Cura pastorale/Dissenso

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Fenomenologia dell'ostilità al dissenso

Si afferma: "L'essenza del totalitarismo è la sua incapacità a tollerare il dissenso". Come si può spiegare psicologicamente questo fatto?

L’affermazione “L'essenza del totalitarismo è la sua incapacità a tollerare il dissenso” può essere compresa psicologicamente attraverso diverse chiavi di lettura, che chiamano in causa dinamiche individuali e collettive.

Prospettiva psicologica e sociologica

1. L’insicurezza autoritaria e il bisogno di controllo

Dal punto di vista psicologico, i regimi totalitari riflettono una personalità autoritaria, come descritto da Theodor Adorno e colleghi nel celebre studio "The Authoritarian Personality" (1950). In questo modello, l’intolleranza al dissenso nasce da un profondo bisogno di ordine, struttura e prevedibilità, che si traduce in ostilità verso tutto ciò che è percepito come deviante o destabilizzante.

2. L’identificazione narcisistica con il potere

Il potere totalitario costruisce un'identità collettiva fortemente narcisistica, in cui il leader o il partito rappresenta la verità assoluta. Ogni critica è vissuta come un attacco non solo politico, ma esistenziale, perché mina la coerenza del Sé collettivo. In termini psicoanalitici, il dissenso è percepito come una ferita narcisistica intollerabile.

3. La paura del pensiero autonomo

Il dissenso implica l’esistenza di una mente autonoma, capace di giudizio e scelta. Ma il totalitarismo si fonda su meccanismi di conformismo, in cui l’individuo rinuncia al proprio giudizio per identificarsi nel gruppo dominante. Come spiegava Erich Fromm in "Fuga dalla libertà" (1941), molte persone preferiscono sottomettersi a un’autorità totalizzante piuttosto che affrontare l’angoscia della libertà e della responsabilità individuale.

4. Il dissenso come minaccia al mito fondativo

Ogni ideologia totalitaria si fonda su un mito originario (nazionalista, rivoluzionario, religioso) che pretende di spiegare la realtà in modo totale e definitivo. Il dissenso diventa pericoloso perché introduce il dubbio, la complessità e la pluralità: ciò che Hannah Arendt chiamava l’essenza della politica, e che il totalitarismo cerca di sopprimere.

5. Meccanismi di proiezione e paranoia

Spesso il dissenso è demonizzato attraverso meccanismi di proiezione: le paure interne al sistema vengono esternalizzate, e attribuite a “nemici interni”, “traditori” o “agenti esterni”. Questo spiega la tendenza paranoica dei regimi totalitari a vedere complotti ovunque e a reagire con repressione preventiva.

In sintesi, l’incapacità di tollerare il dissenso non è solo una strategia politica, ma riflette strutture psicologiche rigide, difensive e spesso immature, che temono la libertà perché la associano al caos e alla perdita di controllo.

Prospettiva teologica

Dal punto di vista teologico e spirituale, l’incapacità del totalitarismo di tollerare il dissenso può essere interpretata come una forma di idolatria del potere, in cui l’autorità umana si sostituisce a quella divina, pretendendo un’obbedienza assoluta e incontestabile. Questo rovesciamento ha profonde implicazioni bibliche e spirituali.

1. L’idolatria del potere come pretesa di onnipotenza

Nella Scrittura, solo Dio è degno di obbedienza assoluta. Quando un potere terreno richiede obbedienza senza limiti, si pone implicitamente al posto di Dio ("Sarete come Dio", Genesi 3:5). Il totalitarismo è dunque idolatrico perché assume per sé prerogative divine — onniscienza, onnipresenza (controllo totale), e infallibilità — e non tollera rivali, né nello spazio politico, né in quello spirituale.

2. Il rifiuto del dissenso come rifiuto della verità profetica

Nella tradizione biblica, il profeta è spesso voce dissonante, colui che denuncia il peccato del potere, anche a rischio della vita. Il re Acab definisce Elia come "colui che turba Israele" (1 Re 18:17), ma in realtà è il potere corrotto a essere la fonte del disordine. Il totalitarismo, come Acab, odia il profeta, perché il profeta rompe l’illusione di ordine e legittimità con la forza della verità.

3. L’omologazione come negazione dell’immagine di Dio

La Bibbia afferma che ogni essere umano è immagine di Dio (Genesi 1:27), e dunque irriducibilmente libero, unico e responsabile. Il totalitarismo, invece, mira a uniformare, a cancellare la differenza, riducendo l’essere umano a strumento del sistema. Il dissenso diventa allora una forma di testimonianza teologica della dignità umana creata a immagine di Dio.

4. La verità come realtà dialogica e non imposta

Nel Nuovo Testamento, Gesù dice: “La verità vi farà liberi” (Giovanni 8:32). La verità cristiana non si impone con la forza, ma si propone nella libertà del dialogo e della relazione. Il totalitarismo, al contrario, impone la sua verità con la forza, perché non crede nella libertà, né nella persuasione. Spiritualmente, ciò rivela una sfiducia radicale nella verità stessa, che ha bisogno di essere protetta dalla violenza, perché troppo fragile per reggersi da sola.

5. Il dissenso come forma di fede e resistenza spirituale

Infine, il dissenso — soprattutto se pacifico e motivato da convinzioni morali o religiose — può essere interpretato come una forma di martyria, cioè di testimonianza. Nella storia cristiana, molti martiri non hanno fatto altro che resistere pacificamente al potere quando questo violava la giustizia, la verità o la coscienza. In tal senso, il dissenso diventa una forma di fedeltà a Dio contro la menzogna del potere idolatrico.

In sintesi, teologicamente il totalitarismo è non solo un sistema politico repressivo, ma una tentazione spirituale, una perversione dell’autorità che si oppone alla libertà, alla verità e alla dignità che provengono da Dio. Il dissenso, in questo contesto, può assumere il valore profondo di una testimonianza profetica e cristologica.