
Domenica 1 giugno 2025 – Domenica dopo il giorno dell’Ascensione
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Molti benefici
Si dice giustamente che vivere all’aria aperta e mangiare sano allunghi la vita. È vero: la vicinanza ad aree con molta vegetazione allunga la vita, migliora la salute mentale e offre opportunità di vita più attiva. Se al contatto con la natura si unisce anche una sana alimentazione, la qualità della vita aumenta ulteriormente. Mangiare sano è infatti molto importante per l’organismo e soprattutto quando ci sono delle belle giornate, è utile trascorrere del tempo all’aperto. Gustare del buon cibo su un prato verde è rilassante e aiuta a scacciare lo stress accumulato durante la settimana, soprattutto se dopo il pranzo si ha la possibilità di rilassarsi sotto i raggi del sole.
L’equilibrio psicofisico è tutto? No. Vi sono benefici essenziali alla nostra vita che solo la comunione con Dio può impartire. E questa benefica comunione con Dio è possibile ristabilirla attraverso la persona e l’opera del Salvatore Gesù Cristo: il beneficio unico ed insostituibile che Egli può dare ad ogni creatura umana. Una descrizione di questo ce la dà l’apostolo Pietro quando, presentando il Salvatore Gesù Cristo in Palestina ad un ufficiale romano dice: “… egli è andato dappertutto facendo del bene e guarendo tutti coloro che erano sotto il dominio del diavolo, perché Dio era con lui” (Atti 10:38). L’espressione “facendo del bene dappertutto”, il beneficio di Cristo, io l’ho sempre trovato un concetto determinante per l’Evangelo, ricevuto e ritrasmesso. Questo, infatti, non solo era “il programma” di Gesù, ma dev’essere anche quello di ogni Suo discepolo. Notiamo il contesto di quest’affermazione quando Pietro la esprime.
Pietro annuncia l’Evangelo in casa di un pagano
Sarebbe stata necessaria una rivelazione speciale per Pietro, discepolo ed apostolo di Cristo Gesù, affinché comprendesse che il Salvatore era venuto per il bene non solo del popolo di Israele, ma di gente del mondo intero, senza distinzione alcuna. Ecco così che Dio stesso gli impartisce questa lezione fondamentale e lo manda espressamente ad annunciare l’Evangelo di Cristo a Cornelio, centurione romano della coorte detta l’“Italica” per parlargli in casa sua. Questa sorta di “visite”, infatti, avrebbero suscitato scandalo in Israele perché era loro proibito di entrare in case “contaminate”. Cornelio era un uomo onesto e religioso, ma quel solo fatto, benché apprezzabile, non bastava: doveva giungere a conoscere ed accogliere nella sua vita la persona e l’opera di Gesù, il Salvatore del mondo. Cornelio e quelli di casa sua, per la loro salvezza dovevano ricevere per fede il beneficio unico ed insostituibile di Cristo, il Redentore. Cornelio e i suoi non conoscevano Gesù, il Cristo. Magari ne avevano sentito vagamente parlare. In quali termini, però, Pietro gliene avrebbe parlato? Questo è ciò sul quale vogliamo evidenziare oggi. Ascoltate quanto ci racconta, al riguardo, il libro degli Atti degli Apostoli.
“Allora Pietro, prendendo a parlare, disse: ‘In verità io comprendo che Dio non ha riguardo alla qualità delle persone, ma che in qualunque nazione chi lo teme e opera giustamente gli è gradito. Questa è la parola che egli ha diretta ai figli d’Israele, annunciando la pace per mezzo di Gesù Cristo. Egli è il Signore di tutti. Voi sapete quello che è avvenuto per tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni, vale a dire, la storia di Gesù di Nazareth: come Dio lo ha unto di Spirito Santo e di potenza e come egli è andato dappertutto facendo del bene e guarendo tutti coloro che erano sotto il dominio del diavolo, perché Dio era con lui. E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nel paese dei Giudei e in Gerusalemme ed essi lo hanno ucciso, appendendolo a un legno. Ma Dio lo ha risuscitato il terzo giorno e ha fatto sì che si manifestasse non a tutto il popolo, ma ai testimoni che erano prima stati scelti da Dio, cioè a noi, che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti. Egli ci ha comandato di predicare al popolo e di testimoniare che egli è colui che da Dio è stato costituito Giudice dei vivi e dei morti. Di lui attestano tutti i profeti che chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati mediante il suo nome’” (Atti 10:34-43).
I termini dell’annuncio evangelico
1. L’insufficienza della religiosità naturale
Che cosa notiamo in questo discorso dell’apostolo Pietro? Con quali termini Pietro gli fa conoscere il Salvatore Gesù Cristo? In primo luogo, Pietro lo assicura che il rispetto che egli ha per Dio e la sua onestà è sicuramente apprezzabile: “In verità io comprendo che Dio non ha riguardo alla qualità delle persone [non ha riguardi personali, non fa distinzione fra le persone], ma che in qualunque nazione chi lo teme e opera giustamente gli è gradito” (34-35). Eppure quello non basta. Cornelio deve conoscere e rapportarsi consapevolmente con Gesù di Nazareth, il Signore. La Sua vicenda, identità e missione gli deve essere raccontata e spiegata dai Suoi testimoni, quelli che per questo Dio ha scelto e inviato nel mondo come autorevoli apostoli e dei quali Pietro, in quel caso, ne era il portavoce: “i testimoni che erano prima stati scelti da Dio, cioè a noi, che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti” (41).
2. Il legame inscindibile dell’Evangelo con l’Israele biblico
Cornelio deve, in secondo luogo, conoscere il rapporto che Gesù ha con “i figli di Israele” : “Questa è la parola che egli ha diretta ai figli d’Israele, annunciando la pace per mezzo di Gesù Cristo. Egli è il Signore di tutti. Voi sapete quello che è avvenuto per tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni” (36-37). L’antico Israele ed i suoi profeti, di cui Giovanni, il battezzatore, era l’ultimo, hanno avuto un ruolo essenziale: quello di preannunciare e di preparare l’avvento del Cristo. L’Evangelo, infatti, non è “cascato improvvisamente dal cielo”, ma è stato accuratamente preparato da Dio nella storia.
3. Il radicamento dell’Evangelo nella storia
In terzo luogo, ne consegue che la storia stessa sia molto importante. Gesù, l’opera di Gesù è radicata concretamente nella storia. Non è un’astrazione o “una teoria”. Ciò che è avvenuto di fatto nella storia, in un preciso tempo e in un determinato spazio, è determinante. Pietro dice: “… vale a dire, la storia di Gesù di Nazaret” (38 a). La storia e “questo mondo” è “il campo di azione” dell’opera di Dio in Gesù Cristo. Essa si compie nella storia e per mezzo della storia, non al di fuori di essa. Dio non ha disprezzato il tempo e la materia: l’Incarnazione è il segno definitivo che la salvezza si svolge nella carne, nella storia, nel concreto della vita umana. La fede cristiana non è evasione dal mondo, ma è l’impegno a discernere la presenza del Regno di Dio che si manifesta nella storia umana, spesso in modi inattesi. La redenzione non consiste nell’abbandonare questo mondo, ma nell’essere trasformati in esso, nella prospettiva di una nuova creazione che parte già ora.
4. L’avvento di Gesù è segnato da potenza ed efficacia
“… come Dio lo ha unto di Spirito Santo e di potenza” (38 b). L’avvento di Gesù è segnato da potenza ed efficacia, Non è fatto di inganni,di “effetti speciali”, né si tratta di proposte “da provare per vedere poi se funzionano”, ma opere potenti ed efficaci, qui ed ora. Di Gesù è scritto che: “… molti, udendolo, si stupivano e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? Che sapienza è questa che gli è data? E che cosa sono queste opere potenti fatte per mano sua?” (Marco 6:2).
5. Il fine ultimo delle opere potenti di Gesù
Gesù ha operato efficacemente. Con quale finalità? Il testo dice: “… e come egli è andato dappertutto facendo del bene e guarendo tutti coloro che erano sotto il dominio del diavolo, perché Dio era con lui” (38 c). L’opera di Gesù (e dei suoi discepoli) era e rimane sempre quella di beneficare, di fare del bene, di guarire. La sua finalità, lo scopo dell’Evangelo di Cristo, proclamato e applicato, è il beneficio (nel tempo e nell’eternità) di coloro che a Lui si affidano. Ricostruire, reintegrare, riparare, ciò che è stato rovinato dal peccato e promosso dalle forze spirituali della malvagità. Se il peccato e le forze del male sono “ladri di vita”, Gesù dice: “Il ladro non viene se non per rubare, ammazzare e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Giovanni 10:10).
6. La risurrezione come l’opera suprema di Gesù
I Suoi avversari hanno creduto di averlo eliminato definitivamente, ma Gesù ha prevalso anche sulla morte ed ha manifestato l’opera più potente in assoluto: la vittoria sulla Sua morte: “…essi lo hanno ucciso, appendendolo a un legno. Ma Dio lo ha risuscitato il terzo giorno e ha fatto sì che si manifestasse” (39-40). La risurrezione di Gesù diventa così la sostanza dell’Evangelo. Così pure lo riassume l’apostolo Paolo: “io vi rammento l’evangelo che vi ho annunciato, che voi ancora avete anche ricevuto, nel quale state anche saldi, mediante il quale siete salvati, se pure lo ritenete quale ve l’ho annunciato; a meno che non abbiate creduto invano. Poiché io vi ho prima di tutto trasmesso, come l’ho ricevuto anch’io, che Cristo è morto per i nostri peccati, secondo le Scritture; che fu sepolto; che è stato risuscitato il terzo giorno, secondo le Scritture; che apparve a Cefa, poi ai dodici. Poi apparve a più di cinquecento fratelli in una volta (…) Poi apparve a Giacomo; poi a tutti gli apostoli e, ultimo di tutti, apparve anche a me” (1 Corinzi 15:1-8). La risurrezione di Cristo è centrale nell’Evangelo.
7. Il beneficio supremo di Gesù in un quadro legale
Alla fine, l’apostolo Pietro comunica a Cornelio qual è il beneficio supremo che si ottiene in Gesù: il perdono dei nostri peccati. “Egli ci ha comandato di predicare al popolo e di testimoniare che egli è colui che da Dio è stato costituito Giudice dei vivi e dei morti. Di lui attestano tutti i profeti che chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati mediante il suo nome” (42-43). Questo presuppone il contesto legale in cui noi tutti ci troviamo. Dio ci chiederà conto della nostra vita al Suo tribunale. Di fronte alla Sua Legge, che noi tutti siamo tenuti ad osservare, siamo infatti, tutti colpevoli. Dice l’apostolo Paolo: “Non c’è nessun giusto, neppure uno” (Romani 3:10). Grazie però all’opera di Gesù, di tutti coloro che l’hanno ricevuta con fede è ora possibile dire: “… siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e mediante lo Spirito del nostro Dio” (1 Corinzi 6:11).
Lo strumento della predicazione
L’apostolo Pietro, dunque, non teme di far visita al pagano Cornelio e di presentargli a chiare lettere la persona e l’opera, unica nel suo genere, del Salvatore Gesù Cristo. Infatti: “In nessun altro è la salvezza; perché non vi è sotto il cielo nessun altro nome che sia stato dato agli uomini, per mezzo del quale noi dobbiamo essere salvati” (Atti 4:12). Cornelio e quelli di casa sua accolgono con gioia il messaggio dell’Evangelo, ricevono lo Spirito Santo di Dio e vengono battezzati. Non era stata tanto l’arte retorica di Pietro a persuaderli, perché quella visita e quella conversione era stata preparata da Dio stesso. Come afferma, infatti, l’apostolo Paolo: “… quelli che ha predestinati, li ha pure chiamati; e quelli che ha chiamati, li ha pure giustificati; e quelli che ha giustificati, li ha pure glorificati” (Romani 8:30). Dio, però, si compiace di compiere l’opera della salvezza attraverso la fedele predicazione dell’Evangelo.
Abbiamo visto oggi così, in sette punti, i termini delle affermazioni di Pietro: (1) l’insufficienza della religiosità naturale; (2) il legame inscindibile dell’Evangelo con l’Israele biblico; (3) il radicamento dell’Evangelo nella storia di questo mondo; (4) la potenza e l’efficacia dell’opera di Gesù; (5) il fine ultimo delle opere potenti di Gesù ; (6) la risurrezione come l’opera suprema di Gesù; (7) il beneficio supremo di Gesù in un quadro legale. Potremmo, anzi, dovremmo approfondire ciascuno di questi punti, ma è la frase “… egli è andato dappertutto facendo del bene e guarendo” che particolarmente vorrei oggi in particolare sottolineare, Cristo come datore del massimo beneficio che potremmo ottenere.
Uno straordinario beneficio
Che cos’è un beneficio? Sostanzialmente qualsiasi atto o concessione con cui si fa del bene ad altra persona e le si giova materialmente o anche spiritualmente. Il termine tradotto nel nostro testo con “facendo del bene” è l’unico posto nel Nuovo Testamento dove compare, cioè “euergeteó”. Ha corrispondenti in ebraico dove il concetto di fare del bene si riflette in diversi termini legati alla gentilezza e alla benevolenza. Alcune idee corrispondenti si possono trovare in “chesed”, spesso tradotto come benignità” o “misericordia; “tov”, spesso usato per descrivere buone azioni o bontà morale; e “asah” che significa “fare” o “creare”, usato in contesti che riguardano il compiere buone azioni o azioni. Questi concetti ebraici trasmettono collettivamente l’imperativo biblico di impegnarsi in atti di bontà e gentilezza, in sintonia con l’uso neotestamentario di azioni benevole. Questo è ciò che faceva Gesù quando “andava dappertutto facendo del bene e guarendo”.
Indubbiamente è pure un invito all’azione per i cristiani, ad imitazione di Cristo, a impegnarsi in buone opere e atti di gentilezza per imitarlo e ringraziarlo per ciò che Egli per noi ha compiuto. Sottolinea la responsabilità morale ed etica degli individui di contribuire positivamente alla vita degli altri. Questo concetto affonda le sue radici nel più ampio tema biblico dell’amore e del servizio, riflettendo il carattere di Dio come Colui che è intrinsecamente buono e benevolo. Tutto questo evidenzia, così, il ministero di Gesù come caratterizzato da atti di bontà e guarigione, fungendo da modello per la condotta cristiana. È in linea con gli insegnamenti di Gesù, che istruisce i suoi discepoli ad amare il prossimo e a servire gli altri altruisticamente. Il concetto di fare del bene non è semplicemente un ideale astratto, ma un’espressione tangibile della propria fede e dell’impegno a vivere i principi dell’Evangelo. Se poi uniamo questo concetto a “guarire”, fisicamente, psicologicamente e spiritualmente (in maniera olistica, integrale), vediamo tutta l’estensione del “beneficio” di Cristo, trasmesso ai Suoi discepoli perché facciano altrettanto.
Il “Beneficio di Cristo”, infine, è pure il titolo di una famosa opera del 1543, attribuita a Benedetto Fontanini con la collaborazione di Marcantonio Flaminio, un testo centrale della Riforma protestante italiana [1]. Questo libro espone con linguaggio semplice e fervore spirituale la dottrina della giustificazione per fede, contrapponendosi alla visione meritocratica della salvezza allora dominante. In quest’opera il termine “beneficio” assume qui un significato teologico preciso: indica il dono gratuito della salvezza ottenuta per mezzo del sacrificio di Cristo, non come ricompensa per le opere umane, ma come puro atto di grazia divina. La giustizia di Dio non viene guadagnata, ma imputata per fede, secondo un’impostazione profondamente paolina e riformata. Il trattato era stato accolto con entusiasmo e largamente diffuso prima della sua condanna da parte della Controriforma. Il suo messaggio – che la salvezza è un “beneficio”, cioè un dono immeritato concesso da Dio per mezzo di Gesù crocifisso – costituiva per molti lettori una riscoperta personale dell’Evangelo. In tal senso, il “beneficio di Cristo” non è soltanto un concetto dottrinale, ma una realtà esistenziale che trasforma il rapporto del cristiano con Dio, liberandolo dalla paura e dalla schiavitù del legalismo religioso. Una definizione diretta del “beneficio di Cristo” si trova nel capitolo 1, dove si legge: “Questo è il beneficio del quale parliamo: che Cristo è stato dato a noi, e che noi l’abbiamo ricevuto, e che egli è nostro, come ci è promesso nella parola dell’Evangelio”. Questa affermazione riassume con chiarezza il cuore del trattato: Cristo stesso, nella sua opera redentrice, è il “beneficio” donato gratuitamente a chi l’accoglie.
Tutto questo è la sostanza dell’Evangelo del Signore e Salvatore Gesù Cristo. Dopo aver ricevuto, così, l’insegnamento apostolico, facciamo come Cornelio e la sua famiglia, affidandoci con fiducia al Salvatore Gesù Cristo e trasmettendone il messaggio.
Paolo Castellina, 19 maggio 2025.