La perdurante rilevanza della regalità di Cristo (Colossesi 1:11-20)

Domenica 20 novembre 2022 – Ultima domenica dopo Pentecoste – Cristo Re

(Culto completo con predicazione, 60′)

(Solo predicazione, 30′)

La perdurante rilevanza della regalità di Cristo

L’ultima domenica dell’anno della liturgia cristiana, prima quindi del ciclo dell’Avvento, è dedicata tradizionalmente a celebrare la regalità di Cristo. Si tratta di una celebrazione condivisa da gran parte delle confessioni cristiane. La celebrano, infatti, i cattolici romani, gli anglicani, i presbiteriani e alcuni luterani, metodisti e ortodossi. “Cristo Re” è uno degli appellativi di Gesù, il Cristo. Questo è basato su molti testi nel Nuovo Testamento e prefigurato ampiamente nell’Antico, dove si parla del Messia come il re davidico per eccellenza. Questo attributo del Cristo ha una valenza non solo individuale, ma anche politica. Esso estende la signoria di Cristo, come pure vedremo oggi, non solo sulla vita del singolo credente, ma sulla società e persino sull’intero universo.

Celebrare la regalità (l’autorità) suprema di Cristo rimane particolarmente rilevante oggi. Nell’istituire stabilmente questa celebrazione in particolare per la chiesa cattolica romana nel 1925, Pio XI la indica come un rimedio contro quella che definisce “la peste del laicismo” e giustamente scrive: “Sbaglierebbe gravemente chi togliesse a Cristo Uomo il potere su tutte le cose temporali, dato che Egli ha ricevuto dal Padre un diritto assoluto su tutte le cose create, in modo che tutto soggiaccia al suo arbitrio. […] Allontanato, infatti […] Gesù Cristo dalle leggi e dalla società, l’autorità appare senz’altro come derivata non da Dio ma dagli uomini, in maniera che anche il fondamento della medesima vacilla: tolta la causa prima, non v’è ragione per cui uno debba comandare e l’altro obbedire. Dal che è derivato un generale turbamento della società … È necessario, dunque, che Egli regni nella mente dell’uomo, la quale con perfetta sottomissione, deve prestare fermo e costante assenso alle verità rivelate e alla dottrina di Cristo; che regni nella volontà, la quale deve obbedire alle leggi e ai precetti divini; che regni nel cuore, il quale meno apprezzando gli affetti naturali, deve amare Dio più d’ogni cosa e a Lui solo stare unito; che regni nel corpo e nelle membra, che, come strumenti, o al dire dell’Apostolo Paolo, come “armi di giustizia” (Romani 6:13)  […]. Se coteste cose saranno proposte alla considerazione dei fedeli, essi più facilmente saranno spinti verso la perfezione”. Potremmo magari non essere d’accordo con alcune delle affermazioni e implicazioni di Pio XI, ma indubbiamente “la peste del laicismo” ha influenzato anche molte chiese evangeliche che cadono nel tranello di spiritualizzare e privatizzare la fede cristiana e lasciare all’arbitrio del mondo le cose che riguardano la società. Riflettere quindi sulla regalità di Cristo, la Sua autorità sul tutto della vita è quantomai necessario.

Uno dei testi del Nuovo Testamento che affermano la regalità universale del Cristo lo troviamo nell’epistola ai Colossesi, a metà del primo capitolo dal verso 11 al 20. Ascoltiamolo e poi lo inquadreremo nel suo contesto.

“… essendo fortificati in ogni forza secondo la potenza della sua gloria, affinché possiate essere in tutto pazienti e perseveranti, e rendendo grazie con gioia al Padre che vi ha messi in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce. Egli ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasportati nel regno del suo amato Figlio, nel quale abbiamo la redenzione, il perdono dei peccati, il quale è l’immagine dell’invisibile Dio, il primogenito di ogni creatura, poiché in lui sono state create tutte le cose, che sono nei cieli e sulla terra, le visibili e le invisibili: troni, signorie, principati, potenze; tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui; egli è prima di ogni cosa e tutte le cose sussistono in lui. Egli è il capo del corpo, cioè della Chiesa, egli che è il principio, il primogenito dai morti, affinché in ogni cosa abbia il primato. Poiché in lui si compiacque il Padre di far abitare tutta la pienezza e di riconciliare con sé tutte le cose per mezzo di lui, avendo fatto la pace mediante il sangue della sua croce; per mezzo di lui, dico, tanto le cose che sono sulla terra, quanto quelle che sono nei cieli” (Colossesi 1:11-20).

Un forte sistema immunitario spirituale

Nel primo capitolo della lettera ai Colossesi, l’apostolo Paolo esprime la sua gioiosa riconoscenza a Dio per le persone che ora fanno parte della comunità cristiana della città di Colosse perché, dopo aver accolto il messaggio dell’Evangelo, esse sono state “messe in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce” (12). È importante, infatti, per ogni cristiano essere consapevole di che cosa voglia dire aver ricevuto il privilegio di partecipare ai beni preparati per il Suo popolo in quello che la Scrittura chiama “il regno della luce”. Infatti, come dice l’Apostolo al versetto 13, “Egli ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasportati nel regno del suo amato Figlio”. Non si tratta di “un luogo”, ma, per così dire, di “un’atmosfera”, una “condizione esistenziale” pura e luminosa dal punto di vista morale e spirituale che ha implicazioni sul tutto della vita e della società in cui viviamo. Questa “atmosfera” è ben diversa dalle tenebre, dalla sporcizia, dalla corruzione e dalla morte che caratterizza la vita di chi è dominato dalle forze spirituali della malvagità. I Colossesi ben conoscevano, infatti, le tenebre che contraddistinguevano il paganesimo del mondo greco-romano (e che oggi sembra ritornare). Da esso erano stati liberati. 

Vivere però in quel mondo, il mondo dominato dai “Cesari” e sostanzialmente dal “principe” di questo mondo”, come cittadini di un regno diverso, soggetti a un diverso ordinamento, dove Cristo è il Re, causa indubbiamente attriti, tensioni, contraddizioni, l’esserne emarginati e respinti e talora persino perseguitati. Ecco così che l’Apostolo prega e auspica che i cristiani di Colosse (e noi con loro) siano “fortificati”, resi cioè sempre più forti, in quello che potremmo chiamare il loro “sistema immunitario” spirituale: “… essendo fortificati in ogni forza secondo la potenza della sua gloria, affinché possiate essere in tutto pazienti e perseveranti” (11). 

Un forte sistema immunitario protegge il nostro corpo dall’attacco di malefici virus e malattie. Esso dev’essere protetto e rafforzato e ci sono molti ed efficaci metodi naturali per farlo. Che dire però del nostro “sistema immunitario spirituale”? Esso non solo ci protegge contro i “virus” delle false dottrine, false filosofie e false religioni, ma dalle pretese dei “dominatori di questo mondo” che ambiscono a sostituirsi al legittimo governo di Dio e della Sua legge sulle nostre vite.

Qual è il risultato di un forte “sistema immunitario spirituale”? È quello che ci permette, dice il nostro testo, di essere “pazienti e perseveranti” nel vivere in questo mondo corrotto e decaduto, sempre vivendo in maniera degna del Signore, nel “portare frutto abbondante in ogni opera buona” e nel crescere in una sempre maggiore, profonda, conoscenza di Dio (10). Questo implica il crescere “in ogni sapienza e intelligenza spirituale” (9) vale a dire acquisire sempre di più la saggezza e l’intelligenza delle cose che vengono dallo Spirito Santo, lo stesso che rigenera e che accompagna sulla via della santificazione. L’Apostolo, infatti, dirà più avanti: “Vi siete spogliati dell’uomo vecchio con i suoi atti e vi siete rivestiti del nuovo, che si va rinnovando in conoscenza a immagine di colui che l’ha creato” (3:10).

La gloria di Cristo Re

Qual’è la sorgente dalla quale sgorga “l’acqua viva” che risulta in questo auspicato rafforzamento del nostro spirito? L’Apostolo lo chiama la “potenza della sua gloria” (11), cioè l’efficacia della sua gloriosa potenza, la gloria del Signore Gesù Cristo. Il “regno della luce” nel quale i cristiani di Colosse (e noi con loro) sono stati ammessi come cittadini, è il regno di Cristo, la condizione esistenziale dove il Signore e Salvatore Gesù Cristo è Re, l’autorità che determina la vita dei Suoi sudditi. Egli è “il Re di gloria”, come si esprime il Salmo 24: “O porte, alzate i vostri frontoni; e voi, porte eterne, alzatevi; e il Re di gloria entrerà. Chi è questo Re di gloria? È l’Eterno, forte e potente, l’Eterno potente in battaglia” (Salmo 24:7-8).

I. La prima cosa che l’Apostolo fa nel descrivere la gloria di Cristo è affermare, a scanso di equivoci, quale sia quella che potremo definire “la base legale” del nostro diritto a essere considerati Suoi soggetti e quindi beneficiari dei privilegi che questo comporta: “… nel quale abbiamo la redenzione, il perdono dei peccati” (14). Non tutte le creature umane, nella loro condizione di condanna a causa dei loro peccati e di alienazione da Dio possono infatti godere dei privilegi della cittadinanza nel Suo regno. Possono ambire a essi solo coloro che da Lui hanno ricevuto la grazia di essere stati “acquistati” o “comprati”: questo è il significato qui di “redenzione”. Lo evidenzia l’apostolo Pietro quando scrive: “Voi siete una generazione eletta, un sacerdozio regale, una gente santa, un popolo che Dio si è acquistato, affinché proclamiate le virtù di colui che vi ha chiamati dalle tenebre alla sua meravigliosa luce” (1 Pietro 2:9). In un’altra lettera l’apostolo Paolo scrive: “In lui voi pure, dopo aver udito la parola della verità, l’Evangelo della vostra salvezza, avendo creduto in lui, avete ricevuto il sigillo dello Spirito Santo che era stato promesso, il que è pegno della nostra eredità fino alla piena redenzione di quelli che Dio si è acquistati, a lode della sua gloria” (Efesini 1:13-14). La morte sacrificale di Cristo in croce è stato “il prezzo del nostro riscatto” (1 Corinzi 7:23), quello che ha permesso il perdono dei nostri peccati e la nostra riconciliazione con Dio. Da questo possiamo ricevere i benefici della nostra comunione con Lui, nel tempo e nell’eternità. Mentre i re di questo mondo mandano il loro popolo a morire per loro, il re Gesù Cristo è morto per il Suo popolo.

II. La gloria di Cristo Re consiste poi nel fatto che Egli “è l’immagine dell’invisibile Dio, il primogenito di ogni creatura” (15). “Immagine” nell’originale greco è “icona”. A noi non è dato né consentito di farci immagini artistiche di Dio e di Cristo. Ogni tentativo di farlo è un abuso perché non ci è stato tramandato alcun dipinto autentico di Cristo se non quelli creati della fantasia umana e che sono promotori solo d’idolatria. L’immagine dell’invisibile Dio è di carattere morale e spirituale, quella che traspare dalla Sua Parola, dagli scritti canonici della Bibbia. L’idea qui è che la natura e l’essere di Dio sono perfettamente rivelati in Cristo Gesù e le Sacre Scritture, lette e spiegate, sono del tutto sufficienti per trasformarci, a nostra volta, “nella stessa immagine di lui”, com’è scritto: “Noi tutti, contemplando a viso scoperto, come in uno specchio, la gloria del Signore, siamo trasformati nella stessa immagine di lui, di gloria in gloria, secondo il Signore, che è lo Spirito” (2 Corinzi 3:18).

Il termine “primogenito di ogni creatura” non vuole dire che Egli sia una creatura, e nemmeno “la prima”, ma, secondo un’altra accezione di quest’espressione, “generato prima di ogni creatura” (CEI), o “nato dal Padre prima della creazione del mondo” (TILC) secondo il concetto trinitario del Cristo “eternamente generato” da Dio Padre. A Lui spetta la preminenza sulla creazione, la Sua signoria su di essa. Egli è il Cristo, Signore sull’intero cosmo.

III. La signoria e la gloria di Cristo sull’intero cosmo è specificata nel versetto successivo: “In lui sono state create tutte le cose, che sono nei cieli e sulla terra, le visibili e le invisibili: troni, signorie, principati, potenze; tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui” (16). Dio ha creato tutte le dimensioni della realtà e chi le abita, i poteri, le forze, le autorità, le potenze del cielo e della terra. In questo versetto apprendiamo del coinvolgimento di Cristo nell’intera creazione. La Scrittura ci dice che “tutte le cose sono state create da lui”. Alcuni commentatori suggeriscono che “in lui” sia una traduzione migliore, cioè Cristo è la sfera entro la quale avviene la creazione, tale che Dio non crea indipendentemente da Cristo. La creazione è anche “per mezzo di lui”, cioè Cristo è l’agente attraverso il quale la creazione si realizza. E, infine, la creazione è “per lui”, cioè Cristo è la meta verso la quale essa è plasmata. Cristo è il sovrano della creazione e il fine ultimo verso il quale si muove l’intera creazione.

IV. “Egli è prima di ogni cosa e tutte le cose sussistono in lui” (17). L’Apostolo ribadisce l’idea della permanenza del Cristo, della sua precedenza su tutte le cose, e poi aggiunge un nuovo pensiero. Cristo ha un significato cosmico in quanto mantiene insieme tutte le cose, sostenendo e unificando l’intero creato. Egli “tiene insieme tutto l’universo”, Egli è “il collante” che di ogni cosa garantisce la coerenza e consistenza.

V. La gloriosa regalità del Cristo si manifesta così sulla vita del popolo dei redenti, la “ecclesia”, la comunità dei “chiamati fuori”: “Egli è il capo del corpo, cioè della Chiesa, egli che è il principio, il primogenito dai morti, affinché in ogni cosa abbia il primato” (18). Cristo è il “capo” della Chiesa nel senso che Egli provvede alla sua vita e ne esercita il controllo e la direzione. Il “corpo” è il corpo di Cristo, nel senso che il Suo popolo, coloro che a Lui appartengono, è in intima associazione con lui, sotto il suo controllo e lo serve. Questa è dunque «la Chiesa»: il radunamento locale di credenti con Cristo, virtualmente unito a tutti gli autentici Suoi discepoli di ogni tempo e paese. Esso si rispecchia nel raduno celeste già alla presenza del Cristo asceso al cielo. Cristo, in quanto “nuovo Adamo” è il primo, la primizia di quella che sarà la nuova creazione, Colui che ne detiene il primato. Uniti per fede a Lui, coloro che Gli appartengono ne condividono la sorte eterna. Come dice la lettera agli Ebrei: “Poiché colui che santifica e quelli che sono santificati provengono tutti da uno, per questa ragione egli non si vergogna di chiamarli fratelli” (Ebrei 2:11).

VI. Quale maggior gloria, poi, del Cristo Re di quella che è descritta nel versetto 19: “Poiché in lui si compiacque il Padre di far abitare tutta la pienezza” (19). La «pienezza» di che – potremmo chiederci? La risposta è in Colossesi 2:9: “… poiché in lui abita corporalmente tutta la pienezza della Deità”. E questa “deità” o “divinità”, che non in parte, non imperfettamente, ma in tutta la sua pienezza è in Cristo, Dio non ve l’ha fatta apparire per un istante, ma ve l’ha fatta abitare stabilmente. “Abitare” qui, infatti significa la costante dimora di uno che ha preso intero possesso del luogo dove s’è stabilito. Cristo dunque è divino non in apparenza, ma in sostanza; non a intervalli, ma in modo continuo e permanente.

VII. La gloria di Cristo Re è, infine, quella “… di riconciliare con sé tutte le cose per mezzo di lui, avendo fatto la pace mediante il sangue della sua croce; per mezzo di lui, dico, tanto le cose che sono sulla terra, quanto quelle che sono nei cieli”. Cristo è l’agente della riconciliazione universale. Tutti e tutto sotto un unico capo, di un unico re, il Cristo. Non si tratta di unità in un’unica organizzazione ecclesiastica, ma di unità in Cristo come solo punto di riferimento di ogni cosa. Questo è ciò che dobbiamo promuovere come cristiani, Suoi sudditi, in ogni ambito della vita, perché quello sarà il compimento finale degli eterni propositi di Dio a cui niente e nessuno potrà opporre resistenza.

 “Poiché in lui si compiacque il Padre di far abitare tutta la pienezza”. Quello è il beneplacito di Dio, che la sua essenza divina risieda in Cristo. La “pienezza” qui è “la totalità dell’essenza e della potenza divina che risiede in Cristo. Egli è l’unico intermediario sufficiente tra Dio e il mondo dell’umanità, e tutti gli attributi di Dio sono svelati in lui. Cristo, oltre ad aver creato “tutte le cose” e attualmente a sostenerle, oltre a governare la Chiesa, “il suo corpo”, è anche l’agente della riconciliazione.

Conclusione

Oggi abbiamo potuto soltanto fare una sintesi delle implicazioni della regalità di Cristo. Ci sarebbe ancora molto da dire a questo riguardo. Tutto questo, però, è sufficiente per celebrarla e per opporsi, in effetti, alla “peste del laicismo” che è solo un’espressione della pretesa dell’essere umano all’autonomia – voler essere il solo re e la sola legge di sé stesso. Si tratta, però, di un’ambizione fallimentare e distruttiva.

Opportune sono quindi le parole che già avevamo citato all’inizio: “È necessario, dunque, che Egli [Cristo) regni nella mente dell’uomo, la quale con perfetta sottomissione, deve prestare fermo e costante assenso alle verità rivelate e alla dottrina di Cristo; che regni nella volontà, la quale deve obbedire alle leggi e ai precetti divini; che regni nel cuore, il quale meno apprezzando gli affetti naturali, deve amare Dio più d’ogni cosa e a Lui solo stare unito; che regni nel corpo e nelle membra, che, come strumenti, o al dire dell’Apostolo Paolo, come “armi di giustizia”. Di questo siamone le primizie!

Paolo Castellina, 12 novembre 2022