Che cosa significa credere in Dio?


L’uso comune del verbo credere non ci aiuta molto nel definire che cosa sia la fede. Il Credo (apostolico) implica molto di più. Riporto qui una riflessione tratta da “Il Credo”, di Fulvio Ferrario, Claudiana, Torino, 1998.

Nel linguaggio comune, credere significa anzitutto «supporre», «ritenere», e il verbo è generalmente seguito da una proposizione oggettiva: «credo che pioverà». Credere, in questo senso, si distingue da «sapere» perché manca di certezza: non so esattamente se pioverà, mi limito a ritenerlo probabile. Non potendo sapere, devo per forza limitarmi a credere. Va da sé che, quanto più una decisione è importante, tanto più è pericoloso prenderla in base a ciò che credo, e diventa importante fondarla su ciò che effettivamente so. Applicata alla fede cristiana, questa comprensione del credere è mortifera. «Credo» significa allora che, per quanto riguarda Dio, non posso sapere nulla, e sono dunque condannato a restare nell'incertezza. Il vero sapere riguarda le cose che si possono vedere e toccare, che sono oggetto di verifica secondo quelli che, a quanto si dice, sono i criteri della scienza, o almeno del buon senso; Dio, per definizione, si colloca su un altro piano, di cui non si dà un sapere, ma solo la «fede», che però in questo quadro significherebbe solo: affermare qualcosa (per esempio: Dio esiste; o: i morti risuscitano), e sperare che sia vero. Tale concezione del credere è piuttosto diffusa, fuori dalla chiesa, ma anche al suo interno, con effetti devastanti.

La lingua corrente usa «credere» anche nel significato di «ritenere che Tizio dica il vero». In questo senso si crede a qualcuno. Il credere può fondarsi semplicemente sulla verosimiglianza di quel che è detto: in tal caso siamo vicini all'uso precedente; ma può anche radicarsi in un rapporto di fiducia personale tra chi parla e chi ascolta. «Credere» in quest'ultimo senso presenta un'analogia con il credere cristiano perché, appunto, si tratta di aver fiducia.

La confessione di fede, tuttavia, parla di credere in: non si tratta dell'unico uso cristiano del verbo (anche la fede crede che, cioè si articola in contenuti precisi), ma di quello che esprime il rapporto con Dio. Eis (= «in») è, in greco, la particella che, associata ai verbi di moto, dice dell'entrare in un luogo. Credere è dunque, in questa prospettiva, un percorso, una storia, prima e più che un dato acquisito una volta per tutte. Più precisamente, è la storia del rapporto con una persona dalla quale ci attendiamo vita, gioia, futuro. Anche qui, come nel credere a, è questione di fiducia, ma in senso più radicale. Chi crede in ascolta una promessa, che può essere esplicita o implicita, ad essa si affida, in base ad essa si impegna. Ogni decisione, anche la più banale (per es. alzarsi la mattina) presuppone un «credere in», l'attesa di qualcosa di positivo che io non possiedo, ma che spero di ricevere compiendo quell'azione. In questo senso, credere in qualcosa, o qualcuno, non è una caratteristica dell'esperienza detta religiosa, ma fa parte della struttura dell'esistenza umana. Tutti «credono»: tutti cioè, consapevolmente o meno, agiscono sulla base di una fiducia fondamentale in qualcosa o in qualcuno. Anche l'essere umano più cinico, che agisce unicamente a partire dall'aspirazione alla ricchezza, crede, appunto, nel denaro, da cui si ripromette vita e futuro.

La struttura «credente» dell'esistenza umana è stata evidenziata in modo insuperabile da Lutero, nel commento al primo comandamento del Grande Catechismo. Il Riformatore si chiede che cosa significhi «avere un Dio»:

Risposta: «Dio» significa: ciò da cui ci si deve attendere ogni bene e presso il quale si deve cercare rifugio in ogni avversità. Dunque «avere un Dio» non significa altro che confidare e credere in lui di cuore, come ho già spesso affermato, poiché fiducia e fede del cuore rendono tali sia Dio che l'idolo. Se la fede e la fiducia sono ben riposte, allora anche il tuo Dio è quello vero; e viceversa, dove la fiducia è sbagliata e mal riposta, lì non è il vero Dio. Infatti le due cose, fede e Dio, vanno insieme. Ciò da cui - dico - il tuo cuore dipende e a cui si affida, quello è, propriamente, il tuo Dio.

Nella prospettiva delineata da Lutero, che è quella della Bibbia, non esistono atei, cioè la questione non è se uno sia credente oppure no, ma in chi o in che cosa creda. Gli dèi di questo mondo sono sotto gli occhi di tutti: il Denaro, il Potere, il Prestigio ecc. L'elenco è pressoché infinito perché, dice ancora Lutero, «il cuore umano è una fucina di idoli», ciascuno dei quali formula la propria promessa ma anche la propria pretesa: «tutte queste cose ti darò, se tu ti prostri e mi adori» (Mt. 4,9). Gli dèi di questo mondo promettono pienezza di vita in cambio dell'adorazione del cuore umano, esattamente come i Baal, gli dèi della fertilità contro cui lottano i profeti dell'Antico Testamento. «Scegliete oggi chi volete servire» (Gios. 24,15): se uno qualunque degli idoli di questo tempo, o il Dio vivente e vero. Questi sono i termini reali del problema della fede.

Per questo la confessione di fede afferma: crediamo in un solo Dio. Significa: per opera dello Spirito santo, la nostra fiducia e la nostra speranza sono riposte unicamente nel Dio che ha rivelato il suo volto affettuoso e liberatore nella storia di Israele e in quella di Gesù di Nazaret, e che ci incontra nella predicazione evangelica. La fede cristiana si configura a partire da Colui a cui si indirizza, e che le parole possono esprimere in modo veritiero, ma radicalmente inadeguato: il Dio di Gesù. Da lui e da nessun altro ci attendiamo gioia, pienezza e futuro, in questa vita e oltre. Ogni realtà terrena ha un significato positivo, nella misura in cui può essere compresa come dono dell'unico Dio, da spendere nel servizio agli altri. Se invece, per qualunque motivo e in qualunque modo, le realtà terrene vengono assolutizzate, allora si trasformano in idoli, e finiscono così per contendere al Dio vivente il cuore dell'essere umano.

Coloro che affermano: crediamo in un solo Dio, non possono però farlo una volta per tutte. La tentazione dell'idolatria si rinnova ogni giorno, e dunque anche la fede, per essere autentica, deve confermarsi quotidianamente, e per questo è chiamata, nella Scrittura, «combattimento» (I Tim. 6,12). E però un combattimento buono, positivo ed anche lieto, accompagnato e sostenuto dal dialogo con Dio (amichevole o polemico, lieto o angosciato, comunque intenso) nella preghiera: nel servizio dell'unico vero Dio, in cui si esprime la fede autentica, v'è libertà, cioè autentica umanità. Gli idoli vogliono servi; chi serve l'unico Dio è invece libero, perché è suo figlio (Ga. 4:5-7, ma anche Lu. 15:11-32!). La fede si rinnova dunque costantemente nella lotta contro l'incredulità (Mr. 9:24), cioè contro l'idolatria, e si esprime nel lieto servizio al prossimo, che costituisce l'autentico culto reso dal popolo di Dio nella vita di ogni giorno (Ro. 12:1-3). La prima affermazione del Credo, in tale prospettiva, non si risolve in una dottrina filosofica sulla trascendenza, ma esprime uno stile di vita, di cui la Scrittura costituisce la testimonianza fondante.


Il vocabolario su “credere”

Una questione di fiducia

1. Essere convinti della verità di qualcosa. [Es. credere alle parole di qualcuno; non posso crederci; credere sulla parola, senza bisogno di prove].

2. Avere fiducia. [Es. credere in qualcuno; credere nel progresso; prestare fede; credere a qualcuno; credere agli oroscopi]; dare retta [Es. credimi, è meglio così].

Una questione di opinione…

3. Ritenere possibile o probabile [Es. Non credo ad una soluzione facile].

4. Avere fede, essere convinti dell’esistenza di Dio, di un essere soprannaturale o simili [Es. credo in Dio; credo nel diavolo]; avere fede religiosa [Es. per chi crede, l’anima non muore con il corpo].

5. Ritenere, pensare [Es. fai quel che credi; ho creduto di dovergli dire tutto; crede opportuno parlare con lui; credo che farà bel tempo; credeva di essersi perso; credo di farcela; domani, credo, gli telefonerò; non ti credevo capace di questo; non lo credo possibile; credo che il quadro sia autentico].

5. Ritenere vero [Es. credeva le cose più assurde; non lo credi?]; ritenere veritiero [Es. ha detto la verità, ma non è stato creduto].


“Credere” in inglese

Verbo transitivo:  

1. To accept as true or real [Do you believe the news stories?].

2. To credit with veracity [I believe you].

3. To expect or suppose; think: [I believe they will arrive shortly].

Verbo intransitivo:

1. To have firm faith, especially religious faith.

2. To have faith, confidence, or trust: I believe in your ability to solve the problem.

3. To have confidence in the truth or value of something: We believe in free speech.

4. To have an opinion; think: They have already left, I believe.