quando resta sopraffatto il corpo loro per la morte, vince e trionfa la fede Ap. 11 e 12 e 13; Ro. 8:15 ecc. Io prego di tutto il cuore il nostro buon Padre Celeste, che egli si degni proteggere tutte le pecore del Suo gregge e particolarmente le Chiese vostre sotto l'om­bra delle Sue ali, vi sostenga col suo Santo Spirito e vi fortifichi nella sua grazia e con accrescimento d'ogni benedizione spiri­tuale e celeste, restando per sempre della Carità vostra.

Del mio studio i 5 ottobre 1661

Umilissimo Affezionatissimo Servitore e Fratello

Antonio Legero

Pastore e Professore nella Chiesa e Accademia di Ginevra
 

CONFESSIONE DI FEDE

delle Chiese Riformate, Cattoliche e Apostoliche del Piemonte, confermata per testimonianze espresse della Santa Scrittura

Avendo inteso che i nostri Avversari, non contentandosi di averci crudelmente perseguitati e spogliati dei nostri beni, per renderci vie più odiosi, vanno ancora seminando dei falsi rumori tendenti non solo a macchiare le nostre persone, ma principalmente a denigrare con calunnie infami la santa e salu­tare dottrina che noi professiamo; siamo obbligati per chia­rire lo spirito di quelli che potrebbero essere preoccupati di tali sinistri pensieri, di fare una breve dichiarazione della no­stra fede, quale l'abbiamo per l'addietro avuta, e la teniamo ancora oggi, conforme alla Parola de Dio, affinché ognuno veda la falsità di quelle calunnie e con quanta ingiustizia siamo odiati e perseguitati per una sì innocente dottrina.

Articolo I

Noi crediamo

Che vi è un solo Iddio, il quale è una Essenza spirituale, eterna, infinita, del tutto sapiente, misericordiosa, giusta, in somma, del tutto perfetta; e che vi sono tre Persone in quella sola e semplice essenza, il Padre, il Figliuolo e lo Spirito Santo.

Prove

De. 4:39 - Is. 42:8; 45:5 - Non è dunque lecito riporre fiducia e speranza nelle creature, né invocar i Santi, né adorar le immagini, o la croce, dato che queste cose non sono Dio. - Es.  20:2 - Is. 40:18 e 25 - Contro questo la Chiesa Romana rappresenta Iddio in abito papale, benché S. Paolo abbia condannato gli antichi Romani e gli altri Pagani perché essi avevano mutata la gloria dell'incorruttibile Iddio nella somiglianza dell'immagine dell’uomo corruttibile. Ro. 1:23 - Gv. 4:24 - Gb. 11:7 - Ro. 11:33 - Lu. 1:37-1 Ti.  1:17 -1 Re 8:39 - At. 16:8 - Sl. 106:1 - Es.  34:6 - Sl. 103:13. Se i dottori papali lo credessero veramente tale non si sarebbero immaginati falsamente e non darebbero d'intender che Iddio brucia vivi i suoi figli in un fuoco ardente nel loro pre­teso Purgatorio, centinaia o migliaia d'anni per i peccati già perdonati in virtù della morte di Cristo. - Is. 56:7 - Ez. 33:11 - 2 Co. 1:3. Molti prelati Romani, per svolger l'amor de gli uomini da Dio alle creature, propongono al popolo un Iddio armato solo di giustizia, talché se un peccatore vuoi conseguir grazia, invece d'indirizzarlo a Dio padre delle misericordie per Gesù Cristo, nel quale, e pel quale noi possiamo ottener grazia, e conseguir indulgenza plenaria ciò è il perdono di tutti i pec­cati, lo rimandano alla B. Vergine, chiamandola Madre di mi­sericordia: dicendo che Iddio le ha dato la metà del suo regno, cioè la misericordia ritenendo per se la giustizia, come Cassan­dra celebre dottor papale lo confessa.

Il mistero della Santa e adorabile Trinità c'è insegnato nella Santa Scrittura, come si vede nei luoghi seguenti, Mt. 28:19 - 2 Co. 13:13 - 1 Gv. 6:7.

Articolo II

Che quello Iddio s'è manifestato agli uomini nelle sue opere della Creazione e della Previdenza, di più nella sua Pa­rola rivelata dal principio con oracoli in diverse maniere, poi messa in iscritto nei libri chiamati la Scrittura Santa.

Prove

Ro. 1:20 - Sl. 19:1 e 8 - Sl. 119:105 - Eb. 1:1-11 Pi. 1:20 - 2 Ti. 3:15 e 16. Onde segue che in fatto di Religione non si deve ricever alcuna dottrina inventata dagli uomini fuori della Parola di Dio contenuta pienamente nella Santa Scrittura.

Articolo III

Che conviene ricevere, come riceviamo, questa Santa Scrittura per divina e canonica, ciò è per regola della nostra fede e vita; e che ella è pienamente contenuta nei libri del Vec­chio e Nuovo Testamento; che nel Vecchio Testamento devono esser solo compresi i libri Che Iddio fidò alla Chiesa israelitica, da lei sempre approvati e riconosciuti per Divini, cioè i cinque li­bri di Mosè, Giosuè, i Giudici, Rut, 1° e 2° Samuele, 1° e 2° Re, 1° e 2° Cronache, ossia Paralipomeni, il 1° Esdra, Neemia, Ester, Job, i Salmi, i Proverbi di Salomone, l'Ecclesiaste, il Cantico dei Cantici, i quattro gran Profeti, i dodici pic­coli; e nel Nuovo i quattro Evangeli, gli Atti degli Apostoli, le Epistole di San Paolo, una ai Romani, due ai Corinzi, una ai Galati, una agli Efesini, una ai Filippesi, una ai Colossesi, due ai Tessalonicesi, due a Timoteo, una a Tito, una a Filemone, l'E­pistola agli Ebrei, una di Santo Giacomo, due di San Pietro, tre di San Giovanni, una di San Giuda e l'Apocalisse.

Prove

Es.  2:4 - Es.  34:27 - 2 Pi. 1:21 - Ro. 3:2: e però i libri Apocrifi che non furono mai dati da Dio a ludei non sono oracoli di Dio. - Ro. 16:4 - 2 Ti. 3:16 - 1 Ts. 4:8 - De. 12:32 - Ro. 1:1 e 2 - Gv. 6:39 e 45 - At. 17:11 - Lu. 16:29. Ecco quanta fide si dee dar agli libri della Santa Scrittura; più che ad uno uomo che fosse risuscitato dai morti. - Le. 24:44 - Is. 8:20 - 1 Co. 4:6 - Ga. 6:16 - Ga. 3:15. Molto meno è lecito mutare o aggiunger cosa alcuna al testamento di Dio contenuto nella Santa Scrittura, confermato con la morte di Cristo nostro Salvatore. Ga. 1:8. Con che coscienza dunque il Papa aggiunge egli tante cose oltre la Sacra Scrittura? - Ap. 22:18. S. Giovanni imponendo fine all'Apocalisse, che è l'ul­timo libro della Santa Scrittura, ha voluto suggellarla tutta con questa santa protesta, apposta come freno dell’audacia e della temerarietà umana.

Articolo IV

Che riconosciamo la divinità di questi libri sacri, non solo dalla testimonianza della Chiesa, ma principalmente dall'e­terna e indubitabile verità della dottrina contenuta in essi, dall'eccellenza, sublimità e maestà del tutto divina che vi si dimo­stra, e dall'operazione dello Spirito Santo che ci fa ricevere con riverenza la testimonianza la quale ce ne rende la Chiesa, e che ci apre gli occhi per scoprire i raggi della celeste luce che ri­splendono nella Scrittura, e corregge il nostro gusto per discernere questo cibo col suo divino sapore.

Prove

Gv. 4:42. Così chi legge con riverenza la Santa Scrittura riconosce questa esser la voce di Dio e non d'un uomo. - Gv. 3:31 - Lu. 24:32 - Eb. 4:12 - Sl. 12:6 - Sl. 19:9 -1 Co. 2:11 e 14. - Tutti i fedeli hanno questo Spirito di Dio come inse­gna San Paolo Ro. 8:9 - 1 Co. 10:15 - 2 Co. 1:13-1 Ts. 6:19 a 21 - 1 Gv. 4:1.

Articolo V

Che Iddio ha fatto tutte le cose di nulla, con la Sua volontà del tutto libera, e con la potenza infinita della Sua parola.

Prove

Ge. 1:1 - Es.  20:11 - Sl. 33:6 - Eb. 11:3 - Cl. 1:16.

Articolo VI

Che egli le conduce e governa tutte con la sua previdenza, ordinando e addirizzando tutto ciò che nel mondo accade, senza che però Egli sia né autore né causa del male che fanno le creature, o che la colpa Gli possa o debba in alcuna maniera esser imputata.

Prove

De. 32:4 - Sl. 136:6 - Ef. 1:11 - At. 17:24:26:28 - Mt. 10:29 - Lam. 3:38 - Is. 46:6:7 - Amos 3:6 - Sl. 6:5 - Sl. 46:8 -Gm. 1:13 - Gv. 8:44 -1 Gv. 3:8 -1 Gv. 2:16 - Ge. 46:5 - Ge. 50:20 - At. 2:23 - At. 4:27.

Articolo VII

Che gli Angeli essendo stati tutti creati puri e santi, alcuni sono caduti in una corruzione e perdizione irreparabile, ma che gli altri sono perseverati per la bontà di Dio che gli ha so­stenuti e confermati.

Prove

Cl. 1:16 - Gd. 6 - 2 Pi. 2:4 -1 Ti.  6:21 - Mt. 16:27 e 26:31 - Eb. 1:14. Non fu però mai ordinato da Dio d'invocarli, né mai da fedeli è stato invocato o adorato alcuno angelo creato: anzi l'angelo ricusò l'adorazione - Ap. 19:10 e 22:8: come essendo dovuta a Dio solo.

Articolo VIII

Che l'uomo, il quale era stato creato puro e santo all'immagine di Dio, per sua colpa s'è privato di quello stato felice, pre­stando fede ai discorsi ingannevoli del Diavolo.

Prove

Ec. 7:29 - Ge. 1:26:27 - Ef. 4:24 - Cl. 3:10 - 2 Co. 11:3-1 Ti.  2:14 - Ro. 6:12.

Articolo IX

Che l'uomo nella sua trasgressione ha perduta la giustizia e la santità che egli aveva ricevuta, ed è incorso nell'indignazione di Dio, nella morte, e nella cattività sotto la potenza di colui che ha l'imperio della morte, cioè del Diavolo, a tal punto che il suo libero arbitrio è divenuto servo e schiavo del pec­cato; così che di natura tutti gli uomini, e Israeliti e Gentili, sono figli d'ira, tutti morti nei loro falli e peccati, e di conseguenza incapaci di avere alcun buono movimento per la salvezza, e neppure di formare un buon pensiero senza la grazia, tutte le loro immaginazioni non essendo altro che male in ogni tempo.

Prove

Ro. 3:9 - Ro. 6:12 - Gv. 8:34 - Ro. 6:17 - Ef. 2:1 -Ro. 8:7 - 1 Co. 2:14 - Ge. 6:5 e 8:21 - Gr.  17:9 - Mt. 7:18 - Gv. 6:44 - Gv. 16:5 - Gv. 3:6:27 - 1 Co. 2:11:14 - 1 Co. 12:3 - 2 Co. 3:5.

Articolo X

Che tutta la posterità d'Adamo è colpevole in esso Lui e con esso Lui della sua disubbidienza, infetta della sua corruzione, e caduta nella medesima calamità, fino agli piccoli fan­ciulli sin dal ventre della madre: onde viene il nome di peccato originale.

Prove

Ro. 6:12 a 19 - Gb. 14:4 - Gb. 16:14 - Sl. 6:6 - 1 Re 8:46 -Pr. 20:9 - Ec. 7:20 - Mt. 16:19 - Ef. 2:1 a 3 - 1 Co. 16:22.

Articolo XI

Che Iddio trae da quella corruzione e condanna le persone che egli ha elette prima della fondazione del mondo, non perché egli prevedesse in loro alcuna buona disposizione alla fede o alla santità, ma per la sua misericordia in Gesù Cristo suo figliuolo, lasciandovi gli altri, secondo la ragione sovrana e irreprensibile della sua libertà e giustizia.

Prove

1 Co. 4:7 - Ef. 2:3 a 9 - Ef. 1:3 a 6 - Tt.  3:3:5 - Ro. 3:9 - Ro. 9:11 a 24 - 2 Ti. 1:9-11 - Ti.  2:19 - Ro. 8:29:30 - Gv. 17:6:9 - Ro. 11:5 e 33 a 36.

Articolo XII

Che Gesù Cristo essendo stato da Dio ordinato nel suo eterno decreto per essere il solo Salvatore, e l'unico capo del suo corpo, che è la Chiesa; egli l'ha riscattata col suo proprio sangue, nel compimento dei tempi, e le comunica tutti i suoi benefici con l'Evangelo.

Prove

Ro. 3:25 -1 Pi. 1:18 a 20 - Ga. 1:4 - Mt. 1:21 - Gv. 3:16 - 2 Ti. 1:9 - Ef. 1:4:6:7:21 a 23 - Ef. 6:23 a 26 - At. 20:28 - At. 4:12 - Gv. 14:6 -1 Ti.  2:6:6 - Tt.  2:14 -1 Gv. 1:7.

Articolo XIII

Che vi sono due nature in Gesù Cristo, la divina e l'umana, veramente unite in una stessa persona, senza confu­sione, senza separatone, senza divisione, senza cambiamento, l'una e l'altra natura conservando le sue distinte proprietà e che Gesù Cristo è insieme vero Dio e vero uomo!

Prove

Mt. 1:22:23 - Is. 7:14 - Luca 1:35 - Ro. 1:3:4 - Ro. 9:5 -  Gv. 1:14 - 1 Ti. 3:16 - Eb. 1:3 - Cl. 2:9 - 1 Co. 1:30.

Articolo XIV

Che Iddio ha tanto amato il mondo che egli ha dato il suo Figlio per salvarci con la sua perfettissima ubbidienza, quella specialmente che egli ha dimostrata soffrendo la morte male­detta della croce, e con le vittorie che egli ha riportate sul Diavolo, il peccato e la morte.

Prove

Gv. 3:16 - Ro. 6:8 - Gv. 17:9 - Ro. 8:3:32 - 1 Gv. 4:9:10 -1 Gv. 2:2 -1 Gv. 1:7 - Ro. 6:19 - Fl. 2:7:8 - Ga. 4:4 -  Ga. 3:13 - Eb. 10:8 a 10 - Eb. 2:14:15 - 1 Co. 16:56:57 -Ap. 12:10:11.

Articolo XV

Che Gesù Cristo avendo fatta l'intera espiazione dei nostri peccati col suo perfettissimo sacrificio una volta offerto nella croce, non può né deve esser ripetuto sotto qualunque pre­testo.

Prove

Ro. 3:24 e 25 -1 Ti.  2:6 - Eb. 9:14 -1 Pi. 1:18-1 Pi. 2:24 -1 Gv. 1:7-1 Gv. 2:2 - Eb. 7:24 e 27. Notate che il vero sacrificio di Cristo essendo fatto una sola volta, non conviene ripeterlo, come si pretende nella messa; ma solo ricorrere alla sua intercessione che è perpetua, per conseguir il frutto di quel unico sacrificio, che è d'eterna virtù. - Eb. 9:12 - Eb. 9:22. Dunque non spargendosi il sangue di Cristo nella Messa non vi si fa remissione dei peccati. - Eb. 9:25. E non che  Gesù Cristo offra più volte se stesso: il che i preti danno d'intendere, e così contraddicono l'Apostolo. - Eb. 9:26. Secondo la santa dottrina dell'Apostolo, se Cristo si offrisse più volte in sacrificio, soffrirebbe più volte. Ora Cristo non soffre più, non muore più, Ro. 6:9. Dunque non si of­fre più. - Eb. 9:27 e 28. Il sacrificio di Cristo essendo la sua morte, come egli stesso non soffre, né muore, più volte, così non si offre più volte. - Eb. 10:10 - Eb. 10:14. Attenia­moci dunque a questo solo vero sacrificio di Cristo.

Articolo XVI

Che il Signor Gesù avendoci pienamente riconciliati a Dio con il sangue della sua croce, in virtù del suo solo merito e non delle nostre opere, noi siamo assolti e giustificati nel suo co­spetto.

Prove

Gr. 23:6 - Is. 53:6:6:11 - 2 Co. 6:20:21 - Ro. 6:19 - Ro. 3:24:25 - Ro. 3:28 - Ro. 4:25 - Ro. 6:9:10 - Ef. 1:7 - Ef. 2:8:9 - Cl. 1:19:20 - Tt.  3:5 -1 Gv. 1:7. Onde segue non es­servi altro Purgatorio. - 1 Co. 1:30 - Ro. 8:1.

Articolo XVII

Che noi abbiamo unione con Gesù Cristo e comunione ai suoi benefici, per la fede, la quale si appoggia sopra le pro­messe di vita che ci sono fatte nell'Evangelo.

Prove

Ro. 10:17 - Ro. 1:16 - Ef. 3:16:17 - Ab.  2:4 - Ga. 2:20 - Gv. 1:12 - Gv. 3:36 - Gv. 6:35 - Ro. 6:1.

Articolo XVIII

Che quella fede viene dall'operazione graziosa e efficace dello Spirito Santo che illumina le anime nostre e le porta ad appoggiarsi sopra la misericordia di Dio per applicarsi i meriti di Gesù Cristo.

Prove

Ef. 1:16:18 - Ef. 2:1:8 - Mt. 11:26:26 - Mt. 16:17 - 1 Co. 2:9:10 -1 Co. 12:9 - Ga. 6:22 - Gv. 6:44 - At. 16:14 -Ro. 12:3 - Fl. 1:29 - Fl. 2:13 - 2 Co. 1:21:22 - Ef. 1:13:14 - Ro. 8:14:17.

Articolo XIX

Che Gesù Cristo è il nostro vero ed unico Mediatore non solo di redenzione, ma anche d'intercessione, e che per i Suoi meriti e per la Sua intercessione noi abbiamo accesso al Padre per invocarlo con santa fiducia d'essere esauditi, senza che sia necessario il ricorrere ad alcun altro intercessore che lui.

Prove

1 Ti. 2:5 e 6. Egli è dunque non solo Mediatore di reden­zione avendoci riscattati, ma d'intercessione, poi che qui l'A­postolo tratta delle preghiere che i fedeli devono presentare a Dio per mezzo suo. E così vi è un solo mediatore tanto d'inter­cessione quanto di redenzione. - Eb. 12:22 a 24. Notate che il sangue di Cristo, prezzo della nostra Redenzione, parla inter­cedendo per noi. Ne consegue che solo Colui che ha sparso il suo sacro sangue per riscattarci è nostro Intercessore presso Dio. - 1 Gv. 2:1. Anche il Discepolo diletto non c'indirizza ad alcun altro avvocato o intercessore che a colui solo che è nostro Re­dentore e purificazione delle nostre iniquità. Così Cristo nei testi seguenti ci chiama a se, e non ci rimanda ad altri media­tori. - Mt. 11:28 - Gv. 14:6. Dunque quelli che cercano altre strade non vanno a Dio. - Ef. 2:18 - Ef. 3:12 - Eb. 10:19 -Eb. 4:14 e 16 - Gv. 14:13 - Gv. 16:23.

Articolo XX

Che come Iddio ci promette la rigenerazione in Gesù Cristo, coloro che sono uniti con esso Lui per una viva fede devono adoperarsi e realmente s'adoperano a buone opere.

Prove

I Pi. 1:3 - Gv. 16:5 - Fl. 1:11 - Ef. 2:5.10 - 2 Co. 6:15. 17 - Ro. 6:4 - Ga. 2:20 - Tt.  2:11 a 14 - Gv. 3:3 a 6 - Tt.  3:3 a 8 - Ro. 6:11 a 13 - Ef. 4:21 a 24 - Mt. 3:8 a 10 - Mt. 7:17 a 20 - Ga. 6:6 - Gm. 2:17 - 1 Gv. 6:18.

Articolo XXI

Che le buone opere sono tanto necessarie ai fedeli che non possono giungere al regno dei cieli senza farle, atteso che Iddio le ha preparate ecc. in esse noi camminiamo: che cosi dob­biamo fuggire i vizi e applicarci alle virtù cristiane, impie­gando i digiuni e ogni altro mezzo che può servirci in una cosa sì santa.

Prove

Ef. 2:10 -1 Ts. 4:3 - Eb. 12:14 - Ap. 21:27 - 1 Co. 6:9 a 11 - Ro. 8:13 - Cl. 3:6:6 -1 Co. 9:27 - Tt.  2:12 - Is. 58:6 -1 Ti.  4:8.

Articolo XXII

Che quantunque le buone opere nostre non possano meri­tare, il Signore non lascerà di ricompensarle della vita eterna per una misericordiosa continuazione della sua grazia e in virtù della costanza immutabile delle promesse che Egli ce n'ha fatte.

Prove

Gb. 9:2:3 - Sl. 143:1:2 - Ro. 3:20 – Lu. 17:10 - Gb. 22:2 - Sl. 16:2 - Ef. 2:8:9 - 2 Ti. 1:9 - Tt.  3:5 - Cl. 3:23:24. Notate che il premio e la mercede promessa da Dio ai fedeli è eredità di figli, non salario dovuto loro in qualità di servitori mercenari, Mt. 26:34. Essi dunque non lo pretendono per i loro meriti, ma per la grazia  e misericordia del Padre, che gli ha adottati per suoi figli, benedetti e fatti Suoi eredi. - Ro. 8.15 a 18. Notate che neanche le sofferenze dei santi martiri possono meritar l'eredità della gloria celeste, ne esserle parificate. - Ro. 6:22:23. Così l'Apostolo c'insegna che l'uomo per i suoi peccati merita la morte, come vero salario delle sue scelleratezze e supplizio dovuto a suoi crimini, ma che i fedeli non possono pretender la vita eterna come salario meritato per le loro buone opere, anzi che la conseguono come un dono gratuito di Dio per i meriti di Gesù Cristo nostro Salvatore, e per farcelo veder più chiaro, l'Apostolo avendo detto il salario del peccato è la morte, benché l'opposizione paresse richie­derlo, non soggiunge il salario delle buone opere è la vita, ma scrive che la vita eterna è dono di Dio.

Articolo XXIII

Che quelli che possiedono la vita eterna in conseguenza della fede e delle buone opere loro devono esser considerati come santi e glorificati, lodati per le loro virtù, imitati in tutte le belle attieni della loro vita, ma non adorati ne invocati, poi che non si deve pregar se non un solo Iddio per Gesù Cristo.

Prove

Sl. 116:15 - Ap. 14:13 - Is. 57:1 e 2 - Eb. 13:7 - 1 Co. 11:1 - Gv. 8:39 - Mt. 4:10 - Is. 42:8 - Is. 48:11 – Gl. 2:32 -Ro. 10:13 e 14. L'oggetto sopra il quale s'appoggia la fede è Dio solo. Gr. 17:5. Dio solo dunque deve essere invocato. - Sl. 50:15. In tutta la S. Scrittura non si trova né precetto d'in­vocare gli Angeli o i Santi raccolti in cielo, né promessa di grazia  a chi lo facesse, ne esempio d'alcun fedele che gli abbia pregati - Mt. 11:28. Cristo non gli rimanda né ai santi né alle sante. E gli Apostoli nelle loro epistole e prediche mai non hanno raccomandato sé stessi a altri, né alla Beata Vergine, né ad alcuno de santi defunti: ma al solo Dio per Gesù Cristo unico mediatore tra Dio e gli uomini.

Lu. 11:1- Essendo egli richiesto in generale d'insegnare loro a pregar, non diede loro varie forme d'orazioni, una a Dio, altre agli angeli, e ai santi, anzi, per far loro veder chiaro che si deve invocar Dio solo, prescrive loro questo divino modello d'orazione, che non si può indirizzare ad alcuna creatura. Gd. 13:16. Non fu mai ordinata alcuna offerta religiosa da presen­tare ai santi, o agli angeli molto manco dobbiamo offrire loro il sacrificio spirituale della preghiera.

I Re 8:39. Dunque gli angeli e i santi non essendo scruta­tori del cuore, non possono intendere le vere orazioni, che sono i pensieri e desideri dei cuori fedeli, e non la favela fallace delle labbra. - Ec. 9:5 e 6 - cfr. Gb. 14:21 - 2 Re.  22:20. Se i santi raccolti nel riposo di Dio in cielo vedessero i peccati e le calamità nelle quali cadono le persone a loro care, e soprattutto quelle della Chiesa, sarebbe turbata la loro felicità. Ora se, come qui viene accennato, il Santo Re Giosia dopo la morte non vedeva le pubbliche miserie del popolo di Dio, molto meno possono i santi conoscer le necessità di tutte le persone partico­lari che sono in tutto il mondo, o intender le preghiere loro. Is. 63:16. Poi che questi Santi Patriarchi, Abramo amico di Dio, padre de credenti, e Israele che aveva veduto Iddio faccia a faccia, non conoscevano i loro posteri del tempo d'Isaia, come si può credere che gli altri santi intendano le orazioni di tutti gli uomini?

Articolo XXIV

Che Iddio s'è raccolta una chiesa nel mondo per la salvezza degli uomini, e che ella non ha se non un solo Capo e fonda­mento, cioè Gesù Cristo.

Prove

Is. 4:3 - Gv. 10:14 a 16 - Gv. 11:51:52 - De.7:6 - Sl. 33:12 - Sl. 46:6 - Sl. 87:1 a 3 - Sl. 100:3 - Sl. 147:2 – Sl. 148:22:23 - At. 4:11 - Mt. 16:18 - Ef. 1:22:23 -1 Co. 3:11 -Ef. 2:20:21; 6:23. Come dunque non ha vergogna il Papa di vantarsi d'esser capo e sposo della Chiesa? Come si può creder quella esser la casta sposa di Cristo, che riconosce un altro sposo?

Articolo XXV

Che la Chiesa è la compagnia dei fedeli, i quali es­sendo stati da Dio eletti avanti la fondazione del mondo, e chiamati d'una santa vocazione, vengono ad unirsi per segui­re la Parola di Dio, credendo ciò Che egli vi ci insegna e vi­vendo nel suo timore.

Prove

Ef. 4:11 a 13 - Ro. 8:29:30 - Mt. 22:14 -1 Gv. 2:18:19 - 1 Ts. 4:7 - Gd. 1 - 1 Co. 1:2 - Gv. 8:47 - Gv. 10:3:4 -Gv. 17:6:9:17 a 21 e 24 - 2 Ti. 2:19 -1 Gv. 2:3:4 -1 Gv. 3.3.

Articolo XXVI

Che la Chiesa non può mancare e esser ridotta al niente, ma che deve esser perpetua, tutti gli eletti essendo, ognuno nel suo tempo, chiamati da Dio nella comunione dei santi, e talmente per la virtù del suo Santo Spirito sostenuti e conservati nella fede, che perseverando in essa conseguono l'eterna salvezza.

Prove

Gr. 31:3; 33:36:36 - Gr. 32:38 a 40 - Sl. 46:6 - Ml.  3:6 - Sl. 102:28 e 29 - Os.  2:19. Il sacro vincolo di questo matri­monio spirituale di Cristo con la sua Chiesa non può esser rotto ne dagli uomini ne dalli demoni: perché Iddio conserva la fede nei suoi. - Gv. 14:16 - Ro. 11:29 - Sl. 37:28 - Sl. 48:15 - Gv. 6:37 e 47 - Gv. 10:27 e 28 - Ro. 8:29 a 32 -Ro. 8:38 e 39 - Mt. 24:24. Così Cristo qui insegna non es­ser possibile che gli eletti siano sedotti. Essendo sostenuti per la grazia  di Dio persevereranno nella fede sin alla morte. - Lu. 22:31 e 32 - Gv. 17:11:20 e 21 - 1 Co. 1:7 e 8. Fl. 1:6; 2:13. Dio opera talmente nella volontà dei suoi eletti che essi vogliono perseverare, ed effettivamente perseve­rano fin alla fine, tal che non si può dire che la volontà di essi renda dubbiosa la loro perseveranza: ne essi vanagloriarsi d'averla dal loro libero arbitrio, che si determini se stesso: ma dalla grazia  di Dio. - 1 Gv. 2:19 - 1 Gv. 3:9.

Articolo XXVII

Che ognuno a quella (cioè alla Chiesa) deve congiungersi e tenersi nella sua comunione.

Prove

Is. 4:3: ciò è nella vera Chiesa di Dio. - Is. 44:5 – Gl. 2:32. Ne consegue che per esser salvato conviene aggiungersi e atte­nersi alla vera Chiesa: non alla Sinagoga di Satana: o starsene solingo in un eremitaggio, o scomunicato. - At. 2:47 - Ga. 4:26. Quelli dunque che non riconoscono la Chiesa per madre ubbidendo alla pura predicazione della parola di Dio, non pos­sono dire che Dio sia loro Padre. - Eb. 12:22 e 23 - Mt. 18:17 - 2 Co. 6:14 a 18. - Notate che per aderire alla vera Chiesa conviene separarsi della falsa.

1 Gv. 6:21 -1 Gv. 4:1 - 1 Gv. 10. Ecco che per discernere i veri Pastori dalli falsi, conviene esaminare se la dottrina loro è conforme alla S. Scrittura. - Ap. 18:4. Tutti quelli che non si separano dalla falsa Chiesa, senza accorgersene con re­starvi si rendono complici dei suoi errori e superstizioni, e compagni dei suoi eterni supplizi.

Sl. 27:4 - Ef. 4:11 a 13. Coloro dunque che non si uni­scono con la vera Chiesa, non sono membra del corpo mistico di Cristo. San Paolo tra i ministri ordinati da Dio per l'edificazione della Chiesa non mette mai né Pontefici, né Cardinali, né sacerdoti: da dove vengono dunque?

Mt. 10:14 - Eb. 10:25 - Eb. 13:7 e 17: cioè secondo la parola di Dio, contenuta nel Vecchio e Nuovo Testamento. -At. 6:29 - Gv. 8:47.

Articolo XXVIII

Che Iddio non ci ammaestra solo con la Sua Parola, ma che di più egli ha ordinati dei Sacramenti per congiungergli ad essa, come mezzi per unirci a Cristo e partecipare ai suoi be­nefici, e che non ve ne sono più di due comuni a tutte le mem­bra della Chiesa, sotto il Nuovo Testamento, ciò è il Battesimo e la Santa Cena.

Prove

Ro. 1:16 - Ro. 10:17 - Ro. 4:11 a 13 - Mt. 28:19:20 – Mr. 1:1 a 4 - Ro. 6:3 a 5 - 1 Co. 10:16 - 1 Co. 11:23 a 26 -1 Co. 12:12:13. Ecco qui la nostra unione mistica con Cristo suggellata con i suggelli dei due Sacramenti della Chiesa Cristiana cioè il Battesimo e la S. Cena.

Articolo XXIX

Che egli ha stabilito quello del Battesimo per una testimonianza della nostra adozione, e che vi siamo lavati dei nostri peccati nel Sangue di Gesù Cristo e rinnovati in santità di vita.

Prove

Lu. 3:2:3 – Mr. 16:16:16 - At. 2:38 - Ga. 3:27 - Ro. 6:3:4 - Ef. 6:26:26 - Cl. 2:11:12 - I Pi. 3:21 - Eb. 10:22.

Articolo XXX

Che Egli ha stabilito quello della Santa Cena od Eucaristia per il nutrimento dell'anime nostre, acciocché con una vera e viva fede per la virtù incomprensibile dello Spirito Santo, man­giando effettivamente la sua carne e bevendo suo sangue, e con­giungendoci strettamente ed inseparabilmente a Cristo, in Lui e per Lui abbiamo la vita spirituale ed eterna. Ed ognuno veda chiaramente ciò che crediamo in questo capo, aggiungiamo qui le medesime espressioni che si trovano nella preghiera che facciamo avanti la comunione, nella nostra Li­turgia o forma di celebrare la Santa Cena, e nel nostro Catechi­smo pubblico, i quali scritti si vedono dietro ai nostri Salmi. Queste sono le parole della preghiera: Si come il Signor nostro non solo ha una volta offerto il suo corpo ed il suo sangue per la remissione dei nostri peccati, ma vuole anche comunicarceli in nutrimento di vita eterna; facci anche questa grazia che in vera sincerità di cuore, e con zelo ardente, riceviamo da Lui un si grande beneficio, ciò è che con sicura fede noi godiamo del suo corpo e del suo sangue, anzi di Lui tutto intero. Le pa­role della Liturgia sono tali. Prima dunque crediamo alle pro­messe che Gesù Cristo, il quale è la verità infallibile, ha prononciate con la sua bocca, cioè Che egli ci vuoi far veramente partecipi del suo corpo e del suo sangue, ecc. lo possediamo intera­mente, in modo che egli viva in noi, e noi in esso lui: Quelle del nostro Catechismo sono le medesime nella Domenica 53.

Prove

Mt. 26:26 a 29. Notate che egli non dice, questo è, o che questo sia per transustanziazione cambiato nel mio corpo, ma questo è il mio corpo: ciò è sacramento, che vuoi dire, segno sa­cro del mio corpo, come il calice è il Nuovo Testamento, ciò è segno e suggello di esso: e la pietra percossa da Mosè era Cristo secondo che scrive l'Apostolo 1 Cor 10:4 non in sostanza, ma in figura e significazione. Mt. 26:27. Notate che tutti quelli che ricevono il pane sacro, devono anche partecipare al calice sacro, il quale non può esser loro tolto senza sacrilegio. Mt. 26:28. Notate che il sangue di Cristo nella Santa Cena ci è dato come sparso, il che è stato fatto nella sua morte. Come dunque questo Sacro Sangue non fu allora sparso realmente nella mensa, si sparge corporalmente oggi nella celebrazione della S. Cena, così non è presente nel calice o nel vino corporalmente, ma sacramentalmente, in quanto che la fede vi riceve Cristo come morente per noi nella croce. Mt. 26:29. Notate che il vino il quale Cristo si beve nella celebrazione della Santa Cena non era transustanziato in sangue, ma era vero vino, frutto di vigna.

Lu. 22:19. Notate che egli non dice: “fate il mio corpo” ma celebratene la memoria. Lu. 22:20. Come il calice non è mu­tato in un patto, o in un Nuovo Testamento, ma n'è il Sacra­mento, così il pane è sacramento del corpo di Cristo, ciò è sa­cro segno. 1 Co. 11:23. Notate che l'Apostolo dispensatore fe­dele non ha dato alla Chiesa se non quanto egli aveva ricevuto da Cristo: ma nella messa vi sono molte cose le quali non si trovano nell'Evangelo di Cristo. Notate che Gesù Cristo nella Santa Cena diede il suo corpo rotto per noi, il quale non vi fu corporalmente rotto, ma Sacramentalmente nel rompere il pane. Non era dunque corporalmente rinchiuso nel pane della S. Cena. Lu. 22:25. Notate che la Santa Cena non è stata ordinata per sacrificar di nuovo Gesù Cristo, come si pretende nella messa, ma per annunciare il sacrificio della sua morte fatto una sola volta, e riceverne il frutto salutare per fede in re­missione dei nostri peccati.

Gv. 6:35. Notate che venire a Cristo, mangiare la sua carne e bere il suo sangue, è credere in lui: e che questo si fa non per la bocca del corpo, ma per la fede che è la bocca dell'anima. Gv. 6:54. Dunque la carne e il sangue di Cristo non si ricevono corporalmente nel Santo Sacramento, poi che molti ipocriti lo prendono, i quali però non hanno la vita eterna. Gv. 6:63. Dunque la manducazione del corpo di Cristo non si deve intender carnalmente, ma spiritualmente per fede, per la quale noi viviamo in Cristo, e Cristo vive e abita in noi. Ga. 2; Ef. 2 e 3.

Articolo XXXI

Che egli è necessario che la Chiesa abbia dei Pastori giudicati bene istruiti e di buona vita da coloro che ne hanno la ragione, tanto per predicar la Parola di Dio come per amministrar i Sacramenti e vegliare sopra il gregge di Cristo, se­condo le regole d'una buona e santa disciplina, insieme cogli Anziani e Diaconi, secondo l'usanza della Chiesa antica.

Prove

Nu. 27:17 - Eb. 6:4 e 5 - Gr. 3:15 - Gr. 29:8 e 9 - Gr.  23:21 e 22 -1 Co. 12:4 e 28. Il Papato e Cardinalato non fu ordinato da Dio. Ef. 4:11 a 13. L'Apostolo descrivendo qui tutti gli uffici stabiliti da Cristo per edificare la sua Chiesa non avrebbe dimenticato in questa ordinazione i Pontefici e Cardinali e sa­cerdoti se Cristo gli avesse istituiti.

Gv. 20:21 - Mar. 16:15 - Mt. 28:19 e 20 -1 Ti.  3:1 a 5 -1 Ti.  6:17 - Tt.  1:5 a 7. Anziano e Vescovo sono due nomi dell'ufficio dei Pastori o Ministri della Chiesa: e non di signoria sopra essa: come si vede anche nelle testimonianze seguenti. At. 20:17 e 28. Paolo parlando agli Anziani ciò è Ministri della Chiesa d'Efeso gli chiama tutti vescovi. -1 Pi. 6:1 e 3 -1 Ti.  3:8 a 10 - Eb. 13:17. Noi dobbiamo seguire i nostri Pastori mentre essi seguono Cristo sommo Pastore delle anime; ma se cadono in errore, dobbiamo attenersi alla verità di Dio anzi che alle menzogne degli uomini, come si vede ne testi se­guenti.

Ga. 1:8 e 9 - At. 17:11. Esaminavano giornalmente le prediche di San Paolo con la regola indubitabile della Santa Scrittura, come anche l'aveva commendato Is.  8 e Iddio stesso De. 13. - Is. 8:20 - Mt. 7:15 - Mt. 16:6 -1 Ti.  4:1 a 3. Ognuno può vedere in questi ultimi tempi dove regnino tali errori palpabili, per fuggirli se desidera salvar l'anima sua.

1 Ts. 2:3 a 13 - 1 Ts. 6:20 e 21 -1 Gv. 4:1 a 3. Notate che per discerner gli spiriti e sapere se sono da Dio, o no, egli comanda d'esaminare la loro dottrina secondo la regola della Santa Scrittura, come Gv. 6:39; At. 17:11 e soprattutto guardarsi da quelli che corrompono l'articolo della venuta di Cristo in carne, come fanno coloro che s'immaginano un corpo di Cristo che sia in molti luoghi in un medesimo tempo, ciò è non solo in cielo, ma dovunque essi pretendono farlo per la transustanziazione delle loro ostie, in mille milioni di luoghi.

1 Gv. 10. Notate Che egli non dice che bisogna veder s'e­gli è mandato e approvato dal vescovo Romano: ma s'egli inse­gna la dottrina di Cristo. - Ap. 2:2. Il padre della menzogna non cessa mai di spinger nel mondo degli spiriti fallaci, che si vantano d'avere autorità Apostolica: però non conviene se­guitarli alla cieca, ma provarli e riprovarli. -1 Pi. 4:11 -1 Co. 4:6 -1 Ti.  4:13 a 16 - 2 Ti. 4:1 a 4 - Gr.  23:16 a 19. La paglia delle invenzioni umane è la pastura degli spiriti brutali: ma i Figli di Dio si pascono del frumento celeste della sua pa­rola: con la quale come essendo anche un fuoco santo, essi bruciano la paglia delle false dottrine.

Del dover e cura dei Pastori a correggere i vizi con santa disciplina. - Tt.  2:15 -1 Ti.  6:20 - Is. 58:1 - Ez. 3:17 a 21 - Mt. 18:15 a 17.

Articolo XXXII

Che Iddio ha stabilito, i Re, i Principi e i Magistrati per il governo dei popoli; che i popoli devono esser loro soggetti ed ubbidienti in virtù di quella ordinazione, non solo per l'ira, ma ancora per la coscienza, in tutte le cose conformi alla Parola di Dio, il quale è il Re dei re e il Signore dei signori.

Prove

Pr. 8:15 - Dan. 2:20:21 - Gb. 12:18 - II Cron. 19:5 a 7 -Ro. 13:1 a 7 - S. Matteo 6 e in S. Luca 11.

Articolo XXXIII

Finalmente che è necessario ricevere il Simbolo degli Apostoli,  il Padre nostro e il Decalogo, come scritti fondamen­tali della nostra fede e delle nostre devozioni.

Il che resta chiaro dalle testimonianze con le quali riab­biamo verificato la nostra Confessione, che in sostanza con­tiene la medesima dottrina, e di più con le seguenti.

Prove

Ro. 1:16 - Ro. 10:8:9 - 2 Ti. 1:13. Il Padre nostro è prescritto come un perfettissimo modello delle no­stre preghiere, voti e desiderij in Matteo 6 e in Luca 11.

E per una più distesa dichiarazione di quanto crediamo, ripetiamo qui la protesta che già abbiamo fatto stampare cioè che consentiamo nella sana dottrina con tutte le Chiese Riformate di Francia, della gran Bretagna, dei Paesi Bassi, Germania, Svizzera, Boemia, Polonia, Ungheria e altre, com'ella è rappresentata nella loro Confessione d'Augusta, se­condo la dichiarazione datene dall'autore; e promettiamo di perseverarvi con la grazia  di Dio inviolabilmente e nella vita e nella morte, essendo pronti a sottoscrivere a questa eterna verità di Dio col nostro proprio sangue, come l'hanno fatto i nostri Maggiori fin dal tempo de gli Apostoli, particolar­mente in questi ultimi secoli.

E però preghiamo umilmente tutte le Chiese Evangeliche e Protestanti di tenerci nonostante la nostra povertà e bassezza per vere membra del corpo mistico di Gesù Cristo che soffrono per il suo nome, e di continuarci l'aiuto delle loro pre­ghiere verso Iddio, e tutti gli altri effetti della loro carità, come già gli abbiamo copiosamente provati; Onde le ringraziamo con tutta l'umiltà possibile, supplicando il Signore con tutto il cuore, che egli ne sia Rimuneratore, spandendo sopra esse le più preziose benedizioni della grazia  e della gloria, in questa viltà, ed in quella che è da venire. AMEN.

 

Breve giustificazione intorno a quei capi dei quali i Dottori della Religione Romana sono soliti di accusare le nostre Chiese, e le altre Riformate; i quali pure da tutte sono condan­nati come pieni di empietà, e degni dell'abominio dei Cristiani.

Siamo ordinariamente accusati di credere:

1. Che Iddio è autore del Peccato

2.  Che Iddio non è onnipotente.

3.  Che Gesù Cristo non fu impeccabile.

4.  Che Gesù Cristo nella croce cadde in disperazione.

5.  Che l'uomo è come uno stecco od una pietra nelle azioni alle quali egli è mosso per la salvezza dallo Spirito di Dio.

6.  Che in virtù della predestinazione egli è indifferente di viver bene o male.

7.  Che le buone opere non sono necessarie alla salvezza.

8.  Che la penitenza e la confessione dei peccati sono tra noi assolutamente condannate.

9.  Che conviene respingere i digiuni e altre mortificazioni per viver in dissoluzione.

10.  Che sia lecito ad ognuno di spiegare a suo piacimento la Scrittura, e secondo i movimenti d'uno spirito particolare.

11.  Che la Chiesa può del tutto mancare, ed esser ridotta al niente.

12.  Che il Battesimo non è d'alcuna necessità.

13.  Che nel Sacramento dell'Eucaristia non n'è alcuna co­munione reale a Gesù Cristo, ma solo delle figure.

14.  Che non conviene sottoporsi agli re, e Principi e Magi­strati, ubbidire loro.

15.  Perché non invochiamo la Santa Vergine, e gli uo­mini già glorificati, siamo accusati di disprezzargli, la dove noi gli stimiamo beati, degni di lode e imitazione; e particolarmente teniamo la gloriosa Vergine benedetta sopra tutte le donne.

Questi capi che a noi sono imputati, sono tenuti dalle no­stre Chiese per eretici e dannabili: E con tutto il cuore denunziamo anatema a chiunque vorrà mantenergli.

ATTO DICHIARATIVO DEL SINODO DEL 1894

Ritenendo cosa utile di meglio chiarire alcune espressioni della vigente Confessione di Fede, le quali possono prestarsi ad interpretazioni non rispondenti a quello che la Chiesa in­tende di professare, il Sinodo dichiara quanto appresso:

I.  nel ritenere (come agli arti. 8 e 10) la corruzione dell'uman genere, non si intende che sia cancellata nell'uomo ogni traccia di quella immagine di Dio in cui fu formato; anzi per­dura in esso una qualche conoscenza di Dio ed è impressa in Lui la legge morale che lo rende responsabile del male che com­mette.

II. nel ritenere come cosa rivelata la misericordiosa ele­zione di Dio (art. 11) la Chiesa riconosce come verità non meno chiaramente insegnata nelle Sacre Scritture che Dio vuole la salvezza di tutti gli uomini in Cristo.

III.  nel confessare (come nell'art. 13) che Gesù Cristo è vero Dio e vero uomo, non s'intende di voler tanto insistere sulle definizioni di cose misteriose quanto sulle testimonianze bibliche circa la divinità e la umanità del Salvatore.

IV.  nel ritenere (come all'art. 29) che siamo «nel Batte­simo lavati dei nostri peccati per lo Sangue di Cristo e rinno­vati in Santità di vita» non s'intende sanzionare alcuna dottrina di rigenerazione battesimale, dovendo il battesimo d'acqua ri­guardarsi piuttosto come l'esterno attestato ed il simbolo dell'opera solo efficace della grazia di Dio.

V.  nel confessare (come all'art. 30) che nella S. Cena «mangiamo effettivamente la carne di Cristo e beviamo il suo sangue» la Chiesa non intende professare fede in alcuna specie di materiale manducazione del corpo di Cristo; ma intende che solo spiritualmente l'anima vi si ciba di Cristo, godendo per la fede dei benefizi procurati dal sacrificio di Lui offerto una volta per sempre.

 

(fine testo)

Tempo di Riforma - a cura del past. Paolo Castellina  - Scrivici cliccando qui