Apologetica/L'inganno delle immagini
L’inganno delle immagini: una riflessione cristiana alla luce di Jacques Ellul e dell’era dell’intelligenza artificiale
Premessa
Viviamo in un’epoca in cui l’immagine domina ogni forma di comunicazione. Le fotografie, i video e le simulazioni digitali — oggi potenziati dalle capacità dell’intelligenza artificiale generativa — si presentano come strumenti potenti e seduttivi, capaci di attrarre, convincere e persino ingannare.
Per il credente, questo fenomeno non può essere osservato con neutralità. È urgente interrogarsi alla luce della Scrittura e della riflessione teologica su quale ruolo l’immagine debba avere nella comunicazione della verità, soprattutto quella che riguarda Dio.
1. Jacques Ellul e la crisi della parola
Nel suo saggio La parole humiliée (1981), Jacques Ellul, sociologo e teologo francese, denunciava con lucidità profetica la crescente svalutazione della parola e l’inquietante trionfo dell’immagine nella cultura contemporanea.
Egli scrive:
“L’immagine agisce sull’affettività, non sulla riflessione; essa impone un senso, non lo discute; seduce, non dialoga.” (La parole humiliée, cap. III)
Per Ellul, la Parola — intesa non solo come linguaggio umano, ma come luogo della verità e della relazione — è stata “umiliata” dalla prepotenza dell’immagine, che tende ad essere immediata, emozionale, e quindi manipolabile.
Nel linguaggio biblico, la Parola è ciò attraverso cui Dio crea, rivela, chiama e salva. La fede nasce “dall’udire” (Romani 10:17), non dal “vedere”.
2. L’immagine come veicolo di inganno: oggi più che mai
Quello che Ellul denunciava quarant’anni fa si è oggi intensificato a dismisura. Le nuove tecnologie permettono la creazione di immagini e video artificiali, i cosiddetti deep fakes, indistinguibili dal reale, e capaci di diffondere menzogne con l’apparenza della verità visiva.
Si tratta di una forma nuova e potente di menzogna visiva, in cui l’immagine, un tempo considerata “prova”, è oggi diventata strumento di inganno deliberato.
Per il cristiano, ciò pone seri interrogativi morali e spirituali:
- Quale verità può essere trasmessa da un'immagine falsificata?
- Quale discernimento è possibile quando la realtà viene simulata perfettamente?
Il rischio non è solo quello della disinformazione politica o sociale, ma anche quello di una manipolazione spirituale, dove immagini falsificate possono indurre emozioni religiose o persino esperienze di “fede” sganciate dalla verità.
3. Le immagini religiose e la rappresentazione di Gesù
In questo contesto, occorre interrogarsi con sobrietà sull’uso crescente di filmati e rappresentazioni visive di personaggi biblici, in particolare della figura di Gesù Cristo.
Molti cristiani, spesso in buona fede, diffondono o usano film religiosi, serie TV, animazioni, pensando di rendere il messaggio evangelico più accessibile. Tuttavia, questa pratica solleva almeno tre gravi problemi:
a) La distorsione inevitabile
Ogni immagine di Gesù è, per definizione, un'interpretazione arbitraria. Essa veicola un messaggio visivo soggettivo, condizionato da cultura, ideologia, estetica e intenzioni del produttore. La figura di Cristo rischia di essere ridotta a personaggio fittizio, persino hollywoodiano.
b) Il problema teologico dell'immagine
Il secondo comandamento è chiaro:
“Non farti scultura, né immagine alcuna delle cose che sono lassù nei cieli…” (Esodo 20:4, Riveduta 2020)
Questa proibizione ha una motivazione teologica: Dio non è rappresentabile, e qualsiasi tentativo di raffigurarlo lo distorce e conduce all’idolatria.
Anche nel Nuovo Testamento, Gesù è riconosciuto come “immagine del Dio invisibile” (Colossesi 1:15), ma non è mai descritto fisicamente: il Vangelo non ci invita a “vederlo”, bensì a credere in Lui per mezzo della Parola.
c) L'effetto psicologico: sostituire la fede con l’emozione
Film e immagini sacre, anche benintenzionate, possono trasmettere emozioni religiose ma senza fondamento nella verità della Parola. Così, si crea una fede sentimentale, visiva, non radicata nella Rivelazione biblica. In altre parole: un surrogato emotivo della fede.
4. Resistere alla manipolazione: un appello alla vigilanza cristiana
Alla luce delle tesi di Ellul, possiamo dire che la fede cristiana è un atto di ascolto, non di visione. La chiesa è chiamata non a “mostrare” Dio, ma ad annunciarlo.
“Noi camminiamo per fede, non per visione” (2 Corinzi 5:7)
È tempo di riscoprire il potere spirituale e liberante della Parola — quella proclamata, letta, meditata — come luogo della verità.
Contro la cultura dell’immagine, la Chiesa dovrebbe essere:
- Sobria nei mezzi e attenta alla verità.
- Custode della Parola, non propagatrice di emozioni religiose.
- Maestra di discernimento, aiutando le persone a distinguere ciò che è autentico da ciò che è manipolato.
Conclusione
L'immagine seduce, l'intelligenza artificiale inganna, ma solo la Parola libera.
In un tempo di confusione e falsificazione, tornare alla centralità della Parola di Dio, riconoscerne l’autorità e rispettarne i confini, non è solo un atto teologico, ma un gesto di resistenza etica e spirituale.
Approfondimento: Jacques Ellul, La parole humiliée
“Viviamo in una cultura in cui l’immagine ha usurpato il ruolo della parola. Non ci fidiamo più delle parole, mentre le immagini — che mentono più di ogni altra cosa — ci seducono senza resistenza. […] Ma Dio non ha scelto l’immagine per comunicare con noi. Dio ha scelto la parola.” (La parole humiliée, Ellul)