Domenica 21 Settembre 2025
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Introduzione
Viviamo in un tempo in cui tutto sembra opinabile. Le persone discutono di politica, di scienza, di etica, di fede, e quasi sempre si conclude con un: “Tu hai la tua idea, io la mia”. Lo scetticismo e il relativismo moderni ci hanno abituati a mettere in dubbio ogni cosa, fino a ridurre perfino le convinzioni più profonde a semplici punti di vista. Ma se tutto è relativo, se non c’è alcuna certezza, come possiamo davvero vivere con sicurezza e fondamento?
Non si tratta solo di opinioni generali: la domanda diventa personale. Quando parliamo della nostra fede, quando diciamo di credere in Gesù Cristo, su cosa si fonda questa nostra convinzione? È solo il risultato di ciò che ci hanno insegnato i genitori, di ciò che abbiamo sentito in chiesa, o di qualche emozione religiosa provata? O c’è un fondamento più profondo, più solido, che sostiene ciò che crediamo? È qui che emerge la questione cruciale: come fai a sapere quello che dici di sapere?
Questa domanda non è nuova. Anche al tempo di Gesù circolavano molte opinioni su di lui: chi lo considerava un profeta, chi un grande maestro, chi addirittura la reincarnazione di antiche figure. Ma in mezzo a questa confusione, Gesù non si accontenta di sapere cosa dicano “gli altri”. Si rivolge ai suoi discepoli e domanda: “E voi, chi dite che io sia?”. La questione diventa personale e decisiva: non basta sapere cosa dice la gente, bisogna rispondere in prima persona.
La risposta di Pietro è chiara e sorprendente: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. Non è un’opinione in più, ma la verità che fa la differenza tra la vita e la morte, tra la speranza e lo smarrimento. Gesù però non attribuisce questa convinzione all’intelligenza o all’intuizione di Pietro. Gli dice invece: “Non la carne e il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli”. La vera certezza non nasce da ragionamenti umani, ma dal dono della rivelazione di Dio. Ed è proprio su questo vogliamo riflettere oggi: da dove viene la nostra persuasione di fede, e su quale fondamento poggia davvero la nostra conoscenza di Cristo?
Il testo biblico
Partiamo allora, nel suo contesto, dall’affermazione di fede che l’apostolo Pietro fa al riguardo di Gesù e alle osservazioni che Gesù esprime di rimando. Vi sono presenti diversi insegnamenti importanti ed utili, ma ci concentreremo oggi solo su quanto Egli dice sull’origine di queste persuasioni di fede. Ascoltiamo il testo.
“Poi Gesù, venuto nelle parti di Cesarea di Filippo, domandò ai suoi discepoli: “Chi dice la gente che sia il Figlio dell’uomo?”. Essi risposero: “Alcuni dicono Giovanni il battista; altri, Elia; altri, Geremia o uno dei profeti”. Ed egli disse loro: “E voi, chi dite che io sia?”. Simon Pietro, rispondendo, disse: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. Gesù, replicando, gli disse: “Tu sei beato, o Simone, figlio di Giona, perché non la carne e il sangue ti hanno rivelato questo, ma il Padre mio che è nei cieli. E io altresì ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte dell’Ades non la potranno vincere (…) Allora vietò ai suoi discepoli di dire ad alcuno che egli era il Cristo” (Matteo 16:14-20).
Questa scena si colloca in un momento cruciale del ministero pubblico di Gesù. Egli si trova nella regione di Cesarea di Filippo, lontano dai centri più noti della Galilea, in un contesto culturale e religioso misto, dove le influenze pagane e le aspettative messianiche ebraiche si intrecciano. Gesù si rivolge ai suoi discepoli per sondare non solo ciò che la gente dice di lui, ma soprattutto la comprensione personale dei suoi più stretti seguaci. Il terreno è preparato per un confronto che mette in evidenza la differenza tra opinioni comuni e verità rivelata.
Il dialogo tra Gesù e Pietro evidenzia il contrasto tra la conoscenza superficiale e quella autentica. Mentre le opinioni della folla riflettono supposizioni, confronti con figure storiche e aspettative generali, la confessione di Pietro emerge come una risposta profonda, centrata sulla rivelazione di Dio. In questo contesto, Gesù sottolinea l’origine della vera persuasione di fede: non è frutto di ragionamenti umani o di prove empiriche, ma dono di Dio. Questo pone le basi per comprendere come la conoscenza salvifica sia affidabile e stabile, a differenza delle opinioni che oscillano secondo le mode o i pregiudizi.
1. Molte opinioni su Gesù (v. 14)
Al tempo di Gesù, non esisteva una sola opinione su chi fosse davvero Gesù, chiamato generalmente “il Figlio dell’uomo”. Alcuni lo riconoscevano come Giovanni il Battista tornato in vita, altri lo vedevano come il profeta Elia, altri ancora come Geremia o uno dei grandi profeti del passato. Ognuno cercava di spiegare la sua persona secondo ciò che conosceva, secondo le proprie convinzioni e secondo ciò che sentiva dire dalla gente. In questo mosaico di interpretazioni, emergono subito due cose: prima di tutto, la curiosità e l’interesse delle persone nei confronti di Gesù; in secondo luogo, l’incertezza e la confusione che regnavano su chi fosse realmente.
Questa varietà di opinioni ci mostra che il relativismo religioso non è un fenomeno dei tempi moderni. Anche duemila anni fa, ciascuno tentava di dare un senso alla figura di Gesù secondo le proprie categorie, i propri pregiudizi, o semplicemente secondo ciò che era più comodo credere. Ogni epoca ha le sue “interpretazioni” su Cristo, e spesso queste interpretazioni si basano solo su apparenze, ascolti superficiali o immagini già consolidate nella mente delle persone.
Il punto centrale, che l’articolo evidenzia anche oggi, è che la conoscenza puramente umana ha sempre dei limiti. Possiamo osservare, sentire e discutere quanto vogliamo, ma se ci fermiamo alle apparenze, non arriviamo mai alla verità. Le opinioni della folla riflettono solo supposizioni e deduzioni umane, incapaci di rivelare chi sia davvero Gesù. Questo ci prepara a comprendere l’importanza della risposta di Pietro e a vedere come la vera conoscenza del Signore nasca non dal ragionamento umano, ma dalla rivelazione di Dio.
2. La domanda personale di Gesù (v. 15)
Gesù non si limita a chiedere ciò che la gente dice di lui, ma si rivolge ai suoi discepoli in maniera diretta: “E voi, chi dite che io sia?”. Con questa domanda, Egli sposta l’attenzione dalla mera informazione alle convinzioni personali. Non interessa solo ciò che si sente in giro, ma cosa ciascuno riconosce come verità. È una domanda che invita a riflettere sul fondamento delle proprie credenze: ciò che pensiamo di sapere deve avere radici profonde, altrimenti rimane fragile e superficiale.
Questa domanda di Gesù mette in luce la differenza tra opinioni generali e convinzione autentica. È facile ripetere ciò che gli altri dicono o aderire a ciò che sembra più accettabile, ma la fede vera nasce da un incontro personale con Cristo, da una comprensione che coinvolge il cuore e la mente insieme. In questo senso, la domanda di Gesù diventa una sfida: ogni credente è chiamato a rispondere personalmente, senza affidarsi soltanto alle voci altrui o alle tradizioni consolidate.
Infine, la domanda di Gesù ci ricorda che la certezza della fede non può essere costruita esclusivamente su osservazioni, prove o argomentazioni umane. Senza un fondamento che trascenda la sola ragione umana, ogni convinzione rimane incerta. La domanda di Gesù apre dunque la strada alla risposta di Pietro, mostrando che la vera conoscenza di Cristo non è un’opinione tra tante, ma un dono che proviene da Dio, capace di dare stabilità e sicurezza anche di fronte alle opinioni contrarie o ai dubbi del mondo.
3. La confessione di Pietro (v. 16)
La risposta di Pietro segna un momento cruciale: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. Non è una supposizione, non è un’interpretazione personale tra tante possibili, ma una confessione chiara e sicura. Pietro riconosce in Gesù la verità fondamentale: Colui che sta davanti a lui non è un maestro qualsiasi o un profeta del passato, ma il Messia promesso, il Figlio di Dio stesso. Questa dichiarazione distingue nettamente la conoscenza autentica dalle opinioni comuni e dimostra che alcune verità non possono essere comprese alla leggera.
La confessione di Pietro ci insegna anche un principio universale: la fede autentica non nasce dall’osservazione superficiale o dal semplice ragionamento umano. Le persone potevano vedere Gesù compiere miracoli o ascoltare le sue parole, ma ciò da solo non produceva la certezza di chi egli fosse veramente. La certezza di Pietro ha una radice più profonda: è una convinzione che abbraccia la totalità della persona e del messaggio di Gesù, capace di resistere alle opinioni contrarie e alle molteplici interpretazioni della folla.
Questa confessione ci mostra chiaramente quanto sia essenziale discernere la fonte della nostra conoscenza. Di fatto, ogni convinzione umana priva del fondamento divino è fragile e soggetta a dubbi. Pietro non arriva a questa verità da solo: la sua persuasione non deriva da ragionamenti puramente umani, ma da un’intima rivelazione divina. La sua risposta diventa così un esempio per tutti noi: la conoscenza di Cristo, per essere autentica e stabile, deve nascere dall’incontro con Dio e dalla Sua illuminazione, più che da qualsiasi argomento o prova di tipo umano.
4. La fonte della vera conoscenza (v. 17)
Gesù chiarisce subito l’origine della convinzione di Pietro: “Non la carne e il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli”. Con queste parole, Egli sottolinea che la vera conoscenza non nasce dall’intelligenza umana, dalla semplice osservazione dei fatti o dal ragionamento logico – per quanto sia importante. Anche il discepolo più vicino, con tutta la sua esperienza e dedizione, non avrebbe potuto arrivare autonomamente a riconoscere Gesù come il Cristo senza l’intervento divino. La certezza di Pietro è un dono, un atto di grazia che illumina la mente e apre il cuore alla verità.
Questo passo mette in evidenza un principio fondamentale: ogni tentativo di comprendere Dio o Cristo basandosi esclusivamente sulle nostre capacità è limitato. La conoscenza puramente umana, seppure utile in molti campi, rimane fragile e soggetta a errori. Senza il riferimento alla rivelazione divina, tutto diventa opinabile e incerto. La fede cristiana, invece, ha un fondamento solido perché poggia su ciò che Dio stesso ha reso noto alle creature umane: la Sua Parola e la Sua rivelazione personale.
Inoltre, questo versetto ci invita a considerare il ruolo della grazia nella nostra vita spirituale. La comprensione della persona e della missione di Gesù non è qualcosa che possiamo guadagnare o meritare attraverso sforzi umani, discussioni o prove empiriche. È Dio Padre che illumina la nostra mente, guidando la nostra persuasione verso la verità. Questo ci ricorda che la nostra certezza nella fede non dipende dalle opinioni della società o dall’intelletto isolato, ma dalla fedeltà di Dio e dalla Sua opera sovrana nel cuore di chi crede.
5. Le conseguenze della rivelazione (vv. 18-20)
La risposta di Pietro non rimane privata o fine a se stessa: Gesù la prende come fondamento per edificare la Sua Chiesa. Dice infatti: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte dell’Ades non la potranno vincere”. Questo mostra che la conoscenza autentica e la confessione della fede hanno conseguenze concrete: non sono astratte, ma trasformano la storia e la vita delle persone. La verità rivelata da Dio diventa il pilastro su cui si costruisce le comunità dei cristiani.
In un mondo in cui tutto sembra opinabile, la rivelazione di Dio offre stabilità e sicurezza. Le opinioni umane cambiano, le convinzioni culturali sono spesso fragili, ma ciò che è fondato sulla verità rivelata da Dio resiste a ogni attacco. Questo è esattamente il punto centrale che vogliamo evidenziare: senza un fondamento divino, ogni conoscenza resta precaria. La confessione di Pietro, invece, mostra che la fede autentica porta stabilità, guida morale e certezza spirituale, nonostante i dubbi e le contingenze del mondo.
Infine, Gesù completa il quadro con la sua istruzione sui tempi e modi della comunicazione: vieta ai discepoli di proclamare apertamente la sua identità come Cristo. Questo ci insegna che la rivelazione di Dio è sempre accompagnata da discernimento e responsabilità. La conoscenza salvifica, certo, non è solo un fatto privato, ma implica anche prudenza, maturità e rispetto dei tempi divini. Ogni cristiano è chiamato a vivere questa verità con equilibrio, consapevole che ciò che è stato rivelato da Dio deve diventare fondamento della vita personale e comunitaria e amministrato saggiamente. Una volta Gesù aveva detto: “Non date ciò che è santo ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le zampe e rivolti contro di voi non vi sbranino (Matteo 7:6).
Conclusione
Abbiamo visto come, di fronte a tante opinioni e incertezze, la confessione di dell’apostolo Pietro, nel testo considerato, si distingua come un dono di Dio Padre. Non si tratta di una semplice opinione in mezzo alle altre, ma della verità rivelata che fonda la fede e apre alla grazia della salvezza. Questo ci ricorda che la fede cristiana non nasce da un calcolo umano, né dalla pressione della cultura in cui si vive, ma dall’iniziativa sovrana di Dio che illumina i cuori.
E allora, la domanda di Gesù rimane sempre viva e attuale: “E voi, chi dite che io sia?” Non possiamo eluderla, né nasconderci dietro le opinioni della gente. È una domanda che interpella ciascuno personalmente: la nostra fede si fonda su tradizioni, abitudini, o sul dono della rivelazione del Padre? Se oggi qualcuno ci chiedesse chi è Cristo per noi, saremmo pronti a dare una risposta chiara, convinta, vissuta?
Siamo dunque invitati a verificare le radici della nostra fede: ci affidiamo a un Gesù ridotto a semplice maestro, profeta, figura storica? Oppure riconosciamo in lui il Cristo, il Figlio del Dio vivente, come Pietro? La vera conoscenza di Cristo non nasce “da carne e sangue”, ma dall’opera di Dio nei nostri cuori. Che questa domanda di Gesù non resti sospesa, ma trovi in noi una risposta autentica, capace di guidare tutta la nostra vita.
Preghiamo: Padre nostro che sei nei cieli, ti ringraziamo perché non ci lasci nell’incertezza delle opinioni umane, ma riveli ai cuori umili chi è davvero Gesù Cristo, tuo Figlio. Riconosciamo che da soli non potremmo arrivare a questa conoscenza: è un dono della tua grazia. Ti chiediamo di illuminare i nostri occhi spirituali e di rafforzare la nostra fede, perché possiamo confessare con sincerità che Gesù è il Cristo, il Figlio del Dio vivente. Purifica i nostri cuori da ogni dubbio e superficialità, e rendici testimoni fedeli della verità che ci hai fatto conoscere. Fa’ che la nostra vita quotidiana sia segnata da questa certezza, e che la tua Chiesa, edificata sulla roccia della fede, possa resistere a ogni attacco e proclamare con gioia la salvezza che è in Cristo. Guidaci con il tuo Spirito Santo, affinché camminiamo ogni giorno nella tua verità, e conducici fino al giorno in cui vedremo il nostro Signore Gesù Cristo faccia a faccia, per lodarti in eterno. Amen.
Paolo Castellina, 9 settembre 2025