Dalle apparenze alla realtà: Cristo, immagine del Dio invisibile (Colossesi 1:13–15) 

Domenica 22 giugno 2023

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La religione delle apparenze   

Viviamo in un tempo in cui l’apparenza e le narrazioni menzognere hanno preso il posto della realtà. Le immagini, i simboli, le rappresentazioni, non solo veicolano messaggi, ma plasmano le coscienze. I social media ci abituano a vivere una vita proiettata, filtrata, estetizzata. La pubblicità costruisce desideri fasulli. Il cinema e la televisione non raccontano più la realtà, ma la riscrivono, spesso deformandola. Oggi si possono persino creare “immagini parlanti” che non esistono – i cosiddetti deepfakes – con cui si possono attribuire parole e azioni a persone che non le hanno mai pronunciate o compiute.

Anche la religione non è esente da questa logica. È facile scivolare nella religione delle apparenze: immagini sacre che sostituiscono la conoscenza del vero Dio, cerimonie che diventano spettacolo, icone che suscitano emozioni ma non trasformano i cuori. Si rischia così di adorare una proiezione umana del divino, un simulacro spirituale che tranquillizza ma non salva.

La Bibbia, però, ci chiama a qualcosa di diverso: non a un’immagine creata da noi, ma a Colui che è l’immagine del Dio invisibile – e in modo unico ed irripetibile. E ci mostra come, per mezzo di Lui, possiamo uscire dalla menzogna delle apparenze e ritrovare la realtà per cui siamo stati creati.

Il rifiuto biblico delle immagini religiose   

Già nei dieci comandamenti, Dio proibisce di rappresentarlo con immagini scolpite: “Non farti scultura, né alcuna immagine delle cose che sono lassù nei cieli o quaggiù sulla terra… Non ti prostrare davanti a loro e non le servire” (Esodo 20:4–5). Questo è forse oggi il comandamento più ignorato di tutti, il comandamento che molti non prendono sul serio come dovrebbero infrangendolo del continuo con le scuse più varie. Per quanto giustifichino le loro opere di “arte religiosa”, non comprendono il profondo significato ed importanza del fatto che Dio stesso ci abbia proibito di farci immagini religiose.

Questo comandamento non è un rifiuto dell’arte o della bellezza, ma una difesa della verità spirituale. Nessuna immagine, infatti, può contenere o comunicare adeguatamente la gloria di Dio. Qualsiasi tentativo di raffigurarlo, anche con intenzioni devote, finisce per ridurlo a misura pregiudiziale, sostituendo la rivelazione con la fantasia.

Per questo la Riforma protestante, e in particolare la tradizione calvinista, ha sottolineato il primato della Parola: Dio si fa conoscere non attraverso immagini visive, ma attraverso la Parola proclamata, letta, udita. È per mezzo dell’orecchio, non dell’occhio, che si riceve la fede. Dice l’Apostolo: la fede viene dall’udire e l’udire si ha per mezzo della parola di Cristo” (Romani 10:17).

Cristo, immagine del Dio invisibile 

E tuttavia, proprio in questa teologia della Parola, si inserisce con forza e bellezza la dichiarazione dell’apostolo Paolo: “Egli è l’immagine del Dio invisibile”.

Ascoltate il frammento da cui è tratta questa espressione:

“Egli ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasportati nel regno del suo amato Figlio, nel quale abbiamo la redenzione, il perdono dei peccati, il quale è l’immagine dell’invisibile Dio, il primogenito di ogni creatura, poiché in lui sono state create tutte le cose, che sono nei cieli e sulla terra, le visibili e le invisibili: troni, signorie, principati, potenze; tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui; egli è prima di ogni cosa e tutte le cose sussistono in lui. Egli è il capo del corpo, cioè della Chiesa, egli che è il principio, il primogenito dai morti, affinché in ogni cosa abbia il primato. Poiché in lui si compiacque il Padre di far abitare tutta la pienezza e di riconciliare con sé tutte le cose per mezzo di lui, avendo fatto la pace mediante il sangue della sua croce; per mezzo di lui, dico, tanto le cose che sono sulla terra, quanto quelle che sono nei cieli. E voi, che già eravate estranei e nemici nella vostra mente e nelle vostre opere malvagie, ora Dio vi ha riconciliati nel corpo della sua carne, per mezzo della sua morte, per farvi comparire davanti a sé santi, immacolati e irreprensibili, se pure perseverate nella fede, fondati e saldi, non essendo smossi dalla speranza dell’evangelo che avete udito, che fu predicato in tutta la creazione sotto il cielo e del quale io, Paolo, sono stato fatto ministro” (Colossesi 1:13-23).

Qui non si parla di un’immagine artificiale creata dalla mano dell’uomo. Il Nuovo Testamento non ci dice mai che Gesù sia stato rappresentato in maniera pittorica, né che mai l’abbia voluto. Tutte le rappresentazioni artistiche di Gesù fatte nel corso dei secoli, sono dei falsi, frutto della fantasia – per quanto devotamente siano state fatte e siano onorate e persino adorate al limite della superstizione. Gesù è un’immagine vivente, che rivela e manifesta ciò che Dio è nella sua essenza. Il termine greco eikōn non indica un’icona dipinta o scolpita, ma un riflesso reale, sostanziale, autentico. Cristo è la Parola fatta carne (Giovanni 1:14), in cui la gloria invisibile del Padre prende forma nella storia.

Le confessioni di fede della Riforma sono esplicite a questo riguardo.

Che cosa comanda Dio nel secondo comandamento?. Che in alcun modo non rappresentiamo Dio con immagini, né in altra maniera lo adoriamo che non quella da lui comandata nella sua Parola. Non si possono affatto tollerare le immagini come «libri dei laici?  No, perché noi non dobbiamo essere più saggi di Dio, il quale non vuole che il suo popolo sia istruito per mezzo di immagini mute, ma per la predicazione viva della sua Parola” (Catechismo di Heidelberg, Parte II, Domande 96–97].

“Non è lecito, anche se fosse un angelo dal cielo, insegnare altrimenti di quello che ci ha già insegnato la Sacra Scrittura. Noi detestiamo ogni superstizione e tutte le invenzioni degli uomini, e riteniamo che si debba adorare Dio solo come Egli ha comandato nella sua Parola. Dobbiamo rifiutare ogni mistificazione, idolatria, e superstizione in relazione alle cose sacre” [Confessione Belgica, art. 7, 33, 35].

“Le immagini di Dio, del Cristo e dei santi non sono da porre nelle chiese. Quantunque Cristo abbia assunto natura umana, tuttavia non l’ha assunta per farne una figura da scolpire o da dipingere. Poiché gli uomini sono soggetti all’idolatria, e ciò fin dalla creazione del mondo, Dio vietò, nel suo santo comandamento, di farsi o avere delle immagini da adorare. Pertanto rigettiamo on solo le immagini degli idoli pagani, ma anche le immagini cristiane, specialmente in luoghi di culto” [Confessione Elvetica Posteriore, cap. IV].

“La luce della natura mostra che vi è un Dio, che ha signoria e sovranità su tutto, è buono e fa del bene a tutti, e quindi deve essere temuto, amato, lodato, invocato, creduto, e servito, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. Ma il vero modo di adorare il vero Dio è istituito da Lui stesso, ed è così determinato dalla Sua volontà rivelata, che non lo si deve adorare secondo le immaginazioni e le invenzioni dell’uomo, né secondo i suggerimenti di Satana, sotto qualsiasi rappresentazione visibile o con qualsiasi altro mezzo non prescritto nella Sacra Scrittura” [Confessione di fede di Westminster, cap. 21.1]

Certo, Dio nessuno l’ha mai “visto” (Giovanni 1:18), ma in Cristo Dio si rende visibile nel senso più profondo: non in apparenza, in figura o visione, ma nel suo carattere, nella sua santità, nel suo amore. Egli è, come dice Ebrei 1:3, “impronta della sua essenza”.

L’essere umano e l’immagine perduta   

Questo linguaggio dell’immagine non è nuovo. Fin dal principio, Dio ha creato l’essere umano “a sua immagine e somiglianza” (Genesi 1:26). Ma questa immagine non era una divinità autonoma: era una riflessione, una vocazione, una somiglianza morale e spirituale.

Con la caduta nel peccato, però, questa immagine è stata oscurata, sporcata, deturpata. L’essere umano, creato per riflettere la gloria di Dio, si è rivolto verso sé stesso, deformando quella somiglianza in auto-idolatria. Paolo, in Romani 1, descrive con lucidità questo processo: gli uomini hanno “scambiato la gloria del Dio incorruttibile con immagini” e “hanno adorato la creatura invece del Creatore”.

Il risultato è una società che vive di immagini, ma ha smarrito la realtà.

 Cristo ci libera dalla menzogna e ci ristabilisce nella verità 

Dice il nostro testo: “Egli ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasportati nel regno del suo amato Figlio. In lui abbiamo la redenzione, il perdono dei peccati”.

Questa non è solo una dichiarazione dottrinale, è una svolta, si può dire, ontologica ed esistenziale. Cristo ci libera da un dominio, un potere che ci tiene nelle tenebre, che ci fa vivere secondo falsità, apparenze, inganni. Egli ci trasporta, ci trapianta, ci sposta nel regno della luce, dove regna il Figlio – Colui che è immagine perfetta e verace di Dio.

Redenzione e perdono non sono solo soluzioni ai nostri errori, ma una ricreazione dell’essere umano, una restaurazione dell’immagine perduta.

La finalità dell’Evangelo cristiano non è solo salvarci dalle eterne e fatali conseguenze del peccato, ma renderci simili a Cristo, fin da ora. In Lui si compie una nuova creazione (2 Corinzi 5:17). Come il primo Adamo ci ha condotto nella morte, il nuovo Adamo ci guida verso la vita.

La Scrittura dice: Siamo trasformati nella sua stessa immagine, di gloria in gloria (2 Corinzi 3:18), come pure: Vi siete rivestiti del nuovo, che si va rinnovando in conoscenza a immagine di colui che l’ha creato (Colossesi 3:10).

Questa è la nostra vocazione: non riprodurre e venerare superstiziosamente immagini esteriori, ma essere noi stessi immagini viventi, riflessi morali e spirituali del nostro Signore.

Dalle apparenze alla realtà   

Il mondo continuerà a inseguire le apparenze. Continuerà a creare immagini seducenti, religiose o secolari, politiche o spirituali. Ma il credente è chiamato a vivere nella realtà.

Cristo è la realtà. È l’immagine autentica. In Lui vediamo Dio, in Lui scopriamo noi stessi. In Lui riceviamo una nuova identità, una nuova vocazione, una nuova vita.

E allora che il Santo Spirito di Dio ci trasformi. Rifiutiamo la religione delle apparenze. Non cerchiamo Dio in immagini fatte da mano d’uomo, ma in Cristo, nella Parola, nello Spirito.

E riflettiamo ogni giorno, sempre di più, la sua immagine in noi. La Scrittura dice: E noi tutti, contemplando a viso scoperto, come in uno specchio, la gloria del Signore, siamo trasformati nella sua stessa immagine, di gloria in gloria, secondo il Signore, che è lo Spirito (2 Corinzi 3:18).

Preghiamo. Signore Dio nostro, Tu che abiti una luce inaccessibile e che nessuno ha mai visto, ti rendiamo grazie perché hai voluto rivelarti a noi non attraverso immagini mute, ma per mezzo della tua Parola viva e incarnata: Gesù Cristo, immagine perfetta del Dio invisibile, splendore della tua gloria, impronta della tua essenza. Confessiamo davanti a Te di essere spesso attratti dalle apparenze, di cercare consolazione in ciò che si vede, si tocca, si adora con gli occhi ma non con il cuore. Liberaci, o Padre, dalla religione delle immagini e della superficie, e attiraci invece alla verità che salva, alla luce che illumina, alla Parola che trasforma. In Cristo ci hai liberati dal potere delle tenebre e ci hai trasportati nel Regno del tuo amato Figlio. Fa’ che la sua immagine cresca in noi giorno dopo giorno, che possiamo somigliare a Lui nei pensieri, nelle parole, nelle opere. Donaci, per mezzo del tuo Spirito, di essere veri adoratori, che ti adorano in spirito e verità, e che riflettono nel mondo, con umiltà e fedeltà, la gloria del tuo Figlio. Nel suo nome, Gesù Cristo nostro Signore e Salvatore, ti preghiamo e ti lodiamo. Amen.

Paolo Castellina, 12 giugno 2025

Note 

Commento a questo testo biblico di Giovanni Calvino. “… il quale è l’immagine dell’invisibile Dio” (15). Egli si eleva più in alto nel parlare della gloria di Cristo. Lo chiama l’ immagine del Dio invisibile, intendendo con ciò che è in lui solo che Dio, che è altrimenti invisibile, si manifesta a noi, secondo quanto detto in Giovanni 1:18: “Nessuno ha mai visto Dio; l’unigenito Dio, che è nel seno del Padre, è quello che l’ha fatto conoscere”. So bene in che modo gli antichi erano soliti spiegare ciò; perché, avendo una contesa da sostenere con gli ariani, insistono sull’uguaglianza del Figlio col Padre, e la sua identità di essenza mentre nel frattempo non fanno menzione di ciò che è il punto principale: in che modo il Padre si fa conoscere a noi in Cristo. Quanto al fatto che Crisostomo ponga tutto il fulcro della sua difesa sul termine immagine, sostenendo che la creatura non può essere detta immagine del Creatore, è eccessivamente debole; anzi, è messo da parte da Paolo in 1 Corinzi 11:7 , le cui parole sono: “l’uomo […] essendo immagine e gloria di Dio”. Affinché, dunque, non riceviamo altro che ciò che è solido, teniamo presente che il termine immagine non è usato in riferimento all’essenza, ma si riferisce a noi; Cristo, infatti, è chiamato immagine di Dio per questo motivo: perché rende Dio in qualche modo visibile a noi. Allo stesso tempo, da questo deduciamo anche che (Omousia) identità di essenza, poiché Cristo non rappresenterebbe veramente Dio se non fosse il Verbo essenziale di Dio, poiché la questione qui non riguarda quelle cose che per comunicazione sono adatte anche alle creature, ma la questione riguarda la perfetta sapienza, bontà, giustizia e potenza di Dio, per la cui rappresentazione nessuna creatura sarebbe competente. Avremo, quindi, in questo termine, un’arma potente contro gli ariani, ma, ciononostante, dobbiamo iniziare con quel riferimento e corrispondenza che ho menzionato; non dobbiamo insistere solo sull’essenza. La sintesi è questa: Dio in sé, cioè nella sua nuda maestà, è invisibile, e ciò non solo agli occhi del corpo, ma anche all’intelletto degli uomini, e che ci è rivelato solo in Cristo, affinché possiamo contemplarlo come in uno specchio. Poiché in Cristo ci mostra la sua giustizia, bontà, sapienza, potenza, in breve, tutto se stesso. Dobbiamo quindi guardarci dal cercarlo altrove, perché tutto ciò che si presenta come rappresentazione di Dio, all’infuori di Cristo, sarà un idolo”.