Emil Camenisch, Storia della Riforma e Controriforma nelle valli meridionali del Canton Grigioni, Samedan: Engadin Press, 1950.


Capitolo IV B. La Controriforma


4.3 La Controriforma nella Valtellina e nel Contado di Chiavenna

La Riforma aveva appena iniziata la sua opera nelle terre sottomesse che già la Controriforma preparava le armi per combatterla. Da un lato erano scese in lizza le Tre Leghe, di maggioranza evangelica, con i loro decreti favorevoli al movimento riformatore, dall'altro erano scese in campo Roma e la Spagna arcicattolica con i più svariati mezzi di pressione, come spionaggio, rivolte, inquisizione, chiusura dei confini ecc. Il popolo era, stando alla relazione della visita pastorale del vescovo Ninguarda, in grandissima maggioranza cattolico o propenso alla vecchia fede e parteggiava per Roma e la Spagna.

I dibattiti alle diete di Coira e di Ilanz del 7 giugno e 20 ottobre 1561 di cui abbiamo già parlato, ci danno un'idea esatta della situazione determinatasi dopo l'inizio del rinnovamento della fede.

Il legato papale Bernardino Bianchi e l'ambasciatore milanese (spagnolo) Gian Angelo Rizzio, si presentarono il 5 giugno davanti ai deputati con delle pretese, che in quanto a vastità ed asprezza non la cedevano a nessuna altra. Dapprima ebbe la parola il delegato papale: egli era veduto per incarico di S. S. Pio IV, di cui recava i saluti e gli auguri, per presentare a suo nome le seguenti lamentele ai magnifici signori: 1° essi proteggevano i falsi predicanti ed altri eretici venuti dall'Italia, invece di scacciarli dalla Valtellina e da Chiavenna; 2° essi obbligavano il popolo pio e devoto alla Santa Sede di Roma a passare stipendi a dei falsi, boriosi ambiziosi, cattivi e scellerati annunciatori di un falso Evangelo; 3° essi vietavano agli ecclesiastici della vecchia fede di predicare nelle due valli, e quando adempivano al loro dovere essi vi si opponevano persino con minacce e castighi; 4° essi impedivano la costruzione di case di Dio, come per es. la scuola dei gesuiti a Ponte, destinata a diventare un modello di buoni principi e di costumi esemplari; 5° essi tolleravano la tipografia di Poschiavo, che pubblicava libelli diffamatori della Santa Sede e delle vecchie dottrine; 6° essi impedivano al vescovo di Como di esercitare i propri diritti nelle regioni grigionesi della sua diocesi (terre sottomesse e Poschiavo) e di disporre liberamente delle proprie rendite e benefizi, e avevano scacciato dalle loro chiese e privato delle loro rendite i sacerdoti ortodossi e destituito il vecchio culto; 7° essi avevano vietato al convento dei domenicani, situato in Morbegno, su terra della diocesi di Como, di assumere dei sacerdoti stranieri o di accogliere dei monaci, che guidano il popolo sulla retta via con la loro condotta onesta: proibizione odiosa, con cui non si mirava ad altro che alla distruzione e sopraffazione della vecchia fede, come lo dimostrava l'esempio di Coira e di molti altri luoghi; 8° essi proibivano inoltre di pubblicare nella Valtellina le bolle ed i brevi papali, che le comunità scegliessero in piena autonomia i loro parroci e pievani: tutte disposizioni che lasciano intravedere apertamente lo scopo di allontanare la Valtellina dalla fede ortodossa.

Il legato completò le sue querele con l'esortazione di partecipare al Concilio di Trento, dove si cercava con cura di riunire la chiesa divisa. Nel caso che le Tre Leghe non ovviassero agli inconvenienti di cui si era lamentato, il Beatissimo Padre si sarebbe visto costretto ad invitare i principi dei paesi cattolici confinanti a rompere con loro ogni trattato commerciale e di amicizia. Il Signore onnipotente avrebbe aiutato con la sua imperscrutabile misericordia la Santa Sede e la chiesa Cristiana nei loro intenti.

L'ambasciatore spagnolo ripete le pretese del legato, chiedendo anzitutto che le Tre Leghe si facessero rappresentare al Concilio di Trento e che impedissero di accogliere in Valtellina od a Chiavenna dei profughi italiani per religione, che permettessero anzi ai dignitari della Chiesa ed ai monaci stranieri con sede nel Convento di Morbegno di prendersi cura delle anime in quei paesi.

A nome dei loro mandanti essi invitavano le Tre Leghe a rispondere quanto prima per iscritto. Le Tre Leghe non si affrettarono per la risposta: alla Dieta di llanz del 20 ottobre 1561 esse consegnarono ai due delegati la seguente dichiarazione munita dei sigilli della Lega Grigia: 1° In affari di religione e di fede le Tre Leghe erano sino allora, grazie a Dio, vissute in concordia ed in pace, conservasse Iddio tale accordo anche per l'avvenire. 2° Non potevano recarsi al Concilio di Trento, perché esso non era un concilio generale e non vi partecipavano neppure i Confederati, loro alleati. 3° Tutto ciò che riguardava i predicanti scacciati dall'Italia era per loro cosa nuova: esse non avrebbero certamente dato loro asilo se fossero stati dei gaglioffi o dei malfattori, come veniva asserito; se erano veramente tali, esse erano pronte a punirli, ma non potevano certamente allontanarli per motivi religiosi. Avrebbero provveduto a che nella tipografia di Poschiavo non fosse stampato nulla di contrario alle Scritture e lesivo per il Beatissimo Padre: gli eventuali opuscoli diffamatori sarebbero stati ricercati. 5° Il vescovo di Como avrebbe ricevuto tutte le rendite ed i censi che gli spettavano nel contado di Chiavenna e nella Valtellina. 6° Le lagnanze riguardanti il convento di Morbegno, l'ordine dei gesuiti, le entrate delle chiese delle due vallate e della curia vescovile erano tutte, a loro parere, infondate: non si era preso nei loro riguardi nessuna decisione sconveniente od anticristiana.

Questa pubblica discussione, che costò ai due delegati 660 corone dimostra come nessuna delle due parti fosse disposta a mancò quindi lo sperato successo. Ma essi non si dettero per vinti: se non riusciva la diplomazia, vi erano altri mezzi ancora per rendere docili le Tre Leghe e raggiungere lo scopo prefisso di ridare al cattolicesimo i paesi sottomessi. Le intenzioni di Roma e della Spagna erano già note prima del 1561: nell'agosto del 1553 il Papa aveva mandato nelle Tre Leghe il legato ed inquisitore Paolo Odescalco, più tardi vescovo di Atri e di Penna, con l'incarico di lodare e rassicurare i cattolici credenti, di ricondurre alla vecchia fede i titubanti e di domandare conto a tutti coloro che persistevano nella miscredenza. Nel 1556 il predicatore pasquale, Fra Angelo da Cremona, cagionò a Teglio, come già abbiamo detto, con le sue prediche ostili al governo grigionese e con le sue inaudite ingiurie contro i riformati e specialmente contro le donne evangeliche, una pericolosa sommossa. Vivevano in quell'epoca a Bergün, di cui avevano acquistato la cittadinanza, due onorati fratelli oriundi di Bergamo, Francesco ed Alessandro Bellinchetti. Essi si erano convertiti al protestantesimo e si guadagnavano onestamente il pane sfruttando una cava di ferro. Nel 1556 essendosi allontanati per degli affari privati nella natia città, vennero arrestati dalI'Inquisizione e imprigionati per essere tradotti davanti al famoso tribunale.

Nell' anno 1559 si inizio a Ponte sull' Adda, a circa metà strada tra Sondrio e Teglio, la fondazione di una scuola per gesuiti, e malgrado le riserve delle Tre Leghe, vi si impegnarono dodici monaci spagnoli (gesuiti), e due altri preti. L'intenzione era quella di allevare tra i giovani retici dei fanatici paladini della fede cattolica. Fino allora le Tre Leghe avevano dimostrato di essere le più forti: era persino accaduto che degli appartenenti ad ambedue le confessioni avevano unanimemente respinto le minacce di potenze straniere e del papa stesso. Quando si palesarono al popolo le arroganti pretese della Santa Sede e della Spagna nella Dieta di Coira del 1561, un'ondata di indignazione si sollevò in tutto il paese: si diceva ovunque che quei signori, papa e re di Spagna, volevano per forza coinvolgere il paese in una guerra, o che si burlavano del popolo retico o che erano essi stessi dei pazzi inguaribili. Le loro richieste di fronte alla Dieta erano state così villane e grossolane, che anche i più semplici contadini ne potevano arguire le intenzioni: ma c'era da sperare che Iddio mandasse in fumo i loro propositi. Gli evangelici erano nondimeno gravemente impensieriti; uno di essi, certamente il più perspicace, Fabritius, scrisse il 26 agosto 1560 che le mene degli avversari erano inquietanti, ma che era ancora un po' fiducioso perché essi avevano subito da trent'anni uno scorno dopo l'altro.

Il mutamento della proporzione delle forze cominciò nel 1561. Si facevano sempre più manifesti gli effetti delle decisioni di Trento ed il modo imperioso di procedere del Borromeo. E' precisamente da attribuire all'atteggiamento di quest'ultimo se i Cantoni cattolici della Svizzera e la maggioranza ortodossa della Lega Grigia si opponevano apertamente alla Dieta, in maggior parte evangelica, e prestavano aiuto alla politica vaticana. I casi di confisca di merci, di cattura e di incarceramento di evangelici grigionesi e sudditi aumentavano. Ciò è dimostrato dai casi della ricca famiglia Pellizzari di Chiavenna (1562), di Giovanni Antonio de Pero di Chiavenna (1569), del nobile Geremia Vertemati di Piuro (1570), del parroco Francesco Cellario di Morbegno (1568), del ricco commerciante Francesco Lumaga (1581), del predicante Francesco Soncini di Chiavenna (1588), ed altri ancora. I rapporti delle visite dei vescovi Buonuomini e del già citato Ninguarda ci fanno conoscere ancor meglio i piani per riportare la fede cattolica in quelle regioni sottomesse. Buonuomini, amico e affine di Borromeo, vescovo di Vercelli nella provincia di Novara dal 1573 era stato dal papa nominato nunzio apostolico per la Svizzera e le Tre Leghe. Con il consenso di Roma e di Borromeo egli visitava anche quella parte della diocesi di Como situata su territorio delle Tre Leghe. Borromeo gli consigliò dapprima di farsi indicare da gente fidata quali erano i mezzi migliori per allontanare gli ostacoli che i stessi sovrani avrebbero potuto frapporre; procedere questo che Borromeo aveva già sperimentato nella sua vita in Mesolcina e non senza efficacia. Buonuomini arrivò in Valtellina il 14 luglio 1578 senza incontrare nessuna difficoltà; per illudere maggiormente i Grigionesi, aveva fatto credere che egli stava facendo un viaggio ai bagni di Bormio. il che poteva sembrare degno di fede in quanto che egli soffriva di podagra. Il suo precursore e fedele compagno fu il padre Bormio, un cappuccino ardente, che nel 1575 era stato mandato a Sondrio da Borromeo, e che non poteva essere scacciato dal paese perché Valtellinese. Giunto a Bormio, Buonuomini si fece invitare dalla popolazione a predicare ed a permettere che i cinque padri predicatori che lo accompagnavano, fra i quali il gesuita Giulio Mazzarini, praticassero la confessione. Egli mise anche i credenti in guardia contro gli eretici ed i falsi profeti, ne ebbimo più di mille e somministrò la comunione a più di trecento persone. Il podestà Michele Wehrli di Saas assunse di fronte a questi avvenimenti un atteggiamento titubante, ma infine ordinò che si dovesse ubbidire a lui solo.

Si riferì allora a Buonuomini che lo si voleva arrestare e trascinare a Coira, poiché non aveva intrapreso il viaggio per la cura dei suoi piedi, ma per incarico del papa. Senza troppo affrettarsi egli lasciò Bormio il 23 luglio, e poco curandosi delle disposizioni delle Tre Leghe, che gli avevano concesso soltanto di leggere la messa, esercitò l'ufficio di predicatore apostolico a Grosio, Grosotto, Ponte, Berbenno, Ardanno, Caspano, Morbegno e certamente anche in altri luoghi. Egli abbandonò poi la Valtellina l' 8 agosto, esattamente sei giorni dopo che le Tre Leghe avevano emanato nei suoi riguardi un severo decreto.

Le intenzioni del Buonuomini prima e durante il suo viaggio ai bagni si rilevano dalla sua corrispondenza col Borromeo assai chiaramente. Prima di intraprendere il suo viaggio, egli chiese da Como come avrebbe dovuto comportarsi nel caso che lo avessero scacciato dalla valle, che degli eretici avessero predicato in sua presenza contro la fede cattolica, che non gli fosse stato concesso di entrare nella valle in qualità di visitatore apostolico. Dalla Valtellina egli scrisse al suo amico e consigliere Borromeo che i cattolici erano tiepidi, gli eretici forestieri, di fronte ai quali ogni tentativo di conversione era poco promettente. Era triste cosa, continuava egli, che in molte chiese della valle erano seppelliti dei funzionari eretici: con ciò le chiese erano profanate; ma egli non osava allontanarne i cadaveri temendo di recare danno alla popolazione cattolica.

E' molto sibillino ciò che egli scrive al suo consigliere circa il suo viaggio in Valtellina, chiamato: viaggio ai bagni per dar colore alla venuta pubblica. L'opera iniziata da padre Buonuomini venne proseguita poi da padre Bormio, al quale come coadiutore del papa furono promessi quattro o cinque valenti predicatori dell' ordine dei cappuccini.

Feliciano Ninguarda, che come oriundo della Valtellina poteva liberamente circolarvi per le sue visite, si occupava soprattutto di scoprire gli evangelici e le chiese a loro concesse. Come già abbiamo visto parlando della Riforma nella Valtellina, egli ricercava nelle singole parrocchie il numero dei focolari evangelici o cattolici, e si dava cura di trovare tra i primi dei nomi di personaggi nobili od influenti, per poi farne un elenco nominativo. Egli si interessava in modo particolare degli ecclesiastici evangelici, scrutandone le origini, le condizioni di famiglia e la precedente posizione in seno alla chiesa. Accanto a ciò egli sottoponeva le chiese ad una severa ispezione ed applicava al popolo ed al clero le prescrizioni tridentine. Egli stesso spiega nella prefazione al suo rapporto, che il suo compito consisteva anzitutto nel descrivere la diocesi e le chiese, i conventi e gli ospizi, nell' accertare le fondazioni pie ed il numero dei fedeli, specialmente quello dei comunicanti, e nel notare in genere tutto quello che era necessario per conoscere la situazione. Era indispensabile per un vescovo, dice egli, conoscere non 9010 i luoghi e le chiese. ma anche le anime affidate alla sua cura e giurisdizione.

Prescindendo dalle note sfavorevoli ai decreti governativi, dalle denigrazioni dei culti evangelici nelle chiese loro concesse a torto, dalle osservazioni spregevoli sui cimiteri aperti ai morti di ambo le confessioni, non si trova nel rapporto niente di urtante. Che però egli continuasse l'opera intrapresa dal Buonuomini e cercasse di inculcare alla popolazione da lungo tempo trascurata le idee del Concilio Tridentino, è più che comprensibile per un partecipante al Concilio stesso e visitatore apostolico. Nell'intervallo tra i due viaggi di ispezione fu fondata a Sondrio la scuola statale (1584). Essa servì ai fautori di Borromeo per agitare il popolo contro gli eretici. Allorché se ne decise la fondazione, la Dieta era partita dalla considerazione che sarebbe stato molto utile per i giovani dei paesi sovrani di potersi dedicare allo studio dell'italiano nella Valtellina, imparando a conoscere per tempo e da vicino il paese e la popolazione. Questa scuola avrebbe dovuto restare aperta ai giovani di ambo le confessioni e non essere luogo di alcuna coercizione religiosa. Malgrado queste tolleranti promesse, la fondazione inoltrò notevoli difficoltà. L'arciprete di Sondrio, Gian Giacomo Pusterla, si agitava contro la scuola chiamandola un seminario di luterani, che avrebbe favorito la religione riformata ed avrebbe portato dal lato morale frutti ancora peggiori: in realtà non si trattava di una scuola, ma di un centro di spionaggio per i signori delle Tre Leghe. Il compagno di Pusterla, un certo monaco francescano di nome Francesco di Balerna, ci dimostra con le sue pretese come venissero fomentati presso la popolazione l'ira e lo spirito di ribellione: egli osò proibire ai suoi fedeli ogni rapporto con i protestanti, sotto pena di scomunica; pretese dai padroni cattolici il licenziamento dei famigli e delle serve protestanti e domandò che le donne cattoliche sciogliessero ogni legame con i mariti protestanti; lanciò la parola d'ordine per l'espulsione degli stranieri gridando: Abbasso Calandrino! Altri invocavano un Vespro siciliano. Alla minaccia dei funzionari statali di chiamare alcune squadre per ristabilire l'ordine, si rispose:- E noi chiameremo gli Spagnoli! Solo a stento si riuscì ad impedire una sanguinosa sommossa: mancava poco a quella disposizione d'animo che condusse più tardi al macello di Valtellina. Onde illuminare il crescente fermento dei sudditi e le misure di difesa prese dalle Tre Leghe, faremo ora seguire un compendio dei protocolli e degli atti statali del Sinodo evangelico retico. A tale scopo risaliamo un po' oltre il 1584.

19 giugno 157: Il vescovo di Vercelli (Bonhomini) si è recato nei nostri domini per visitare le chiese cattoliche; ma i nostri magistrati l'hanno respinto. Antonio Calmona, come ambasciatore del governatore spagnolo di Milano, si è lamentato di ciò e desidera che le Tre Leghe trattino il vescovo di Como con la medesima cordialità con cui lo trattano i Confederati nei paesi sudditi a sud del Gottardo. Inoltre desidera che i monaci certosini, i quali si nutrono solo di cibi che la gente pia passa loro, possano rimanere a vivere tranquilli nei paesi sottoposti, e ciò perché tale ordine era sommamente gradito al suo signore, re di Spagna. Infine chiede egli che i perversi profughi religiosi provenienti dall'Italia e che si spacciano esser predicatori della parola di Dio, vengano espulsi dalle regioni sottomesse. S. M. che sosteneva in tutto il suo regno la fede cattolica, aspetta a tale riguardo una risposta favorevole: in caso contrario egli si sarebbe visto costretto a rompere con le Tre Leghe ogni rapporto commerciale, ed a ricorrere inoltre ad altri mezzi di pressione. La Dieta riprese la risposta del 1561 e respinse ogni pretesa.

16 gennaio 1581: I delegati delle Tre Leghe, riuniti ad Ilanz, decidono: 1° che nessuno dei sudditi della Valtellina, Chiavenna e Bormio, possa portare da Roma, comperare e vendere dei brevi di indulgenza e dei giubilei, salvo gravi pene. 2° Che nessuna persona privata o comunità o parrocchia possa prestare ospitalità, aiuto, consiglio, protezione o nascondiglio ne ai monaci di qualsiasi ordine ne a chierici di sorta. Tutte queste persone ecclesiastiche trovate nel paese sono immediatamente da incarcerare ed i loro protettori da punire severamente.

26 giugno 1584: Allo scopo di protestare presso la Dieta, il Sinodo decide che Scipione Calandrino e Raffaello Egli (direttore della scuola statale) abbiano a fare un brevissimo esposto (brevissimum compendium) degli avvenimenti di Piuro, Chiavenna, Sondrio, Tirano e Poschiavo, in cui devono figurare anche i tumulti cagionati in quei paesi dai papisti durante la settimana della passione. A Piuro per es., un mandatario di Borromeo (secretarius) introdusse un catechismo, per merito del quale gli evangelici dovettero assoggettarsi ai più svariati oltraggi. Durante il culto evangelico, i fedeli venivano disturbati dalle campane dei cattolici. Un monaco, introdottosi furtivamente a Chiavenna, intimava al popolo di trucidare gli evangelici (ad Lutheranos trucidandos) ed istruiva le donne cattoliche sul modo di respingere i loro mariti protestanti (debitum matrimoniale officium denegare). Queste agitazioni avevano avuto per conseguenza tali disordini, che i Bregagliotti erano pronti a marciare su Chiavenna per indurre i tumultuanti ad espellere l'agitatore ed a comportarsi decentemente. A Sondrio un monaco del ducato di Milano, oriundo dei baliaggi svizzeri, aveva invitato il popolo con le sue prediche a ribellarsi ed a trucidare i luterani. L'arciprete di Sondrio col suo suonare a stormo tendeva alla stessa cosa. In questa occasione i tre commissari grigionesi, che si trovavano appunto a Sondrio a causa della scuola statale, poterono a stento ritirarsi incolumi e scongiurare una rivolta popolare.

A Tirano era stato rapito astutamente e tradotto a Milano il figlio del defunto predicatore Giulio da Milano. Anche a Poschiavo erano scoppiati dei tumulti per colpa di un monaco straniero. Onde comporre tutte queste faccende erano stati nominati su proposta del Sinodo quindici commissari il 4 giugno 1588: In occasione del Sinodo di Tosanna, i predicatori Scipione Calandrino di Sondrio e Ottaviano Meyns di Teglio (più tardi di Chiavenna) spiegarono ai loro colleghi le intenzioni dell'Inquisizione papale di assassinare o di rapire i predicatori evangelici ed altri riformati stranieri. Tali intenzioni erano da rendere note alle autorità statali insieme ad altre mene oscure, che dovevano essere scongiurate di prendere delle misure di difesa. Il Sinodo decise inoltre di ricordare ai delegati alla Dieta che, contrariamente ai decreti e agli editti governativi, venivano promulgati dei giubilei e che alcuni sicari stranieri giravano armati per la Valtellina minacciando gli evangelici. Non si era solo rapito nel 1568 e poi condotto a Roma il pio pastore di Morbegno, Francesco Cellario: si erano tesi precedentemente anche dei lacci ad altri pastori valligiani. Persino al principio di aprile dell'anno in corso, 1588, era stato rapito il pastore di Mello, Lorenzo Soncino, e sul principio di giugno era stato assassinato il parroco Frilius Paravicinio.

29 maggio 1589: Bisogna ispirare energicamente alla nostra autorità di adoperarsi in difesa degli evangelici nei paesi sudditi, affinché essi possano vivere tranquillamente protetti dai decreti e dalle disposizioni da lungo tempo emanate.

10 giugno 1596: I cattolici di Bormio che hanno bruciato delle Bibbie ed altri sacri libri, debbono venire citati davanti alle autorità.

10 agosto 1597: I consiglieri delle Tre Leghe, radunati a Coira, constatano che al tempo della guerra contro Meneghino alcuni monaci del convento di Morbegno sono stati sospettati di tradimento ed anche più tardi sono successi da parte di altri monaci e preti vari atti scellerati, e era precisamente per evitare questi inconvenienti, che i nostri antenati avevano disposto di non accettare mai e tollerare nel paese dei monaci e dei preti stranieri. I comuni, come autorità sovrane, hanno ordinato di rinnovare queste disposizioni, e di inculcarne ad ognuno il rispetto. In conformità di questo non poteva venire accolto nel paese, in nessun tempo, compresa la quaresima, nessun ecclesiastico, se non sarà nativo dei baliaggi o delle Leghe o della Confederazione, secondo il decreto del 16 gennaio 1581: in caso che si trovino nel paese degli ecclesiastici privi di tali requisiti, i magistrati debbono arrestarli e castigarli: i paesi e le persone private che accordano ricovero e questi stranieri sono parimenti da punire in conformità del decreto del 1581. Si dispose inoltre che in conformità del decreto del 1584 le persone ecclesiastiche non potevano recarsi in paesi stranieri ne averne corrispondenza senza un esplicito permesso delle autorità. Chi non si attenesse a queste disposizioni sarebbe caduto in disgrazia presso i signori delle Tre Leghe ed avrebbe dovuto aspettarsi una punizione sia come privato che come comunità.

22 maggio 1600: In contraddizione con i decreti e con la libertà cristiana si vuole costringere i fratelli di Morbegno a celebrare le feste cattoliche. Si impedisce loro inoltre l'uso delle chiese per costringerli ad abbandonare la fede od emigrare in terre straniere. Poiché già se ne conoscono i frutti, bisogna negare al vescovo di Como di poter visitare le chiese. I papisti si rifiutano in certi posti di portare i nostri morti nel camposanto. E' da proibirsi il salvacondotto ai sicari; a quanto pare un individuo del genere gironzolava in Morbegno.

14 giugno 1604: E' desiderabile uno statuto che prescriva di mantenere le comunità evangeliche nei paesi sudditi od almeno nei capoluoghi distrettuali.

19 giugno 1606: Si dice che i gesuiti abbiano incominciato a costruire una chiesa a Piuro; essa potrebbe col tempo diventare una roccaforte ed un baluardo inespugnabile: i signori deputati devono essere resi consapevoli del pericolo, affinché il gesuita ivi dimorante debba abbandonare il paese secondo le disposizioni vigenti.

4 giugno 1607: Il Sinodo è venuto a sapere che un gentiluomo, membro della parrocchia evangelica di Teglio, è stato assassinato da un papista. Perciò esso decide di invitare i parroci a indurre i deputati dei loro comuni ad escogitare dei mezzi per garantire agli evangelici la dovuta sicurtà e per scacciare dal paese l'assassino.

1° giugno 1608: I ministri delle chiese evangeliche della Valtellina si lagnano in maniera emozionante della grande ingiustizia loro arrecata dall' inizio della costruzione della fortezza di Fuentes. Gli evangelici che non permettono di lasciar esporre sulle loro finestre o balconi dei drappi in occasione della festa del Corpus Domini vengono attaccati dai cattolici con discorsi mordaci, con sassi e colpi di archibugio. I cattolici contendono ai riformati l'uso delle campane, le quali invece secondo le decisioni della Dieta devono essere di uso comune. Essi trattano crudelmente i bambini della nostra religione che non cedono ai loro tentativi di conversione. I profughi religiosi vengono rapiti di notte, non tanto per la loro apostasia quanto piuttosto per il denaro che hanno in prestito dai riformati. I preti per introdurre i principi del Concilio non amministrano i sacramenti ai cattolici coniugati con gli evangelici. Il culto evangelico viene disturbato col suono delle campane e col lancio di pietre sul tetto delle chiese; le porte delle case di Dio vengono imbrattate con ogni sorta di sudiciume.

Gli uomini benemeriti della religione riformata vengono seppelliti nel cimitero dei delinquenti. Col pretesto della giurisdizione ecclesiastica si lede l'autorità degli stati sovrani in un modo finora inaudito. Si propaga l'idea di un Vespro Siciliano. Un bambino demente di genitori evangelici è stato legato ad un palo, dopo essere stato spogliato, e spruzzato di sangue. I predicanti della Valtellina si lagnano in modo particolare del podestà di Traona, Baldassarre de Mont, il quale dopo che i preti negarono la sepoltura di nn bambino morto senza battesimo, ha ordinato di sotterrarlo nel cimitero dei riformati; in tale occasione le porte della chiesa evangelica sono state aperte con la forza. Inoltre si lamentano che il medesimo magistrato abbia fatto incarcerare il parroco di Traona, perché aveva assistito alla celebrazione di un matrimonio misto. Il Sinodo ha accolto questo reclamo con indignazione e dispiacere ed ha deciso di trasmetterlo alla imminente Dieta per mezzo di cinque delegati: Giorgio Cazin, Antonio Andreoscha, M. Giovanni Betschla, Giovanni Dorta e Stefano Gabriel.

Questi pochi estratti dovrebbero bastare per illuminare 1a disposizione di animo tanto dell'una quanto dell'altra parte. La reazione dei sudditi contro la concessa libertà di fede cominciò ad aumentare dopo il 1561. Il numero dei monaci stranieri apparsi a Chiavenna e nella Valtellina aumentò senza tregua e con esso cresceva pure il pericolo di sobillazione del popolo. Già nell'anno 1584 si era arrivato al grido: Morte ai luterani! Da allora cominciarono a spargersi le voci di un Vespro Siciliano; anzi già nell'anno 1572, in occasione del fallito attentato contro Scipione Calandrino, di Mello, due monaci si vantarono pubblicamente della loro azione e annunziavano la prossima fine della eresia, tanto nelle Tre Leghe, quanto nella Valtellina.

Anche il disturbo dei culti evangelici, gli scandali in occasione di sepolture ecc. ecc. si verificavamo senza ritegno ed apertamente. Come abbiamo visto, persino un podestà grigionese, oriundo del cattolico Lugnez, si schierava dalla parte degli istigatori e accondiscendeva ai loro desideri. Tale uomo non era l'unico della sua specie: ed in tali tumulti non si trattava solo di questioni religiose: sin dal principio entrarono in giuoco anche degli interessi politici che promovevano il fanatismo religioso.

Come lo dimostrano i riassunti degli atti statali e i protocolli dei Sinodi, era specialmente la Spagna, dominatrice del vicino ducato di Milano, a intromettersi nella politica grigionese ora con minacce ora con promesse. L'ambasciatore spagnolo non teneva nascosto che il suo mandatario parteggiava per il papa e sosteneva la fede cattolica in tutto e dappertutto. L'accenno alla fortezza di Fuentes, fabbricata poco lungi da Colico sul confine della Valtellina, e sulla strada che conduce a Chiavenna, dimostra chiaramente l'intenzione della Spanna di fronte alle Tre Leghe: se non si voleva aprire volontariamente i passi a questa potenza arcicattolica, essa non esitava a ricorre alla violenza. Ma giacché anche la Francia e Venezia nel medesimo tempo ambivano i favori delle Tre Leghe, si svilupparono accanto alle lotte religiose degli intrighi politici incomparabili. I monaci stranieri divennero degli spioni spagnoli e degli istigatori, i predicatori evangelici passarono al ruolo di consiglieri del governo grigionese, ora più, ora meno graditi.

Rinunciamo però ad entrare nella trattazione degli sforzi veneziani presso le Tre Leghe, come non vogliamo neppure entrare nella questione della lotta tra Spagna ed Austria da una parte e Francia dall'altra per il conseguimento della supremazia in Europa, per quanto questi avvenimenti coinvolsero il nostro alpestre staterello ed i paesi sudditi in modo assai dannoso. Ci ripugna pure la descrizione dei vari tribunali penali e del massacro della Valtellina, fatti che coronarono e condussero a termine tutte le mene della Controriforma.

Il cosiddetto "Massacro della Valtellina" ricorda le «Nozze di Sangue» di Parigi dell' agosto 1572 ed i «Vespri Siciliani» del marzo 1282. Principiò nella notte dal 19 al 20 luglio 1620 e durò in tutto 14 giorni (nella Valtellina, a Bormio ed a Brusio fino al 4 agosto). Ciò che non era riuscito a Rinaldo Tenone con la sua soldatesca appositamente arruolata ed il suo appoggio da parte delle più alte autorità ecclesiastiche. riuscì ora completamente al Robustelli ed ai suoi assassini. Alla testa degli avversari pieni di odio stava il successore di Gian Giacomo Pusterla di Sondrio, l'arciprete Nic. Rusca, un Ticinese oriundo di Bedano, ed allievo del Collegio Borromeo (Helveticum) di Milano. E precisamente dovuto alla sua azione se l'avversità tra le due confessioni aveva raggiunto nn grado tale che la catastrofe era inevitabile. I cattolici lo veneravamo alla pari di un santo, ma gli evangelici lo consideravano la causa principale di tutti i loro mali. Nel 1618 ebbe inizio il famigerato tribunale di Tosanna, che fu fatale per il Rusca. Il proposito di questo tribunale era di giudicare i propugnatori della alleanza ideata con la Spagna: Rusca ne fu uno degli accusati principali: venne sottoposto ad un penoso interrogatorio e morì col supplizio.

I tribunali di ambo le parti suscitavano coi loro procedimenti provocatori la critica universale dei benpensanti ed aumentavano l'avversità e l'odio contro i sovrani, il cui prestigio era già assai scosso a causa della ingordigia ed il deposito dei funzionari. Ciò che era particolarmente odioso il tribunale di Tosanna ai Valtellinesi fu l'influenza che vi eccitarono i predicatori. L'uccisione del Rusca venne imputata a loro, e produsse l'effetto di una scintilla in una botte di dinamite. Il medesimo tribunale condannò pure i fratelli Rodolfi e Pompeo Planta ed il genero del primo, Giacomo Robustelli di Grosotto nella Valtellina. I due fratelli Planta erano i capi del partito austro-spagnolo:

Rodolfo abitava nel castello di Wildenberg a Zernez, Pompeo m quello di Rietberg nella Domigliasca. Questi signori condannati cercarono aiuto all' estero dove trovarono ascolto. Terminato il periodo della esilio, Robustelli, tornò a Grosotto, col cuore pieno di odio e meditando vendetta. Oltre a voler soddisfare il suo spirito di vendetta, egli ordiva liberare le tre terre dalla signoria retica. Non operava però da solo: si assicurò l'appoggio e l'accordo della Spagna e dell'Austria, che avrebbero ben volentieri occupato la strada sull'Adda. Anche i fratelli Planta viventi ancora in esilio, si mantenevamo in relazione con Robustelli ed il suo partito: essi volevano ritornare in patria con l'aiuto di mercenari per rovesciare il partito avverso ed annullare le sentenze del tribunale di Tosanna.

Robustelli compì l'infame vendetta politica e religiosa al riparo di una congiura, le cui maglie arrivavano fino a Roma ed a Parigi, e con l'aiuto di banditi prezzolati. La strage iniziò a Tirano nella none dal 18 al 19 luglio 1620. Per non lasciare a nessuno la possibilità di evadere, i congiurati occuparono le porte della cittadina di nottetempo, mentre tutto era immerso nel sommo. La gente, destata dal suono delle campane e di un rumore insolito di trombe, si riversò nelle strade, dove i riformati vennero trucidati senza pietà salvo poche eccezioni. I congiurati si recarono quindi a Teglio, dove trovarono i riformati riuniti nella chiesa per il culto domenicale. Gli assassini aprirono le porte e fecero fuoco sul predicatore: allora i fedeli si misero in difesa e barricarono l'entrata. Ma gli assalitori spararono attraverso le finestre e sfondarono le porte, quindi assassinarono tutti gli nomini, dopo aver allontanate le donne ed i bambini. Diciassette persone, nomini, donne e fanciulli, cercarono rifugio sul campanile: i briganti vi accostarono le sedie della chiesa e le incendiarono, facendo così perire tra il fuoco e le fiamme gli infelici.

Compiuta questa carneficina, i congiurati si affrettarono verso Sondrio. Parve dapprima che gli abitanti di quel borgo, cattolici e riformati, volessero opporsi loro; ma i cattolici si dissuasero però ben presto e coloro che non vollero partecipare alla orribile strage, dovessero mettersi in salvo davanti ai propri correligionari. Gli altri fecero causa comune con gli assassini, e diedero addosso ai riformati. Settanta di questi riuscirono a rifugiarsi in una casa dove opposero ai cattolici un'energica resistenza, che concesse loro di potersi ritirare liberamente: con le armi in pugno abbandonarono essa o si ritirarono nell'Engadina sopra il Muretto.

Si trovavano fra questi il parroco di Sondrio, Gaspare Alexius, e quello di Berbenno, Giorgio Jenatsch. Gli assassini sfogarono la loro ira sui restanti.

La strage durò tre giorni: non si badò ne all'età ne al sesso ne alla parentela: vennero persino esumati dei cadaveri e gettati nell'acqua.

La carneficina si protrasse fin in fondo alla valle della Adda. A macello ultimato, i Valtellinesi si dichiararono liberi e sciolti dalle Tre Leghe e si diedero un governo autonomo con a capo Robustelli. Di fronte ai Confederati, ai principi italiani, il re di Francia ed a quello di Spagna ed al Papa si scusarono con delle epistole in cui dichiararono di aver combattuto per la religione e la libertà. Mentre i nemici dichiarati e nascosti dei paesi sovrani appresero con piacere e soddisfazione la notizia del "Sacro Macello", i Grigionesi ed i Confederati evangelici ne furono indignati ed atterriti. La scellerata azione era però compiuta e non si poteva ornai più porvi rimedio. La Chiesa cattolica aveva raggiunto (come dice Fr. Pieth) il suo scopo: a sud delle Alpi non esistevano più dei governatori eretici. I torbidi che seguirono la insurrezione in Valtellina e che videro sanguinare le Tre Leghe ed i paesi sottoposti, sono la pressione degli eserciti spagnoli, austriaci e francesi, terminarono nel 1639 con la cosiddetta capitolazione di Milano, in forza della quale la Valtellina venne riconsegnata ai Grigionesi a condizione di tollerarvi solo la religione cattolica. Salvo i funzionari governativi, nessun protestante vi poteva dimorare più a lungo di tre mesi. A Chiavenna, che era stata risparmiata dall'eccidio, si conservò un piccolo numero di evangelici.


Capitolo 4, terza parte

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