La Bibbia nella sua interezza fu scritta da uomini ispirati da Dio (2 Ti. 3:16; 2 Pi. 1:21). Proprio perché ispirata (lett., "espirata") da Dio, i suoi documenti originali sono privi di errori di sorta (Gv. 17:17). Essa è autorevole in tutto ciò che riguarda la fede e la condotta (2 Ti. 3:16,17).
Questo libro è diverso da qualsiasi altro libro al mondo. E' una registrazione della vita e delle opere della Persona più importante dell'intero universo. Dietro le sue pagine, racconti, eventi, e persone, Egli si attende di incontrare personalmente ognuno che onestamente Lo cerchi. Se da una parte il mondo naturale rivela la potenza, maestà, e sapienza di Dio, la Bibbia rivela il Suo progetto di salvezza eterna e personale. E' l'Autore di questo libro e ciò che Egli offre ai suoi lettori ciò che rende la Bibbia di importanza e validità permanente.
La stupefacente somiglianza di migliaia di manoscritti antichi e ben preservati che ne riproducono il testo, ci danno prova convincente che essi riflettono accuratamente gli originali. Possiamo aver fiducia che se Dio ispirò un libro per rivelare Sé stesso, Egli pure ne sovrintenda la preservazione.
Cristo ripetutamente espresse la Sua fiducia nell'affidabilità delle Scritture ebraiche - i 39 libri dell'Antico Testamento (Mt. %.17,18; Lu. 24:27,44). Nel quarto secolo, i padri della chiesa dichiararono che questi 39 libri più i 27 libri del Nuovo Testamento sono divinamente ispirati, autorevoli e completi.
Sebbene la dottrina che le Scritture sono l'ispirata ed inerrante Parola di Dio e che questo sia questione di fede, si tratta per altro di una fede ragionevole. L'unità del messaggio di questi libri scritti durante un periodo di 1600 anni, è sorprendente. La sua accuratezza nei dettagli storici, la completezza del racconto, le sue profezie sorprendentemente realizzate, il suo benefico impatto sulla società, e il suo potere di trasformazione sulla vita di coloro che la leggono con fede, sono tali potenti testimonianze che di fatto è irragionevole non credere nelle Scritture ispirate.
La miglior ragione per credere nella Bibbia è che Gesù Cristo, il perfetto Dio-uomo, credeva in esse (Mt. 12:39-42, 19:4,5; Lu. 17:26-29). La ragione più personale per credervi viene trovata da ogni individuo nella sapienza, giustizia, e forza che proviene dal seguire la Bibbia.
Chiedendo l'aiuto del Suo divino Autore, cercando di determinare che cosa intendessero dire i suoi autori umani, interpretandola letteralmente e nel suo contesto, come faremmo con qualsiasi altro libro, e sottomettendoci umilmente al suo messaggio..
Se dopo attento e serio studio noi ancora non troviamo la
risposta o una soluzione, dovremmo procedere verso altri brani
con la fiducia che un giorno, o sulla terra o in cielo, la nostra
difficoltà verrà eliminata.
La salvezza è la liberazione dalle conseguenze penali, dalla contaminazione e dalla forza del peccato (Ro. 6:14,23; Ti. 3:4-6). Essa è eternamente molto più importante che essere salvati da un incendio, dall'annegamento, dalla malattia o dalla solitudine.
Molti oggi desiderano legittimamente essere salvati dal disagio sociale, da una salute malferma, dalla povertà, o dallo scoraggiamento. Sono problemi reali, ma quanti si rendono conto della ben maggiore necessità del proprio eterno benessere? Che tragedia concentrarsi solo su ciò che è temporaneo e trascurare o minimizzare ciò che è eterno!
Il peccato è qualunque pensiero, parola od azione che, o viola o vien meno alla completa conformità alle santi leggi di Dio (Ro. 3:23; 1 Gv. 3:4). In breve, Gesù e i Suoi apostoli insegnavano che il peccato è tutto ciò che non riflette - in modo totalmente non-egoistico - amore per Dio ed amore per gli altri.
Egli è divenuto membro della razza umana nella persona di Gesù Cristo (Gv. 1:1-4), visse senza peccare come nostro Sostituto per adempiere alle esigenze della giustizia di Dio (2 Co. 5:21), soffrì e morì sulla croce per pagare Egli stesso le conseguenze penali per i nostri peccati (Mt. 20:28; Ro. 4:23-25; 1 Co. 15:3,4), e risorse dalla tomba per infrangere il potere della morte e sconfiggere Satana (At. 2:24; Eb. 2:14,15).
In altre parole, Egli accettò la piena responsabilità di pagare il prezzo per le conseguenze del nostro peccato. Sebbene di fatto fu Cristo a prendere il nostro posto, la Sua sofferenza fu condivisa dal Padre e dal Figlio. Certamente essi sentirono profondamente la sofferenza di vedere uno che così tanto amavano fare esperienza di una tale terribile umiliazione ed agonia.
Gesù Cristo morì per tutti, anche per coloro che non avrebbero creduto in Lui (Gv. 3:16; 1 Ti. 2:4-6; Eb. 2:9; 2 Pi. 2:1; 1 Gv. 2:2). Egli morì per coloro che sono peccatori per natura (Sl. 51:5), disubbidienti per scelta (Ro. 3:23; Cl. 1:21; Ti. 3:3), spiritualmente morti (Ef. 2:1-5), incapaci di compiacere a Dio (Ro. 8:8), e sottoposti alla Sua ira e condanna (Gv. 3:36; Ro. 1:18; 3:19).
Cristo morì per coloro che non hanno nulla da offrirGli se non la propria incapacità e bisogno. Egli morì per gente che è venuta meno al loro proposito originario di conoscerlo (Gv. 17:3) e di goderne per sempre la comunione (Ap. 7:15-17; 21:1-4).
Dalla prospettiva di Dio, Egli salva coloro che Egli scelse di salvare già da prima della fondazione del mondo (At. 13:48; Ro. 8:30; Ef. 1:4; 2 Ts. 2:13; 2 Ti. 1:9). Dal punto di vista umano, la salvezza viene legittimamente offerta a tutti e viene offerta gratuitamente a tutti coloro che credono in Gesù Cristo (Mt. 11:28; Gv. 1:12; 3:15,16,36; 6:40:47; 11:25,26; 20:31; At. 16:31; Ro. 10:9,10).
La nostra parte non è comprendere la mente ed i misteri di Dio, ma di accettare con riconoscenza il Suo amore, amore che non abbiamo meritato. Di questo possiamo essere sicuri: tutti coloro che sinceramente vogliono essere salvati e che accettano l'invito di credere in Cristo non saranno mai respinti (Gv. 6:37). Nel tempo e nell'eternità essi apprenderanno che essi sono venuti a Lui solo perché il Padre li ha scelti, sollecitati, ed attirati a Cristo (Gv. 6:39,44,65).
Dio sovranamente sceglie secondo il proprio beneplacito (Ef. 1:4-11). Sebbene la Sua scelta sia in armonia con la Sua precognizione (1 Pi. 1:2), essa non è basata su questo. Se Dio non prendesse l'iniziativa, nessuno crederebbe in Lui e lo sceglierebbe come Signore e Salvatore (Gv. 6:44).
No! Dio è sovrano e l'uomo è sia libero che responsabile. Noi non possiamo pienamente armonizzare queste verità, ma dobbiamo accettarle sia con umiltà che con fede.
Tutto questo richiede una ragionevole fiducia in Dio. Un genitore umano si aspetta che il suo figliolo abbia fiducia del suo giudizio di genitore quando quel bambino non è in grado di vedere il quadro complessivo. Non dovremmo forse accordare al Dio infinito la stessa considerazione e rispetto?
Per sola fede. Né uno zelante impegno nelle buone opere (Ef. 2:8-10; Ro. 4:1,2) né un'attenta osservanza di rituali religiosi (Ga. 3:1-9) giocano alcun ruolo nell'ottenere la salvezza.
La salvezza non si può trovare nei nostri sforzi per Dio ma nel confidare negli sforzi che Dio ha fatto per noi. Per quanto sia importante "andare in chiesa", nemmeno cinquant'anni di fedele presenza ai culti potrebbe assicurarci il paradiso. Dio non ha bisogno del nostro denaro, della nostra partecipazione ai culti, o delle nostre canzoni. Tutto ciò che Egli richiede è che noi riponiamo la nostra fiducia in Cristo. Su quella base soltanto Egli ci darà la salvezza. Ogni altra cosa ne consegue.
Il ravvedimento è quel cambiamento nel nostro atteggiamento verso noi stessi, i propri peccati e Dio. Esso coinvolge l'intera nostra personalità - mente, emozioni, volontà. In vari gradi, esso accompagna sempre la vera fede. La tristezza per i nostri peccati pure l'accompagna ed aiuta a fornire le prove che sia avvenuto un vero ravvedimento (2 Co. 7:9,10).
E' fiducia personale in Dio. E' credere che Egli, sulla base della morte sostitutiva di Cristo e la Sua risurrezione, perdona ed accetta tutti coloro che confidano in Gesù Cristo e confidano in Lui soltanto per la loro salvezza (Ro. 3:21-26; 4:1-25; 5:1,2; Ef. 2:8-10).
E' quindi non ciò che io faccio, ma ciò che io credo che conta. Le buone opere sono il frutto e la prova della salvezza (Ef. 2:10; 1 Gv. 3:7-10), non la sua base o causa.
La parola greca usata da Paolo è un termine legale che significa "essere dichiarato giusto". Dipinge l'azione di Dio come Giudice. Quando noi riponiamo in Cristo la nostra fede, Egli ci dichiara giusti (Ro. 3:24-26), liberi dalla condanna (At. 13:38,39; Ro. 4:8; 8:1), e ristabiliti nel Suo favore (Ro. 5:9-11).
Non esiste tribunale umano che abbia mai decretato una decisione di misericordia, perdono o assoluzione, che meriti più celebrazioni che la giustificazione che Dio offre ad ogni persona che creda in Gesù..
La santificazione, che in greco significa "mettere a parte", comincia come un atto di Dio per cui Egli mette a parte per Sé stesso coloro che confidano in Cristo (1 Co. 6:11; 2 Ts. 12:13; 1 Pi. 1:2). Questa santificazione posizionale da parte di Dio ci chiama a risponderGli con una santificazione pratica - un sempre maggiore nostro allontanamento dal peccato ed una continua crescita in santità (2 Co. 7:1; 1 Pi. 1:15,16; 2 Pi. 3:18).
Il comandamento di Dio ad essere santi è altrettanto appropriato per un cristiano come una madre che richieda con insistenza che i suoi bambini, il cane, e suo marito, non portino terra, vernice, o grasso con le scarpe in casa.
La redenzione è la nostra salvezza vista dal punto di vista del prezzo che Gesù dovette pagare per salvarci. Egli ci ha redento dalla legge (Ro. 7:6) e dalla sanzione penale che comporta la sua infrazione (Ga. 3:13), dal nostro asservimento al peccato (Ro. 6:6,11; 18:22; Ti. 2:14), e dal dominio di Satana (Cl. 1:13,14). Egli la operò attraverso la Sua morte sulla croce, l'atto con cui Egli soddisfò le esigenze della santa natura di Dio (Mt. 20:28; Ef. 1:7; 1 Pi. 1:18,19).
La vita cristiana è una condotta controllata dall'amore, la quale è radicata e fluisce dal nostro personale rapporto con Cristo. Crescendo nella comprensione di quanto Egli ci ami, cresceremo pure nella nostra capacità di amare Dio più di ogni altro e di amare il nostro prossimo come noi stessi (Mt. 22:37-39; Gv. 13:34; Ro. 13:8-10; 1 Co. 13).
Nulla è maggiormente importante che l'amore ad imitazione di Cristo - non la conoscenza, non l'osservanza di pratiche religiose, non l'osservanza di regole, non l'apparenza, non il sacrificio personale. Se pure noi si possa essere ignoranti senza verità, noi siamo nulla senza Cristo ed il Suo amore.
Colo0ro che sanno che cosa significhi amare Cristo ed essere amati da Lui, saranno caratterizzati da un senso di profonda riconoscenza verso Dio (Cl. 3:12-17), da una regolare vita di preghiera (1 Ts. 5:17), da paziente fiducia in Lui (1 Pi. 1:6-9), da umile sottomissione a Lui (Gm. 4:6-10), ed attenta disponibilità ad amare gli altri come Egli ci ha amati (1 Gv. 4:7,11).
Tutto questo non lo possiamo fare con le nostre forze, ma è il risultato normale di permettere che Cristo, mediante il Suo Spirito, viva la Sua vita attraverso di noi (Ga. 2:20; 5:16,22-25; Ef. 3:16-21; 5:18).
Esprimendo regolarmente ed in spirito di preghiera ciò che abbiamo in cuore a Lui (Mt. 6:5-15) ed ascoltandolo attentamente quando ci parla attraverso la Sua Parola scritta (Sl. 119; 2 Ti. 3:16,17; Eb. 4:12).
Dio risponde alle nostre preghiere quando preghiamo con fede (Mt. 17:20), secondo la Sua volontà (1 Gv. 5:14), con un cuore puro (Sl. 66:18), con spirito di perdono (Mr. 11:25,26), nello Spirito (Ef. 6:18), e con assoluta sincerità (Sl. 145:118).
Dio è onorato e onorerà noi quando pazientemente confidiamo nella Sua sapienza, potere e bontà, non importa quanto grandi siano le nostre prove, quanto profonde siano le nostre afflizioni, quanto forti siano i nostri dolori, quanto inesplicabile sia ciò che Egli permette che ci accada (Gb. 1:20-22; 13:15; 19:25-27; 23:10; 2 Co. 4:16-18; Gm. 1:2-4; 1 Pi. 1:6-9; 4:12-19).
I comandamenti della Bibbia sono le linee guida che Dio ci prescrive per mostrarci come noi si possa vivere quotidianamente l'amore che abbiamo per Lui e per il nostro prossimo (Mt. 22:37-40; Ro. 13:8-10; 1 Gv. 5:3.
Coloro che non meditano sulla Parola di Dio ben presto saranno distratti e preoccupati da pensieri inferiori, routine e dettagli. Essi si concentreranno soprattutto sui propri desideri, più che sui bisogni fisici, spirituali ed eterni degli altri.
Perché Cristo ha comandato di farlo (Mt. 28:19,20), e i
bisogni eterni degli altri lo richiedono (Ro. 1:16,17; 10:8-17).
E' impossibile amare gli altri come fa Cristo senza interessarsi
ai loro profondi bisogni eterni. Amare gli altri come Cristo li
ama, implica molto di più che interessarsi del loro benessere
eterno e spirituale, ma non può implicare nulla di meno.