Lezioni da apprendere a tavola con Gesù (Luca 14:1-14)

Domenica 28 Agosto 2022 – Dodicesima domenica di Pentecoste

(Culto completo, 58′).

(Solo predicazione, 25′).

Introduzione alle letture bibliche

Letture bibliche: Salmo 81:1, 10-16; Geremia 2:4-13; Ebrei 13:1-8, 15-16; Luca 14:1-14

Il peggior castigo che può cadere addosso alle persone empie e ribelli che, respingendo Dio, vogliono essere dio e legge a sé stessi è di essere semplicemente abbandonati alla durezza del loro cuore perché camminino secondo i loro piani – arroganti e rovinosi. Essi odiano la fonte della loro stessa vita e che altro possono aspettarsi se non il disastro? Questo è ciò che afferma la nostra prima lettura, una porzione del Salmo 81, che già abbiamo udito all’inizio del culto. Questo inevitabile destino degli empi è ribadito nella seconda nostra lettura, tratta dal libro del profeta Geremia. La stupidità delle loro scelte è  evidenziata nella frase che dice: “Il mio popolo infatti ha commesso due mali: ha abbandonato me, la sorgente d’acqua viva, e si è scavato delle cisterne, delle cisterne screpolate, che non tengono l’acqua”. La terza lettura, tratta dall’Epistola agli Ebrei (che abbiamo utilizzato nella nostra confessione di peccato), presentandoci alcuni doveri, spesso trascurati, del popolo di Dio, culmina nella frase: “Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e in eterno”. Ignorata dai moderni revisionisti della fede cristiana, che pensano di saperla più lunga che la Parola di Dio, essa ci chiama a una fiducia incrollabile nel Cristo presentato dalle Sacre Scritture. Chiude le nostre letture il testo di Luca 14:1-14, da cui sorge la nostra predicazione oggi. In occasione di un invito a pranzo in casa di un suo avversario, Gesù coglie quell’occasione per insegnare a lui e a noi tre importanti principi che caratterizzano il Regno di Dio. Facciamone tesoro.


Lezioni da apprendere a tavola con Gesù

Vi piace essere invitati a pranzo o a cena? Le occasioni conviviali sono da sempre, in ogni società, una bella opportunità per incontrarci con parenti o amici e celebrare avvenimenti importanti come compleanni e anniversari, ma soprattutto per socializzare, conoscerci meglio e discutere in un ambiente più rilassato. Nel 1994, durante una mia visita negli USA, avevo voluto partecipare a un culto di una comunità Amish. Dopo il culto eravamo stati invitati a pranzo in una loro casa colonica. A un’unica tavolata vi erano loro famigliari e amici. Eravamo circa una trentina! Pare che fosse una loro usanza di ogni domenica: invitare a casa loro per il pranzo bisognosi, persone sole e forestieri. Sicuramente avevano trovato il modo migliore di preparare il pranzo senza che nessuno si dovesse assentare dal culto.

Gesù non rifiutava mai un invito a pranzo o a cena. Il vangelo di Luca lo mette spesso in evidenza. Gesù era perfino stato accusato una volta di essere “… un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori!” (7:34). Nutrirsi e nutrirsi bene, per quanto certo sia secondario rispetto ad altri valori, ha la sua importanza. Gesù si era sempre preoccupato che la folla che lo seguiva avesse abbastanza da mangiare e provvede loro miracolosamente in due occasioni. La condivisione del pane e del vino nell’ambito di una cena Egli la rende un sacramento per la comunità cristiana. Noi la chiamiamo “la Cena del Signore”, o “Santa Cena”. I due discepoli sulla via di Emmaus riconoscono Gesù risorto proprio dallo spezzare del pane (24:30-31). La condivisione del pane crea relazioni e prepara i discepoli al giorno in cui “ne verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno, e staranno a tavola nel regno di Dio” (13:29). Ogni invito che riceveva era per Gesù un’occasione per socializzare e farsi conoscere, ma soprattutto per insegnare ai presenti verità importanti sul Regno di Dio.

Questo mi ricorda “I Discorsi a tavola”, una raccolta di conversazioni e massime di Martin Lutero, trascritte dagli ospiti nella sua casa tra il 1531 e il 1546. Gli argomenti erano vari e comprendevano insegnamenti sulla condotta cristiana in varie situazioni e ambiti della convivenza, riflessioni su questioni teologiche ed ecclesiastiche, interpretazioni della Bibbia e testimonianze autobiografiche[1]. Le occasioni conviviali di Gesù (riportate dai quattro vangeli) avevano a che fare con la promozione della signoria di Dio nella vita degli individui e della società, la signoria che si manifesta pienamente nella Sua Persona e opera. “Prendere cibo”, infatti, dalla prospettiva del Salvatore, non riguarda solo il nutrire il corpo, ma anche con il nutrire la mente e l’anima. Non a caso Gesù aveva detto: “Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato, e compiere l’opera sua” (Giovanni 4:34).

Ascoltiamo un brano del vangelo secondo Luca dove troviamo Gesù invitato da uno dei principali farisei in giorno di sabato, al capitolo 14  dal versetto 1 al 14. Esso è seguito, nella redazione di Luca, dalla “Parabola del gran convito” (15-24), ma ci limiteremo oggi a quello.

“Gesù entrò di sabato in casa di uno dei principali farisei per prendere cibo, ed essi lo stavano osservando, quando si presentò davanti a lui un idropico. Gesù prese a dire ai dottori della legge e ai farisei: «È lecito o no fare guarigioni in giorno di sabato?» Ma essi tacquero. Allora egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò. Poi disse loro: «Chi di voi, se gli cade nel pozzo un figlio o un bue, non lo tira subito fuori in giorno di sabato?» Ed essi non potevano risponder nulla in contrario. Notando poi come gli invitati sceglievano i primi posti, disse loro questa parabola: «Quando sarai invitato a nozze da qualcuno, non ti mettere a tavola al primo posto, perché può darsi che sia stato invitato da lui qualcuno più importante di te, e chi ha invitato te e lui venga a dirti: “Cedi il posto a questo!” e tu debba con tua vergogna andare allora a occupare l’ultimo posto. Ma quando sarai invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, affinché quando verrà colui che ti ha invitato, ti dica: “Amico, vieni più avanti”. Allora ne avrai onore davanti a tutti quelli che saranno a tavola con te. Poiché chiunque si innalza sarà abbassato e chi si abbassa sarà innalzato». Diceva pure a colui che lo aveva invitato: «Quando fai un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici, né i tuoi fratelli, né i tuoi parenti, né i vicini ricchi; perché essi potrebbero a loro volta invitare te, e così ti sarebbe reso il contraccambio; ma quando fai un convito, chiama poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato, perché non hanno modo di contraccambiare; infatti il contraccambio ti sarà reso alla risurrezione dei giusti” (Luca 14:1-14).

Gesù ha una reputazione crescente come profeta, e questa potrebbe essere la ragione per la quale dei farisei, di solito Suoi avversari, era stato invitato. Non pensate che fosse da parte loro una gentilezza l’invitarlo. Luca, infatti, ci dice che “lo stavano osservando”, quindi è chiaro che sperano che Gesù commetta un errore che possano sfruttare contro di Lui. Potremmo anche chiederci perché Gesù avesse accettato un simile invito. Ovviamente non è intimidito da coloro che sono al potere ed estende il suo ministero fino a includerli. Mentre l’orgoglio dell’élite potrebbe impedire loro di ricevere la grazia di Dio, quella grazia è comunque disponibile per loro. Non è Gesù che si allontana dal peccatore, ma il peccatore che si allontana da Gesù. Ogni leader è soggetto a scrutinio e Gesù è un leader. I suoi seguaci guardano a lui per imparare da Lui e i suoi nemici lo sondano per trovarvi debolezze. Per quanto diligenti potevano essere i suoi nemici, non avrebbero trovato altro che le false accuse che porteranno alla sua crocifissione.

Tre sono gli insegnamenti di Gesù evidenziati da Luca in questo episodio evangelico e ci parlano dello “stile di vita” che caratterizza il Regno di Dio: (1) L’amore fattivo è il criterio determinante della Legge di Dio; (2) La lezione sul non primeggiare ma servire umilmente; (3) Apprendere la legge della gratuità.

1. L’amore fattivo è il criterio determinante della Legge di Dio

Il primo insegnamento è che l’amore (nei fatti, non a parole) è il principio fondamentale e prioritario della Legge di Dio. Qualunque altra considerazione sull’osservanza della Legge di Dio che non sia espressione di amore genuino e pratico verso Dio e verso il prossimo non è conforme allo stile di vita del Regno di Dio. La lezione è simile a quello che troviamo al capitolo 13 sempre di Luca quando Gesù, che stava insegnando di sabato in una sinagoga, guarisce una donna disabile. Qui troviamo che, in occasione del convito, “gli stava davanti un uomo idropico” (2). Si era presentato, infatti, improvvisamente (non invitato) in quell’occasione. Probabilmente mangiavano all’aperto in un cortile. Si trattava di un’apparizione per loro imbarazzante. La sua condizione chiamata edema o idropisia[2] comporta il gonfiore degli arti dovuto all’accumulo di liquidi nei tessuti del corpo, in particolare le gambe. Allora si credeva che fosse dovuta a un comportamento sessuale immorale: una persona così i farisei non l’avrebbero certo invitata! Gesù non è imbarazzato da quella presenza e, precedendo ogni reazione dei commensali, interviene a suo favore. Non chiede loro se sia lecito lavorare di sabato, ma se sia lecito guarire le persone. Gesù, che ben conosceva la mentalità dei farisei, dimostra loro come prendersi cura di una persona sofferente sia la priorità numero uno nel Regno di Dio, che non solo è lecito farlo in quel giorno, ma che giustificava persino il sospendere temporaneamente il pranzo e le loro conversazioni. Di fronte al suo ragionamento essi tacciono e “... non potevano risponder nulla in contrario”. Così Gesù “… lo prese per mano, lo guarì e lo congedò” (4). Ancora peggio, per i farisei, toccare quell’uomo impuro! Un’altra sfacciata provocazione da parte di Gesù! La solidarietà, però, il prendersi cura dei bisogni degli altri ha la precedenza su qualsiasi regola religiosa per quanto giustificata sia dalla Legge di Dio. Inoltre, il contatto umano fa anche parte psicologicamente della guarigione, la promuove. Una volta avevano chiesto a Gesù: “«Maestro, qual è, nella legge, il gran comandamento?» Gesù gli disse: «Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e il primo comandamento. Il secondo, simile a questo, è: “Ama il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la legge e i profeti»” (Matteo 22:36-40).

2. Non primeggiare ma servire

In secondo luogo il testo del vangelo dice che Gesù avesse notato come gli invitati avessero scelto i primi posti a tavola (7) quasi a far gara su chi fosse arrivato primo a occuparli. I posti migliori sono quelli più vicini al padron di casa. È così anche oggi. Il “boss” che si siede a capotavola, affiancato dai suoi luogotenenti. I membri chiave del suo entourage si siedono più vicini a lui al tavolo e gli altri siedono in fondo. Una persona esperta avrebbe potuto entrare nella stanza e determinare il grado di quegli invitati semplicemente osservando dove si sedevano! Osserviamo lo stesso fenomeno negli eventi sportivi in ​​cui i posti migliori sono più vicini all’azione o, meglio ancora, in comodi palchi sopraelevati e separati dalla folla. Una persona “con le giuste connessioni” può sempre ottenere un buon biglietto. Una persona senza “le giuste connessioni” potrebbe non essere nemmeno in grado di acquistare un biglietto a nessun prezzo. Ci piacciono i posti migliori. La vista è migliore, ovviamente, ma il fascino va oltre la vista. Sedersi nei posti migliori ci fa sentire superiori, e i nostri bei posti strombazzano il nostro status di superiorità rispetto alla gente comune.

Gesù, così, racconta una parabola sulle ambizioni degli invitati a delle nozze. Il consiglio di Gesù di non sedere senza invito al posto d’onore ribadisce il consiglio di Proverbi 25:6-7 “Non fare il vanaglorioso in presenza del re e non occupare il posto dei grandi; poiché è meglio ti sia detto: «Sali qui», anziché essere abbassato davanti al principe che i tuoi occhi hanno visto”. Ha senso pratico, perché l’assertività ci mette a rischio d’imbarazzo. Tuttavia, abbiamo visto persone assertive afferrare onori e aggrapparsi a loro nel bene e nel male, quindi l’aggressività comporta ricompense oltre che rischi. Gesù, però, non ci sta dicendo qui come avanzare nel regno di questo mondo, ma ci sta rivelando come funzionano le cose nel regno di Dio. «Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato» (v. 11). Questa è la regola per la vita nel regno di Dio, un capovolgimento totale che inverte il nostro mondo familiare per rivelare un mondo con regole molto diverse. Luca ha introdotto questo capovolgimento per la prima volta nel Cantico di Maria, dove ha cantato: “Egli ha operato potentemente con il suo braccio; ha disperso quelli che erano superbi nei pensieri del loro cuore; ha detronizzato i potenti, e ha innalzato gli umili; ha colmato di beni gli affamati,

e ha rimandato a mani vuote i ricchi” (Luca 1:51-53). Avvertendoci di questo imminente capovolgimento, Gesù aiuta a prepararci alla vita nel regno di Dio, un luogo che sembra strano, meraviglioso e minaccioso allo stesso tempo. Il pericolo, forse, è che potremmo interpretare erroneamente le parole di Gesù come una strategia nascosta per l’auto-promozione invece di una chiamata a un servizio umile, che potremmo sentirlo chiamarci a umiliarci come via per l’esaltazione. Non si tratta però di una strategia per scopi egoistici. Troppo spesso anche i cristiani cascano in questo equivoco ed errore.

L’ambizione egoistica a primeggiare non fa parte dello stile di vita del Regno di Dio. Una volta fra i discepoli di Gesù “…nacque anche una contesa: chi di essi fosse considerato il più grande. Ma egli disse loro: «I re delle nazioni le signoreggiano, e quelli che le sottomettono al loro dominio sono chiamati benefattori. Ma per voi non dev’essere così; anzi il più grande tra di voi sia come il più piccolo, e chi governa come colui che serve. Perché, chi è più grande, colui che è a tavola oppure colui che serve? Non è forse colui che è a tavola? Ma io sono in mezzo a voi come colui che serve” (Luca 22:24-27).

3. Apprendere la legge della gratuità

L’ultima lezione che Gesù insegna in questo episodio riguarda ciò che potremo chiamare il rifiuto della legge del contraccambio o, in positivo, la legge della gratuità. Le persone sono inclini a invitare coloro che possono restituire il favore, coloro che hanno qualcosa da offrire in cambio. Gesù avverte l’ospitante (e noi) di non invitare i quattro gruppi di persone (amici, fratellanza, parenti o vicini ricchi) di cui godrebbe di più, e gli dice d’invitare i quattro gruppi di persone (i poveri, gli storpi, gli zoppi e i ciechi) che avrebbe goduto di meno[3]! Gesù sconsiglia d’invitare i favoriti nel caso in cui «perché essi potrebbero a loro volta invitare te, e così ti sarebbe reso il contraccambio» (v. 12). Se invece invitiamo le persone non favorite, «sarai beato, perché non hanno modo di contraccambiare; infatti il contraccambio ti sarà reso alla risurrezione dei giusti» (v. 14). Gesù ci chiama a confidare in Dio soltanto per ripagare ciò che i bisognosi e gli emarginati, e promette che Dio ci ripagherà alla risurrezione dei giusti. Gesù aveva già insegnato: “Voi avete udito che fu detto: “Ama il tuo prossimo e odia il tuo nemico”. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; poiché egli fa levare il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Se infatti amate quelli che vi amano, che premio ne avete? Non fanno lo stesso anche i pubblicani?” (Matteo 5:43-46).

La lezione è chiara. Dio ci chiama ai valori del regno e ci benedice quando cerchiamo di compiacere Dio piuttosto che le altre persone. Gesù non incoraggia la carità remota che invia solo un assegno, ma invece ci chiama a invitare i poveri e gli emarginati a sedersi alla nostra propria tavola, uno dei luoghi più intimi della nostra casa. In questo modo, forniamo cibo sia per il corpo che per l’anima, loro e nostra. La vera devozione, infatti, è un investimento umanamente sconsiderato nelle parti del mondo che richiedono attenzione in caso di reale bisogno ma che non mostrano alcun potenziale per ripagarne i dividendi. Eppure, Gesù promette che Dio vede e che Egli pagherà gli interessi quando noi investiremo negli elementi vulnerabili dell’umanità.

Tutto questo è una conseguenza pratica del principio della grazia. Dio salva coloro a cui decide di far grazia in Cristo indipendentemente dai loro meriti od opere. La logica dell’insegnamento evangelico è chiara: “Ma se è per grazia, non è più per opere; altrimenti, la grazia non è più grazia” (Romani 11:6); come pure “Egli ci ha salvati e ci ha rivolto una santa chiamata, non a motivo delle nostre opere, ma secondo il suo proposito e la grazia che ci è stata fatta in Cristo Gesù fin dall’eternità” (2 Timoteo 1:9).

Conclusione

Vi piace essere invitati a pranzo o a cena? Avere il Signore e Salvatore Gesù Cristo come commensale oppure, oggi, partecipare come Suoi discepoli, alla Cena del Signore, potrebbe essere piuttosto imbarazzante, se lo facciamo con serietà, nel giusto spirito. Questo perché Egli ci esorta così e ci impegna a vivere come Lui i valori del Regno di Dio: sono il suo “stile di vita”. Essi vanno contro il senso comune di questo mondo e ci mettono in crisi, se vogliamo esserne coerenti, così come dovremmo. Tre, come abbiamo visto, sono gli insegnamenti di Gesù evidenziati da Luca in questo episodio evangelico. Uno. L’amore fattivo è il criterio determinante della Legge di Dio. Due. La lezione sul non primeggiare ma servire umilmente è altrettanto fondamentale, così come, tre, lo è l’apprendere le implicazioni pratiche della legge della gratuità.

Proprio come ci prepariamo per la vita in una terra straniera imparando la lingua e le usanze, così dobbiamo anche prepararci per il Regno di Dio imparando e seguendo le Regole del Regno fin da oggi. In effetti, il regno di Dio diventa una realtà presente e non solo una speranza futura quando riconosciamo Dio come Re e viviamo secondo le Regole del Regno.

Paolo Castellina, 20 agosto 2022.

Note